Giovanni BOCCACCIO e il DECAMERON - ISTITUTO MARCONI

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ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER I SERVIZI COMMERCIALI, TURISTICI E SOCIALI “Paolo BOSELLI” Giovanni BOCCACCIO e il DECAMERON SEMPLIFICAZIONE DEL TESTO PER ALUNNI STRANIERI CLASSE TERZA A cura della prof.ssa Vilma BICEGO Prof.ssa Vilma BICEGO 1

<strong>ISTITUTO</strong> PROFESSIONALE DI STATO<br />

PER I SERVIZI COMMERCIALI, TURISTICI E SOCIALI<br />

“Paolo BOSELLI”<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>BOCCACCIO</strong> e <strong>il</strong> <strong>DECAMERON</strong><br />

SEMPLIFICAZIONE DEL TESTO PER ALUNNI STRANIERI<br />

CLASSE TERZA<br />

A cura della prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

1


Introduzione<br />

I materiali qui di seguito proposti (e sperimentati con successo con allievi rumeni e marocchini) sono rivolti a studenti stranieri di classe<br />

terza <strong>il</strong> cui livello di competenza in italiano è compreso tra A1 e B1. Dopo un’iniziale introduzione con le principali notizie relative la<br />

vita, l’opera e la poetica di <strong>Giovanni</strong> Boccaccio, segue l’analisi di due novelle. Le schede sono realizzate in modo da proporre <strong>il</strong> testo<br />

originale della novella affiancato da una trascrizione in italiano odierno <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e semplice e vicino al testo trecentesco. La trascrizione<br />

presenta alcune parti in grassetto, queste consentono di comprendere la novella nei suoi aspetti fondamentali anche agli allievi<br />

del livello A1.<br />

Consapevoli che la semplificazione di un testo dovrebbe essere fatta in presenza degli allievi cui si rivolge e direttamente con <strong>il</strong> loro<br />

contributo, si consiglia di ut<strong>il</strong>izzare i materiali nel modo seguente:<br />

- spiegazione <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e dettagliata e vicina al testo della novella da parte del docente;<br />

- richiesta da parte degli studenti stranieri di chiarimenti man mano che l’insegnante racconta <strong>il</strong> testo (è importante che tutti – anche<br />

attraverso la mediazione linguistica dei compagni della medesima nazionalità – i ragazzi abbiano idea di quanto viene raccontato<br />

dal testo);<br />

- lettura del testo originale lenta e con numerose interruzioni da parte del professore;<br />

- i ragazzi seguono ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> testo semplificato (A1 solo quello in grassetto; A2 in particolare quello in grassetto; B1 tutto <strong>il</strong> testo),<br />

se necessario lasciare del tempo affinché possano r<strong>il</strong>eggerlo (o leggerlo insieme);<br />

- invitare gli studenti a turno a ripetere oralmente le informazioni fornite dal passo preso in esame.<br />

I materiali offrono l’opportunità di riflettere sulla lingua sia in merito al suo evolversi, sia facendo riferimento alle L1 dei discenti; possono<br />

inoltre essere un punto di partenza per lo studio dei verbi (in particolare del passato remoto) e l’uso dei pronomi.<br />

V<strong>il</strong>ma Bicego<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

2


<strong>Giovanni</strong> <strong>BOCCACCIO</strong><br />

Boccaccio è uno dei tre grandi scrittori italiani del ‘300 (gli altri due sono Dante e Petrarca). Dante nella sua opera rappresenta l’uomo e le idee del<br />

Medioevo, Boccaccio rappresenta lo spirito umanistico, cioè mette l’uomo al centro del suo interesse, della sua opera. Boccaccio ammira<br />

l’intelligenza dell’uomo, la capacità dell’uomo di opporsi al destino e di risolvere i casi imprevedib<strong>il</strong>i (= non previsti, non attesi), Boccaccio apprezza<br />

chi sa usare la stupidità degli altri per realizzare i propri desideri. Boccaccio conosce e descrive la natura umana come essa è, egli accetta tutti<br />

i desideri senza esprimere giudizi; l’uomo descritto da Boccaccio vive sulla terra e non aspetta la vita ultraterrena (= dopo la morte). Per Boccaccio<br />

<strong>il</strong> paradiso è la vittoria dell’ingegno o soddisfare le passioni, l’inferno è essere vittima dell’intelligenza di altri o non soddisfare un piacere (ad<br />

esempio un amore non corrisposto).<br />

Anche in Boccaccio sono però presenti elementi della cultura medioevale, ad esempio la concezione della virtù intesa come capacità di affrontare i<br />

casi della vita con sicurezza.<br />

Figlio di un mercante, Boccaccio era parte della classe borghese che aveva distrutto <strong>il</strong> mondo feudale ed aveva rinnovato la società con i suoi commerci<br />

e la sua intraprendenza (= voglia di fare). La borghesia aveva creato un benessere in tutta l’Italia, aveva arricchito le città medioevali di nuovi<br />

palazzi, in questi palazzi c’erano spazi per <strong>il</strong> riposo e per <strong>il</strong> divertimento.<br />

La borghesia aveva preso dal Medioevo i temi cavallereschi della gent<strong>il</strong>ezza e della cortesia. L’uomo borghese si sentiva libero, era lui a costruire <strong>il</strong><br />

suo destino, poteva conoscere se stesso e <strong>il</strong> mondo; la borghesia non viveva sulla terra in attesa di una vita migliore futura (come era nel Medioevo),<br />

la borghesia sentiva <strong>il</strong> mondo come <strong>il</strong> proprio regno, un luogo dove bisognava dimostrare la propria intelligenza e capacità, dove bisognava riuscire<br />

a realizzare le proprie possib<strong>il</strong>ità. I valori del Medioevo (Dio, Chiesa, Oltretomba) erano diventati poco importanti. La vita, la cultura, l’arte avevano<br />

uno spirito laico (= non legato alla religione).<br />

Boccaccio accetta gli ideali della nuova società borghese.<br />

LA VITA<br />

<strong>Giovanni</strong> Boccaccio nasce nel 1313 in Toscana, forse a Certaldo, o a Firenze.<br />

È figlio "naturale"(= nato al di fuori del matrimonio) di un mercante: Boccaccio di Chellino. Viene riconosciuto dal padre e vive in famiglia con gli<br />

stessi diritti dei fratelli. Studia a Firenze, nel 1327 viene mandato dal padre a Napoli per fare pratica mercant<strong>il</strong>e (= come mercante), qui studia diritto<br />

canonico (= che riguarda la Chiesa).<br />

Napoli è la capitale del Regno e qui vivono i re Angioini. Quando arriva Boccaccio <strong>il</strong> re è Roberto d’Angiò, <strong>il</strong> re è <strong>il</strong> capo dei guelfi (= chi stava dalla<br />

parte del papa) italiani e ha potere sulle vicende italiane.<br />

Boccaccio studia i classici latini, e la letteratura cortese francese e italiana, e scrive le sue prime opere: F<strong>il</strong>ocolo (1336-38), F<strong>il</strong>ostrato (1335), Teseida<br />

(1339-41), Caccia di Diana (1334/38 ) e le Rime (composte in anni diversi).<br />

Boccaccio riesce a far parte della corte per le sue capacità e le ricchezze del padre. A corte si innamora di Maria (figlia naturale del re Roberto d'Angiò),<br />

questa donna sarà poi cantata (secondo le regole del dolcest<strong>il</strong>novo) con <strong>il</strong> nome di Fiammetta.<br />

Nel 1341 Boccaccio deve tornare a Firenze dal padre: <strong>il</strong> fallimento della banca dei Bardi ha messo in difficoltà economiche la famiglia Boccaccio.<br />

Lo scrittore scrive nuove opere poetiche e narrative: Ninfale d'Ameto o Commedia delle Ninfe fiorentine (1341-42), Elegia di madonna Fiammetta (1343-<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

3


44), Ninfale fiesolano (1344-46). Boccaccio frequenta le corti della Romagna (Ravenna, Forlì) in cerca di un lavoro. Nel 1348 è di nuovo a Firenze,<br />

dove c’è la peste, dopo la morte del padre rimane a Firenze per amministrare <strong>il</strong> patrimonio (= beni mob<strong>il</strong>i ed immob<strong>il</strong>i) della famiglia. Partecipa alla<br />

vita pubblica e culturale della sua città ed ha dal Comune diversi incarichi politici (tra questi è ambasciatore presso <strong>il</strong> papa). In quel periodo compone<br />

la sua opera maggiore, <strong>il</strong> Decameron, terminato nel 1351.<br />

Negli ultimi anni di vita conosce Francesco Petrarca e diventa suo amico. Petrarca convince Boccaccio a pensare alle cose eterne lasciando da parte<br />

<strong>il</strong> piacere di quelle temporali (= limitate nel tempo, che riguardano la terra). Il Petrarca lo aiuta a superare una crisi religiosa, Boccaccio si interessa<br />

della cultura letteraria umanistica. Le ultime opere del Boccaccio sono scritte in latino, fra queste c’è la Genealogia deorum gent<strong>il</strong>ium, un grande trattato<br />

di mitologia greco-romana. Questo libro per più di due secoli resta <strong>il</strong> libro più consultato su questo argomento.<br />

