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22<br />

LE PARATIROIDI:<br />

TRA STORIA<br />

E CURIOSITÀ<br />

Ignazio Emmolo<br />

Chirurgia della tiroide<br />

e delle paratiroidi<br />

Casa di cura<br />

Città di Bra<br />

Q ueste piccolissime ghiandole hanno una storia relativamente recente. La<br />

prima descrizione di una paratiroide fu fatta nel 1850 dall’anatomico londinese<br />

e sovrintendente del locale museo di storia naturale Sir Richard Owen<br />

che, durante la dissezione anatomica di un rinoceronte indiano (rhinoceros<br />

unicornis) morto nello zoo di Londra, scoprì “una piccola formazione ghiandolare<br />

gialla attaccata alla tiroide”. Questa osservazione fu pubblicata sugli atti<br />

della Società Zoologica Londinese, ma non ebbe credito poiché non era stata<br />

eseguita la conferma istologica.<br />

Nel 1880 l’allora studente svedese in medicina Ivar Sandstrom scoprì anche nell’uomo,<br />

dopo averle notate negli animali, la presenza di minuscole formazioni<br />

in prossimità di entrambi i lobi tiroidei. Egli le chiamò ghiandole paratiroidee<br />

perchè mostravano una struttura istologica di tipo ghiandolare. Non comprese<br />

la loro funzione, ma ne intuì l’importanza: “queste ghiandole saranno importanti<br />

per essere quattro, così piccole e nascoste in profondità”. Descrisse accuratamente<br />

le caratteristiche anatomiche, la sede, l’irrorazione vascolare su una<br />

pubblicazione (“On a New Gland in Man and Several Animals”) che fu accettata<br />

solo da una poco nota rivista medica di Uppsala. Sandstrom soffriva di<br />

disturbi mentali ereditari e questa delusione ha forse contribuito al suicidio,<br />

avvenuto all’età di 37 anni (piccole ma pericolose queste ghiandole, vero? . . .<br />

e non solo per i pazienti).<br />

Nel 1884 l’inglese Davies-Colley riscontrò la presenza di calcoli renali e di una<br />

paratiroide ingrossata durante un’autopsia eseguita in una giovane donna.<br />

Nel 1891 l’anatomo-patologo tedesco Friedrich von Recklinghausen descrisse<br />

una malattia ossea, che da lui prese il nome, caratterizzata da grave decalcificazione,<br />

deformità, cisti, tumori bruni e notevole predisposizione alle fratture.<br />

L’aumento di volume delle paratiroidi presenti in questi pazienti fu erroneamente<br />

interpretato come compensatorio, e solo nel 1915 ritenuto la causa della<br />

malattia ossea.<br />

La scoperta di Sandstrom rivelò tutta la sua importanza solo alla fine del secolo,<br />

allorquando il fisiologo francese Eugene Gley dimostrò nell’animale che, dopo<br />

tiroidectomia, la tetania e la morte sopravvenivano solo se erano state asportate<br />

anche le paratiroidi. Questa scoperta tuttavia non fu subito correlata con<br />

le differenti complicazioni cui andavano incontro i pazienti tiroidectomizzati dai<br />

due più grandi chirurghi europei che operarono a cavallo dei due secoli: lo svizzero<br />

Kocher e l’austriaco Billroth. Fu il chirurgo statunitense Halsted nel 1920<br />

che ne diede la giusta spiegazione. Kocher, più pignolo e lento, asportava con<br />

molta accuratezza tutta la ghiandola e risparmiava i tessuti contigui, notando<br />

a distanza di tempo la comparsa ingravescente dei sintomi dell’ipotiroidismo.<br />

Billroth, più veloce ma meno preciso, lasciava sempre una porzione di tiroide,<br />

ma non si curava affatto di risparmiare i tessuti adiacenti: in questi pazienti<br />

con una certa frequenza sopravveniva la tetania.<br />

Nel frattempo, a cavallo dei due secoli, era stato sviluppato il concetto che le<br />

paratiroidi regolassero il metabolismo del calcio, il quale interferiva con la conduzione<br />

nervosa e la funzione muscolare.

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