Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

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29.05.2013 Views

34 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO bancario, i nodi strutturali insomma dell’intreccio tra mafia e istituzioni...” 53 . Il richiamo operato dalla Commissione del 1993 alla legge 646 ha motivo di esistere per almeno due ordini di condivisibili motivi: il primo, è che essa costituisce un salto di qualità senza precedenti nelle scelte di politica criminale contro le mafie in punto di risposta giudiziaria; il secondo, che il suo estensore, l’On. Pio la Torre, era dapprima stato membro della prima Commissione e, successivamente, egli stesso vittima della violenza mafiosa. Nel parlare di legislazione antimafia si è posto l’accento sulla sua natura episodica quanto frammentaria (ad oggi non esiste un Testo Unico della legislazione vigente). Una legislazione nata cioè sulla scia di provvedimenti randomici, non strutturati e, talvolta, più simili a leggi manifesto (sfornite dei presupposti reali per la loro applicazione, obliteranti gli aspetti logistici - risorse, strutture nonché quelli professionali) che a novelle aventi un carattere di continuità logica e normativa. Ancora una volta e per tutti si possono citare le parole di Falcone: “...Ma con quali strumenti affrontiamo oggi la mafia? In un modo tipicamente italiano, attraverso una proliferazione incontrollata di leggi ispirate alla logica dell’emergenza. Ogni volta che esplode la violenza mafiosa con manifestazioni allarmanti o l’ordine pubblico appare minacciato, con precisione cronometrica viene varato un decreto legge tampone volto ad intensificare la repressione, ma non appena la situazione rientra in un’apparente normalità, tutto cade nel dimenticatoio e si torna ad abbassare la guardia. Le leggi non servono se non sono sorrette da una forte volontà politica, se non sono in grado di funzionare per carenza di strutture adeguate e soprattutto se le strutture non sono dotate di uomini professionalmente qualificati...” 54 . Gli effetti della scelta politica di affrontare in chiave quasi esclusivamente emergenziale il contrasto alle manifestazioni criminali mafiose sono stati sufficientemente esplicitati nella precedente esposizione e, da ultimo, conclusivamente confermati dalle parole di Falcone che li aveva denunciati senza parafrasi. Nondimeno, ha 53 Relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia della XI Legislatura (presidenza Violante), par. 4. 54 G. FALCONE, Op. cit. pag. 154.

FONDAMENTI PER UNA VISIONE GEOPOLITICA DEL FENOMENO MAFIE IN ITALIA 35 costituito un freno allo sviluppo di politiche di repressione normativa strutturata l’adagiarsi su una logica di coabitazione 55 . Secondo Violante la coabitazione è stato un criterio largamente dominante ma non esclusivo nei rapporti tra Stato e mafia. Lo Stato la interruppe dopo la strage del 1962, dopo l’omicidio del Procuratore Capo Scaglione nel ‘77 e dopo l’assassinio del Generale Dalla Chiesa nell’82. In tutti e tre i casi le risposte furono eccellenti ma si arenarono dopo pochi anni 56 . Ancora più di recente, e forse in via definitiva, si è segnata la rottura della perversa regola della coabitazione, specialmente dopo gli omicidi Falcone e Borsellino e l’avvio della stagione delle stragi. Dalla legge Rognoni - La Torre in avanti pochi sono stati i provvedimenti emessi nel senso del contrasto e della prevenzione del fenomeno; tra questi l’unico che appare rilevante (ad eccezione di quelli relativi alle limitazioni dell’uso del contante e dei depositi bancari) risale al 2001, data in cui, con la legge n°45, è stato rivisto (tra mille critiche) un istituto fondamentale (la gestione dei collaboranti) per la comprensione di ciò che oggi è diventata la mafia. L’esperienza insegna in questo campo: il fatto che da qualche anno non vi siano omicidi eccellenti o visibili manifestazioni di tracotanza mafiosa né in Sicilia né in altre regioni non significa di certo che il 55 Nei decenni passati è stato commesso il grave errore di ritenere possibile una coabitazione di settori dello Stato con la vecchia mafia, considerata buona per definizione. La coesistenza con le istituzioni è stata devastante per la credibilità delle istituzioni non certo per la mafia perché ha permesso e consentito rapporti e frequentazioni dei mafiosi con uomini politici e uomini delle istituzioni che hanno irrobustito la forza dei criminali mafiosi, il loro potere e il loro prestigio che sono stati usati per vendere morte trafficando droga e armi, per penetrare nell’economia, per occupare posizioni di potere. Durante il periodo della coesistenza si sono verificati numerosi delitti eccellenti; alcuni di questi sono stati decisi e anzi sono stati ritenuti necessari perché i capimafia non potevano tollerare che uomini politici o rappresentanti delle istituzioni facessero il loro dovere senza piegarsi a questo patto non scritto. La coesistenza, oltre che immorale, è stato un danno molto serio per la democrazia italiana. La storia, recente e antica, ha dimostrato che Cosa nostra non si batte con la coesistenza o con la trattativa tra lo Stato e il potere mafioso. Tra Riina che ordinava le stragi per poter trattare da una posizione di forza con lo Stato e Provenzano che chiude con le stragi nella speranza di trattare da una posizione di forza con lo Stato c’è una differenza apparentemente sostanziale che, però, a ben vedere, si distingue solo per i metodi adottati, l’uno più violento dell’altro; in realtà tale differenza non deve oscurare l’obiettivo di fondo che è comune a entrambi perché entrambi intendono assicurarsi la sopravvivenza della mafia e la continuità del suo potere e la salvaguardia delle sue ricchezze. da: Relazione conclusiva dell’attività della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari nella XXIII legislatura doc. XXIII n. 57, pag. 46, 47. 56 VIOLANTE citato pag. 53.

