Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

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29.05.2013 Views

62 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO Riina ha perso lo scontro frontale con lo Stato e chi lo sostituisce - chiunque esso sia - ne è perfettamente consapevole. Per ciò che attiene alla attuale strutturazione organizzativa, appare opportuno ribadire che Cosa Nostra non è né scomparsa e neppure definitivamente battuta e in quanto affermato vi è l’esatta dimensione del suo cambiamento 89 . In linea di continuità, se ne può affermare la piena esistenza, essendo la stessa ancora molto attiva sia nel contesto nazionale sia in quello internazionale mentre, in un’ottica di trasformazione, essa è totalmente diversa dal modello precedente avendo mutato anche le tradizionali forme di manifestazione sul territorio, riducendo notevolmente gli aspetti che l’avevano resa visibile 90 . Quella del terzo porsi al riparo dalle collaborazioni con la giustizia ed evitare sovraesposizioni soggette a richiamare l’attenzione investigativa sulla propria persona; - elevare il livello culturale della dirigenza di “cosa nostra”, puntando ad affidare le massime cariche a “uomini d’onore” in possesso di titoli di studio qualificanti e collocati in buona posizione sociale. Fino a quando “cosa nostra” non avrà riorganizzato tutti i “mandamenti”, designandone i rispettivi capi, non potrà neanche ripristinare l’organismo provinciale di vertice - la cosiddetta “cupola” – di cui, come è noto, devono far parte tutti i “capi mandamento” con il compito di assicurare una gestione coordinata delle “famiglie”. Né è da ipotizzare che la sopra citata struttura di vertice abbia carattere provvisorio ed emergenziale e desumere, quindi, una sua possibile intrinseca fragilità; già in passato, infatti, è stato fatto ricorso con successo ad una simile struttura, allorquando venne creata la “reggenza” provvisoria con Gaetano BADALAMENTI, Luciano LIGGIO e Stefano BONTADE e l’iniziativa permise una totale riorganizzazione di “cosa nostra”. da: DIA – Relazioni semestrali al Parlamento – Secondo semestre 2000. 89 Le risultanze di tutte le investigazioni svolte in Sicilia offrono la costante immagine di una “Cosa Nostra” attivissima, guidata con prudenza ed intelligenza strategica, proiettata verso un futuro in cui la sua vocazione affaristica ed imprenditoriale è destinata a prevalere nettamente sull’aspetto “militare” fino a renderla irriconoscibile: una mafia che tende a farsi largo con ogni mezzo nel tessuto economico locale, nazionale e, inevitabilmente, anche internazionale, ove mira ad annidarsi stabilmente tentando di sottrarsi all’azione di contrasto delle Istituzioni. Un progetto di ampio respiro ed a lungo termine, possibile solo per un’organizzazione criminale che, estesa e ricca di esperienza, si sta adeguando alle nuove pressanti esigenze, orientandosi verso una progressiva infiltrazione nel tessuto economico. Per altro verso, sotto un profilo strutturale si è riscontrata praticamente in tutte le “famiglie” mafiose, l’adozione di una significativa misura: separare nettamente gli “uomini d’onore”, cioè gli appartenenti alla “cosa nostra” di ieri, dagli affiliati di oggi, manovalanza che costituisce la componente “armata” sul territorio. I vecchi mafiosi si sono così arroccati in una struttura elitaria assumendo la funzione di classe dirigente i cui ordini vengono impartiti ad un esercito di affiliati, selezionati quanto più accuratamente possibile tra la criminalità comune, che agisce nelle strade. Non esiste tra i due livelli interscambio informativo ma solo disposizioni esecutive, pedissequamente attuate. da: DIA – Relazioni semestrali al Parlamento – 2° Semestre 2001 – 1° Semestre 2002 90 Con riferimento alla attuale strutturazione di Cosa Nostra, l’attività investigativa condotta in area ha consentito di verifica, da un lato la crescente diminuzione di contrasti tra gli “stragisti” di Riina e “sommersi” di Provenzano e, dall’altro, un tentativo – forse già riuscito – di ritorno alla unitarietà. In merito la DIA ritiene che: La struttura di “Cosa Nostra”, posta al di sopra delle organizzazioni locali, lega tra loro una moltitudine di “famiglie” dislocate in tutta la regione siciliana, ed è ancora pienamente efficiente, anche se i suoi organismi dirigenziali sono ridotti all’essenziale e rappresentati, di fatto, da un pugno di uomini. Individualismi e rivalità personali minano la coesione

