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Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

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LA GEOGRAFIA MAFIOSA 57<br />

famiglie e dei mandamenti, <strong>di</strong>segna la struttura della “cupola”,<br />

l’organo decisionale supremo. Le spiegazioni <strong>di</strong> Buscetta,<br />

perfezionano l’impianto accusatorio messo insieme dal pool <strong>di</strong><br />

Palermo. Il 29 settembre scatta un blitz <strong>di</strong> portata inimmaginabile<br />

articolato su circa 370 or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a cautelare. Nonostante la<br />

latitanza <strong>di</strong> molti nomi eccellenti è il colpo più duro inflitto alla mafia<br />

dai tempi del Prefetto Mori. Non è però il colpo risolutivo. Intanto<br />

sulla base delle nuove acquisizioni informative provenienti da<br />

Buscetta e da altri pentiti si imbastisce l’impianto del primo maxi<br />

processo che vedrà alla sbarra 474 imputati e che solleverà le ire<br />

sdegnate dei puristi del <strong>di</strong>ritto e dei garantisti ad ogni costo che lo<br />

definiranno senza mezzi termini “un mostro giuri<strong>di</strong>co”. Cosa Nostra<br />

ha bisogno <strong>di</strong> alleanze politiche, le ha sempre ricercate ed ottenute, ma<br />

quello che si profila all’orizzonte è un momento particolarmente<br />

<strong>di</strong>fficile. Il rischio che il maxi processo si concluda con la<br />

comminazione <strong>di</strong> condanne all’ergastolo basate su un impianto<br />

probatorio che possa reggere ai successivi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio terrorizza i<br />

mafiosi. Gli strumenti <strong>di</strong> pressione sono quelli <strong>di</strong> sempre: la gestione<br />

del pacchetto elettorale, l’omici<strong>di</strong>o dei potenziali rivali. Magistrati,<br />

poliziotti, politici (ma questi talvolta per motivi <strong>di</strong>versi) cadono sotto<br />

la falce mafiosa. Alla conferma definitiva delle prime sentenze si<br />

scatena l’ala militarista corleonese. E’ un periodo lungo che parte<br />

dall’assassinio del Giu<strong>di</strong>ce Saetta, passa per quello del giu<strong>di</strong>ce<br />

Scopelliti e si conclude con le stragi <strong>di</strong> Capaci e <strong>di</strong> Via D’Amelio in<br />

cui Riina progetta e la cupola ratifica. Il delirio <strong>mafioso</strong> s’infrange <strong>di</strong><br />

fronte all’amplificarsi delle collaborazioni. Il tentativo <strong>di</strong> scendere<br />

nuovamente a patti con lo Stato, <strong>di</strong> trattare con esso da una posizione<br />

<strong>di</strong> forza con il ricatto delle stragi fallisce. Riina termina la sua<br />

ventennale latitanza il 15 gennaio 1993, giorno in cui è tratto in<br />

arresto a Palermo dove vive da sempre con la famiglia (i tre figli sono<br />

nati tutti nella stessa clinica e registrati con il loro nome) e da dove<br />

non si è mai mosso. E’ stato Balduccio Di Maggio, un suo<br />

fedelissimo, ad offrire ai Carabinieri (da mille chilometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

dalla Sicilia) le esatte in<strong>di</strong>cazioni per la sua cattura. <strong>La</strong> fine della<br />

latitanza <strong>di</strong> “Totò ‘u curto” chiude un capitolo della storia della mafia

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