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Storie e leggende - Bolognano - Comune di Riva del Garda

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<strong>Storie</strong> e <strong>leggende</strong> <strong>del</strong>la vecchia Maza<br />

Monte Brione<br />

Marmitte dei Giganti<br />

La Tria<br />

presentate dai bambini <strong>del</strong>la classe quarta <strong>del</strong>la scuola<br />

elementare <strong>di</strong> <strong>Bolognano</strong>


Monte Brione: le nostre storie<br />

1. Francesca – Sara – Amedea<br />

2. Angelo – Davide<br />

3. Leonardo<br />

4. Andrea – Davide<br />

5. Laura – Marta – Tania<br />

6. Lisa<br />

7. Danny – Daniele<br />

8. Angela<br />

9. Elisa – Luca – Larissa<br />

10. Lisa – Amedea – Laura – Sara<br />

In<strong>di</strong>etro


1. Alex<br />

2. Andrea – Danny<br />

3. Giulia – Francy<br />

Marmitte dei Giganti<br />

4. Lisa – Davide – Corinne – Luca<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

1. Giulia – Elisa – Larissa – Anxhela<br />

2. Celia – Tania – Corinne – Danny – Luca<br />

3. Francesca – Marta – Leo<br />

4. Alessandro – Amedeo – Daniele – Mattia<br />

5. Davide<br />

6. Andrea – Umbertino<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Di Francesca Panza – Sara Arifi – Amedea Villi<br />

Tanto tempo fa , quando non esisteva ancora il monte , c’era un serpente che abitava alle<br />

cascate <strong>del</strong> Varone; si chiamava Mercurio , era nero, rosso e molto GRANDE !<br />

Gli abitanti <strong>del</strong>la zona vivevano sicuri nelle loro case facendo le solite cose: lavorando , coltivando e<br />

mangiando…<br />

Tutti… tranne il figlio <strong>del</strong>lo stregone Margigliano .<br />

Il figlio <strong>del</strong>lo stregone si chiamava Roberto e un giorno andò a fare una passeggiata alle cascate<br />

<strong>del</strong> Varone; durante il suo tragitto , per terra trovò una bacca avvelenata che aveva perso suo padre il<br />

giorno precedente.<br />

Roberto, per fare un torto al genitore, visto che aveva litigato, la lanciò nella cascata. Il serpente trovò<br />

la bacca avvelenata e, visto che aveva un colore viola e porpora molto invitante, la mangiò;<br />

improvvisamente gli girò la testa e svenne. Poco tempo dopo si risvegliò, era un drago gigantesco.<br />

Rosso e nero, gli occhi enormi e gialli e una lunga lingua biforcuta.<br />

Il drago iniziò a volare per il paese e tutta la gente che gli ostacolava il cammino la trasformava in<br />

lana.<br />

La contessa Sabrina Melo<strong>di</strong>a ,che abitava nel castello <strong>di</strong> Arco, quando scoprì che cos’era successo<br />

agli abitanti, montò sul suo cavallo e cavalcò fin che arrivò ad una casetta che si trovava vicino a<br />

Nago in un punto dove non passava mai nessuno; la casetta era tutta bianca con gli scuri ver<strong>di</strong>.<br />

Vi entrò e incontrò la strega Raganella, una vecchina coi capelli rossi e spettinati e i denti gialli e<br />

cariati, alla quale chiese un consiglio per far tornare in vita gli abitanti.<br />

(… continua...)


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Di Francesca Panza – Sara Arifi – Amedea Villi<br />

La strega le <strong>di</strong>sse che se avesse voluto liberare le persone si sarebbe dovuta trasformare per tutta la<br />

vita in un pipistrello; a quel punto la contessa accettò.<br />

Sabrina, ormai trasformata , percorse la vecchia strada Nago – <strong>Bolognano</strong> tutta in volo. Era notte e,<br />

non essendo abituata ad essere un pipistrello, si scontrò tre volte contro un albero, cadde in una<br />

fontanella e, per ultimo, si scontrò con una bambina che, presa dal terrore, svenne.<br />

Lei, appena arrivò vicino al fiume Sarca, incontrò il drago che stava bevendo . Approfittando <strong>del</strong>la sua<br />

<strong>di</strong>strazione gli lanciò dei sassi sulla testa .<br />

Dal drago emerse una luce abbagliante e indescrivibile e in un baleno <strong>di</strong>ventò terra: merito <strong>del</strong>l’effetto<br />

secondario <strong>del</strong>la bacca.<br />

La pipistrella così ebbe modo <strong>di</strong> cercare la lana. La trovò con molta fatica perché era sparsa<br />

dappertutto, la radunò e magicamente questa si trasformò in roccia.<br />

La roccia e la terra <strong>del</strong> drago si unirono e nacque il monte Brione.<br />

Anche se le persone non erano più esseri umani, ma roccia, nel cuore <strong>del</strong>la montagna c’era ancora<br />

vita e Arco tornò quel bel paese <strong>di</strong> sempre.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Di Francesca Panza – Sara Arifi – Amedea Villi<br />

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La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Davide Righi - Angelo Ciminelli<br />

In un tempo indefinito, ma qui vicino, dove adesso c’è il monte Brione, c’era un villaggio pieno <strong>di</strong> casette fatte<br />

in legno e mooolte stalle con dentro cavalli, mucche, asini... Le case erano state costruite lì perché, a quel<br />

tempo c’era un terreno molto fertile e un clima molto piovoso. Gli abitanti erano pacifici, non erano ladri (non<br />

c’era mai stato un furto) e sempre laboriosi (venivano persino dall’ Austria per poter comprare il pane, i loro<br />

dolci, il loro vino, i loro animali,…). Il paese si chiamava Bonire.<br />

Più a nord il castello <strong>di</strong> Arco era in rovina e <strong>di</strong>sabitato; beh, non proprio <strong>di</strong>sabitato:lì ci viveva un Troll gigante<br />

(era alto 5metri!) da tanti anni. Da allora il castello era andato in rovina e nessuno aveva avuto più il coraggio<br />

<strong>di</strong> andarlo a visitare. Tutto andava per il meglio, ma un giorno <strong>di</strong>ventò tutto d’un colpo nero e con nuvoloni<br />

poco promettenti: sembrava che anche il cielo avesse paura <strong>di</strong> quello che stava per accadere. Il Troll infatti<br />

stava scendendo dal castello per pranzare con qualche uomo. Dopo qualche minuto il Troll aveva già <strong>di</strong>strutto<br />

molte case e sbranato tanti uomini. Il villaggio sembrava le braci <strong>di</strong> una stufa. Quando il re lo venne a sapere<br />

prese la corazza e l’elmo d’oro e si incamminò per la strada che porta da Nago a <strong>Bolognano</strong>. Arrivato a metà<br />

<strong>di</strong> quella bella strada fiorita, sentì che qualcosa si stava muovendo <strong>di</strong>etro un cespuglio:”Vieni fuori subito da lì”<br />

<strong>di</strong>sse “Chiunque tu sia!” La strana figura uscì dal cespuglio e il re scoprì che era il capo <strong>del</strong>le sue guar<strong>di</strong>e che<br />

gli <strong>di</strong>ede una spada d’oro e gli spiegò che, premendo un bottone, essa lanciava i fulmini.<br />

(… continua...)


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Davide Righi - Angelo Ciminelli<br />

Il re, senza <strong>di</strong>re niente, andò avanti tenendo in mano quella spada d’oro puro e molto pesante. Arrivato a<br />

<strong>Bolognano</strong>, il re si fece in<strong>di</strong>care da un conta<strong>di</strong>no l’ abitazione <strong>del</strong> Troll; mentre l’ eroe si stava incamminando<br />

verso il castello, sentì un conta<strong>di</strong>no <strong>di</strong>re:”Il nostro povero re <strong>di</strong>venterà pappa per Troll!”<br />

Il nostro protagonista incrociò il Troll che stava per andare a cenare e lui lo sfidò. Il sovrano usò tutte (quasi)<br />

le armi <strong>di</strong>sponibili, ma senza risultato. Sembrava tutto finito, quando si ricordò <strong>del</strong>la spada lancia fulmini e la<br />

usò; funzionava davvero bene: il troll si volatilizzò all’istante, ma il re subì una grossa ferita. Scendendo dal<br />

monte la ferita si rivelò molto più grave <strong>del</strong> previsto: infatti il re inciampò, cadde e morì. Mentre moriva<br />

schiacciò il pulsante lancia-fulmini e il fulmine si scagliò contro la montagna che sovrastava il villaggio. La<br />

piccola parte <strong>di</strong>strutta cadde sul villaggio.<br />

Ecco come si formò il monte Brione.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Davide Righi - Angelo Ciminelli