LA GEOGRAFIA MAFIOSA 63 millennio è quindi una Cosa Nostra sicuramente diversa da quella che gli interpreti e gli operatori del diritto avevano imparato a conoscere, ma non per questo di più basso profilo 91 . In rapporto ad altre fasi del tra le “famiglie” ed i rapporti all’interno delle stesse “famiglie”; tuttavia la tenuta complessiva della struttura organizzativa è ancora sufficientemente salvaguardata dal comune interesse ad evitare conflitti, che danneggerebbero gli affari e renderebbero del tutto improponibile ogni tentativo di ottenere benefici per gli affiliati detenuti. Il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè ha confermato quanto da tempo si era già compreso in ordine al progetto strategico elaborato da Bernardo Provenzano e, cioè, che il suo obiettivo è quello di ripristinare l’unitarietà della struttura di “cosa nostra” siciliana a suo tempo compromessa dal conflitto accesosi tra gli “stragisti” di Leoluca Bagarella e Vito Vitale e i “moderati” facenti capo al Provenzano stesso. A questo proposito è importante sottolineare come – di là della pace mafiosa strumentalmente voluta da Provenzano per poter realizzare il suo progetto al riparo da una eccessiva attenzione da parte della pubblica opinione – l’attuale capo di “cosa nostra” miri a conseguire una reale e duratura pacificazione, senza la quale non sarebbe pensabile restituire all’organizzazione la monolitica compattezza che in passato le ha consentito di collocarsi tra le maggiori organizzazioni criminali a livello mondiale e che, per il futuro, costituisce condizione imprescindibile per la sua stessa sopravvivenza. Giuffrè ha spiegato che effettivamente è in corso un processo di riunificazione e che gradualmente, nonostante gli strascichi lasciati dall’ultima guerra di mafia, “cosa nostra” sta procedendo al “recupero” di quelle articolazioni provinciali e locali che avevano condiviso la linea degli “stragisti”. da: DIA– Relazioni semestrali al Parlamento – 2° Semestre 2002. Ancora più recentemente si è avuto modo di apprezzare che “Cosa nostra”, sempre fortemente impegnata nel tentativo di lucrare sui cospicui stanziamenti pubblici per la realizzazione delle grandi opere e per gli appalti di un certo rilievo, non trascura le tradizionali attività riguardanti, preferibilmente, il traffico di armi, di stupefacenti, l’usura e le estorsioni. La collaborazione del boss Antonino Giuffre’, avviata nel decorso anno, ha permesso di ridisegnare gli equilibri territoriali di “cosa nostra”. Si ritiene che il Giuffre’, per la posizione di vertice assunta nel corso degli anni in seno a “cosa nostra”, in qualità di capo del mandamento di Caccamo, nonché per la riconosciuta vicinanza al capo corleonese Bernardo Provenzano, tuttora personaggio di riferimento per l’intera organizzazione criminale, e per le conoscenze sulle strategie e la struttura dell’associazione criminale, costituisca una grave insidia per gli “uomini d’onore” e, probabilmente, anche per i personaggi trasversali all’organizzazione criminale, affaristi, imprenditori e quant’altri mantengono rapporti di contiguità. Da tale situazione ne consegue che, se da un lato permane immutato il prestigio criminale di Bernardo Provenzano quale ultimo capo storico, tuttora latitante ed elemento catalizzatore all’interno di Cosa Nostra, dall’altro è sempre evidente il dissenso nei confronti dei “corleonesi”, sostenitori della strategia di attacco violento allo Stato all’interno dell’organizzazione criminale, da parte di chi privilegia la proliferazione di affari e guadagni illeciti, in un clima di apparente tranquillità. da: DIA– Relazioni semestrali al Parlamento – 1° Semestre 2003. 91 Per trattare della situazione odierna della criminalità organizzata siciliana occorre risalire al 31 ottobre 1995, allorquando nelle campagne di Mezzojuso (PA) Luigi Ilardo incontrava Bernardo Provenzano. L’Ilardo, esponente di rilievo di “cosa nostra” della provincia di Caltanissetta, stava collaborando con la Giustizia e si era prestato a fungere da infiltrato; in tale veste egli era riuscito a stabilire un contatto con Provenzano con il quale, fino a quel momento, aveva comunicato esclusivamente per mezzo di biglietti che venivano recapitati da corrieri di fiducia. Secondo quanto ebbe poi a riferire l’Ilardo, nel corso di quell’incontro Provenzano affermò di ritenere che nell’arco di 5 –7 anni “cosa nostra” sarebbe riuscita a recuperare la tranquillità necessaria per gestire i propri affari e, di conseguenza, migliorare la situazione economica, a quel momento precaria. Quindi il tempo all’epoca preventivato da Provenzano per portare a compimento la rigenerazione dell’organizzazione sembrerebbe ormai giunto a scadenza e, effettivamente, “cosa nostra” appare oggi rinnovata. L’impostazione data a “Cosa Nostra” da Provenzano ha permesso, moderandone la conflittualità interna, di recuperare una buona capacità di coordinamento - a livello provinciale e regionale – tra tutte le “famiglie” dell’organizzazione. Ciò ha restituito a “cosa nostra” la possibilità

