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Diagnostica morfologica: Neuroradiologia - Centauro

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Al contrario, quando esiste una lesione della barriera ematoencefalica l’effetto del gadolinio sul T1<br />

prevale perché le molecole di gadolinio possono diffondere liberamente nello spazio extracellulare<br />

ed interagire con un numero maggiore di molecole di acqua, mentre la loro distribuzione tenderà<br />

ad essere più omogenea (riduzione dell’effetto sul T2).<br />

Per quanto precedentemente esposto lo studio della perfusione cerebrale deve essere effettuato<br />

valutando la riduzione del T2 e non del T1, perché si desidera studiare la distribuzione del gadolinio<br />

a livello intravasale.<br />

Essendo l’intensità di segnale del tessuto cerebrale sulle immagini pesate in T2 o in T2* inversamente<br />

proporzionale alla concentrazione di gadolinio presente, possono essere facilmente ottenute<br />

mappe del volume ematico cerebrale regionale (rCBV), calcolando l’integrale o sommando punto<br />

per punto i valori delle curve dell’intensità di segnale in funzione del tempo per ciascun voxel; in<br />

queste mappe le aree meno perfuse appaiono ipointense e le aree più perfuse sono iperintense.<br />

Attivazione<br />

Consiste nella localizzazione di aree funzionali corticali attraverso esperimenti di attivazione eseguiti<br />

sottoponendo il paziente a stimoli specifici.<br />

Essendo la deossiemoglobina (al contrario dell’emoglobina) dotata di capacità paramagnetiche,<br />

qualitativamente comparabili a quelle tipiche dei mezzi di contrasto paramagnetici, anche se di minore<br />

entità, è possibile studiarne la distribuzione nel versante venoso del circolo; più specificamente,<br />

una attivazione neuronale causa un aumento del flusso ematico locale con riduzione della quantità<br />

di deossiemoglobina presente nei capillari venosi, e conseguente aumento della intensità del segnale<br />

proveniente dalle aree corticali attivate.<br />

Lo studio viene condotto acquisendo diverse serie di immagini in condizioni di riposo e di attivazione,<br />

calcolando successivamente una mappa delle aree di attivazione tramite procedure statistiche,<br />

che fondamentalmente si basano sul calcolo della differenza tra il valore di intensità di pixel<br />

corrispondenti delle immagini acquisite in condizioni di riposo e di attivazione.<br />

Attualmente sono state sviluppate metodiche che permettono lo studio dell’attivazione della corteccia<br />

motoria e somatosensoriale, della corteccia visiva primaria, uditiva e delle aree del linguaggio,<br />

al fine di studiare anche la dominanza emisferica.<br />

b) SPETTROSCOPIA IN RISONANZA MAGNETICA<br />

La spettroscopia in risonanza magnetica permette di misurare in vivo differenti metaboliti presenti<br />

nel tessuto esaminato; deve essere considerata ancora oggi uno strumento di ricerca, di occasionale<br />

impiego clinico.<br />

La metodica si fonda sul principio fisico detto chemical shift: ogni nucleo atomico è circondato<br />

da una “nuvola” elettronica formata dagli elettroni degli altri nuclei atomici che formano la molecola,<br />

che modifica leggermente la frequenza di risonanza del nucleo atomico in questione, quando<br />

sottoposto al fenomeno della risonanza magnetica.<br />

Essendo lo spostamento della frequenza di risonanza caratteristico di uno specifico nucleo atomico<br />

in uno specifico composto, è possibile ottenere informazioni relative alle specie atomiche presenti<br />

nel volume in esame, analizzando il segnale in radiofrequenza ottenuto con una procedura matematica<br />

conosciuta come Fast Fourier Transform che permette di ottenere delle curve (spettri) in<br />

cui le frequenze presenti nel segnale ricevuto sono visualizzate in funzione della loro ampiezza; ogni<br />

picco presente nello spettro rappresenta il nucleo atomico esaminato in un particolare composto<br />

presente nel volume in esame; l’altezza del picco è correlata al numero di atomi presenti.<br />

Le frequenze di risonanza vengono espresse in unità relative (ppm, parti per milione) correlate<br />

alla frequenza di risonanza di un dato composto di riferimento.<br />

È necessario osservare che:<br />

– il campo magnetico principale deve essere il più intenso e omogeneo possibile, per garantire l’ottimale<br />

separazione dei picchi di frequenza delle diverse molecole (risoluzione spettrale); in vivo<br />

è necessario utilizzare campi magnetici di 1,5-2 Tesla e procedure di omogeneizzazione del campo<br />

magnetico principale (“shimming”);<br />

– il volume in esame deve essere il più possibile omogeneo (es.: se si desidera studiare una area patologica,<br />

si deve cercare di includere nel volume in esame solo tessuto patologico), problema<br />

spesso di non facile soluzione a causa delle dimensioni minime attualmente consentite per il volume<br />

di interesse (1-2 cm 3 );<br />

– è possibile ottenere un segnale soltanto da molecole sufficientemente piccole e mobili;<br />

– l’immobilità del paziente è di importanza capitale.<br />

Il volume in esame può essere localizzato nello spazio facendo ricorso a due gruppi di tecniche,<br />

che consentono la localizzazione di:<br />

– un singolo volume, migliore compromesso attualmente possibile tra risoluzione spaziale (il volume<br />

è di 1-2 cm 3 ), rapporto segnale-rumore e tempi di acquisizione; si utilizzano le stesse bobine<br />

per la testa utilizzate per l’acquisizione di immagini e sequenze SE, PRESS (Point Resolved Spectroscopy)<br />

o STEAM (Stimulated Echo Acquisition Mode);<br />

– più volumi, ottenendo con la medesima acquisizione spettri relativi a diversi volumi cerebrali,<br />

Parte Quinta • Procedimenti diagnostici nella patologia neurochirurgica

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