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GiusePPe Troiano Quel 10 settembre del 1943 ... - Studi Cassinati

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Gli aerei apparivano sulla città all’improvviso. La sirena militare,<br />

che annunziava il loro arrivo, gettava tutti gli abitanti nel panico.<br />

In effetti, tra l’echeggiare fra strade e palazzi <strong>del</strong> suono stridulo e<br />

sibilante <strong>del</strong>la sirena e lo sganciamento <strong>del</strong>le bombe non passava<br />

più di qualche minuto. Restare fuori, allo scoperto, era estremamente<br />

pericoloso, perché le bombe, esplodendo, lanciavano schegge<br />

in tutte le direzioni. I frammenti metallici, roventi come tizzoni e<br />

taglienti come rasoi, erano, nella maggior parte dei casi, la causa<br />

principale dei decessi.<br />

L’unica salvezza era il rifugio negli edifici, sperando che non fossero<br />

centrati dagli ordigni. Chi era in campagna si gettava in un<br />

fosso o dietro un avvallamento e vi rimaneva acquattato, ventre a<br />

terra, cercando di offrire meno bersaglio possibile a schegge e detriti.<br />

Una sera mia madre ci condusse verso il quinto ponte, dopo le<br />

tre pompe, dove la via Casilina si dirige verso Napoli. In quel luogo<br />

si trovava una piccola cappella votiva con la Madonnina di Loreto,<br />

a cui la gente era molto devota. Si era diffusa la voce che vi sarebbe<br />

stato un pesante bombardamento notturno e molte famiglie vi<br />

erano convenute nella convinzione di essere più al sicuro.<br />

Sedute lungo le sponde <strong>del</strong> fiume Rapido, le persone scrutavano<br />

il cielo stellato, tendendo le orecchie a rumori insoliti. Le cicale cantavano<br />

allegre e il loro cri-cri era l’unica nota sonora che si sentiva<br />

in quel luogo agreste. C’era un’attesa carica di paura, poiché il ricordo<br />

<strong>del</strong> <strong>10</strong> <strong>settembre</strong> e la scia di morti e feriti che aveva lasciato<br />

tra gli abitanti aveva marchiato gli animi e resi tutti consapevoli di<br />

cosa fosse la guerra.<br />

Io guardavo tutta quella gente con gli occhi sgranati, ne ascoltavo<br />

i discorsi preoccupati, partecipavo dei giochi dei bimbi che, incuranti<br />

<strong>del</strong> pericolo, facevano comunella e riempivano <strong>del</strong>le loro<br />

voci innocenti e gioiose il silenzio <strong>del</strong>la notte. Di tanto in tanto gli<br />

adulti intervenivano per zittire quel vociare importuno, che distraeva<br />

da altri suoni ben più importanti. <strong>Quel</strong>la sera, tuttavia, non<br />

avvenne ciò che si temeva, e, a tarda ora, la gente tornò a casa,<br />

stanca e assonnata.<br />

Fino al <strong>10</strong> <strong>settembre</strong> gli abitanti di Cassino conoscevano gli avvenimenti<br />

bellici unicamente attraverso i bollettini <strong>del</strong>la radio o le<br />

immagini pubblicate dalle riviste. Erano fatti lontani. che arrivavano<br />

alla popolazione deformate dalla propaganda <strong>del</strong> regime fascista.<br />

Era tutto un fiorire di retorica. Attraverso le parole<br />

ampollose e trionfanti dei giornalisti fascisti gli orrori <strong>del</strong>la guerra<br />

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