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millennio è quin<strong>di</strong> una Cosa Nostra sicuramente <strong>di</strong>versa da quella che<br />

gli interpreti e gli operatori del <strong>di</strong>ritto avevano imparato a conoscere,<br />

ma non per questo <strong>di</strong> più basso profilo 91 . In rapporto ad altre fasi del<br />

tra le “famiglie” ed i rapporti all’interno delle stesse “famiglie”; tuttavia la tenuta complessiva della<br />

struttura organizzativa è ancora sufficientemente salvaguardata dal comune interesse ad evitare<br />

conflitti, che danneggerebbero gli affari e renderebbero del tutto improponibile ogni tentativo <strong>di</strong><br />

ottenere benefici per gli affiliati detenuti. Il collaboratore <strong>di</strong> giustizia Antonino Giuffrè ha confermato<br />

quanto da tempo si era già compreso in or<strong>di</strong>ne al progetto strategico elaborato da Bernardo<br />

Provenzano e, cioè, che il suo obiettivo è quello <strong>di</strong> ripristinare l’unitarietà della struttura <strong>di</strong> “cosa<br />

nostra” siciliana a suo tempo compromessa dal conflitto accesosi tra gli “stragisti” <strong>di</strong> Leoluca<br />

Bagarella e Vito Vitale e i “moderati” facenti capo al Provenzano stesso. A questo proposito è<br />

importante sottolineare come – <strong>di</strong> là della pace mafiosa strumentalmente voluta da Provenzano per<br />

poter realizzare il suo progetto al riparo da una eccessiva attenzione da parte della pubblica opinione<br />

– l’attuale capo <strong>di</strong> “cosa nostra” miri a conseguire una reale e duratura pacificazione, senza la quale<br />

non sarebbe pensabile restituire all’organizzazione la monolitica compattezza che in passato le ha<br />

consentito <strong>di</strong> collocarsi tra le maggiori organizzazioni criminali a livello mon<strong>di</strong>ale e che, per il futuro,<br />

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effettivamente è in corso un processo <strong>di</strong> riunificazione e che gradualmente, nonostante gli strascichi<br />

lasciati dall’ultima guerra <strong>di</strong> mafia, “cosa nostra” sta procedendo al “recupero” <strong>di</strong> quelle articolazioni<br />

provinciali e locali che avevano con<strong>di</strong>viso la linea degli “stragisti”.<br />

da: DIA– Relazioni semestrali al Parlamento – 2° Semestre 2002.<br />

Ancora più recentemente si è avuto modo <strong>di</strong> apprezzare che “Cosa nostra”, sempre fortemente<br />

impegnata nel tentativo <strong>di</strong> lucrare sui cospicui stanziamenti pubblici per la realizzazione delle gran<strong>di</strong><br />

opere e per gli appalti <strong>di</strong> un certo rilievo, non trascura le tra<strong>di</strong>zionali attività riguardanti,<br />

preferibilmente, il traffico <strong>di</strong> armi, <strong>di</strong> stupefacenti, l’usura e le estorsioni. <strong>La</strong> collaborazione del boss<br />