Negli stessi anni Boccaccio studia l'opera di Dante. Di questa attività restano <strong>il</strong> Trattatello in laude di Dante, e le lezioni con cui commentava in pubblico<br />

la "Divina" Commedia (è stato <strong>il</strong> Boccaccio ad usare l’aggettivo “divina”). Boccaccio muore <strong>il</strong> 21 dicembre 1375.<br />

LA PERSONALITÀ E LA CULTURA<br />

Boccaccio pensa che l’uomo deve accettare <strong>il</strong> mondo così come è, con <strong>il</strong> bene e <strong>il</strong> male, con le vicende impreviste, con i desideri e le passioni umane,<br />

con i bisogni e gli istinti dell’uomo. La legge morale per Boccaccio è solo uno degli elementi, a volte vince e a volte no.<br />

Per Boccaccio la religione erano le istituzioni religiose, i papi, i preti, i fedeli: un insieme di personaggi che fanno parte del grande teatro che è <strong>il</strong><br />

mondo. Lo scrittore non si interessa della politica; non ha ideali politici e non si preoccupa delle vicende italiane. La vita politica tanto importante<br />

per Dante, è quasi senza valore per Boccaccio; Boccaccio si interessa soprattutto delle attività intellettuali. La cultura del Boccaccio è molto ampia<br />

(= estesa, grande): ha studiato diritto canonico, astronomia, astrologia, i poeti dell’antichità, la letteratura volgare italiana e francese, la poesia epicocavalleresca.<br />

IL <strong>DECAMERON</strong><br />

Si tratta di uno dei libri più perfetti della letteratura italiana. E’ una raccolta di cento novelle, raccontate in dieci giorni (<strong>il</strong> titolo, che deriva dal greco,<br />

significa appunto “dieci giornate”). L’opera è costruita in modo che le cento novelle sono unite tra di loro da un’unica trama: la “cornice”.<br />

Il Boccaccio immagina che sette giovani donne e tre giovani uomini, amici tra loro, si trovino nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze durante<br />

la peste del 1348. I giovani decidono di allontanarsi dalla città dove c’è la peste e di andare a vivere in una v<strong>il</strong>la in campagna, vicino a Firenze. I<br />

giovani passano in questo luogo due settimane: danzano, cantano, ascoltano musica e ogni giorno, nelle ore più calde, a turno raccontano una novella,<br />

<strong>il</strong> tema è proposto dal re o dalla regina della giornata. Solo nel primo e nel nono giorno non c’è un tema comune e i giovani raccontano ciò che<br />

preferiscono. Alla fine di ogni giornata si canta una ballata, si tratta di una poesia d’amore che a volte ha significati allegorici (= <strong>il</strong> significato è diverso<br />

da quello scritto). L’opera termina con <strong>il</strong> ritorno dei giovani a Firenze.<br />

La “cornice” ha un doppio significato: serve per dare unità alle novelle, serve anche per contrapporre <strong>il</strong> mondo reale sconvolto dalla peste alla vita<br />

serena che si svolge nella v<strong>il</strong>la in campagna.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

4


Il Boccaccio descrive la peste nell’introduzione; la peste non rappresenta solo la paura per la sofferenza e la morte, ma diventa un simbolo<br />

dell’egoismo, dell’indifferenza in un mondo dove ciascuno pensa solo a se stesso. Oppressa dalla peste l’anima umana perde <strong>il</strong> valore della solidarietà<br />

civ<strong>il</strong>e. Boccaccio guarda e descrive questo mondo in modo distaccato e sereno, egli sa che le cose non possono andare in modo diverso.<br />

Il gruppo di giovani belli, sereni, intelligenti, generosi rappresenta anch’esso l’umanità, l’aspetto luminoso dell’amore e della gioia di vivere. In<br />

questo modo la realtà bella si contrappone alla realtà brutta.<br />

La peste non è solo <strong>il</strong> simbolo del mondo lascivo (= sensuale, che riguarda <strong>il</strong> piacere, <strong>il</strong> sesso sfrenato) ed egoista, ma è anche una forza della natura<br />

contro questa forza l’intelligenza umana combatte; la peste è <strong>il</strong> simbolo dell’imprevedib<strong>il</strong>e che modifica le vicende degli uomini e contro questo imprevedib<strong>il</strong>e<br />

la ragione combatte a volte vince e a volte resta sconfitta.<br />

Il significato della “cornice” è quindi un’anticipazione, una premessa ideale a tutte le cento novelle.<br />

Valutazione Eùlogos<br />

indice di leggib<strong>il</strong>ità del testo<br />

Indice GULPEASE = 51<br />

Frasi: 5. Lunghezza media=29,60 parole. Parole: 148. Lunghezza media=4,83 lettere. Rapporto parole/parole diverse=1,54<br />

Difficoltà rispetto al livello di scolarizzazione<br />

10 20 30 40 50 60 70 80 90<br />

51<br />

Elem. Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e M f<br />

Media Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Sup. Quasi inc. Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Vocabolario di base<br />

Livello del VdB Parole % parole<br />

% parole<br />

tra le parole VdB<br />

Fondamentale 120 81,70 94,48<br />

Alto uso 7 4,73 5,50<br />

Alta disponib<strong>il</strong>ità 0 0 0<br />

Totale parole VdB 127 85,81 100,00<br />

Non presente in VdB 21 14,18 ---<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

5


Legenda per le frasi<br />

nelle quali ogni parola è confrontata con <strong>il</strong> VdB<br />

Grassetto: vocabolario fondamentale<br />

Tondo: vocabolario di alto uso<br />

Corsivo: vocabolario di alta disponib<strong>il</strong>ità<br />

Corpo e carattere diversi: non presente nel VdB<br />

Confronto del testo con <strong>il</strong> VdB<br />

e indice GULPEASE delle frasi<br />

Legenda per la difficoltà<br />

correlata al livello di scolarizzazione del lettore<br />

---- quasi incomprensib<strong>il</strong>e<br />

+--- molto diffic<strong>il</strong>e<br />

++-- diffic<strong>il</strong>e<br />

+++- fac<strong>il</strong>e<br />

++++ molto fac<strong>il</strong>e<br />

Frase G<br />

Difficoltà/livello<br />

scol.<br />

Elem. Media Sup.<br />

Boccaccio è uno dei tre grandi scrittori italiani del _300 (gli altri due sono Dante e Petrarca). 61 +--- +++- +++-<br />

Dante nella sua opera rappresenta l_uomo e le idee del Medioevo, Boccaccio rappresenta lo spirito umanisti-<br />

co, cioè mette l_uomo al centro del suo interesse, della sua opera.<br />

Boccaccio ammira l_intelligenza dell_uomo, la capacità dell_uomo di opporsi al destino e di risolvere i casi non attesi,<br />

Boccaccio apprezza chi sa usare la stupidità degli altri per realizzare i propri desideri.<br />

Boccaccio conosce e descrive la natura umana come essa è, egli accetta tutti i desideri senza esprimere giudizi; l_uomo<br />

descritto da Boccaccio vive sulla terra e non aspetta la vita dopo la morte.<br />

Per Boccaccio <strong>il</strong> paradiso è la vittoria dell_ingegno o soddisfare le passioni, l_inferno è essere vittima dell_intelligenza<br />

di altri o non soddisfare un piacere (ad esempio un amore non corrisposto<br />

Elaborazione dimostrativa.<br />

Analisi limitata a 1000 caratteri<br />

51 ---- ++-- +++-<br />

48 ---- +--- +++-<br />

51 ---- ++-- +++-<br />

49 ---- +--- +++-<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

6


Elenco delle parole non VdB<br />

In ordine alfabetico In ordine di frequenza<br />

Frequenza Parola<br />

1 300<br />

7 boccaccio<br />

4 dell<br />

5 l<br />

1 medioevo<br />

1 petrarca<br />

1 stupidità<br />

1 umanistico<br />

Frequenza Parola<br />

7 boccaccio<br />

5 l<br />

4 dell<br />

1 300<br />

1 medioevo<br />

1 petrarca<br />

1 stupidità<br />

1 umanistico<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

7


Quarta giornata<br />

Incomincia la quarta giornata sotto <strong>il</strong> reggimento di F<strong>il</strong>òstrato, si<br />

ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine.<br />

Novella Quinta<br />

I fratelli dell'Isabetta uccidon l'amante di lei; egli l'apparisce in<br />

sogno e mostrale dove sia sotterrato. Ella occultamente disotterra<br />

la testa e mettela in un testo di bass<strong>il</strong>ico; e quivi su piagnendo<br />

ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, ed<br />

ella se ne muore di dolore poco appresso.<br />

Finita la novella d'Elissa, e alquanto dal re commendata, a F<strong>il</strong>omena<br />

fu imposto che ragionasse; la quale, tutta piena di<br />

compassione del misero Gerbino e della sua donna, dopo un<br />

pietoso sospiro incominciò.<br />

La mia novella, graziose donne, non sarà di genti di sì alta condizione,<br />

come costoro furono de' quali Elissa ha raccontato, ma<br />

ella per avventura non sarà men pietosa; e a ricordarmi di quella<br />

mi tira Messina poco innanzi ricordata, dove l'accidente avvenne.<br />

Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti, e<br />

assai ricchi uomini rimasi dopo la morte del padre loro, <strong>il</strong> qual fu<br />

da San Gimignano, e avevano una lor sorella chiamata Lisabetta,<br />

giovane assai bella e costumata, la quale, che che se ne<br />

fosse cagione, ancora maritata non aveano.<br />

Quarta giornata<br />

Incomincia la quarta giornata sotto la reggenza di F<strong>il</strong>òstrato, si<br />

ragiona di coloro i cui amori sono finiti male.<br />

Novella Quinta<br />

I fratelli di Lisabetta uccidono <strong>il</strong> suo amante; l’amante le appare<br />

in sogno e le mostra dove è sotterrato. Ella di nascosto disotterra<br />

la testa e la mette in un vaso di bas<strong>il</strong>ico; e ogni giorno piange<br />

sul vaso per un’ora, i fratelli le tolgono <strong>il</strong> vaso e lei muore di dolore<br />

poco dopo.<br />

Finita la novella di Elisa, e dopo <strong>il</strong> commento fatto dal re sul<br />

racconto, fu detto a F<strong>il</strong>omena di raccontare; F<strong>il</strong>omena, piena di<br />

compassione per <strong>il</strong> misero Gerbino e per la sua donna, incominciò<br />

dopo un sospiro.<br />

La mia novella, graziose donne, non parlerà di persone di così<br />

alta condizione, come furono coloro dei quali ha raccontato Elisa,<br />

ma la novella non sarà meno pietosa. Mi sono ricordata di<br />

questa storia sentendo nominare Messina, [città] dove avvenne<br />

<strong>il</strong> fatto.<br />

C’erano dunque in Messina tre giovani fratelli, erano mercanti<br />

molto ricchi, dopo la morte del padre, <strong>il</strong> quale era nato<br />

a San Gimignano. I tre fratelli avevano una sorella chiamata<br />

Lisabetta, una giovane molto bella e costumata, che ancora<br />

non si era sposata.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

8


E avevano oltre a ciò questi tre fratelli in uno lor fondaco un<br />

giovinetto pisano chiamato Lorenzo, che tutti i lor fatti guidava e<br />

faceva, <strong>il</strong> quale, essendo assai bello della persona e leggiadro<br />

molto, avendolo più volte l'Isabetta guatato, avvenne che egli le<br />

'ncominciò stranamente a piacere. Di che Lorenzo accortosi e<br />

una volta e altra, sim<strong>il</strong>mente, lasciati suoi altri innamoramenti di<br />

fuori, incominciò a porre l'animo a lei; e sì andò la bisogna che,<br />

piacendo l'uno all'altro igualmente, non passò gran tempo che,<br />

assicuratisi, fecero di quello che più disiderava ciascuno.<br />

E in questo continuando e avendo insieme assai di buon tempo<br />

e di piacere, non seppero sì segretamente fare che una notte,<br />

andando l'Isabetta là dove Lorenzo dormiva, che <strong>il</strong> maggior de'<br />

fratelli, senza accorgersene ella, non se ne accorgesse. Il quale,<br />

per ciò che savio giovane era, quantunque molto noioso gli<br />

fosse a ciò sapere, pur mosso da più onesto consiglio, senza<br />

far motto o dir cosa alcuna, varie cose fra sé rivolgendo intorno<br />

a questo fatto, infino alla mattina seguente trapassò.<br />

Poi, venuto <strong>il</strong> giorno, a' suoi fratelli ciò che veduto avea la passata<br />

notte dell'Isabetta e di Lorenzo raccontò, e con loro insieme,<br />

dopo lungo consiglio, d<strong>il</strong>iberò di questa cosa, acciò che né<br />

a loro né alla sirocchia alcuna infamia ne seguisse, di passarsene<br />

tacitamente e d'infignersi del tutto d'averne alcuna cosa<br />

veduta o saputa infino a tanto che tempo venisse nel qua le essi,<br />

senza danno o sconcio di loro, questa vergogna, avanti che<br />

più andasse innanzi, si potessero torre dal viso.<br />

In un loro magazzino questi fratelli avevano un giovane pisano,<br />

chiamato Lorenzo, che seguiva tutti i loro affari. Lorenzo<br />

era bello e molto gent<strong>il</strong>e. Lisabetta lo aveva guardato<br />

più volte, incominciò a provare interesse per lui. Lorenzo si<br />

accorse e dimenticati i suoi innamoramenti, incominciò a pensare<br />

a Lisabetta. Piacendo l'uno all'altro, non passò molto<br />

tempo che fecero ciò che più desideravano.<br />

E continuando a soddisfare <strong>il</strong> loro piacere e passando insieme<br />

molto tempo, non fecero questo segretamente. Una notte, Lisabetta<br />

andò dove Lorenzo dormiva, <strong>il</strong> maggior dei suoi<br />

fratelli, senza che lei si accorgesse, la seguì. Il fratello saggio,<br />

anche se era dispiaciuto da quanto aveva scoperto, non<br />

disse nulla né fece nulla, si limitò a pensare fra sé fino alla<br />

mattina seguente.<br />

Venuto giorno, raccontò ai suoi fratelli ciò che aveva visto la<br />

scorsa notte e insieme a loro, dopo aver pensato a lungo, decise<br />

questa cosa, in modo che nessuna vergogna colpisse loro o<br />

la sorella. I fratelli decisero di tacere e di fingere di non aver<br />

visto nulla finché venisse <strong>il</strong> momento in cui essi, senza danno,<br />

potessero togliersi questa vergogna.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO<br />

9


E in tal disposizion dimorando, così cianciando e ridendo con<br />

Lorenzo come usati erano avvenne che, sembianti faccendo<br />

d'andare fuori della città a d<strong>il</strong>etto tutti e tre, seco menarono Lorenzo;<br />

e pervenuti in un luogo molto solitario e rimoto, veggendosi<br />

<strong>il</strong> destro, Lorenzo, che di ciò niuna guardia prendeva, uccisono<br />

e sotterrarono in guisa che niuna persona se ne accorse.<br />

E in Messina tornati dieder voce d'averlo per lor bisogne mandato<br />

in alcun luogo; <strong>il</strong> che leggiermente creduto fu, per ciò che<br />

spesse volte eran di mandarlo attorno usati.<br />

Non tornando Lorenzo, e l'Isabetta molto spesso e sollicitamente<br />

i fratei domandandone, sì come colei a cui la dimora lunga<br />

gravava, avvenne un giorno che, domandandone ella molto instantemente,<br />

che l'uno de' fratelli le disse:<br />

- Che vuol dir questo? Che hai tu a fare di Lorenzo, ché tu ne<br />

domandi così spesso? Se tu ne domanderai più, noi ti faremo<br />

quella risposta che ti si conviene.<br />

Per che la giovane dolente e trista, temendo e non sappiendo<br />

che, senza più domandarne si stava, e assai volte la notte pietosamente<br />

<strong>il</strong> chiamava e pregava che ne venisse, e alcuna volta<br />

con molte lagrime della sua lunga dimora si doleva e, senza<br />

punto rallegrarsi, sempre aspettando si stava.<br />

Avvenne una notte che, avendo costei molto pianto Lorenzo<br />

che non tornava, ed essendosi alla fine piagnendo addormentata,<br />

Lorenzo l'apparve nel sonno, pallido e tutto rabbuffato e con<br />

panni tutti stracciati e fracidi indosso, e parvele che egli dicesse:<br />

Presa questa decisione, parlavano e ridevano con Lorenzo come<br />

erano abituati a fare. Un giorno tutti e tre andarono fuori<br />

città portando con loro anche Lorenzo; arrivati in un luogo<br />

molto solitario e lontano, vedendo la possib<strong>il</strong>ità di farlo in segreto,<br />

uccisero Lorenzo, che non aveva alcun dubbio, lo uccisero<br />

e lo sotterrarono in modo che nessuna persona se ne<br />

accorgesse. Tornati a Messina diffusero la voce (= dissero)<br />

che lo avevano mandato in un posto per dei loro affari; tutti<br />

credettero a questo perché i fratelli erano abituati a mandare<br />

Lorenzo in giro per i loro bisogni.<br />

Poiché Lorenzo non tornava, Lisabetta, a cui pesava<br />

l’assenza di Lorenzo, spesso chiedeva ai fratelli <strong>il</strong> perché. Un<br />

giorno chiese con molta insistenza e uno dei fratelli le disse:<br />

- Perché chiedi con insistenza? Che cosa hai a che fare con<br />

Lorenzo, perché tu ne domandi così spesso? Se tu domanderai<br />

ancora, noi ti daremo la risposta che conviene.<br />

Per questo la giovane addolorata e triste, avendo paura non<br />

sapeva di cosa, non chiese più, ma spesso di notte pietosamente<br />

chiamava Lorenzo e pregava che tornasse da lei. A<br />

volte piangendo si lamentava della sua vita e, triste, lo aspettava<br />

sempre.<br />

Una notte Lisabetta aveva pianto molto perché Lorenzo non<br />

tornava, si era addormentata piangendo e Lorenzo le apparve<br />

nel sonno: Lorenzo era pallido, spettinato, con i vestiti tutti<br />

stracciati e bagnati, e le sembrava dicesse:<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 10


