Poesie di Emily Dickinson tradotte da Silvio Raffo - LietoColle
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suonavano a <strong>di</strong>stesa il mezzogiorno.<br />
Non era Gelo perché sulla Carne<br />
mi strisciavano venti <strong>di</strong> scirocco –<br />
ma neanche Fuoco – i miei pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> marmo<br />
più geli<strong>di</strong> del coro <strong>di</strong> un santuario.<br />
Ma Morte Notte Gelo Fuoco insieme<br />
sentivo io – quelle figure immobili<br />
che ho visto spesso pronte per le esequie<br />
d’un tratto mi sembravano la mia –<br />
come se la mia vita fosse stata<br />
piallata per forzarla in una bara –<br />
e non potevo respirare, non avevo<br />
la chiave. Era come a mezzanotte<br />
quando ogni suono cessa e tutt’intorno<br />
gli spazi stanno vigili – o in autunno<br />
quando geli terribili, sull’alba,<br />
zittiscono la terra palpitante –<br />
ma più che altro Caos, freddo Infinito –<br />
senza un barlume, senza uno spiraglio –<br />
né c’era la speranza <strong>di</strong> un Approdo<br />
che desse un senso alla Disperazione.<br />
524<br />
Partiti per il Giu<strong>di</strong>zio<br />
nel ra<strong>di</strong>oso meriggio –<br />
come uscieri s’inchinan gran<strong>di</strong> nubi-<br />
tutto il creato – attento –<br />
assoggettata la carne, annullata –<br />
inizia l’incorporeo –<br />
come folla due mon<strong>di</strong> si <strong>di</strong>sperdono<br />
e lasciano l’Anima sola –<br />
547<br />
Ho visto uno sguardo morente