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Davide Righi - Angelo Ciminelli<br />

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storie


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Leonardo Chistè<br />

Tanto tempo fa nelle città <strong>di</strong> Arco e Nago che sono vicine al fiume Sarca, dove i raccolti sono<br />

abbondanti, vivevano molte ma molte persone che, lavorando e commerciando, possedevano tanti<br />

sol<strong>di</strong> con cui compravano vestiti fatti <strong>di</strong> stoffe pregiate, lino e seta preziosa con bottoni d’ oro e d’<br />

argento e ad<strong>di</strong>rittura potevano comprare castelli e chiese .<br />

Quelle citta<strong>di</strong>ne, oltre ad essere ricche, erano tranquille, ma un giorno… Nelle due città arrivò un<br />

richiamatore <strong>di</strong> mostri che, per sol<strong>di</strong>, doveva chiamare mostri e <strong>di</strong>struggere le città.<br />

L’ aspetto <strong>di</strong> quell’ insolito personaggio era strano perché aveva unghie lunghissime, una barba<br />

nera come il carbone e occhi rossi come una città andata in fiamme .<br />

Tuttavia il giorno dopo arrivò un cavaliere che seguiva il richiamatore <strong>di</strong> mostri da anni .<br />

Questo cavaliere si chiamava Ugo, indossava un’armatura lucente, aveva una lancia capace <strong>di</strong><br />

trafiggere <strong>di</strong>eci giganti in un colpo ed uno scudo con lo stemma dei cavalieri d’ oro .<br />

L’evocatore quando rivide il suo nemico corse fino alla rocca <strong>di</strong> Nago dove si vedeva l’ intero lago<br />

<strong>di</strong> <strong>Garda</strong>, il fiume Sarca e da dove poteva controllare tutte le mosse <strong>del</strong> cavaliere.<br />

Così Ugo, dopo giorni e giorni <strong>di</strong> tentativi andati persi per catturare il suo nemico, data la<br />

<strong>di</strong>fficoltà, chiese agli abitanti se lo potevano aiutare con armi o cibo avvelenato .<br />

Ad un tratto dalla folla sbucò fuori un signore, curvo come un uovo, pelato come un pomodoro e<br />

tozzo come un pallone pieno <strong>di</strong> elio che si presentò davanti al cavaliere con in mano un libro dal<br />

titolo: “Esseri mostruosi”. Dalla paura che faceva, tutti zittirono .<br />

Il cavaliere, con aria incuriosita , si fece mostrare il libro .


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Leonardo Chistè<br />

Chiese come mai questo libro era nelle sue mani e così, Piero Degasperi , questo era il suo<br />

nome, incominciò a spiegare che il suo bis - bis - bis nonno , cioè suo trisavolo , una volta era un<br />

cavaliere d’ oro che combatteva proprio il richiamatore <strong>di</strong> mostri che , a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> un essere<br />

umano, poteva vivere all’ infinito .<br />

Sfogliando le pagine <strong>del</strong> libro trovarono la soluzione per sconfiggerlo .<br />

Il rime<strong>di</strong>o era trafiggere il suo cuore con la punta <strong>di</strong> uno scudo appartenente ad un cavaliere d’<br />

oro .<br />

Ugo, senza aiuto degli abitanti, perché solo lui poteva uccidere quell’essere, partì per affrontarlo<br />

percorrendo la vecchia strada che passa da <strong>Bolognano</strong> e porta a Nago .<br />

Questa strada era ben protetta da una fitta vegetazione e, con l’aiuto <strong>del</strong> buio, riuscì ad arrivare<br />

alla rocca <strong>di</strong> Nago .<br />

Il richiamatore era addormentato però , quando il cavaliere si avvicinò, un asse <strong>del</strong> pavimento<br />

scricchiolò e l’avversario aprì gli occhi rossi <strong>di</strong> rabbia .<br />

Incominciò così una lotta furibonda, il cavaliere con la sua lancia si impegnava al massimo per<br />

riuscire a colpirlo , ma il suo nemico riusciva sempre a schivarlo e così la lotta durò a lungo. In<br />

un attimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sattenzione <strong>del</strong> nemico, Ugo con la sua lancia riuscì a ferirlo e lo spinse fuori dalla finestra.<br />

Questo rotolò fino a valle e, al culmine <strong>del</strong>la sua rabbia, evocò il mostro Roccia.<br />

Questo mostro era gran<strong>di</strong>ssimo e ,soltanto camminando, <strong>di</strong>struggeva raccolti e case. Il cavaliere allora<br />

corse fino al Linfano dove si scontrò nuovamente con l’evocatore, che però era sopra il mostro che stava<br />

seminando <strong>di</strong>struzione.<br />

Il cavaliere scagliò la sua lunga lancia che si conficcò nel tallone <strong>del</strong> mostro, il quale inciampò e cadde.<br />

Cadde anche il richiamatore rimanendo schiacciato sotto l’enorme massa <strong>di</strong> roccia <strong>del</strong> gigante.<br />

Ugo ebbe la meglio e riuscì a finire quest’ultimo con la punta <strong>del</strong>lo scudo bloccandolo nel punto dove si<br />

trova ancora adesso, appunto dove si innalza il monte Brione.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Leonardo Chistè<br />

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storie


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Andrea Bosco Ubertino, Davide Cresci<br />

Tanto tempo fa, quando ancora non esisteva il monte Brione, c’era un villaggio chiamato<br />

Bireno dove erano allevati molti animali domestici e le campagne producevano frutta e verdura<br />

in gran<strong>di</strong> quantità.<br />

In quel villaggio abitavano, in una capanna fatta <strong>di</strong> paglia, tre giovani che si chiamano Gigi,<br />

Giannino e Giuseppino.<br />

I tre erano fratelli ed erano molto affiatati e, ogni volta che qualcuno si cacciava in un<br />

pericolo, gli altri due andavano a salvarlo.<br />

Un giorno un drago, che da tempo infestava le rive <strong>del</strong> lago, volò sopra la loro capanna e<br />

gli cascò dalla bocca un liquido verdognolo e velenoso.<br />

Il veleno passò attraverso la paglia <strong>del</strong>la capanna e due dei fratelli, cioè Gigi e Giannino, ne<br />

furono contaminati e purtroppo morirono.<br />

Il superstite, Giuseppino, si mise a piangere per la morte dei suoi fratelli, ma, come dal nulla, apparve<br />

un folletto irlandese <strong>di</strong> nome Omnibus che <strong>di</strong> solito pronunciava questa formula magica: “Omni, omni,<br />

omni bus”.<br />

La creatura gli chiese: “Ragazzo, perché piangi?”<br />

“Perché sono morti i miei fratelli”.<br />

Allora Omnibus esclamò: “Omni, omni, omni bus”, e apparve una lancia appuntita.<br />

“Questa è una lancia magica che si muove da sola, con essa potrai affrontare il mostro per<br />

ven<strong>di</strong>carti!”.<br />

(… continua...)


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Andrea Bosco Ubertino, Davide Cresci<br />

“Grazie” <strong>di</strong>sse Giuseppino.<br />

Il ragazzo volle vestirsi in modo speciale per l’occasione e, per accontentarlo,Omnibus fece apparire<br />

un’armatura lucente.<br />

Insieme presero una carrozza trainata da <strong>di</strong>eci splen<strong>di</strong><strong>di</strong> cavalli che li portarono lungo la strada che<br />

collega Arco a Nago. Da Nago giunsero fino al Monte Altissimo.<br />

Camminarono a lungo finché trovarono il covo <strong>del</strong> drago. Sulla vetta <strong>del</strong>la montagna lo sorpresero<br />

che ronfava tranquillamente.<br />

Giuseppino ne stava approfittando, ma il bestione si svegliò e, con un colpo <strong>di</strong> coda, lo stese al<br />

tappeto.<br />

Stava per arrostirlo, ma il giovane, con una capriola, ne venne fuori e, dopo aver schivato la<br />

fiammata, scagliò la lancia che, magicamente, si infilzò nel cuore <strong>del</strong> drago.<br />

Giannino e Gigi uscirono dalla bocca <strong>del</strong> drago vivi e vegeti. I tre fratelli si abbracciarono e, con l’aiuto<br />

<strong>di</strong> Omnibus, sollevarono il bestione e lo lanciarono verso il basso.<br />

Il volo <strong>del</strong> drago terminò nella piana fra <strong>Riva</strong> e Torbole e <strong>di</strong>ede origine al monte Brione.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Andrea Bosco Ubertino, Davide Cresci<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

