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GiusePPe Troiano Quel 10 settembre del 1943 ... - Studi Cassinati

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vano la presenza dei soldati sui gradoni di vico Monte Cavallo, gli<br />

uomini <strong>del</strong>la casa sparivano sulla montagna, nascondendosi tra la<br />

vegetazione o negli anfratti.<br />

Anche zio Peppino era costretto, da qualche tempo, a stare nascosto.<br />

Aveva avuto l’imprudenza di denunziare al Comando tedesco<br />

alcuni soldati che, dopo essersi satollati nel suo ristorante,<br />

avevano rifiutato di pagare il conto. La rappresaglia scattò il giorno<br />

seguente la denunzia.<br />

Si presentarono all’edificio tre soldati tedeschi con occhi torvi e<br />

un cipiglio cattivo. Portavano gli stivali di cuoio e la mezzaluna di<br />

metallo splendente al petto, pendente da una catenella. Era il simbolo<br />

<strong>del</strong>le Waffen SS. Imbracciavano le armi minacciosamente.<br />

Con poche, secche parole, ordinarono alle donne di dire loro dove<br />

fosse mio zio. Naturalmente, si era nascosto sulla montagna con<br />

gli altri uomini, appena aveva avuto sentore <strong>del</strong>la spedizione punitiva<br />

da un giovane ufficiale tedesco che corteggiava la più grande<br />

<strong>del</strong>le sue quattro figlie. Questo ufficiale lo ricordo ancora. Era alto,<br />

biondo e con gli occhi azzurri, molto gentile e distinto, e, di tanto<br />

in tanto, veniva a farci visita.<br />

Per rabbonire i soldati, mia zia Carmela, sorella di Giuseppe Simeone,<br />

che masticava qualche parola di tedesco, si offrì di accompagnarli<br />

sul luogo dove si trovava il fratello. I soldati pretesero che<br />

mia madre si unisse a loro. Tenendomi per mano, mia madre li<br />

seguì. Mentre scendevamo vico Monte Cavallo, gettava sguardi interrogativi<br />

verso zia Carmela, non intuendo cosa avesse in mente.<br />

Lo scoprì quando, giunti al termine <strong>del</strong> vico, zia Carmela imboccò<br />

Corso Principe Umberto, fece una trentina di metri e si arrestò<br />

davanti alla porta di un edificio che si trovava di fronte al<br />

giardino <strong>del</strong> palazzo Petrarcone. Oltre l’edificio, si stendevano gli<br />

orti <strong>del</strong>le sorgenti <strong>del</strong> Gari.<br />

Zia Carmela disse ai soldati che sarebbe salita al piano superiore<br />

per chiamare il fratello. Mia madre sapeva che vi era un’uscita<br />

dall’altra parte, che conduceva nel bel mezzo degli orti. Capì che<br />

Carmela non sarebbe tornata e fece segno ai soldati che sarebbe<br />

andata su per affrettare le cose.<br />

Fatti rapidamente i gradini, mia madre, sempre tenendomi per<br />

mano, traversò precipitosamente le stanze <strong>del</strong> fabbricato e scese<br />

dalla porta opposta. Scappammo in mezzo alla vegetazione, cercando<br />

di mettere la maggiore distanza possibile tra noi e quei ceffi.<br />

Trovò zia Carmela più lontano e insieme s’ingegnarono per ritornare<br />

a mezza costa, facendo un percorso diverso.<br />

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