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LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO<br />

E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO<br />

bancario, i no<strong>di</strong> strutturali insomma dell’intreccio tra mafia e<br />

istituzioni...” 53 .<br />

Il richiamo operato dalla Commissione del 1993 alla legge 646 ha<br />

motivo <strong>di</strong> esistere per almeno due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visibili motivi: il<br />

primo, è che essa costituisce un salto <strong>di</strong> qualità senza precedenti nelle<br />

scelte <strong>di</strong> politica criminale contro le mafie in punto <strong>di</strong> risposta<br />

giu<strong>di</strong>ziaria; il secondo, che il suo estensore, l’On. Pio la Torre, era<br />

dapprima stato membro della prima Commissione e, successivamente,<br />

egli stesso vittima della violenza mafiosa. Nel parlare <strong>di</strong> legislazione<br />

antimafia si è posto l’accento sulla sua natura episo<strong>di</strong>ca quanto<br />

frammentaria (ad oggi non esiste un Testo Unico della legislazione<br />

vigente). Una legislazione nata cioè sulla scia <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti<br />

randomici, non strutturati e, talvolta, più simili a leggi manifesto<br />

(sfornite dei presupposti reali per la loro applicazione, obliteranti gli<br />

aspetti logistici - risorse, strutture nonché quelli professionali) che a<br />

novelle aventi un carattere <strong>di</strong> continuità logica e normativa.<br />

Ancora una volta e per tutti si possono citare le parole <strong>di</strong> Falcone:<br />

“...Ma con quali strumenti affrontiamo oggi la mafia? In un modo<br />

tipicamente italiano, attraverso una proliferazione incontrollata <strong>di</strong><br />

leggi ispirate alla logica dell’emergenza. Ogni volta che esplode la<br />

violenza mafiosa con manifestazioni allarmanti o l’or<strong>di</strong>ne pubblico<br />

appare minacciato, con precisione cronometrica viene varato un<br />

decreto legge tampone volto ad intensificare la repressione, ma non<br />

appena la situazione rientra in un’apparente normalità, tutto cade nel<br />

<strong>di</strong>menticatoio e si torna ad abbassare la guar<strong>di</strong>a. Le leggi non<br />

servono se non sono sorrette da una forte volontà politica, se non<br />

sono in grado <strong>di</strong> funzionare per carenza <strong>di</strong> strutture adeguate e<br />

soprattutto se le strutture non sono dotate <strong>di</strong> uomini<br />

professionalmente qualificati...” 54 .<br />

Gli effetti della scelta politica <strong>di</strong> affrontare in chiave quasi<br />

esclusivamente emergenziale il contrasto alle manifestazioni criminali<br />

mafiose sono stati sufficientemente esplicitati nella precedente<br />

esposizione e, da ultimo, conclusivamente confermati dalle parole <strong>di</strong><br />

Falcone che li aveva denunciati senza parafrasi. Non<strong>di</strong>meno, ha<br />

53 Relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia della XI Legislatura (presidenza<br />

Violante), par. 4.<br />

54 G. FALCONE, Op. cit. pag. 154.

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