MARTA MAINO- TANIA NEGRI- LAURA BONINSEGNA<br />

Molti anni or sono in una piccola e verde conca c’era un villaggio chiamato Boninema. In questo<br />

villaggio c’era un bel castello e nel castello viveva un valoroso cavaliere; il cavaliere si chiamava<br />

Fayro. All’epoca non era tutto come ora , era tutto più calmo . Non c’erano macchine , gli abitanti <strong>di</strong><br />

Arco vivevano felici . L’unica cosa che non era calma era il drago , il loro più terribile nemico <strong>di</strong> nome<br />

Lavcun.<br />

Lavcun viveva sul Monte Baldo che un tempo era un vulcano, per questo sputava lava . Sulla<br />

schiena aveva <strong>del</strong>le punte affilatissime . Sulla pancia si vedeveno dei triangoli gialli . Gli occhi erano<br />

rossi come il fuoco . Aveva la coda come un serpente, lunga 7 metri .<br />

Questo drago faceva dei danni molto gravi: <strong>di</strong>struggeva le case , mangiava le persone e inceneriva i<br />

campi .<br />

Il cavaliere Fayro era stanco <strong>di</strong> questi attacchi quin<strong>di</strong> si preparò per affrontare il bestione. Egli era<br />

molto alto , coraggioso e forte, possedeva occhi luminosi , capelli folti e bion<strong>di</strong> . Le sue armi erano la<br />

spada la lancia, l’arco e le frecce avvelenate: frecce e spada erano molto appuntite e tagliavano<br />

qualsiasi tipo <strong>di</strong> oggetto e <strong>di</strong> persona , ma non la pelle <strong>di</strong> drago .<br />

Fayro iniziò il suo viaggio verso il Baldo percorrendo la strada che sale da <strong>Bolognano</strong> verso Nago .<br />

Dopo molto tempo a cavallo incontrò il drago che si stava <strong>di</strong>vertendo a fondere le rocce . Il cavaliere,<br />

approfittando <strong>del</strong>la sua <strong>di</strong>strazione , prese una lancia e ci applicò la punta <strong>di</strong> un pesce spada che si<br />

pensava avesse il potere <strong>di</strong> trapassare la pelle <strong>di</strong> drago.<br />

Fayro , sfortunatamente, mentre la lancia si infilzava nel fianco, fu afferrato dagli artigli <strong>del</strong> drago,<br />

che scivolò versi il basso nella conca, schiacciando il povero cavaliere e il villaggio.<br />

Dopo questa enorme sfortuna si formò una specie <strong>di</strong> monte che era la schiena <strong>del</strong> drago, che venne<br />

chiamato Monte Brione . Con il passare <strong>del</strong> tempo la pelle <strong>del</strong> drago <strong>di</strong>ventò pietra . È questa … la<br />

creazione <strong>del</strong> nostro carissimo Monte Brione .


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

MARTA MAINO- TANIA NEGRI- LAURA BONINSEGNA<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa Lever<br />

Tanto tempo fa nel Basso Sarca c’erano tanti villaggi abitati da conta<strong>di</strong>ni che coltivavano la terra con viti, ulivi,<br />

alberi da frutto, grano, mais, patate e fagioli. Tra i villaggi <strong>di</strong> Arco, <strong>Riva</strong> e Torbole c’era un vulcano abitato dal<br />

gigante Brione che era immune al fuoco.<br />

Gli abitanti dei villaggi erano <strong>di</strong>sperati perchè ogni mattina trovavano parti <strong>del</strong>le loro coltivazioni bruciate e<br />

temevano <strong>di</strong> non riuscire più a sfamarsi, a coltivare il terreno bruciato e <strong>di</strong> conseguenza avrebbero dovuto<br />

andarsene dal Basso Sarca e trovare un nuovo posto in cui vivere.<br />

Un giorno Giacomo, il coraggioso figlio <strong>di</strong> un conta<strong>di</strong>no, armato solo <strong>di</strong> una zappa, partì e scoprì che la<br />

montagna eruttava perché il gigante russava così forte che faceva vibrare le rocce.<br />

Il ragazzo capì che aveva bisogno <strong>di</strong> aiuto, tornò a casa e si incamminò verso Nago e poi giù fino a Torbole, per<br />

raggiungere un’isoletta in mezzo al lago dove si trova la casa <strong>del</strong>la fata <strong>Garda</strong>. A lei chiese una pozione per poter<br />

entrare nel vulcano senza scottarsi ed una corda incantata per legare il gigante.<br />

Giacomo bevve la pozione magica e s’incamminò con la corda in spalla dentro il vulcano.<br />

Era sera e Brione stava per andare a dormire. Appena si sdraiò Giacomo usò la corda magica per legargliela tutta<br />

attorno e lo immobilizzò. Per <strong>di</strong>spetto il gigante cominciò a russare e la montagna si mise a tremare, il vulcano<br />

stava per eruttare ancora.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa Lever<br />

Giacomo scappò <strong>di</strong> corsa e salì in cima alla montagna verso il lago e gridò alla fata <strong>Garda</strong>: “Aiutami,<br />

Brione è legato, ma riesce ancora a russare”. La fata allora, con una formula magica, mandò un’<br />

ondata gigantesca sul vulcano e lo spense.<br />

Quando l’acqua tornò nel lago si portò <strong>di</strong>etro il gigante che, ancora legato, morì annegato, e<br />

Giacomo, <strong>del</strong> quale non si ebbero più notizie.<br />

Da quel giorno gli abitanti <strong>del</strong> Basso Sarca poterono continuare a coltivare tranquillamente i loro<br />

campi.<br />

Al vulcano, trasformato in monte, venne dato il nome <strong>di</strong> Brione.<br />

Nessuno vide mai più Giacomo, ma gli abitanti <strong>di</strong> <strong>Bolognano</strong>, pensando che si fosse perso nel lago,<br />

da quel giorno ogni sera accesero un fuoco in alto, vicino al monte Stivo, che gli in<strong>di</strong>casse la strada<br />

per poter tornare a casa.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa Lever<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

DANNY GIOVANAZZI - DANIELE MATTEI<br />

Tanto tempo fa nella città <strong>di</strong> Arco e Torbole che sono vicine al fiume Sarca, dove i raccolti<br />

sono abbondanti, vivevano molte ma molte persone che lavoravano commerciando,<br />

possedevano tanti sol<strong>di</strong> con cui compravano vestiti fatti <strong>di</strong> seta, lino e stoffa preziosa<br />

con bottoni d’ oro e d’ argento ed ad<strong>di</strong>rittura potevano comprare castelli e chiese.<br />

Quelle citta<strong>di</strong>ne, oltre ad essere ricche, erano tranquille, ma talvolta c’erano dei litigi fra <strong>di</strong><br />

loro per questioni <strong>di</strong> territorio. Un giorno nelle due città arrivò un domatore <strong>di</strong> mostri<br />

che, per chi pagava <strong>di</strong> più, invocava mostri a <strong>di</strong>struggere la città avversaria.<br />

Purtroppo sfuggì al controllo ed evocò il mostro Terremoto al quale or<strong>di</strong>nò: “ Terremoto<br />

<strong>di</strong>struggi tutto quello che ve<strong>di</strong>. “<br />

Il mostro Terremoto <strong>di</strong>strusse tutta la città <strong>di</strong> Torbole, ma quando stava per<br />

<strong>di</strong>struggere l’ ultima casa comparve un enorme <strong>di</strong>nosauro; allora il mostro si<br />

arrabbiò e tirò fuori la sua spada e uccise il nemico. Ad un certo punto il<br />

mostro Terremoto si trovò davanti a due strade.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

DANNY GIOVANAZZI - DANIELE MATTEI<br />

C’ era una strada che portava a Pratosaiano. Lui decise <strong>di</strong><br />

prendere la vecchia strada <strong>Bolognano</strong> - Nago. Dopo un po’ arrivò al<br />

Sarca, decise <strong>di</strong> attraversarlo, ma non sapeva <strong>di</strong> essere allergico all’acqua e<br />

quin<strong>di</strong> fu annientato.<br />

Il domatore non si <strong>di</strong>ede per vinto. Durante il cammino vide un lago<br />

chiamato Lago <strong>di</strong> <strong>Garda</strong>, che allora aveva acque molto calde. Chiamò<br />

il mostro d’argento e gli <strong>di</strong>sse: “Congela quel Lago”. Lui lo<br />

congelò. Con il passare <strong>del</strong> tempo il ghiaccio sì sciolse, ma da quel<br />

giorno il lago <strong>di</strong> <strong>Garda</strong> rimase freddo. Così prese vita il Monte<br />