Antonino Giuffre’, avviata nel decorso anno, ha permesso <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>segnare gli equilibri territoriali <strong>di</strong><br />

“cosa nostra”. Si ritiene che il Giuffre’, per la posizione <strong>di</strong> vertice assunta nel corso degli anni in seno<br />

a “cosa nostra”, in qualità <strong>di</strong> capo del mandamento <strong>di</strong> Caccamo, nonché per la riconosciuta vicinanza<br />

al capo corleonese Bernardo Provenzano, tuttora personaggio <strong>di</strong> riferimento per l’intera<br />

organizzazione criminale, e per le conoscenze sulle strategie e la struttura dell’associazione<br />

criminale, costituisca una grave insi<strong>di</strong>a per gli “uomini d’onore” e, probabilmente, anche per i<br />

personaggi trasversali all’organizzazione criminale, affaristi, impren<strong>di</strong>tori e quant’altri mantengono<br />

rapporti <strong>di</strong> contiguità. Da tale situazione ne consegue che, se da un lato permane immutato il<br />

prestigio criminale <strong>di</strong> Bernardo Provenzano quale ultimo capo storico, tuttora latitante ed elemento<br />

catalizzatore all’interno <strong>di</strong> Cosa Nostra, dall’altro è sempre evidente il <strong>di</strong>ssenso nei confronti dei<br />

“corleonesi”, sostenitori della strategia <strong>di</strong> attacco violento allo Stato all’interno dell’organizzazione<br />

criminale, da parte <strong>di</strong> chi privilegia la proliferazione <strong>di</strong> affari e guadagni illeciti, in un clima <strong>di</strong><br />

apparente tranquillità.<br />

da: DIA– Relazioni semestrali al Parlamento – 1° Semestre 2003.<br />

91 Per trattare della situazione o<strong>di</strong>erna della <strong>criminalità</strong> <strong>organizzata</strong> siciliana occorre risalire al 31<br />

ottobre 1995, allorquando nelle campagne <strong>di</strong> Mezzojuso (PA) Luigi Ilardo incontrava Bernardo<br />

Provenzano. L’Ilardo, esponente <strong>di</strong> rilievo <strong>di</strong> “cosa nostra” della provincia <strong>di</strong> Caltanissetta, stava<br />

collaborando con la Giustizia e si era prestato a fungere da infiltrato; in tale veste egli era riuscito a<br />

stabilire un contatto con Provenzano con il quale, fino a quel momento, aveva comunicato<br />

esclusivamente per mezzo <strong>di</strong> biglietti che venivano recapitati da corrieri <strong>di</strong> fiducia. Secondo quanto<br />

ebbe poi a riferire l’Ilardo, nel corso <strong>di</strong> quell’incontro Provenzano affermò <strong>di</strong> ritenere che nell’arco <strong>di</strong><br />

5 –7 anni “cosa nostra” sarebbe riuscita a recuperare la tranquillità necessaria per gestire i propri<br />

affari e, <strong>di</strong> conseguenza, migliorare la situazione economica, a quel momento precaria. Quin<strong>di</strong> il<br />

tempo all’epoca preventivato da Provenzano per portare a compimento la rigenerazione<br />

dell’organizzazione sembrerebbe ormai giunto a scadenza e, effettivamente, “cosa nostra” appare<br />

oggi rinnovata. L’impostazione data a “Cosa Nostra” da Provenzano ha permesso, moderandone la<br />

conflittualità interna, <strong>di</strong> recuperare una buona capacità <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento - a livello provinciale e<br />

regionale – tra tutte le “famiglie” dell’organizzazione. Ciò ha restituito a “cosa nostra” la possibilità

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