- O Lisabetta, tu non mi fai altro che chiamare e della mia lunga<br />

dimora t'attristi, e me con le tue lagrime fieramente accusi; e<br />

per ciò sappi che io non posso più ritornarci, per ciò che l'ultimo<br />

dì che tu mi vedesti i tuoi fratelli m'uccisono.<br />

E disegnatole <strong>il</strong> luogo dove sotterrato l'aveano, le disse che più<br />

nol chiamasse né l'aspettasse, e disparve.<br />

La giovane destatasi, e dando fede alla visione, amaramente<br />

pianse. Poi la mattina levata, non avendo ardire di dire al cuna<br />

cosa a' fratelli, propose di volere andare al mostrato luogo e di<br />

vedere se ciò fosse vero che nel sonno l'era paruto. E avuta la<br />

licenza d'andare alquanto fuor della terra a diporto, in compagnia<br />

d'una che altra volta con loro era stata e tutti i suoi fatti sapeva,<br />

quanto più tosto potè là se n'andò; e tolte via foglie secche<br />

che nel luogo erano, dove men dura le parve la terra quivi<br />

cavò; né ebbe guari cavato, che ella trovò <strong>il</strong> corpo del suo misero<br />

amante in niuna cosa ancora guasto né corrotto; per che<br />

manifestamente conobbe essere stata vera la sua visione. Di<br />

che più che altra femina dolorosa, conoscendo che quivi non<br />

era da piagnere, se avesse potuto volentieri tutto <strong>il</strong> corpo n'avrebbe<br />

portato per dargli più convenevole sepoltura; ma, veggendo<br />

che ciò esser non poteva, con un coltello <strong>il</strong> meglio che<br />

potè gli spiccò dallo 'mbusto la testa, e quella in uno asciugatoio<br />

inv<strong>il</strong>uppata e la terra sopra l'altro corpo gittata, messala in<br />

grembo alla fante, senza essere stata da alcun veduta, quindi si<br />

partì e tornossene a casa sua.<br />

- O Lisabetta, tu non fai altro che chiamarmi e ti rattristi per la<br />

mia lunga assenza e mi accusi con le tue lacrime; devi sapere<br />

che io non posso più ritornare, perché l'ultimo giorno in cui<br />

tu mi vedesti i tuoi fratelli mi uccisero.<br />

Dopo averle indicato <strong>il</strong> luogo dove l’avevano sotterrato, le<br />

disse di non chiamarlo più e di smettere di aspettarlo, poi<br />

scomparve.<br />

La giovane si svegliò e credette alla visione, amaramente pianse.<br />

La mattina si alzò e non avendo <strong>il</strong> coraggio di parlare ai<br />

suoi fratelli, decise di andare nel luogo che le era stato mostrato<br />

in sogno per vedere se era vero quello che nel sonno<br />

le era sembrato. Avuto <strong>il</strong> permesso di andare fuori della città<br />

per divertimento, in compagnia di una [donna] con cui altre volte<br />

era stata e che conosceva tutti i suoi fatti, <strong>il</strong> più in fretta possib<strong>il</strong>e<br />

se ne andò; e tolte via foglie secche che c’erano nel<br />

luogo, scavò dove la terra le sembrò meno dura; non ebbe<br />

scavato molto, che trovò <strong>il</strong> corpo del suo misero amante non<br />

ancora guasto, allora capì che la sua visione era esatta. Addolorata<br />

più di ogni altra donna, comprendendo che non c’era da<br />

piangere, se avesse potuto volentieri avrebbe portato [con sé]<br />

tutto <strong>il</strong> corpo per dargli una sepoltura adeguata; ma, vedendo<br />

che non poteva far questo, con un coltello gli tagliò la testa<br />

meglio che poté e la avvolse in un asciugamano e poi mise<br />

la terra sopra <strong>il</strong> resto del corpo, e senza essere stata da vista<br />

da nessuno, partì e tornò a casa sua.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 11


Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa<br />

lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue<br />

lagrime la lavò, m<strong>il</strong>le baci dandole in ogni parte. Poi prese un<br />

grande e un bel testo, di questi nei quali si pianta la persa o <strong>il</strong><br />

bass<strong>il</strong>ico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo, e poi<br />

messovi su la terra, su vi piantò parecchi piedi di bellissimo<br />

bass<strong>il</strong>ico salernetano, e quegli di niuna altra acqua che o rosata<br />

o di fior d'aranci o delle sue lagrime non inaffiava giammai ; e<br />

per usanza avea preso di sedersi sempre a questo testo vicina,<br />

e quello con tutto <strong>il</strong> suo disidero vagheggiare, sì come quello<br />

che <strong>il</strong> suo Lorenzo teneva nascoso; e poi che molto vagheggiato<br />

l'avea, sopr'esso andatasene, cominciava a piagnere, e per<br />

lungo spazio, tanto che tutto <strong>il</strong> bass<strong>il</strong>ico bagnava, piagnea.<br />

Il bass<strong>il</strong>ico, sì per lo lungo e continuo studio, sì per la grassezza<br />

della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v'era, divenne<br />

bellissimo e odorifero molto. E servando la giovane questa<br />

maniera del continuo, più volte da' suoi vicini fu veduta. Li<br />

quali, maravigliandosi i fratelli della sua guasta bellezza e di ciò<br />

che gli occhi le parevano della testa fuggiti, <strong>il</strong> disser loro:<br />

- Noi ci siamo accorti, che ella ogni dì tiene la cotal maniera<br />

Il che udendo i fratelli e accorgendosene, avendonela alcuna<br />

volta ripresa e non giovando, nascosamente da lei fecer portar<br />

via questo testo. Il quale, non ritrovandolo ella, con grandissima<br />

instanzia molte volte richiese; e non essendole renduto, non<br />

cessando <strong>il</strong> pianto e le lagrime, infermò, né altro che <strong>il</strong> testo suo<br />

nella infermità domandava.<br />

Rinchiusasi nella sua camera con quella testa, sopra essa<br />

pianse lungamente e amaramente, tanto che la lavò tutta con<br />

le sue lacrime, dandole m<strong>il</strong>le baci in ogni parte. Poi prese<br />

un vaso grande e bello, di quelli nei quali si pianta la maggiorana<br />

o <strong>il</strong> bas<strong>il</strong>ico, e dentro vi mise la testa fasciata in un bel<br />

drappo (= panno), e poi mise sopra la terra, e sopra vi piantò<br />

parecchie pianticelle di bellissimo bas<strong>il</strong>ico salernitano, e<br />

annaffiava (= bagnava) quel vaso solo con acqua dist<strong>il</strong>lata di<br />

rosa o di fiori d'arancio o con le sue lacrime; e aveva preso<br />

l’abitudine di sedersi sempre vicina a questo vaso, e lo<br />

guardava con tutto <strong>il</strong> suo desidero, così come quello che nascondeva<br />

<strong>il</strong> suo Lorenzo; e dopo che lo ebbe guardato a lungo,<br />

andata sopra <strong>il</strong> vaso, cominciava a piangere a lungo tanto<br />

che bagnava tutto <strong>il</strong> bas<strong>il</strong>ico con <strong>il</strong> suo pianto.<br />

Il bas<strong>il</strong>ico, a lungo curato e per la terra resa fert<strong>il</strong>e dalla testa in<br />

decomposizione che c’era dentro, divenne bellissimo e profumatissimo.<br />

La giovane mentre faceva queste cose più volte<br />

fu vista dai suoi vicini. Essi, meravigliandosi, per la scomparsa<br />

della bellezza della giovane e per gli occhi che sembravano<br />

usciti fuori dalla testa, dissero ai fratelli [della ragazza]:<br />

- Noi ci siamo accorti, che ella ogni giorno compie queste<br />

azioni.<br />

I fratelli sentendo questo e vedendo che era vero, avendola a<br />

volte sgridata senza risultato, di nascosto fecero portare via<br />

questo vaso. Lisabetta non ritrovando <strong>il</strong> vaso, lo chiese<br />

molte volte; e non essendole reso, continuò a piangere finché<br />

si ammalò e durante la malattia non chiedeva altro che <strong>il</strong><br />

suo vaso.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 12


I giovani si maravigliavan forte di questo addimandare e per ciò<br />

vollero vedere che dentro vi fosse; e versata la terra, videro <strong>il</strong><br />

drappo e in quello la testa non ancor sì consumata che essi alla<br />

capellatura crespa non conoscessero lei esser quella di Lorenzo.<br />

Di che essi si maravigliaron forte e temettero non questa<br />

cosa si risapesse; e sotterrata quella, senza altro dire, cautamente<br />

di Messina uscitisi e ordinato come di quindi si ritraessono,<br />

se n'andarono a Napoli.<br />

La giovane non restando di piagnere e pure <strong>il</strong> suo testo addimandando,<br />

piagnendo si morì; e così <strong>il</strong> suo disavventurato amore<br />

ebbe termine. Ma poi a certo tempo divenuta questa cosa<br />

manifesta a molti, fu alcuno che compuose quel la canzone la<br />

quale ancora oggi si canta, cioè:<br />

Quale esso fu lo malo cristiano,<br />

che mi furò la grasta ecc<br />

I giovani si meravigliavano molto di questo continuo domandare<br />

e per ciò vollero vedere che cosa ci fosse dentro; versata<br />

la terra, videro <strong>il</strong> drappo e in quello la testa non ancora sì<br />

decomposta che essi dai capelli crespi (= ricci) non riconoscessero<br />

essere quella di Lorenzo. Essi si meravigliarono<br />

molto e temettero che questa cosa si venisse a sapere; e sotterrata<br />

la testa, senza dire altro, cautamente lasciarono Messina<br />

e diedero disposizioni per terminare i loro affari in quella<br />

città e andarono a Napoli.<br />

Alla giovane non restò altro da fare che piangere e continuare<br />

a chiedere <strong>il</strong> suo vaso, piangendo morì; e così <strong>il</strong> suo<br />

amore sventurato finì. Ma dopo un certo tempo questa cosa fu<br />

conosciuta da molto, ci fu qualcuno che compose quella canzone<br />

che ancora oggi si canta, cioè:<br />

Chi fu <strong>il</strong> cattivo cristiano,<br />

che mi rubò <strong>il</strong> vaso… ecc<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 13