Brione grazie alle onde e alle correnti sott’acqua.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

DANNY GIOVANAZZI - DANIELE MATTEI<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Angela Celia Corinne<br />

In un’epoca molto lontana la zona <strong>di</strong> Arco era piatta, fino al lago, non esisteva ancora il monte<br />

Brione. Le case erano <strong>di</strong> legno, ma accoglienti.<br />

Gli abitanti vivevano felici coltivando i campi <strong>di</strong> grano e gli oliveti aggrappati ai fianchi dei monti.<br />

Un giorno però arrivò una tartaruga che era grande solo trenta centimetri. Siccome tutte le<br />

tartarughe la prendevano in giro perchè non aveva i genitori, andava in giro a incen<strong>di</strong>are e<br />

<strong>di</strong>struggere le case dei citta<strong>di</strong>ni.<br />

La tartaruga aveva il guscio verde brillante, infatti aveva un anno.<br />

Gli abitanti erano furiosi e volevano catturarla, ma se loro la catturavano incen<strong>di</strong>ava tutte le case.<br />

Un giorno arrivò dalla stra<strong>di</strong>na Nago-<strong>Bolognano</strong> un mago <strong>di</strong> nome Brione che voleva aiutare il<br />

popolo. Il mago fece un incantesimo alla tartaruga e la fece <strong>di</strong>ventare una piccola statua <strong>di</strong> cera.<br />

Le persone erano felicissime.<br />

Una sera però venne un terremoto e crollò proprio la casa <strong>di</strong> Brione, gli crollò addosso anche una<br />

montagna intera; staccatasi dal monte sopra <strong>Riva</strong>.<br />

Gli abitanti si riunirono davanti a quell’ ammasso <strong>di</strong> sassi, e invece <strong>di</strong> fare una scultura al mago,<br />

decisero <strong>di</strong> chiamare quel monte Brione come il suo nome.<br />

Ogni mattina ogni citta<strong>di</strong>no andava a portargli <strong>del</strong>la terra con dei semi per farlo <strong>di</strong>ventare un vero e<br />

proprio monte. In pochi anni il monte <strong>di</strong>ventò folto <strong>di</strong> erba, <strong>di</strong> fiori e colmo <strong>di</strong> foreste.<br />

E così si creò il Monte Brione


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Angela Celia Corinne<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Elisa Ziliani, Larissa Chiriac, Luca Grill<br />

Tanti anni fa, in una casetta abbandonata in mezzo alla campagna <strong>di</strong> <strong>Bolognano</strong>, viveva un<br />

giovane da tutti chiamato Giacomo. Un giorno Giacomo andò nel bosco a raccogliere dei<br />

frutti.<br />

Cammina, cammina si inoltrò dove mai era arrivato e<br />

vide una casetta, bussò, ma nessuno rispondeva, così entrò. Si trovò davanti tante bottiglie<br />

e scatoline con pozioni magiche. Giacomo vide due provette ciascuna con una etichetta: su<br />

una c’ era scritto “morte animali” e sull’ altra “morte piante”. Egli capì subito che lì<br />

abitava un mago cattivo. Sentì dei rumori e, dopo qualche secondo, entrò il mago. Il mago<br />

aveva il naso lungo, la faccia tonda, gli occhi marroni e gli occhiali color giallo oro.<br />

Indossava un vestito nero scuro, un cappello a punta nero chiaro e <strong>del</strong>le scarpe color nero<br />

bruciato. Giacomo si spaventò molto e corse a nascondersi.<br />

Il mago non sapeva che Giacomo era nella sua casa quin<strong>di</strong> ripassò ad alta voce il suo<br />

piano perché voleva assicurarsi che<br />

tutto andasse bene. A quel punto Giacomo decise <strong>di</strong> sconfiggere il mago perché il piano<br />

<strong>del</strong>lo stregone era quello <strong>di</strong> uccidere piante e animali dei monti, per comandarli, per <strong>di</strong> più<br />

era allergico al verde e al pelo <strong>di</strong> qualsiasi animale.<br />

Il mago aveva inventato questo piano perché credeva che un mondo senza animali e senza<br />

piante fosse un mondo migliore.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Elisa Ziliani, Larissa Chiriac, Luca Grill<br />

Senza aspettare ancora Giacomo uscì dal nascon<strong>di</strong>glio e scappò dalla finestra.<br />

Arrivato a casa prese una corda, un arco, una spada, una lampada ad olio e degli<br />

acciarini.<br />

Giacomo ripartì in fretta deciso a eliminare il mago; nel frattempo però lo<br />

stregone si era trasferito sul monte Velo.<br />

Giacomo lo seguì con molta cautela percorrendo la vecchia strada che da<br />

<strong>Bolognano</strong> sale a Nago.<br />

Il nostro eroe, giunto sul monte, vide una casetta. Egli, incuriosito, bussò;<br />

dall’interno sentì una voce che <strong>di</strong>ceva: “Chi è? Chi osa <strong>di</strong>sturbarmi?”<br />

Giacomo capì subito che era il mago cattivo, entrò, prese la lampada ad olio e la<br />

gettò sui suoi pie<strong>di</strong>. I vestiti <strong>del</strong> mago presero fuoco e ci fu un’esplosione.<br />

Fra le fiamme vide la faccia <strong>del</strong> mago che urlava: “Che tu sia maledetto!”<br />

Egli cominciò a pronunciare parole magiche, poi, ad un certo punto, le fiamme<br />

sparirono insieme al mago e al povero Giacomo.<br />

Un’enorme frana rotolò dal monte Velo e si accumulò a valle creando un monte<br />

che fu chiamato “Monte Brione”.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Elisa Ziliani, Larissa Chiriac, Luca Grill<br />

In<strong>di</strong>etro


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa – Amedea – Laura – Sara<br />

Molto tempo fa, nel comune <strong>di</strong> Arco, dove ora c’è la scuola <strong>di</strong> <strong>Bolognano</strong> c’era una<br />

caverna abitata dalla draghetta Ling.<br />

Ling era nera, come <strong>di</strong>ce il suo nome, sembrava un serpentino <strong>di</strong> mare, aveva le ali,<br />

la coda e le zampe a forma <strong>di</strong> pinne, i denti lunghi e affilati, e aveva due gran<strong>di</strong><br />

amiche: Mariangela (Mery) e Tygghi.<br />

Mery era alta, aveva i capelli violetti, un vestito <strong>di</strong> luminoso azzurro con il pizzo<br />

bianco neve, gli stivali fucsia decorati da un <strong>di</strong>amante nero, orecchini e ciondolo.<br />

Tygghi era una tigrotta bianca dai denti a sciabola.<br />

Le tre amiche erano molto amate dal popolo <strong>di</strong> Arco, ma o<strong>di</strong>ate dal popolo <strong>di</strong> Nago<br />

perché pensavano che portassero sfortuna.<br />

Un giorno, le tre amiche passavano dalla strada <strong>del</strong>la vecchia Maza; siccome si<br />

annoiavano, incisero dei segni su un sasso molto liscio e inventarono un gioco: il<br />

gioco <strong>del</strong>la Tria!!<br />

Giocarono a Tria fino a notte fonda, ma poi, molto affamate andarono in una casetta<br />

<strong>di</strong> pietra per trovare rifugio e riparo.<br />

Non sapevano però che era la casa <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo Jerver.


