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n° 67 - Eco della Brigna

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a fare il soldato e a difendere la patria.<br />

Il guaio fu che prima ancora che lui<br />

potesse tornare a casa, a Mezzojuso,<br />

qualcuno decise che era giunto il<br />

momento di aggredire la patria degli<br />

altri e quindi il congedo non glielo<br />

fecero nemmeno vedere e si ritrovò in<br />

mobilitazione con centinaia e centinaia<br />

di migliaia di giovani come lui, ciascuno<br />

a reggere una di quel milione di<br />

baionette che quello lì diceva di avere<br />

quando sbraitava da Palazzo Venezia.<br />

Il reggimento di Pietro fu inquadrato<br />

in una delle divisioni in partenza per il<br />

teatro di guerra balcanico. Era un ottimo<br />

soldato. Sano, attento alla cura di<br />

se come ai compiti affidatigli e, cosa<br />

importantissima a suo tempo, era pure<br />

istruito. Aveva conseguito la licenza<br />

elementare.<br />

Proprio perché istruito aveva piena<br />

coscienza di quello che via via gli succedeva<br />

intorno. Aveva capito che<br />

quella guerra era tutt’altro che una<br />

passeggiata trionfale. Se non fossero<br />

arrivati i tedeschi a dare man forte,<br />

altro che “spezzare le reni alla<br />

Grecia”, senza di loro il regime se le<br />

sarebbe potute sognare le foto dei<br />

fanti italiani che montavano la guardia<br />

al Partenone. Ma si era pure reso<br />

conto delle tensioni esistenti tra i<br />

comandanti italiani e gli alleati germanici.<br />

Quasi presagiva i fatti tremendi<br />

che poi sarebbero accaduti. Fin dall’inizio<br />

<strong>della</strong> guerra era stato sempre<br />

in zona di operazioni, tranne che per<br />

un breve periodo. Il 21 maggio del ’43<br />

lo avevano ricoverato in un ospedale<br />

da campo e ne era uscito il 3 giugno<br />

per tornare in combattimento. I civili<br />

greci però gli piacevano. Erano come<br />

gli italiani. Ma perché quella guerra?<br />

Nino stava da tutt’altra<br />

parte, sapeva che era in<br />

Germania e basta.<br />

Non sapeva nemmeno<br />

il nome <strong>della</strong> città dove<br />

lo portavano a lavorare.<br />

I tedeschi invece…<br />

A luglio ‘43 gli alleati invadono la<br />

Sicilia. L’8 settembre, senza preavviso<br />

per le forze italiane sparpagliate<br />

all’estero, viene firmato l’armistizio e<br />

subito i tedeschi gridano al tradimento e<br />

girano le armi contro i reparti italiani<br />

ormai ex alleati. I tentativi di resistenza<br />

falliscono. A Durazzo in Albania gli italiani<br />

tentano di tenere il controllo del<br />

porto per garantire il rientro in patria,<br />

ma vengono sopraffatti. A Cefalonia è<br />

un vero eccidio di italiani da parte di<br />

soverchianti forze germaniche.<br />

Ovunque senza ordini né riferimenti i<br />

reparti si sbandano, specie nell’area dei<br />

Balcani in Grecia e in Albania. I tedeschi<br />

rastrellano tutti quelli che non riescono<br />

a scappare con i partigiani locali.<br />

Il 9 settembre Pietro venne catturato e,<br />

dopo un viaggio estenuante, internato<br />

in Germania. Anche lui diventò un IMI.<br />

Come quasi tutti gli altri rifiutò l’arruolamento<br />

coi nazi-fascisti e quindi<br />

costretto a diventare lavoratore coatto.<br />

Si trovava a Wittenberg, veniva sfruttato<br />

come operaio in una fabbrica di<br />

stivali e accessori di gomma. Meglio<br />

che andare a scavare macerie... forse.<br />

Ma come tutti fu costretto a subire<br />

umiliazioni per la fame, il freddo e la<br />

sporcizia con cui fu costretto ad abituarsi<br />

a convivere per salvare la vita.<br />

Aveva un vantaggio rispetto ad altri,<br />

lui sapeva leggere e scrivere e questa<br />

sua capacità gli fu molto utile.<br />

Nino stava da tutt’altra parte, sapeva<br />

che era in Germania e basta. Non<br />

sapeva nemmeno il nome <strong>della</strong> città<br />

dove lo portavano a lavorare tutte le<br />

mattine. Ma quello che vedeva lo<br />

memorizzava e aveva imparato a<br />

muoversi di notte con il buio senza<br />

perdersi. Era abituato. Al paese fin da<br />

piccolo aveva imparato a muoversi di<br />

notte per i boschi e le montagne circostanti.<br />

Prima dell’alba doveva sempre<br />

cercare e recuperare capre e pecore<br />

per mungerle. Ma da prigioniero questa<br />

sua capacità gli servì per trovare<br />

cibo per se e per alcuni commilitoni.<br />

Durante il giorno lavorava a spalare<br />

macerie in quella città per lui rimasta<br />

sconosciuta e durante il tragitto cercava<br />

di adocchiare qualche orto dove<br />

trovare qualcosa da mangiare.<br />

La sera, con il buio più fitto, usciva<br />

con qualche altro compagno coraggioso.<br />

Si intrufolavano in una baracca<br />

disabitata che si trovava più vicina<br />

delle altre alla recinzione del lager,<br />

uscivano dalla porta opposta per ritrovarsi<br />

vicinissimi al filo spinato che<br />

superavano strisciando di sotto e dopo<br />

avere razziato un po’ di cibo nei campi<br />

vicini rientravano per la stessa via. Era<br />

una pratica molto pericolosa. I tedeschi<br />

uccidevano sul posto chi veniva<br />

sorpreso. Ma Nino era azzardusu e la<br />

fame era tanta e spingeva all’azzardo.<br />

Una notte, mentre rientrava con un<br />

cavolo sotto il pastrano, nello stesso<br />

istante in cui si trovò a varcare la<br />

soglia <strong>della</strong> baracca disabitata, una<br />

scudisciata lo colpì alla fronte...<br />

Continua<br />

e17

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