Valutazione Eùlogos<br />

indice di leggib<strong>il</strong>ità del testo originale del Bocccaccio<br />

Indice GULPEASE = 62<br />

Frasi: 10. Lunghezza media=14,70 parole. Parole: 147. Lunghezza media=4,82 lettere. Rapporto parole/parole diverse=1,37<br />

Difficoltà rispetto al livello di scolarizzazione<br />

10 20 30 40 50 60 70 80 90<br />

62<br />

Elem. Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e M f<br />

Media Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Sup. Quasi inc. Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Valutazione Eùlogos<br />

indice di leggib<strong>il</strong>ità del testo semplificato<br />

Indice GULPEASE = 75<br />

Frasi: 13. Lunghezza media=8,31 parole. Parole: 108. Lunghezza media=5,00 lettere. Rapporto parole/parole diverse=1,43<br />

Difficoltà rispetto al livello di scolarizzazione (vedi la scala)<br />

10 20 30 40 50 60 70 80 90<br />

75<br />

Elem. Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e M f<br />

Media Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Sup. Quasi inc. Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 14


Quinta giornata<br />

Incomincia la quinta giornata nella quale, sotto <strong>il</strong> reggimento di<br />

Fiammetta, si ragiona di ciò che ad alcuno amante, dopo alcuni<br />

fieri o sventurati accidenti, felicemente avvenisse.<br />

Era già l'oriente tutto bianco e li surgenti raggi per tutto <strong>il</strong> nostro<br />

emisperio avevan fatto chiaro, quando Fiammetta da' dolci canti<br />

degli uccelli, li quali la prima ora del giorno su per gli albuscelli<br />

tutti lieti cantavano, incitata, su si levò, e tutte l'altre e i tre giovani<br />

fece chiamare; e con soave passo a' campi discesa, per<br />

l'ampia pianura su per le rugiadose erbe, infino a tanto che alquanto<br />

<strong>il</strong> sol fu alzato, con la sua compagnia, d'una cosa e d'altra<br />

con lor ragionando, diportando s'andò. Ma, sentendo che<br />

già i solar raggi si riscaldavano, verso la loro stanza volse i<br />

passi; alla qual pervenuti, con ottimi vini e con confetti <strong>il</strong> leggiere<br />

affanno avuto fè ristorare, e per lo d<strong>il</strong>ettevole giardino infino<br />

all'ora del mangiare si diportarono. La qual venuta, essendo<br />

ogni cosa dal discretissimo siniscalco apparecchiata, poi che<br />

alcuna stampita e una ballatetta o due furon cantate, lietamente,<br />

secondo che alla reina piacque, si misero a mangiare. E<br />

quello ordinatamente e con letizia fatto, non dimenticato <strong>il</strong> preso<br />

ordine del danzare, e con gli sturmenti e con le canzoni alquante<br />

danzette fecero. Appresso alle quali, infino a passata l'ora<br />

del dormire la reina licenziò ciascheduno; de' quali alcuni a<br />

dormire andarono e altri al loro sollazzo per lo bel giardino si<br />

rimasero.<br />

Ma tutti, un poco passata la nona, quivi, come alla reina piacque,<br />

vicini alla fonte secondo l'usato modo si ragunarono. Ed<br />

essendosi la reina a seder posta pro tribunali, verso Panf<strong>il</strong>o riguardando,<br />

sorridendo a lui impose che principio desse alle felici<br />

novelle. Il quale a ciò volentier si dispose, e così disse.<br />

Quinta giornata<br />

Incomincia la quinta giornata in cui, sotto la reggenza di Fiammetta,<br />

si ragiona di ciò che accade ad ogni amante, dopo<br />

alcuni casi fieri o sventurati.<br />

L'oriente era già tutto bianco e i raggi del sole nascente avevano <strong>il</strong>luminato<br />

tutto <strong>il</strong> nostro emisfero, quando Fiammetta incitata dai dolci<br />

canti degli uccelli, che sugli alberi cantavano <strong>il</strong> nascere di un nuovo<br />

giorno, si levò, e fece chiamare tutte le altre e i tre giovani e<br />

[Fiammetta] scese con passo leggero verso i campi attraverso<br />

l'ampia pianura sull’erba bagnata dalla rugiada, finché <strong>il</strong> sole si fu alzato,<br />

con i suoi compagni, parlando con loro di una cosa e dell'altra,<br />

[Fiammetta] proseguì divertendosi. Ma, sentendo che già i<br />

raggi del sole si riscaldavano, [la compagnia] andò verso le loro<br />

stanze; arrivati, [Fiammetta] fece dar ristoro [alla compagnia]<br />

con ottimi vini e con confetti, e si intrattennero divertendosi nel<br />

piacevole giardino fino all'ora di pranzo. Allora di pranzo, essendo<br />

apparecchiata ogni cosa dal siniscalco [= cameriere], dopo aver<br />

cantato qualche stampita [= strofa musicale diffusa tra i trovatori<br />

medioevali] e una ballata [ composizione musicale che accompagnava<br />

la danza] o due, si misero a mangiare allegramente, secondo<br />

<strong>il</strong> volere della regina. Dopo aver fatto queste cose con ordine<br />

e gioia, non dimenticato l’ordine di danzare, fecero alcune danze<br />

con gli strumenti accompagnati dalle canzoni. Dopo le quali<br />

la regina lasciò libero ciascuno: alcuni andarono a dormire e altri<br />

restarono a divertirsi nel bel giardino.<br />

Ma tutti, poco dopo le 15, secondo <strong>il</strong> volere della regina, si radunarono<br />

vicino alla fonte secondo la loro abitudine. Quando la regina<br />

si fu seduta, guardò verso Panf<strong>il</strong>o e, sorridendo lo invitò ad iniziare<br />

una novella. Panf<strong>il</strong>o si preparò volentieri e così disse […]<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 15


Novella Ottava<br />

Nastagio degli Onesti, amando una de' Traversari, spende le<br />

sue ricchezze senza essere amato. Vassene, pregato da' suoi,<br />

a Chiassi; quivi vede cacciare ad un cavaliere una giovane e<br />

ucciderla e divorarla da due cani. Invita i parenti suoi e quella<br />

donna amata da lui ad un desinare, la quale vede questa medesima<br />

giovane sbranare; e temendo di sim<strong>il</strong>e avvenimento<br />

prende per marito Nastagio.<br />

Come Lauretta si tacque, così, per comandamento della reina,<br />

cominciò F<strong>il</strong>omena.<br />

Amab<strong>il</strong>i donne, come in noi è la pietà commendata, così ancora<br />

in noi è dalla divina giustizia rigidamente la crudeltà vendicata;<br />

<strong>il</strong> che acciò che io vi dimostri e materia vi dea di cacciarla del<br />

tutto da voi, mi piace di dirvi una novella non men di compassion<br />

piena che d<strong>il</strong>ettevole.<br />

In Ravenna, antichissima città di Romagna, furon già assai nob<strong>il</strong>i<br />

e ricchi uomini, tra' quali un giovane chiamato Nastagio degli<br />

Onesti, per la morte del padre di lui e d'un suo zio, senza<br />

stima rimaso ricchissimo. Il quale, sì come de' giovani avviene,<br />

essendo senza moglie, s'innamorò d'una figliuola di messer<br />

Paolo Traversaro, giovane troppo più nob<strong>il</strong>e che esso non era,<br />

prendendo speranza con le sue opere di doverla trarre ad amar<br />

lui; le quali, quantunque grandissime, belle e laudevoli fossero,<br />

non solamente non gli giovavano, anzi pareva che gli nocessero,<br />

tanto cruda e dura e salvatica gli si mostrava la giovinetta<br />

amata, forse per la sua singular bellezza o per la sua nob<strong>il</strong>tà sì<br />

altiera e disdegnosa divenuta, che né egli né cosa che gli piacesse<br />

le piaceva.<br />

Novella Ottava<br />

Nastagio degli Onesti, ama una [giovane della famiglia] dei<br />

Traversari, spende le sue ricchezze senza essere amato.<br />

Pregato dai suoi [amici], va a Classe; qui vede un cavaliere<br />

che insegue una giovane e la uccide e due cani la divorano.[Nastagio<br />

degli Onesti] Invita i suoi parenti e la donna<br />

che lui ama ad una cena. [La giovane] vede questa donna<br />

inseguita e sbranata; e avendo paura che una cosa sim<strong>il</strong>e<br />

possa accadere anche a lei sposa Nastagio.<br />

Come Lauretta tacque, così, per ordine della regina, cominciò<br />

F<strong>il</strong>omena.<br />

Amab<strong>il</strong>i donne, poiché a noi è richiesto di avere pietà, così<br />