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa – Amedea – Laura – Sara<br />

Jerver era alto, malvagio, con due corna, due ali,una coda a punta e un forcone. Le<br />

tre amiche dentro la casa scoprirono che l’aurora boreale era formata dalle anime<br />

che Jerver si era mangiato.<br />

Per liberarle Ling, Mery e Tygghi combatterono contro il <strong>di</strong>avolo; la lotta fu lunga,<br />

le amiche vinsero e lo ricacciarono nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>la roccia da cui era venuto,<br />

ma Ling si ferì. In quel momento arrivò Jang con dei fiori e <strong>del</strong>le erbe me<strong>di</strong>cinali<br />

che crescevano sul monte Creino, e guarì Ling.<br />

Jang era bianco, come <strong>di</strong>ce il suo nome.<br />

Ling e Jang si amavano da tempo e quin<strong>di</strong> si sposarono.<br />

Nei giorni successivi arrivò l’angelo Angi che annunciò la nascita <strong>del</strong>la draghetta<br />

Oèghir.<br />

Angi aveva un bellissimo vestito azzurro, <strong>del</strong>le scarpette gialle, un’aureola con<br />

sopra una piuma che decorava i capelli bion<strong>di</strong> e gran<strong>di</strong> ali.<br />

I festeggiamenti durarono a lungo…


La leggenda <strong>del</strong> Monte Brione<br />

Lisa – Amedea – Laura – Sara<br />

In<strong>di</strong>etro


Marmitte dei Giganti<br />

Alex<br />

Fino a 12 mila anni fa la nostra zona era coperta da un ghiacciaio. In alcuni punti era alto<br />

centinaia <strong>di</strong> metri. Quando incontrava degli ostacoli, ad esempio degli scalini, si<br />

fratturava e quin<strong>di</strong> si creavano dei crepacci.<br />

In questi crepacci l’acqua scendeva producendo <strong>del</strong>le cascate che erodevano la roccia,<br />

formando <strong>del</strong>le conche simili a grossi pentoloni.<br />

Percorrendo la vecchia strada che sale da Arco a Nago si possono osservare gli effetti <strong>di</strong><br />

questi fenomeni <strong>di</strong> erosione.<br />

Non tutti sono d’accordo con questa spiegazione, infatti un’antica leggenda narra <strong>di</strong> un<br />

villaggio popolato dai Tuchi Tuchi (Uomini selvaggi), e anche <strong>di</strong> un mostro <strong>di</strong> roccia che<br />

abitava nelle montagne <strong>del</strong>la Busa e si nutriva <strong>di</strong> cristalli.<br />

I Tuchi Tuchi, allora vivevano commerciando cristalli e gemme preziose che<br />

scavavano nelle profonde miniere sotto le montagne, aiutati dal mostro che li guidava<br />

alle ricerca <strong>del</strong>le pietre più scintillanti.<br />

Al villaggio tutti erano tranquilli prima che arrivasse un troll mandato da uno stregone<br />

che iniziò a <strong>di</strong>struggere le abitazioni.<br />

A portare aiuto arrivò il mostro <strong>di</strong> roccia che sferrò un sinistro al troll che morì.


Marmitte dei Giganti<br />

Alex<br />

Subito dopo si scatenò una tempesta <strong>di</strong> fulmini e apparve in cielo lo stregone a<br />

cavallo <strong>di</strong> un drago spettrale e con in mano uno scettro saettante. La reale intenzione<br />

<strong>del</strong> mago era quella <strong>di</strong> occupare le miniere e sfruttarle per ricavare gemme da usare<br />

per le sue armi malefiche.<br />

Il mostro <strong>di</strong> roccia appena lo vide uccise subito il drago e lo stregone con la più<br />

mici<strong>di</strong>ale <strong>del</strong>le pietre.<br />

La tempesta però continuava e allora il mostro <strong>di</strong> roccia scavò una serie <strong>di</strong> fosse a<br />

forma <strong>di</strong> sco<strong>del</strong>la, così i Tuchi Tuchi si poterono riparare all’interno.<br />

Quelle fosse esistono tuttora.


Marmitte dei Giganti<br />

Alex<br />

In<strong>di</strong>etro


Marmitte dei Giganti<br />

Andrea Bosco Ubertino, Danny Giovanazzi<br />

Un’ antica leggenda narra che tanto tempo fa, in un crepaccio, abitava una famiglia<br />

<strong>di</strong> gnomi composta da mamma, papà, sette figli e il nonno.<br />

Il nonno si chiamava Baldo e aveva 80 anni, il papà si chiamava Piero, aveva 44<br />

anni, la mamma invece si chiamava Cinzia e aveva 37 anni, i figli si chiamavano<br />

Giacomino, Geltru<strong>del</strong>, Pierino, Carlotta, Giacomo, Andrea, Danny, e avevano un’età<br />

compresa fra i quattro e i do<strong>di</strong>ci anni.<br />

Un bel giorno <strong>di</strong> autunno decisero <strong>di</strong> andare a fare una passeggiata sul monte<br />

Gnomix.<br />

Tornarono a casa <strong>di</strong> sera. Avevano raccolto molte bacche, erbe me<strong>di</strong>che, uva, mele,<br />

castagne e altri frutti autunnali tipici <strong>del</strong>la nostra zona.<br />

“Avremo provviste per l’inverno” <strong>di</strong>sse il papà.<br />

La famiglia trascorse l’inverno nel crepaccio, mangiando quello che avevano<br />

raccolto durante la bella stagione.<br />

Quando venne la primavera, la famiglia uscì al calor <strong>del</strong> sole.<br />

Un bel giorno, giunse nel crepaccio un gigante alto quattro metri, che tuonò:“<br />

Insignificanti esserini, sparite da questo crepaccio, questa sarà la mia nuova casa,<br />

voi trovatevene un’altra!”.<br />

La povera famiglia vagò a lungo per giorni e settimane alla ricerca <strong>di</strong> una nuova<br />

casa.


Marmitte dei Giganti<br />

Andrea Bosco Ubertino, Danny Giovanazzi<br />

Un bel pomeriggio <strong>di</strong> Giugno trovarono un altro crepaccio, allora tutti felici<br />

entrarono dentro, l’osservarono e videro che le pareti erano uguali alla loro vecchia<br />

casa, anche il muschio, ma qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso c’era rispetto alla loro vecchia<br />

<strong>di</strong>mora: <strong>del</strong>le conche scavate nella roccia, <strong>di</strong>stribuite nel crepaccio e sul versante<br />

<strong>del</strong>la montagna.<br />

Queste erano piene d’acqua e in una trovarono il troll annegato. Successivamente<br />

capirono che erano le riserve d’acqua <strong>del</strong> mostro.<br />

Ecco perché, ancora oggi nella nostra zona, ci sono queste fosse chiamate Marmitte<br />

dei giganti, in ricordo <strong>del</strong> terribile troll.


Marmitte dei Giganti<br />

Andrea Bosco Ubertino, Danny Giovanazzi<br />

In<strong>di</strong>etro


Marmitte dei Giganti<br />

Giulia Prati – Panza Francesca<br />

Percorrendo la vecchia strada che sale da Arco Nago si possono osservare <strong>del</strong>le conche scavate nella<br />

roccia.<br />

Sono state prodotte da dei fenomeni <strong>di</strong> erosione. Non tutti però sono d’accordo con questa spiegazione,<br />

infatti un’antica leggenda narra…che molto tempo fa, quando non c’era la tecnologia, esisteva un mondo<br />

glaciale abitato da troll, folletti, nani e animali preistorici.<br />

Nani e folletti non andavano per niente d’ accordo con i troll per colpa <strong>di</strong> un litigio avvenuto in una<br />

fredda notte d’ inverno.<br />

I troll, privi <strong>di</strong> cibo, decisero <strong>di</strong> andare a caccia <strong>di</strong> alcuni animali preistorici: ne uccisero a tonnellate<br />

(questo vuol <strong>di</strong>re che erano ricchi <strong>di</strong> carne ).<br />

Ai nani e ai folletti, sentendo un <strong>del</strong>izioso profumino <strong>di</strong> carne arrostita, venne l’acquolina in bocca.<br />

Seguendo il <strong>del</strong>izioso profumino sbucarono davanti alla caverna <strong>del</strong> vecchio troll .<br />

Teo,il capo nanetto, facendosi avanti trovò un buchetto, scavato da alcuni topini, che portava alla <strong>di</strong>spensa<br />

dei troll; fece cenno ai nanetti e ai folletti <strong>di</strong> seguirlo e così arrivarono alla <strong>di</strong>spensa. Con fatica<br />

buttarono giù nei carrellini una marea <strong>di</strong> carne e poi tornarono a casa senza problemi.<br />

Al mattino i troll andarono in <strong>di</strong>spensa a prendere la carne per la colazione e scoprirono che era sparita;<br />

uscirono <strong>di</strong> casa alla ricerca <strong>del</strong> grande gruppo composto da nani e folletti.<br />

Appena li trovarono scoppiò la guerra; Teo capo dei nani, andò a chiamare i rinforzi e Spot, capo troll,<br />

fece lo stesso, fu a quel punto che incominciò la vera guerra.


Marmitte dei Giganti<br />

Giulia Prati – Panza Francesca<br />

Nanetti e folletti lanciarono pezzi <strong>di</strong> ghiaccio contro gli avversari; questi si<br />

arrabbiarono molto, ma la pioggia <strong>di</strong> ghiaccio era così intensa che furono travolti.<br />

Il giorno dopo i troll si recarono da Teo a chiedere la pace e così pace fu.<br />

Per festeggiare la pace ritrovata si <strong>di</strong>vertirono a saltare e scivolare sul ghiaccio<br />

creando così tante buche che chiamarono le Marmitte dei giganti.


