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Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

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56<br />

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO<br />

E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO<br />

pentito e non ha mai <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> esserlo 83 , ha maturato l’unica scelta<br />

possibile per la sua personale lotta contro lo strapotere corleonesi: una<br />

guerra <strong>di</strong> verbali e non <strong>di</strong> lupara 84 . <strong>La</strong> collaborazione, che inizia il 16<br />

luglio 1984, è <strong>di</strong> portata eccezionale.<br />

Al tempo non vi è dubbio sul fatto che la mafia abbia una struttura,<br />

proprie regole e riti, ma non vi sono soverchie certezze. Buscetta ne<br />

ricostruisce il passato e il presente, fa luce su una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fatti<br />

rimasti irrisolti <strong>di</strong> cui fornisce chiavi <strong>di</strong> lettura e collegamenti, in<strong>di</strong>ca<br />

le regole per la spartizione del territorio, la composizione delle<br />

83 P. ARLACCHI, Ad<strong>di</strong>o Cosa Nostra. I segreti della mafia nella confessione <strong>di</strong> Tommaso Buscetta,<br />

BUR, Milano 2000, pag. 3, 4. “Non sono un pentito. E non sono una spia, né un informatore, né un<br />

criminale che prova piacere a infrangere le leggi e sfruttare gli altri. Non mi considero una spia<br />

perché parlo in pubblico, davanti alla legge e alla gente, e non <strong>di</strong> nascosto. Non sono un informatore<br />

perché non ho venduto le mie <strong>di</strong>chiarazioni, come fanno i confidenti con la polizia. Quando ho deciso<br />

<strong>di</strong> parlare, ho chiesto solo che garantissero sicurezza e protezione ai miei familiari. E non sono un<br />

pentito, nel senso che questa parola ha assunto per molti, soprattutto in Italia e che non cessa <strong>di</strong><br />

infasti<strong>di</strong>rmi. <strong>La</strong> prima cosa che ho <strong>di</strong>chiarato al Giu<strong>di</strong>ce Falcone il giorno in cui ho iniziato la mia<br />

collaborazione, nel luglio del 1984, è proprio questa. Quello stesso giorno consegnai al Giu<strong>di</strong>ce un<br />

mio appunto, che lui trascrisse sotto forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazione verbale: - Sono stato un <strong>mafioso</strong> e ho<br />

commesso degli errori – si legge nel testo della mia deposizione – per i quali sono pronto a pagare<br />

integralmente il mio debito con la giustizia, senza pretendere sconti né abbuoni <strong>di</strong> qualsiasi tipo.<br />

Invece, nell’interesse della società, dei miei figli e dei giovani, intendo rivelare tutto quanto è a mia<br />

conoscenza su quel cancro che è la mafia, affinché le nuove generazioni possano vivere in modo più<br />

degno e umano -. Sono parole molto impegnative. Parole che ho pronunciato <strong>di</strong>eci anni fa e alle quali<br />

mi vanto <strong>di</strong> aver tenuto fede fino a questo momento. (...) Ho parlato e parlo. Parlo per ragioni che chi<br />

vorrà leggere queste pagine potrà con<strong>di</strong>videre o no, ma confido che in ogni caso capirà. (...) Di cosa<br />

mi sarei pentito? Non l’ho ancora capito. Io ho rinnegato, ho <strong>di</strong>sconosciuto un’istituzione nella quale<br />

ho creduto e che ho servito con lealtà e <strong>di</strong>sinteresse. Non mi sono pentito <strong>di</strong> nulla. Io non ho chiesto<br />

perdono a nessuno. Non ho neppure chiesto un perdono generale alla società per i danni che ho recato<br />

con le mie attività <strong>di</strong> <strong>mafioso</strong>. Forse un giorno lo farò, ma finora non l’ho fatto. E’ una mia scelta. E<br />

allora perché appiopparmi questa etichetta logora e imprecisa? Chi parla <strong>di</strong> Buscetta pentito dovrebbe<br />

specificare quando, dove e davanti a chi sono comparso per chiedere perdono. Non mi sono mai<br />

presentato in un tribunale a <strong>di</strong>re “ Signor Presidente, mi pento <strong>di</strong> tutti i peccati che ho commesso<br />

come membro <strong>di</strong> Cosa Nostra”. Non sono un pentito nel senso morale e religioso della parola. Non<br />

rinnego tutto me stesso e tutto il mio passato. Non sono un pentito: sono solo un uomo stanco e<br />

tormentato che – arrivato a un certo punto della vita, a una certa maturazione della sua esperienza e<br />

della sua capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio – si è reso conto <strong>di</strong> che cosa è <strong>di</strong>ventata la mafia e si è convinto ad<br />

aiutare la giustizia a smantellarla. <strong>La</strong> mia mentalità è cambiata in molti punti, ma la mia personalità è<br />

rimasta la stessa. Non credo <strong>di</strong> avere sbagliato tutto. Penso che molti comportamenti e idee della<br />

Cosa Nostra in cui ho creduto siano ancora vali<strong>di</strong>, vali<strong>di</strong>ssimi. Sono gli altri, i Corleonesi, che li<br />

hanno stravolti e <strong>di</strong>strutti...”.<br />

84 P. ARLACCHI, Ad<strong>di</strong>o Cosa Nostra. I segreti della mafia nella confessione <strong>di</strong> Tommaso Buscetta, Op.<br />

cit. pag. 12, riporta le parole <strong>di</strong> Buscetta che così si esprime: “Ho deciso <strong>di</strong> collaborare anche perché<br />

le mie <strong>di</strong>chiarazioni sarebbero servite alla giustizia dello Stato per aprire le prime brecce nel muro<br />

della segretezza <strong>di</strong> Cosa Nostra, quel muro che protegge gente scellerata che ha assassinato i miei<br />

figli e sterminato i miei amici e parenti infrangendo una delle regole più antiche del genere umano,<br />

valide e rispettate anche nella Cosa Nostra <strong>di</strong> una volta: la regola che le colpe dei padri non devono<br />

ricadere sui figli. Invece <strong>di</strong> rispondere con la vendetta personale e con gli omici<strong>di</strong>, ho reagito così. E<br />

in questo modo credo <strong>di</strong> aver provocato alla mafia danni ancora maggiori”.

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