Dio punisce chi di noi è crudele; mi piace dirvi una novella,<br />

piena di compassione e divertente, per dimostrare questo e<br />

per aiutarvi a cacciare dal vostro cuore la crudeltà.<br />

A Ravenna, antichissima città della Romagna, ci furono molti<br />

nob<strong>il</strong>i e ricchi uomini, tra i quali un giovane chiamato Nastagio<br />

degli Onesti. In seguito alla morte del padre e di uno<br />

zio, era rimasto ricchissimo. Nastagio, così come avviene ai<br />

giovani, essendo senza moglie, s'innamorò di una figliuola<br />

di messer Paolo Traversaro, giovane più nob<strong>il</strong>e di lui, e<br />

sperava con le sue opere di farla innamorare di lui. Le sue<br />

azioni, quantunque grandissime, belle e lodevoli, non solamente<br />

non gli giovavano, anzi sembrava che gli portassero<br />

danno, tanto cruda e dura e selvatica la giovinetta amata si<br />

mostrava verso di lui. Questo accadeva forse per la sua particolare<br />

bellezza o perché a causa della sua nob<strong>il</strong>tà si riteneva<br />

superiore e disprezzava sia l’amante che le cose che a lui piacevano.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 16


La qual cosa era tanto a Nastagio gravosa a comportare, che<br />

per dolore più volte, dopo molto essersi doluto, gli venne in disidero<br />

d'uccidersi. Poi, pur tenendosene, molte volte si mise in<br />

cuore di doverla del tutto lasciare stare, o, se potesse, d'averla<br />

in odio come ella aveva lui. Ma invano tal proponimento prendeva,<br />

per ciò che pareva che quanto più la speranza mancava,<br />

tanto più moltiplicasse <strong>il</strong> suo amore.<br />

Perseverando adunque <strong>il</strong> giovane e nello amare e nello spendere<br />

smisuratamente, parve a certi suoi amici e parenti che egli<br />

sé e 'l suo avere parimente fosse per consumare; per la qual<br />

cosa più volte <strong>il</strong> pregarono e consigliarono che si dovesse di<br />

Ravenna partire e in alcuno altro luogo per alquanto tempo andare<br />

a dimorare; per ciò che, così faccendo, scemerebbe l'amore<br />

e le spese. Di questo consiglio più volte fece beffe Nastagio;<br />

ma pure, essendo da loro sollicitato, non potendo tanto dir di<br />

no, disse di farlo; e fatto fare un grande apparecchiamento,<br />

come se in Francia o in Ispagna o in alcuno altro luogo lontano<br />

andar volesse, montato a cavallo e da suoi molti amici accompagnato<br />

di Ravenna uscì e andossene ad un luogo forse tre<br />

miglia fuor di Ravenna, che si chiama Chiassi; e quivi, fatti venir<br />

padiglioni e trabacche disse a coloro che accompagnato l'aveano<br />

che star si volea e che essi a Ravenna se ne tornassono.<br />

Attendatosi adunque quivi Nastagio, cominciò a fare la più bella<br />

vita e la più magnifica che mai si facesse, or questi e or quegli<br />

altri invitando a cena e a desinare, come usato s'era.<br />

Questa cosa addolorava Nastagio, che a causa della sofferenza,<br />

dopo essersi più volte lamentato, desiderò uccidersi.<br />

Poi non lo fece e pensò molte volte che doveva smettere di<br />

amare quella donna, o, se poteva doveva odiarla come lei<br />

faceva con lui. Ma non ci riuscì, infatti più capiva di non<br />

essere amato più si moltiplicava <strong>il</strong> suo amore.<br />

Continuando dunque <strong>il</strong> giovane ad amare [la giovane] e a<br />

spendere troppo, a certi suoi amici e parenti sembrò che egli<br />

stesse consumando sé e le sue ricchezze; per questo<br />

più volte lo pregarono e lo consigliarono di partire da Ravenna<br />

e di andare a vivere per un certo tempo in un altro<br />

luogo; facendo in questo modo sarebbe diminuito l'amore e<br />

le spese. Nastagio molte volte non seguì questo consiglio ma,<br />

essendo da loro sollecitato, non potendo sempre dire di no,<br />

disse che lo avrebbe fatto. Fece preparare un grande bagaglio,<br />

come se dovesse andare in Francia o in Spagna o in un<br />

altro luogo lontano, salì a cavallo e accompagnato dai suoi<br />

molti amici uscì di Ravenna e andò in un luogo forse tre<br />

miglia fuori dalla città, [un luogo] che si chiama Classe; e qui,<br />

fece venire le tende e disse a coloro che lo avevano accompagnato<br />

che voleva fermarsi lì e che essi potevano<br />

tornare a Ravenna. Dopo essersi fermato lì Nastagio cominciò<br />

a vivere magnificamente, invitando ora questi e ora<br />

quegli amici a cena, come era abituato a fare.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 17


Ora avvenne che uno venerdì quasi all'entrata di maggio essendo<br />

un bellissimo tempo, ed egli entrato in pensier della sua<br />

crudel donna, comandato a tutta la sua famiglia che solo <strong>il</strong> lasciassero,<br />

per più potere pensare a suo piacere, piede innanzi<br />

piè sé medesimo trasportò, pensando, infino nella pigneta. Ed<br />

essendo già passata presso che la quinta ora del giorno, ed<br />

esso bene un mezzo miglio per la pigneta entrato, non ricordandosi<br />

di mangiare né d'altra cosa, subitamente gli parve udire<br />

un grandissimo pianto e guai altissimi messi da una donna;<br />

per che, rotto <strong>il</strong> suo dolce pensiero, alzò <strong>il</strong> capo per veder che<br />

fosse, e maravigliossi nella pigneta veggendosi; e oltre a ciò,<br />

davanti guardandosi vide venire per un boschetto assai folto<br />

d'albuscelli e di pruni, correndo verso <strong>il</strong> luogo dove egli era, una<br />

bellissima giovane ignuda, scapigliata e tutta graffiata dalle frasche<br />

e dà pruni, piagnendo e gridando forte mercè; e oltre a<br />

questo le vide a' fianchi due grandi e fieri mastini, li quali duramente<br />

appresso correndole, spesse volte crudelmente dove la<br />

giugnevano la mordevano, e dietro a lei vide venire sopra un<br />

corsiere nero un cavalier bruno, forte nel viso crucciato, con<br />

uno stocco in mano, lei di morte con parole spaventevoli e v<strong>il</strong>lane<br />

minacciando.<br />

Questa cosa ad una ora maraviglia e spavento gli mise nell'animo,<br />

e ultimamente compassione della sventurata donna, dalla<br />

qual nacque disidero di liberarla da sì fatta angoscia e morte,<br />

se el potesse. Ma, senza arme trovandosi, ricorse a prendere<br />

un ramo d'albero in luogo di bastone, e cominciò a farsi incontro<br />

a' cani e contro al cavaliere. Ma <strong>il</strong> cavalier che questo vide,<br />

gli gridò di lontano:<br />

- Nastagio, non t'impacciare, lascia fare a' cani e a me quello<br />

che questa malvagia femina ha meritato.<br />

Un venerdì all'inizio di maggio poiché c’era un bellissimo<br />

tempo, Nastagio pensando alla donna amata, ordinò a tutta<br />

la sua famiglia di lasciarlo solo, per potere pensare a suo piacere,<br />

piede innanzi piede [= camminando] mentre pensava, arrivò<br />

[senza accorgersene] nella pineta. Erano già passate le<br />

11, e avendo camminato per un mezzo miglio era entrato nella<br />

pineta, senza ricordarsi né di mangiare né di ogni altra cosa.<br />

All’improvviso gli sembrò di udire una donna piangere e lamentarsi.<br />

Questo rumore gli fece interrompere <strong>il</strong> suo dolce<br />

pensiero e alzare la testa per vedere che cosa accadeva, [scoprì<br />

di essere nella pineta] e si meravigliò. Oltre a questo,<br />

guardando davanti vide venire per un boschetto folto di arbusti<br />

e di pruni, correndo verso di lui, una bellissima giovane<br />

nuda, spettinata e tutta graffiata dalle frasche e dai pruni. [La<br />

donna] piangeva e chiedeva aiuto. Oltre a questo [Nastagio]<br />

vide di fianco [alla donna] due mastini [= cani] grandi e feroci,<br />

che le correvano dietro e quando la raggiungevano la<br />

mordevano. Dietro alla donna sopra un cavallo nero vide<br />

venire un cavaliere bruno, con <strong>il</strong> viso arrabbiato; [<strong>il</strong> cavaliere<br />

aveva] una spada in mano e minacciava la donna con<br />

parole v<strong>il</strong>lane.<br />

Questa cosa meravigliò e spaventò [Nastagio] che infine ebbe<br />

compassione della sventurata donna e desiderò liberarla da<br />

quella angoscia e dalla morte. Essendo senza armi, prese un<br />

ramo d'albero [e lo usò] come un bastone, e cominciò ad<br />

andare verso i cani e <strong>il</strong> cavaliere. Ma <strong>il</strong> cavaliere che vide<br />

questo, gli gridò da lontano:<br />

- Nastagio, non ti impicciare, lascia fare ai cani e a me<br />

quello che questa malvagia femmina ha meritato.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 18