Marmitte dei Giganti<br />

Giulia Prati – Panza Francesca<br />

In<strong>di</strong>etro


Marmitte dei Giganti<br />

Davide Righi – Lisa Lever – Corinne Zanini – Luca Grill.<br />

Percorrendo la vecchia strada che sale da Arco a Nago si possono osservare <strong>del</strong>le conche scavate<br />

nella roccia.<br />

Sono state prodotte da dei fenomeni <strong>di</strong> erosione; non tutti però sono d’accordo con questa<br />

spiegazione, un’antica leggenda narra che…<br />

Tanto, ma tanto tempo fa, nel castello <strong>di</strong> Arco, viveva lo stregone <strong>del</strong> fuoco Dranea e il suo drago<br />

Dragvar.<br />

Dranea era magro e alto, portava una tunica color rosso fuoco, un cappello da strega nero carbone<br />

e pantaloni neri. Aveva una grande cicatrice sull’occhio.<br />

Dragvar era grande e grosso, tutto rosso con gran<strong>di</strong> ali nere.<br />

Dranea aveva un gran<strong>di</strong>ssimo nemico: Romte, lo spettro-stregone <strong>del</strong>la morte.<br />

Romte era vestito con un lungo mantello nero con un cappuccio che copriva gli occhi: lo faceva<br />

sembrare un vero spettro. Il suo “famiglio’’ era un TROLL alto tre metri. Il troll era verdastro con<br />

un’ armatura <strong>di</strong> metallo sporco.<br />

Romte e Troll vivevano in una caverna oscura, priva <strong>di</strong> vita, ma piena <strong>di</strong> ragni e ragnatele.<br />

Lo spettro-stregone con il suo troll spaventava i conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Nago e rovinava i loro campi.<br />

Quando Dranea fu avvertito, prese il suo scettro magico rosso e arancione, andò verso Nago per<br />

quella vecchia stra<strong>di</strong>na piena <strong>di</strong> vegetazione che porta a destinazione.


Marmitte dei Giganti<br />

Davide Righi – Lisa Lever – Corinne Zanini – Luca Grill.<br />

Dopo aver percorso molti chilometri arrivò all’oscura grotta <strong>del</strong> suo peggior nemico:<br />

Romte!!!<br />

Dopo aver lottato a lungo i due stregoni crearono molte buche, ma morirono<br />

entrambi.<br />

Dragvar e Troll fecero un funerale ai loro padroni, li seppellirono nelle buche e le<br />

riempirono d’ acqua.<br />

Arrabbiati per la loro morte si misero a lottare, ma il troll morì.<br />

Da quel giorno tutti gli abitanti <strong>di</strong> Arco e Nago festeggiarono il drago con<br />

ban<strong>di</strong>erine, trombette, panini giganti, bibite piene <strong>di</strong> peperoncino, peperoncino<br />

ultrapiccante e mille coriandoli <strong>di</strong> fuoco.<br />

Ma quel giorno rimase impresso nella loro memoria perché quelle buche,<br />

testimonianza <strong>del</strong>lo scontro, si trasformarono nelle MARMITTE DEI GIGANTI.


Marmitte dei Giganti<br />

Davide Righi – Lisa Lever – Corinne Zanini – Luca Grill.<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

GIULIA PRATI - ELISA ZILIANI - LARISSA MARIA CHIRIAC - ANXHELA<br />

HOXA<br />

Tanto tempo fa, nella valle <strong>del</strong> Sarca, c’erano molti castelli abitati da signori e cavalieri. Nel<br />

castello <strong>del</strong>l’ Oltresarca vivevano due principi: Filippo e Davide, nel castello <strong>di</strong> Arco vivevano due<br />

conti: Simone e Federico.<br />

Un giorno Filippo e Davide si annoiavano così tanto che decisero <strong>di</strong> giocare al gioco <strong>del</strong>la tria.<br />

Siccome spesso nascevano dei conflitti fra conti, principi e cavalieri per il controllo dei confini dei<br />

loro territori, pensarono che si potevano risolvere giocando anziché uccidersi in guerra.<br />

Il giorno dopo i principi spiegarono il gioco <strong>del</strong>la tria ai conti e ai cavalieri. Le regole erano ben<br />

precise:<br />

1. Ogni giocatore ha nove pe<strong>di</strong>ne.<br />

2. I giocatori mettono le proprie pe<strong>di</strong>ne, a turno, sulla scacchiera cercando <strong>di</strong> mettere tre<br />

pe<strong>di</strong>ne in fila sugli angoli e sugli incroci. Chi fa “ tris” può mangiare una pe<strong>di</strong>na avversaria.<br />

3. Quando i giocatori hanno finito le pe<strong>di</strong>ne si spostano cercando, ancora, <strong>di</strong> fare “tris”.<br />

4. Chi rimane con due pe<strong>di</strong>ne ha perso la partita.<br />

Quin<strong>di</strong> i principi chiesero ai conti e ai cavalieri se andasse bene. Ai conti e ai cavalieri andava bene<br />

e stabilirono che, chi perdeva, cedeva un quarto <strong>del</strong> proprio territorio al vincitore.<br />

La prima partita la giocarono i cavalieri contro i principi e vinsero i principi.


La Tria<br />

GIULIA PRATI - ELISA ZILIANI - LARISSA MARIA CHIRIAC - ANXHELA<br />

HOXA<br />

La seconda partita la giocarono i conti e i principi, questi ultimi vinsero contro i<br />

conti.<br />

La quarta partita la giocarono i principi e i cavalieri e vinsero i cavalieri, e<br />

continuarono fino alla quin<strong>di</strong>cesima partita. Alla fine vinsero i cavalieri perché si<br />

erano allenati molto prima <strong>del</strong> torneo e sapevano che i vincitori erano loro così si<br />

sfidarono su un sasso sul quale incisero la rappresentazione <strong>del</strong>la tria.<br />

Quando i giocatori furono pronti per giocare, ci fu un contrattempo.<br />

Mentre stavano giocando apparve all’improvviso un bruttissimo <strong>di</strong>avolo:era un<br />

mostro tutto rosso e aveva occhi, barba e forcone neri.<br />

Disse loro:”Andate via, questo è il mio territorio!” I principi gli risposero che<br />

stavano giocando a tria. Al <strong>di</strong>avolo non gliene importava neanche un po’,quin<strong>di</strong> li<br />

scacciò, cancellò il gioco e alla fine i signori furono costretti a gareggiare lì nei<br />

<strong>di</strong>ntorni e scolpirono un nuovo schema su una roccia accanto alla strada che portava<br />

a Nago; <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo ne pensarono proprio male.<br />

Da quel giorno decisero <strong>di</strong> chiamare quel sasso “il sasso <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo”. Infatti quel<br />

giorno, mentre giocavano su quel sasso, apparve un <strong>di</strong>avolo che li spaventò e, se<br />

volevano sfidarsi, dovevano per forza giocare un po' più in là.


La Tria<br />

GIULIA PRATI - ELISA ZILIANI - LARISSA MARIA CHIRIAC - ANXHELA<br />

HOXA


La Tria<br />

GIULIA PRATI - ELISA ZILIANI - LARISSA MARIA CHIRIAC - ANXHELA<br />

HOXA<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

Celia Seneci – Tania Negri – Corinne Zanini – Danny Giovanazzi – Luca Grill<br />

Il <strong>di</strong>avolo stava osservando dalla cima <strong>di</strong> un albero il paesino ai pie<strong>di</strong> <strong>del</strong>lo Stivo e guardava con<br />

malignità tutta quella felicità.<br />

Il <strong>di</strong>avolo era venuto dal portale che si chiamava “Porta <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo”, con il compito <strong>di</strong> catturare<br />

tutte le anime degli uomini e, se fosse tornato senza anime, il suo capo lo avrebbe ucciso; poteva<br />

stare via solo un mese.<br />

Il <strong>di</strong>avolo era arrivato il primo gennaio e fino al <strong>di</strong>eci gennaio restò ad osservare la gente e ad<br />

elaborare un piano per catturare le anime. L’un<strong>di</strong>ci gennaio andò in un negozio <strong>di</strong> vestiti, tutti<br />

quelli <strong>del</strong> negozio si spaventarono e scapparono, così egli poté travestirsi da uomo e indossò una<br />

parrucca arancione. Andò nel bosco e fece un incantesimo al suo corpo e alla sua faccia che<br />

<strong>di</strong>ventarono quelle <strong>di</strong> un uomo normale. Completata la trasformazione andò a cercare le erbe<br />

magiche che servivano per catturare le anime: queste erano ver<strong>di</strong>, rosse e gialle.<br />

Il <strong>di</strong>avolo però <strong>di</strong>menticò i colori e raccolse le erbe sbagliate, quelle arancioni e bianche che<br />

facevano <strong>di</strong>ventare più buone le persone. Se il <strong>di</strong>avolo sventolava le erbe malefiche sotto il naso<br />

<strong>del</strong>le persone le anime felici scappavano, mentre quelle tristi entravano nel corpo <strong>del</strong>le persone; se<br />

sventolava quelle benefiche le anime erano ancora più felici.<br />

Il <strong>di</strong>avolo naturalmente usò le erbe sbagliate e le anime degli uomini furono più felici, non se ne<br />

accorse subito perché la magia faceva effetto solo dopo un po’ <strong>di</strong> tempo.<br />

Intanto salì su un albero aspettando il risultato.


