Poesie di Emily Dickinson tradotte da Silvio Raffo - LietoColle

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29.05.2013 Views

suonavano a distesa il mezzogiorno. Non era Gelo perché sulla Carne mi strisciavano venti di scirocco – ma neanche Fuoco – i miei piedi di marmo più gelidi del coro di un santuario. Ma Morte Notte Gelo Fuoco insieme sentivo io – quelle figure immobili che ho visto spesso pronte per le esequie d’un tratto mi sembravano la mia – come se la mia vita fosse stata piallata per forzarla in una bara – e non potevo respirare, non avevo la chiave. Era come a mezzanotte quando ogni suono cessa e tutt’intorno gli spazi stanno vigili – o in autunno quando geli terribili, sull’alba, zittiscono la terra palpitante – ma più che altro Caos, freddo Infinito – senza un barlume, senza uno spiraglio – né c’era la speranza di un Approdo che desse un senso alla Disperazione. 524 Partiti per il Giudizio nel radioso meriggio – come uscieri s’inchinan grandi nubi- tutto il creato – attento – assoggettata la carne, annullata – inizia l’incorporeo – come folla due mondi si disperdono e lasciano l’Anima sola – 547 Ho visto uno sguardo morente

vagare tutt’intorno ad una stanza in cerca di qualcosa – poi velarsi mi parve – e farsi scuro come nebbia - pian piano – senza poter capire quale fosse l’oggetto del suo ardente desiderio – 692 Calava il Sole – e tramontava – ancora – nessuna sfumatura di meriggio potevo sul villaggio intravedere – di casa in casa era mezzogiorno – Scendeva il buio – discendeva – ancora – nessuna traccia di rugiada sull’erba – solo sulla mia fronte si fermava, inondandomi il viso – Ed ecco i piedi mi s’intorpidivano – le mie dita però restavan sveglie – poi perché mai quel suono così fievole da quella ch’io sembravo fu esalato? Con che chiarezza vedevo la luce fino a un attimo fa – ora non posso – Questo è morire – questo sta accadendo – ma non ho più paura di saperlo – 695 Come se il mare separandosi svelasse un altro mare questo un altro, ed i tre solo il presagio fossero di un infinito di mari mai visitati da riva – e il mare stesso al mare fosse riva – questo – è l’Eternità

suonavano a <strong>di</strong>stesa il mezzogiorno.<br />

Non era Gelo perché sulla Carne<br />

mi strisciavano venti <strong>di</strong> scirocco –<br />

ma neanche Fuoco – i miei pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> marmo<br />

più geli<strong>di</strong> del coro <strong>di</strong> un santuario.<br />

Ma Morte Notte Gelo Fuoco insieme<br />

sentivo io – quelle figure immobili<br />

che ho visto spesso pronte per le esequie<br />

d’un tratto mi sembravano la mia –<br />

come se la mia vita fosse stata<br />

piallata per forzarla in una bara –<br />

e non potevo respirare, non avevo<br />

la chiave. Era come a mezzanotte<br />

quando ogni suono cessa e tutt’intorno<br />

gli spazi stanno vigili – o in autunno<br />

quando geli terribili, sull’alba,<br />

zittiscono la terra palpitante –<br />

ma più che altro Caos, freddo Infinito –<br />

senza un barlume, senza uno spiraglio –<br />

né c’era la speranza <strong>di</strong> un Approdo<br />

che desse un senso alla Disperazione.<br />

524<br />

Partiti per il Giu<strong>di</strong>zio<br />

nel ra<strong>di</strong>oso meriggio –<br />

come uscieri s’inchinan gran<strong>di</strong> nubi-<br />

tutto il creato – attento –<br />

assoggettata la carne, annullata –<br />

inizia l’incorporeo –<br />

come folla due mon<strong>di</strong> si <strong>di</strong>sperdono<br />

e lasciano l’Anima sola –<br />

547<br />

Ho visto uno sguardo morente

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