E così dicendo, i cani, presa forte la giovane né fianchi, la fermarono,<br />

e <strong>il</strong> cavaliere sopraggiunto smontò da cavallo.<br />

Al quale Nastagio avvicinatosi disse:<br />

- Io non so chi tu ti sé, che me così cognosci; ma tanto ti dico<br />

che gran v<strong>il</strong>tà è d'un cavaliere armato volere uccidere una femina<br />

ignuda, e averle i cani alle coste messi come se ella fosse<br />

una fiera salvatica; io per certo la difenderò quant'io potrò.<br />

Il cavaliere allora disse:<br />

- Nastagio, io fui d'una medesima terra teco, ed eri tu ancora<br />

piccol fanciullo quando io, <strong>il</strong> quale fui chiamato messer Guido<br />

degli Anastagi, era troppo più innamorato di costei, che tu ora<br />

non sé di quella de' Traversari, e per la sua fierezza e crudeltà<br />

andò sì la mia sciagura, che io un dì con questo stocco, <strong>il</strong> quale<br />

tu mi vedi in mano, come disperato m'uccisi, e sono alle pene<br />

etternali dannato. Né stette poi guari tempo che costei, la qual<br />

della mia morte fu lieta oltre misura, morì, e per lo peccato della<br />

sua crudeltà e della letizia avuta de' miei tormenti, non pentendosene,<br />

come colei che non credeva in ciò aver peccato ma<br />

meritato, sim<strong>il</strong>mente fu ed è dannata alle pene del ninferno. Nel<br />

quale come ella discese, così ne fu e a lei e a me per pena dato,<br />

a lei di fuggirmi davanti e a me, che già cotanto l'amai, di<br />

seguitarla come mortal nimica, non come amata donna; e<br />

quante volte io la giungo, tante con questo stocco, col quale io<br />

uccisi me, uccido lei e aprola per ischiena, e quel cuor duro e<br />

freddo, nel qual mai né amor né pietà poterono entrare, con l'altre<br />

interiora insieme, sì come tu vedrai incontanente, le caccia<br />

di corpo, e dolle mangiare a questi cani.<br />

Mentre [<strong>il</strong> cavaliere] diceva queste parole, i cani, presa forte la giovane<br />

nei fianchi, la fermarono, e <strong>il</strong> cavaliere smontò da cavallo.<br />

Allora Nastagio si avvicinò e disse:<br />

- Non so tu chi sei, che mi conosci; ma ti dico che [è] una grande<br />

v<strong>il</strong>tà [= vigliaccheria] per un cavaliere armato volere uccidere<br />

una femmina nuda, e mandarle dietro i cani come se ella fosse una<br />

bestia selvatica; io certamente la difenderò per quanto posso.<br />

Il cavaliere allora disse:<br />

- Nastagio, fui anch’io di Ravenna, e tu eri ancora fanciullo<br />

quando io, che fui chiamato messer Guido degli Anastagi,<br />

ero troppo innamorato di questa donna, [molto più innamorato<br />

di quanto] tu ora lo sei di quella de' Traversari. A causa del<br />

suo comportamento crudele io un giorno mi sono ucciso<br />

con questa spada che mi vedi in mano; mi sono ucciso<br />

come un disperato e sono dannato alle pene eterne. Non<br />

passò poi molto tempo che questa donna, che fu contenta<br />

della mia morte, morì, e a causa del peccato di crudeltà e della<br />

gioia provata per le mie sofferenze, non essendosi pentita<br />

perché non credeva di aver peccato ma [pensava] di essere<br />

meritevole, anche lei fu dannata alle pene dell’inferno. Come<br />

ella discese nell’inferno, ci fu data come pena, a lei di<br />

scappare e a me, che tanto l’amai, di inseguirla come nemica<br />

mortale, non come donna amata; e tutte le volte che<br />

io la raggiungo, con questa spada, con la quale mi uccisi,<br />

uccido lei e la apro per la schiena, e quel cuor duro e<br />

freddo, nel quale non entrarono mai né amore né pietà, insieme<br />

alle altre interiora, come tu vedrai presto, le tolgo di<br />

corpo, e le do da mangiare a questi cani.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 19


Né sta poi grande spazio che ella, sì come la giustizia e la potenzia<br />

d'Iddio vuole, come se morta non fosse stata, risurge e<br />

da capo incomincia la dolorosa fugga, e i cani e io a seguitarla;<br />

e avviene che ogni venerdì in su questa ora io la giungo qui, e<br />

qui ne fo lo strazio che vedrai; e gli altri dì non creder che noi<br />

riposiamo, ma giungola in altri luoghi né quali ella crudelmente<br />

contro a me pensò o operò; ed essendole d'amante divenuto<br />

nimico, come tu vedi, me la conviene in questa guisa tanti anni<br />

seguitare quanti mesi ella fu contro a me crudele. Adunque lasciami<br />

la divina giustizia mandare ad esecuzione, né ti volere<br />

opporre a quello che tu non potresti contrastare.<br />

Nastagio, udendo queste parole, tutto timido divenuto e quasi<br />

non avendo pelo addosso che arricciato non fosse, tirandosi<br />

addietro e riguardando alla misera giovane, cominciò pauroso<br />

ad aspettare quello che facesse <strong>il</strong> cavaliere. Il quale, finito <strong>il</strong> suo<br />

ragionare, a guisa d'un cane rabbioso, con lo stocco in mano<br />

corse addosso alla giovane, la quale inginocchiata e dà due<br />

mastini tenuta forte gli gridava mercè; e a quella con tutta sua<br />

forza diede per mezzo <strong>il</strong> petto e passolla dall'altra parte. Il qual<br />

colpo come la giovane ebbe ricevuto, così cadde boccone,<br />

sempre piagnendo e gridando; e <strong>il</strong> cavaliere, messo mano ad<br />

un coltello, quella aprì nelle reni, e fuori trattone <strong>il</strong> cuore e ogni<br />

altra cosa d'attorno, a' due mastini <strong>il</strong> gittò, li quali affamatissimi<br />

incontanente <strong>il</strong> mangiarono. Né stette guari che la giovane,<br />

quasi niuna di queste cose stata fosse, subitamente si levò in<br />

piè e cominciò a fuggire verso <strong>il</strong> mare, e i cani appresso di lei<br />

sempre lacerandola; e <strong>il</strong> cavaliere, rimontato a cavallo e ripreso<br />

<strong>il</strong> suo stocco, la cominciò a seguitare, e in picciola ora si d<strong>il</strong>eguarono<br />

in maniera che più Nastagio non gli potè vedere<br />

Non passa poi molto tempo e lei, secondo la giustizia e <strong>il</strong> volere<br />

di Dio, rinasce come se non fosse stata uccisa, e incomincia<br />

di nuovo la fuga dolorosa e i cani e io [riprendiamo]<br />

a inseguirla. Capita che ogni venerdì verso quest’ora io la<br />

raggiungo qui, e qui la torturo. Gli altri giorni non credere<br />

che noi riposiamo, ma la raggiungo in altri luoghi dove lei ha<br />

pensato male di me o ha fatto azioni contro di me e poiché<br />

da amante ora sono nemico, come tu vedi, dovrò comportarmi<br />

in questo modo per tanti anni quanti sono stati i mesi<br />

nei quali ella è stata crudele contro di me. Dunque lasciami<br />

eseguire quello che la divina giustizia vuole e non ti opporre a<br />

quello che tu non puoi cambiare.<br />

Nastagio, udendo queste parole, divenne timido e preoccupato,<br />

si tirò indietro e guardò la giovane, egli spaventato cominciò<br />

ad aspettare quello che <strong>il</strong> cavaliere avrebbe fatto. Il cavaliere,<br />

finito di parlare, come un cane rabbioso, con la spada in<br />

mano corse addosso alla giovane, che era inginocchiata e<br />

tenuta dai due mastini e gridava aiuto. [Il cavaliere] con tutta<br />

sua forza colpì [la donna] in mezzo al petto e la passò da<br />

parte a parte. Ricevuto <strong>il</strong> colpo la giovane cadde boccone,<br />

sempre piangendo e gridando; e <strong>il</strong> cavaliere, preso un coltello,<br />

aprì [la donna] nella schiena e tirò fuori <strong>il</strong> cuore e ogni<br />

altra cosa attorno, e li gettò ai due mastini. [I due cani] affamatissimi<br />

subito li mangiarono. Non passò molto che la<br />

giovane, quasi nessuna di queste cose fosse capitata, subito<br />

si alzò in piedi e cominciò a fuggire verso <strong>il</strong> mare e i cani<br />

dietro di lei sempre lacerandola; e <strong>il</strong> cavaliere, rimontato a<br />

cavallo e ripreso la sua spada, cominciò di nuovo a inseguirla,<br />

e in poco tempo scomparvero in modo che Nastagio non li<br />

poté più vedere.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 20


Il quale, avendo queste cose vedute, gran pezza stette tra pietoso<br />

e pauroso, e dopo alquanto gli venne nella mente questa<br />

cosa dovergli molto poter valere, poi che ogni venerdì avvenia;<br />

per che, segnato <strong>il</strong> luogo, a' suoi famigli se ne tornò, e appresso,<br />

