Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...
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72 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO professionisti in ogni campo che, mafiosi dentro, sapranno perpetuarne l’essenza. Si tratta, evidentemente, di una prospettiva di studio non avvalorata da riscontri. Ipotesi fantasiosa forse, come del resto fantasiosa sarebbe stata giudicata negli anni Settanta l’ipotesi che le mafie nostrane sarebbero state capaci (cosa che è avvenuta) di dichiarare guerra allo Stato. Una possibile conferma alla tesi della mutazione strutturale delle mafie in direzione di una compenetrazione nello Stato si evince dalla rilettura degli atti e delle sentenze processuali emesse per le stragi di Capaci e Via D’Amelio. Nella escussione dei collaboratori di giustizia, operata sia in sede dibattimentale sia in sede di Commissione antimafia, si è più volte evidenziato come il progetto della mafia non fosse solo quello della trattativa con lo Stato, bensì quello politico di creare le condizioni per la nascita di uno Stato autonomo nelle regioni del Sud, sotto il diretto controllo delle mafie. Di tale progetto ne parlano ripetutamente pentiti di Cosa Nostra, della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita e ciò appare oltremodo rilevante per la diffusione tra le cosche dell’idea separatista, così come sembra altrettanto importante la creazione nel Mezzogiorno d’Italia di “Leghe Sud” variamente denominate in ragione dell’area geografica di dislocazione, successivamente dissoltesi in un nulla di fatto. Comunque sia andata il progetto non si è realizzato. Tuttavia è proprio questo elemento a destare una profonda curiosità e alcune domande sul perché il programma secessionistico non è stato né completato, né decisamente proseguito ma si è semplicemente dissolto. Non è stato portato a termine perché in corso d’opera sono venute meno le condizioni per realizzarlo? Non è stato ritenuto fattibile, benché la strategia della tensione fosse già stata iniziata e alla sua deliberazione avevano provveduto i massimi vertici della mafia? Sono mutate le scelte strategiche dell’organizzazione?. In punto di analisi, peraltro in assenza di noti sviluppi di carattere processuale che possano far propendere per l’una o l’altra soluzione, ci sentiamo di ritenere che, tra quelle indicate, sia l’ultima quella da preferire. Infatti, da un lato sembra rispondere al mutamento di mentalità venutosi a determinare all’interno delle strutture del vertice di comando mafioso con l’arresto di Riina e l’avvento del più “prudente” Provenzano e, dall’altro, aderente alla fase di totale invisibilità che caratterizza ormai da anni le mafie endogene.
2.2 LA ‘NDRANGHETA 2.2.1 Inquadramento del fenomeno LA GEOGRAFIA MAFIOSA 73 Nel complesso panorama criminale mafioso la ‘Ndrangheta 104 calabrese è certamente l’organizzazione meno nota e meno studiata 105 . 104 Per C. RUSSO, Storia della mafia nel Mezzogiorno d’Italia, 2001, il termine ‘Ndrangheta è di incerta derivazione. A parere di alcuni storici sarebbe mediato dal Greco e significherebbe “società degli uomini valorosi”. La parola avrebbe origine dalla forma dialettale “ndrino” (uomo dritto che non piega la schiena). Le remote origini della ‘Ndrangheta risalirebbero alla “garduna”, associazione criminosa che si interessava al gioco e al baratto, costituita a Toledo nel 1412 e portata nell’Italia meridionale dai conquistatori spagnoli, mantenendo alcune caratteristiche poi diventate comuni ad ogni fenomeno mafioso: la “tirata” (ossia il duello di coltello tra gli adepti), il codice d’onore, la legge ferrea dell’omertà. Comunque sia, le più dirette origini storiche della ‘Ndrangheta vanno ricercate nella camorra napoletana Nel 1861, nel 1863 e nel 1865 tre ondate di brigantaggio sconvolgono la Calabria, la Lucania e la Campania. Di esse si hanno scarse e a tratti strumentalizzate notizie, ma è fuor di dubbio che si tratti di una sorta di disperata guerriglia, di una lotta di classe sulla “questione meridionale” i cui capi provengono dalle masse anonime dei contadini renitenti ai vantaggi del governo italiano: la leva obbligatoria, le nuove tasse, la mancanza di opportunità di lavoro, se si esclude il bracciantato agricolo di tradizione feudale (colonia). Gli storici tendono a scorgere proprio in questa esplosione di brigantaggio il primo vero enuclearsi della mafia calabrese anche se non tutti concordano nell’unificare i due fenomeni. 