La Tria<br />

Celia Seneci – Tania Negri – Corinne Zanini – Danny Giovanazzi – Luca Grill<br />

Non immaginate nemmeno lo stupore <strong>del</strong> demonio che, tutto infuriato, si domandava come poteva essere<br />

successa una cosa simile. Si fece venire in mente un’altra idea brillante, ma stavolta non poteva fallire.<br />

Costruì una “tria magica” con la quale poteva giocare con gli uomini che, ogni volta che venivano<br />

sconfitti, venivano morsi e trasformati anche loro in <strong>di</strong>avoli cattivi<br />

Voi però vi chiederete: “E se perde il <strong>di</strong>avolo, che cosa succede?”. Il <strong>di</strong>avolo non poteva mai perdere<br />

perché usava la magia per vincere. Così quasi tutti gli uomini <strong>di</strong>ventarono demoni e cominciarono a<br />

<strong>di</strong>struggere l’ambiente. Quelli rimasti erano tristi e fuggivano da tutte le parti.<br />

Al nemico, per conquistare tutti i paesi, servivano altri due compagni, allora chiamò i suoi amici più cari<br />

attraverso una collana a forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>avolo con due bottoni: se si schiacciava il primo compariva un solo<br />

spirito, se premevi il secondo ne apparivano due.<br />

Un bambino <strong>di</strong> nome Pietro, fortunatamente, scappò prima che i due malefici arrivassero, corse lungo la<br />

strada <strong>del</strong>la vecchia Maza per arrivare alla casa <strong>di</strong> un suo vecchio amico: un vecchietto con un bastone<br />

magico ricavato da un vecchio olivo che conteneva tutta la forza <strong>del</strong>la natura.<br />

Il bambino raccontò tutto al suo amico che corse subito ad aiutare le persone ancora buone.<br />

Il vecchio mago restituì la natura umana alle persone, uccise il <strong>di</strong>avolo, in seguito trasformò in roccia i<br />

due <strong>di</strong>avoli appena arrivati dal portale e infine chiuse il portale <strong>del</strong> popolo dei demoni.<br />

Nei giorni successivi ricostruirono tutte le case e vissero contenti senza più niente <strong>di</strong> cui preoccuparsi.


La Tria<br />

Celia Seneci – Tania Negri – Corinne Zanini – Danny Giovanazzi – Luca Grill<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

Francesca – Marta – Leo<br />

Molti anni or sono, nel territorio <strong>di</strong> Oltresarca, esisteva un popolo, quello degli Oltresarchesi, in<br />

continuo conflitto con gli abitanti <strong>del</strong>la città <strong>di</strong> Arco.<br />

Infatti, molti anni prima, i conta<strong>di</strong>ni Arcensi, nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siccità, si intrufolavano nei territori<br />

<strong>di</strong> Oltresarca perché, nelle vicinanze scorreva un fiume ricco d’acqua, il Sarca, e c’erano territori<br />

fertili pieni <strong>di</strong> frutti e piante che non soffrivano la siccità, i prati erano rigogliosi <strong>di</strong> papaveri,<br />

dalie e altri fiori. Non sapevano più come fare con quella città vicina.<br />

Un giorno arrivò un <strong>di</strong>avolo che li fece smettere <strong>di</strong> litigare, ma scrisse anche <strong>del</strong>le regole: si<br />

doveva obbe<strong>di</strong>re a lui, non bisognava più bisticciare per nessun motivo e, infine, l’ultima regola<br />

era che, chi si comportava “male”, veniva portato al… “Sass <strong>del</strong> Diaol”; e da lì risucchiato nel<br />

mondo dei morti!!! Gli Oltresarchesi e gli Arcensi, stufi <strong>di</strong> quelle regole, vollero far andare via<br />

il <strong>di</strong>avolo, così i due popoli stabilirono una tregua.<br />

Si riunirono tutti insieme per vedere chi era il giocatore migliore al gioco <strong>del</strong>la tria :un gioco<br />

che avevano inventato loro. Stabilito il più bravo, cioè Alessandro Folletti, sfidarono il <strong>di</strong>avolo in<br />

una partita <strong>di</strong> tria, prima però fecero un patto: chi perdeva andava dentro il sasso <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo (nel<br />

regno dei morti), chi vinceva restava libero per sempre.<br />

Alessandro riuscì a mettere in <strong>di</strong>fficoltà l’avversario. Dopo una lunga sfida, con un colpo <strong>di</strong><br />

scena, vinse Alessandro.Il <strong>di</strong>avolo fu spe<strong>di</strong>to come promesso nel mondo dei morti.<br />

Invece i due paesi <strong>di</strong>ventarono amici e con il re Alessandro Folletti vissero per sempre felici e<br />

contenti.


La Tria<br />

Francesca – Marta – Leo<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

Alessandro Maino – Amedeo Marosi – Daniele Mattei – Mattia Calzà<br />

C’era una volta, in un tempo indefinito, una casetta abitata da una famiglia povera. La casa<br />

era costruita sul confine che <strong>di</strong>vide Arco da Nago; la famiglia era composta da mamma,<br />

papà, i fratelli Mattia e Daniele, la nonna e il nonno.<br />

Il papà tutte le mattine andava a lavorare a costruire case per mantenere la famiglia, invece la<br />

mamma puliva la casa, il nonno spaccava la legna e la nonna dava una mano alla mamma.<br />

I ragazzi, un bel giorno <strong>di</strong> inizio estate, andarono in una foresta piena <strong>di</strong> fiori: rose, tulipani,<br />

orchidee e gigli rossi e bianchi.<br />

In un prato c’era un sasso levigato con inciso il gioco <strong>del</strong>la TRIA.<br />

I bambini iniziarono a giocare, come facevano spesso, e vinse Mattia.<br />

Ad un certo punto, non si sa come, comparve una chiave con l’emblema <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo.<br />

I bambini cercarono la serratura finché non la trovarono su un sasso, inserirono la chiave e<br />

all’improvviso si aprì una porta.<br />

Mattia e Daniele ci entrarono, ma si trovarono davanti il DIAVOLO: aveva <strong>del</strong>le corna appuntite<br />

come un forcone e due denti sporgenti; il <strong>di</strong>avolo prese Daniele che si mise a piangere, Mattia<br />

cercò <strong>di</strong> liberare Daniele, ma non ci riuscì. Il ragazzo tornò a casa e lo <strong>di</strong>sse ai suoi genitori, ma<br />

non gli credettero. Allora Mattia andò in città da uno schiaccia demoni e gli chiese:”Come si fa a<br />

schiacciare un <strong>di</strong>avolo?” Lo schiaccia demoni rispose che era impossibile. Proprio in quel momento<br />

entrò Amedeo, un risolutore specializzato in <strong>di</strong>avoli.


La Tria<br />

Alessandro Maino – Amedeo Marosi – Daniele Mattei – Mattia Calzà<br />

Amedeo chiese a Mattia cosa era successo.<br />

Mattia gli rispose che il DIAVOLO aveva rapito suo fratello Daniele. Amedeo pensò <strong>di</strong><br />

sfidare il Diavolo a TRIA promettendo che gli avrebbe svelati i segreti dei fiori se<br />

avesse perso. Ovviamente vinse Amedeo perché ingannò il <strong>di</strong>avolo grazie al sonnifero<br />

ricavato da un fiore che cresceva una volta ogni 10 anni. Mattia intanto liberò suo<br />

fratello Daniele. Ad un tratto, andando verso casa, comparve un lago magico nato dalla<br />

combinazione <strong>del</strong>le mosse <strong>del</strong>la partita a tria che avevano giocato i due fratelli e che<br />

aveva fatto comparire anche la chiave. Il lago faceva guarire la gente e gli animali.<br />

Dentro il lago abitava un mostro buono. Mattia e Daniele gli chiesero come si chiamasse<br />

e il mostro rispose che si chiamava Dragot.<br />

Dopo mezz’ora l’effetto <strong>del</strong> sonnifero sul <strong>di</strong>avolo svanì.<br />

Mattia chiese a Dragot se li proteggeva dal <strong>di</strong>avolo. Il mostro rispose <strong>di</strong> sì.<br />

Il <strong>di</strong>avolo arrivò inferocito e iniziò l’incontro usando la potente mossa chiamata<br />

DIAVOLOS. Il mostro rispose mossa su mossa e vinse perché era molto grosso. Liberati<br />

dal demone tutti vissero felici e contenti.<br />

Il gioco <strong>del</strong>la tria si può vedere ancora oggi inciso sulla roccia.