quando gli parve, mandato per più suoi parenti e amici, disse<br />

loro:<br />

- Voi m'avete lungo tempo stimolato che io d'amare questa mia<br />

nemica mi rimanga e ponga fine al mio spendere, e io son presto<br />

di farlo dove voi una grazia m'impetriate, la quale è questa:<br />

che venerdì che viene voi facciate sì che messer Paolo Traversaro<br />

e la moglie e la figliuola e tutte le donne lor parenti, e altre<br />

chi vi piacerà, qui sieno a desinar meco. Quello per che io questo<br />

voglia, voi <strong>il</strong> vedrete allora.<br />

A costor parve questa assai piccola cosa a dover fare e promissongliele;<br />

e a Ravenna tornati, quando tempo fu, coloro invitarono<br />

li quali Nastagio voleva, e come che dura cosa fosse <strong>il</strong><br />

potervi menare la giovane da Nastagio amata, pur v'andò con<br />

gli altri insieme. Nastagio fece magnificamente apprestare da<br />

mangiare, e fece le tavole mettere sotto i pini d'intorno a quel<br />

luogo dove veduto aveva lo strazio della crudel donna; e fatti<br />

mettere gli uomini e le donne a tavola, sì ordinò, che appunto la<br />

giovane amata da lui fu posta a sedere dirimpetto al luogo dove<br />

doveva <strong>il</strong> fatto intervenire.<br />

Essendo adunque già venuta l'ultima vivanda, e <strong>il</strong> romore disperato<br />

della cacciata giovane da tutti fu cominciato ad udire.<br />

Di che maravigliandosi forte ciascuno e domandando che ciò<br />

fosse, e niun sappiendol dire, levatisi tutti diritti e riguardando<br />

che ciò potesse essere, videro la dolente giovane e 'l cavaliere<br />

e i cani; ne guari stette che essi tutti furon quivi tra loro.<br />

Nastagio dopo aver visto queste cose, restò a lungo spaventato,<br />

e dopo un po’ di tempo pensò che questa cosa doveva<br />

essergli molto ut<strong>il</strong>e, poiché capitava ogni venerdì. Segnò <strong>il</strong><br />

luogo e tornò dai suoi servi e dopo un po’ fece chiamare i<br />

suoi parenti e i suoi amici e disse loro:<br />

- Voi mi avete per lungo tempo detto di smettere di amare<br />

questa mia nemica e di smettere di spendere e io sono<br />

pronto a farlo se voi venerdì prossimo farete in modo che<br />

messer Paolo Traversaro con la moglie e la figliuola, insieme<br />

a tutte le donne loro parenti e ad altre [donne] che<br />

vorrete, siano a pranzo da me. Perché voglio questo lo vedrete<br />

allora.<br />

A costoro questa [richiesta] sembrò una piccola cosa da fare e,<br />

tornati a Ravenna invitarono quelle persone che Nastagio voleva.<br />

Fu diffic<strong>il</strong>e portare la giovane amata da Nastagio, ma ci<br />

andò insieme con gli altri. Nastagio fece preparare da<br />

mangiare e fece mettere le tavole sotto i pini intorno al luogo<br />

dove aveva visto lo strazio della donna crudele. Fatti<br />

mettere gli uomini e le donne a tavola, ordinò che la giovane<br />

da lui amata fosse messa a sedere di fronte al luogo dove<br />

doveva accadere <strong>il</strong> fatto.<br />

Alla fine del pranzo, tutti cominciarono a sentire <strong>il</strong> rumore e<br />

tutti si meravigliarono e domandarono che cosa fosse; nessuno<br />

sapeva la risposta e così si alzarono e guardarono quello che<br />

poteva essere: videro la giovane, <strong>il</strong> cavaliere e i cani; non<br />

passò molto che tutti furono lì.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 21


Il romore fu fatto grande e a' cani e al cavaliere, e molti per aiutare<br />

la giovane si fecero innanzi; ma <strong>il</strong> cavaliere, parlando loro<br />

come a Nastagio aveva parlato, non solamente gli fece indietro<br />

tirare, ma tutti gli spaventò e riempiè di maraviglia; e faccendo<br />

quello che altra volta aveva fatto, quante donne v'avea (ché ve<br />

ne avea assai che parenti erano state e della dolente giovane e<br />

del cavaliere e che si ricordavano e dell'amore e della morte di<br />

lui) tutte così miseramente piagnevano come se a sé medesime<br />

quello avesser veduto fare.<br />

La qual cosa al suo termine fornita, e andata via la donna e 'l<br />

cavaliere, mise costoro che ciò veduto aveano in molti e vari<br />

ragionamenti; ma tra gli altri che più di spavento ebbero, fu la<br />

crudel giovane da Nastagio amata, la quale ogni cosa distintamente<br />

veduta avea e udita, e conosciuto che a sé più che ad<br />

altra persona che vi fosse queste cose toccavano, ricordandosi<br />

della crudeltà sempre da lei usata verso Nastagio; per che già<br />

le parea fuggir dinanzi da lui adirato e avere i mastini a' fianchi.<br />

E tanta fu la paura che di questo le nacque, che, acciò che<br />

questo a lei non avvenisse, prima tempo non si vide (<strong>il</strong> quale<br />

quella medesima sera prestato le fu) che ella, avendo l'odio in<br />

amore tramutato, una sua fida cameriera segretamente a Nastagio<br />

mandò, la quale da parte di lei <strong>il</strong> pregò che gli dovesse<br />

piacer d'andare a lei, per ciò ch'ella era presta di far tutto ciò<br />

che fosse piacer di lui. Alla qual Nastagio fece rispondere che<br />

questo gli era a grado molto, ma che, dove piacesse, con onor<br />

di lei voleva <strong>il</strong> suo piacere, e questo era sposandola per moglie.<br />

Il rumore aumentò e molti si fecero avanti per aiutare la<br />

donna; ma <strong>il</strong> cavaliere parlò loro come aveva fatto con Nastagio,<br />

li fece indietreggiare [= andare indietro] e li spaventò<br />

tutti e li riempì di meraviglia. Facendo quello che aveva fatto<br />

l’altra volta tutte le donne presenti (perché molte erano parenti<br />

della giovane e del cavaliere e si ricordavano del suo amore<br />

e della sua morte) piangevano come se avessero visto far<br />

quelle cose a sé stesse.<br />

Alla fine dell’azione, andata via la donna e <strong>il</strong> cavaliere, le persone<br />

che avevano visto iniziarono a parlare, ma fra tutti la più<br />

spaventata fu la giovane crudele amata da Nastagio, che<br />

aveva capito come ogni cosa vista e udita riguardava lei<br />

più di ogni altra persona, ricordandosi della crudeltà mostrata<br />

sempre verso Nastagio le sembrava di fuggire dinnanzi a lui<br />

arrabbiato e [le sembrava] di avere i mastini ai fianchi.<br />

[Pensando a queste cose] provò tanta paura che, per evitare<br />

che le capitasse quello che aveva visto, quella medesima<br />

sera avendo trasformato l'odio in amore, di nascosto mandò<br />

una sua fidata cameriera da Nastagio. [La cameriera]<br />

pregò [Nastagio] di andare dalla sua padrona, perché lei<br />

era pronta a fare tutto quello che a lui piaceva. Nastagio fece<br />

rispondere che questo [invito] gli piaceva molto, ma che voleva<br />

soddisfare <strong>il</strong> proprio amore in modo onorevole per la donna,<br />

e quindi voleva sposarla.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 22


La giovane, la qual sapeva che da altrui che da lei rimaso non<br />

era che moglie di Nastagio stata non fosse, gli fece risponder<br />

che le piacea. Per che, essendo ella medesima la messaggera,<br />

al padre e alla madre disse che era contenta d'esser sposa di<br />

Nastagio, di che essi furon contenti molto; e la domenica seguente<br />

Nastagio sposatala e fatte le sue nozze, con lei più<br />

tempo lietamente visse.<br />

E non fu questa paura cagione solamente di questo bene, anzi<br />

sì tutte le ravignane donne paurose ne divennero, che sempre<br />

poi troppo più arrendevoli a' piaceri degli uomini furono, che<br />

prima state non erano.<br />

La giovane che sapeva che <strong>il</strong> fatto di non essere ancora sposata<br />

con Nastagio dipendeva solo da lei, gli fece rispondere<br />

che le piaceva. Per questo disse al padre e alla madre che<br />

era contenta di sposare Nastagio, essi furono molto contenti<br />

e la domenica seguente Nastagio la sposò e dopo le<br />

nozze visse felicemente con lei per lungo tempo.<br />

Questa paura non causò solo questo bene: tutte le donne di<br />

Ravenna diventarono più arrendevoli verso i piaceri degli<br />

uomini.<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 23


Valutazione Eùlogos<br />

indice di leggib<strong>il</strong>ità del testo originale del Bocccaccio<br />

Indice GULPEASE = 43<br />

Frasi: 1. Lunghezza media=100,00 parole. Parole: 100. Lunghezza media=4,90 lettere. Rapporto parole/parole diverse=1,30<br />

Difficoltà rispetto al livello di scolarizzazione<br />

10 20 30 40 50 60 70 80 90<br />

43<br />

Elem. Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e M f<br />

Media Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Sup. Quasi inc. Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Valutazione Eùlogos<br />

indice di leggib<strong>il</strong>ità del testo semplificato<br />

Indice GULPEASE = 53<br />

Frasi: 4. Lunghezza media=23,50 parole. Parole: 94. Lunghezza media=4,83 lettere. Rapporto parole/parole diverse=1,46<br />

Difficoltà rispetto al livello di scolarizzazione<br />

10 20 30 40 50 60 70 80 90<br />

53<br />

Elem. Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e M f<br />

Media Quasi incomprensib<strong>il</strong>e Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Sup. Quasi inc. Molto diffic<strong>il</strong>e Diffic<strong>il</strong>e Fac<strong>il</strong>e Molto fac<strong>il</strong>e<br />

Prof.ssa V<strong>il</strong>ma BICEGO 24

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