105 La lettura delle relazioni semestrali sulla sicurezza pone a tal proposito in luce il fatto che, sostanzialmente di ‘Ndrangheta si comincia a parlare in termini di concretezza solo a partire dal 1995, benché a tale data l’organizzazione sia già decisamente attiva sul territorio, ampiamente proiettata al di fuori della Regione di primigenio insediamento e con prospettive di elevata interazione internazionale. Nella relazione del secondo semestre 1995 si legge che: Il contesto criminale calabrese, alla ricerca di un assetto verticistico sotto il profilo organizzativo, ribadisce la propensione a ricercare, specie nel Nord Italia, spazi per l’espansione dei traffici illeciti. In questa fase è aumentata la conflittualità, in relazione al tentativo della componente più aggressiva di imporre la propria influenza all’intero ambito locale. Nel complesso, rimangono immutati i caratteri di pericolosità della ‘ndrangheta, riconducibili alla consistenza numerica degli affiliati, alla capacità di infiltrazione nelle Amministrazioni, alla compattezza dei sodalizi, all’aperta ostilità nei confronti di rappresentanti istituzionali impegnati sul versante del contrasto: molteplici acquisizioni hanno confermato l’esistenza di progetti di attentati, specie ai danni di magistrati operanti nella stessa Calabria. da: Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, secondo semestre 1995, versione riportata in Per Aspera ad Veritatem – Rivista di intelligence e cultura professionale – SISDE – gennaio, aprile 1996, n. 4. Per ulteriori approfondimenti si veda anche Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, secondo semestre 1997, versione riportata in Per Aspera ad Veritatem – Rivista di intelligence e cultura professionale – SISDE – maggio, agosto 1998, n. 11. - Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, secondo semestre 1998, versione riportata in Per Aspera ad Veritatem – Rivista di intelligence e cultura professionale – SISDE – gennaio, aprile 1999, n. 13 - Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, primo semestre 2001, versione riportata in Per Aspera ad Veritatem – Rivista di intelligence e cultura professionale – SISDE – maggio, agosto 2002, n. 20. La progressione percettiva a livello governativo è infine testimoniata da quanto esposto nella relazione per l’anno 2003, laddove si conferma sinteticamente che “ La ‘Ndrangheta continua a
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E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO<br />
professionisti in ogni campo che, mafiosi dentro, sapranno<br />
perpetuarne l’essenza. Si tratta, evidentemente, <strong>di</strong> una prospettiva <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>o non avvalorata da riscontri. Ipotesi fantasiosa forse, come del<br />
resto fantasiosa sarebbe stata giu<strong>di</strong>cata negli anni Settanta l’ipotesi<br />
che le mafie nostrane sarebbero state capaci (cosa che è avvenuta) <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>chiarare guerra allo Stato. Una possibile conferma alla tesi della<br />
mutazione strutturale delle mafie in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una compenetrazione<br />
nello Stato si evince dalla rilettura degli atti e delle sentenze<br />
processuali emesse per le stragi <strong>di</strong> Capaci e Via D’Amelio. Nella<br />
escussione dei collaboratori <strong>di</strong> giustizia, operata sia in sede<br />
<strong>di</strong>battimentale sia in sede <strong>di</strong> Commissione antimafia, si è più volte<br />
evidenziato come il progetto della mafia non fosse solo quello della<br />
trattativa con lo Stato, bensì quello politico <strong>di</strong> creare le con<strong>di</strong>zioni per<br />
la nascita <strong>di</strong> uno Stato autonomo nelle regioni del Sud, sotto il <strong>di</strong>retto<br />
controllo delle mafie. Di tale progetto ne parlano ripetutamente pentiti<br />
<strong>di</strong> Cosa Nostra, della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita e ciò<br />
appare oltremodo rilevante per la <strong>di</strong>ffusione tra le cosche dell’idea<br />
separatista, così come sembra altrettanto importante la creazione nel<br />
Mezzogiorno d’Italia <strong>di</strong> “Leghe Sud” variamente denominate in<br />
ragione dell’area geografica <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione, successivamente<br />
<strong>di</strong>ssoltesi in un nulla <strong>di</strong> fatto. Comunque sia andata il progetto non si è<br />
realizzato. Tuttavia è proprio questo elemento a destare una profonda<br />
curiosità e alcune domande sul perché il programma secessionistico<br />
non è stato né completato, né decisamente proseguito ma si è<br />
semplicemente <strong>di</strong>ssolto. Non è stato portato a termine perché in corso<br />
d’opera sono venute meno le con<strong>di</strong>zioni per realizzarlo? Non è stato<br />
ritenuto fattibile, benché la strategia della tensione fosse già stata<br />
iniziata e alla sua deliberazione avevano provveduto i massimi vertici<br />
della mafia? Sono mutate le scelte strategiche dell’organizzazione?.<br />
In punto <strong>di</strong> analisi, peraltro in assenza <strong>di</strong> noti sviluppi <strong>di</strong> carattere<br />
processuale che possano far propendere per l’una o l’altra soluzione,<br />
ci sentiamo <strong>di</strong> ritenere che, tra quelle in<strong>di</strong>cate, sia l’ultima quella da<br />
preferire. Infatti, da un lato sembra rispondere al mutamento <strong>di</strong><br />
mentalità venutosi a determinare all’interno delle strutture del vertice<br />
<strong>di</strong> comando <strong>mafioso</strong> con l’arresto <strong>di</strong> Riina e l’avvento del più<br />
“prudente” Provenzano e, dall’altro, aderente alla fase <strong>di</strong> totale<br />
invisibilità che caratterizza ormai da anni le mafie endogene.