La Tria<br />

Alessandro Maino – Amedeo Marosi – Daniele Mattei – Mattia Calzà


La Tria<br />

Alessandro Maino – Amedeo Marosi – Daniele Mattei – Mattia Calzà<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

Davide Righi<br />

C’era una volta, molti anni fa, lungo la strada che porta da Nago a Vignole, un villaggio <strong>di</strong> capanne<br />

molto vasto. Nel villaggio viveva un fabbro, un falegname, alcuni pescatori, una decina <strong>di</strong> cuoche e<br />

altri lavoratori. Ogni giorno passava veloce e sereno. Il terreno era molto fertile e i campi coltivati<br />

avevano le verdure più belle <strong>del</strong> mondo.<br />

Tutto era sereno ed erano tutti felici.<br />

Un brutto giorno <strong>di</strong> pioggia, con lampi e tuoni, si scatenò, per la prima volta in assoluto, un<br />

violento uragano che squarciò e <strong>di</strong>strusse il piccolo villaggio e i campi. I conta<strong>di</strong>ni, che non se lo<br />

aspettavano, riuscirono a mettersi in salvo per miracolo.<br />

Il giorno dopo il “Disastro”, arrivò al villaggio uno straniero: sembrava un <strong>di</strong>avolo, ma nessuno ci<br />

credeva. Lo straniero, quando fu arrivato sulla strada che collega Arco con Nago, cercò una roccia<br />

molto grande, si tolse il cappuccio e <strong>di</strong>sse alcune parole magiche che fecero comparire molte<br />

monete d’oro; solo allora tutti lo riconobbero: era il <strong>di</strong>avolo in persona! Tutti i conta<strong>di</strong>ni si<br />

rifugiarono spaventati nei rifugi scavati nel terreno.<br />

A quel punto il <strong>di</strong>avolo urlò: “Non abbiate paura, sono il <strong>di</strong>avolo, ma non voglio farvi <strong>del</strong> male!<br />

Anzi voglio solo aiutarvi!”<br />

Tutti commentarono le parole <strong>del</strong> demone: “E’ una trappola!”<br />

“Ma no! A me sembra sincero: c’è da fidarsi!”<br />

“Scacciamolo a colpi <strong>di</strong> forcone!” e altri commenti.


La Tria<br />

Davide Righi<br />

Alla fine i due popoli decisero <strong>di</strong> chiedere consiglio al loro capo che li invitò a fidarsi.<br />

Il <strong>di</strong>avolo, per il lavoro, volle però mille monete d’oro.<br />

Il capo <strong>del</strong> villaggio non era d’accordo e <strong>di</strong>sse: “Ti pagheremo venti monete d’oro!”<br />

“970” - <strong>di</strong>sse il demonio. - “Settanta” – lo contrastò il capo.<br />

Andarono avanti così per ore. Alla fine i due trovarono un accordo: 500 monete d’oro.<br />

Il <strong>di</strong>avolo prese il suo forcone ed esclamò <strong>del</strong>le parole magiche incomprensibili e, dopo qualche secondo,<br />

comparvero alberi carichi <strong>di</strong> frutti.<br />

Poi scomparvero <strong>di</strong> colpo le nuvole e spuntò il sole.<br />

Tutti ringraziarono il <strong>di</strong>avolo, ma non si accorsero che ridacchiava sod<strong>di</strong>sfatto: nascondeva qualcosa.<br />

Infatti dopo aver mangiato le prime mele, tutto il villaggio cadde in potere <strong>del</strong> demone che risucchiò tutte<br />

le cose preziose <strong>del</strong> villaggio nel suo sacco magico.<br />

In seguito si incamminò per Diavoland che era solo a 15 km dal villaggio.<br />

Arrivato a metà strada lo spirito malvagio fu attaccato da un folletto <strong>di</strong> nome Folly che era un grande<br />

amico degli abitanti <strong>del</strong> paesino. Il folletto restituì il maltolto, annullò le cose fatte dallo spirito maligno e<br />

consigliò <strong>di</strong> aspettare e <strong>di</strong> coltivare pazientemente i campi aggiungendo con un bisbiglio: “La fretta è<br />

cattiva consigliera”.<br />

In ricordo <strong>di</strong> quel giorno i coltivatori scolpirono la roccia da dove era apparso il <strong>di</strong>avolo e chiamarono la<br />

roccia: “el sass <strong>del</strong> <strong>di</strong>aol”.


La Tria<br />

Davide Righi<br />

Le giornate passavano tranquille e lente, quasi noiose. Gli abitanti le provarono tutte<br />

per inventare un nuovo gioco, ma senza risultato.<br />

Un bel giorno un varano, che stava mangiando nei pressi <strong>di</strong> una roccia, venne<br />

catturato da un’aquila. L’animale si ruppe le unghie nella lotta e graffiò il sasso<br />

incidendo uno schema che i conta<strong>di</strong>ni usarono per ideare un nuovo gioco che<br />

chiamarono TRIA.<br />

…e se il varano fosse stato il demone che, tramutatosi in rettile, ne stava pensando<br />

una <strong>del</strong>le sue…???<br />

In<strong>di</strong>etro


La Tria<br />

ANDREA BOSCO UBERTINO IVB<br />

Molto tempo fa la valle <strong>del</strong> Sarca era molto <strong>di</strong>versa da adesso: non c’era vita, scorreva solo il fiume in<br />

mezzo a rocce, pietre e sabbie. Le montagne erano più alte <strong>di</strong> adesso e il monte Brione in parte circondato<br />

dal Lago <strong>di</strong> <strong>Garda</strong>. Infatti un tempo il <strong>di</strong>avolo Lucifero aveva scagliato una male<strong>di</strong>zione su tutte le forme<br />

<strong>di</strong> vita <strong>del</strong>la valle e ne aveva assorbito tutti gli esseri viventi.<br />

Lucifero passava i giorni a dormire su un’amaca costruita da lui e a sorseggiare cocktail <strong>di</strong> frutta.<br />

Un bel giorno( si fa per <strong>di</strong>re) passò un popolo <strong>di</strong> noma<strong>di</strong>, e Lucifero, che non sopportava le cose vive,<br />

scese dall’amaca e si precipitò <strong>di</strong>nanzi ai noma<strong>di</strong> e gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> andarsene, il gruppo non lo ascoltò e il<br />

capo sfidò Lucifero a una partita <strong>di</strong> tria.<br />

Il capo, che si chiamava Moaden, era molto abile nel gioco <strong>del</strong>la tria, mentre Lucifero era da qualche<br />

decennio che non giocava.<br />

La sfida fu molto lunga. Alla fine rimasero entrambi con tre pe<strong>di</strong>ne e Lucifero non si accorse che poteva<br />

vincere, Moaden così ne approfittò per saltare sopra una <strong>del</strong>le pe<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Lucifero e vinse.<br />

Il <strong>di</strong>avolo, dalla rabbia, perse tutti i suoi poteri e Moaden lo imprigionò in una chiave <strong>di</strong> volta costruita da<br />

lui. Gli anziani <strong>del</strong>la tribù portarono la chiave <strong>di</strong> volta su una montagna e chiusero la chiave dentro una<br />

roccia che chiamarono sasso <strong>del</strong> <strong>di</strong>avolo. Allora tutti i noma<strong>di</strong> si trasferirono per sempre nella valle che<br />

tornò piena <strong>di</strong> vita com’era sempre stata prima <strong>del</strong>la male<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Lucifero. I fianchi <strong>del</strong>le montagne<br />

tornarono pieni <strong>di</strong> erbe e fiori che avevano anche un potere <strong>di</strong> guarigione e Lucifero non poté più nuocere<br />

a nessun essere vivente <strong>del</strong>la valle.

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