Poesie di Emily Dickinson tradotte da Silvio Raffo - LietoColle

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29.05.2013 Views

389 Oggi la morte è stata nella casa di fronte – lo capisco dall’aria sbigottita che hanno le case in simili frangenti – Vicini vanno e vengono, il medico riparte – come un seme si schiude una finestra – improvvisa – meccanica – Qualcuno mette fuori un materasso e accorrono i bimbi curiosi chiedendosi se è stato proprio lì – da piccola facevo anch’io così - Entra solenne il prete – come fosse il padrone della casa – della famiglia in lutto ed anche dei ragazzi – Poi viene la modista e viene l’uomo dall’orrendo mestiere a prender le misure della casa – e fra poco la nera parata sfilerà di carrozze e di drappi – facile come ad un segno convenuto l’intuizione di tale novità è sempre in un paese di campagna – 390 Giunge – l’irrevocabile creatura – eccola al caseggiato, eccola all’uscio – sceglie fra tutti un solo chiavistello – entra – “Mi conoscete, Signor mio?” Semplice il cenno – certa l’agnizione – come un nemico, audace – come un amico, rapida

ogni casa riveste di crespo e di ghiaccioli e un suo abitante trasferisce a Dio – 417 E’ morto – “Pròvati a cercarlo” – Non lo si sente più, non lo si vede – “Felice?” Chi è più saggio, tu o il vento? “Ha coscienza?” Perché non ti chini a chiederlo alla terra? “Ha nostalgia?” Molti l’hanno incontrato ma nemmeno da questi potrai avere risposta – perché son muti - anch’essi – 445 In quest’ora morii, fa giusto un anno – mi ricordo che il grano era maturo – aveva già la spiga - mentre alle fattorie mi trasportavano – “E come sarà giallo -pensai- quando Riccardo andrà al mulino” Volevo uscire allora, ma qualcosa arrestò la volontà. Pensai alle mele rosse, che affondavano nei solchi delle stoppie – ai carretti inclinati nei campi a caricare zucche. Chi avrebbe sentito di meno la mia mancanza? Avrebbe il babbo aggiunto un piatto il giorno del Ringraziamento a pareggiare il numero imperfetto? E a Natale - che tristezza, con la mia calza appesa così in alto che nemmeno Santa Claus

ogni casa riveste <strong>di</strong> crespo e <strong>di</strong> ghiaccioli<br />

e un suo abitante trasferisce a Dio –<br />

417<br />

E’ morto – “Pròvati a cercarlo” –<br />

Non lo si sente più, non lo si vede –<br />

“Felice?” Chi è più saggio,<br />

tu o il vento?<br />

“Ha coscienza?” Perché non ti chini<br />

a chiederlo alla terra?<br />

“Ha nostalgia?” Molti l’hanno incontrato<br />

ma nemmeno <strong>da</strong> questi<br />

potrai avere risposta –<br />

perché son muti - anch’essi –<br />

445<br />

In quest’ora morii, fa giusto un anno –<br />

mi ricordo che il grano era maturo –<br />

aveva già la spiga -<br />

mentre alle fattorie mi trasportavano –<br />

“E come sarà giallo<br />

-pensai- quando Riccardo andrà al mulino”<br />

Volevo uscire allora,<br />

ma qualcosa arrestò la volontà.<br />

Pensai alle mele rosse, che affon<strong>da</strong>vano<br />

nei solchi delle stoppie –<br />

ai carretti inclinati nei campi<br />

a caricare zucche.<br />

Chi avrebbe sentito <strong>di</strong> meno<br />

la mia mancanza? Avrebbe il babbo aggiunto<br />

un piatto il giorno del Ringraziamento<br />

a pareggiare il numero imperfetto?<br />

E a Natale - che tristezza,<br />

con la mia calza appesa così in alto<br />

che nemmeno Santa Claus

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