Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ... Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

movimentointernazionalegiustizia.it
from movimentointernazionalegiustizia.it More from this publisher
29.05.2013 Views

32 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO rappresentate in Parlamento, (...) sono arrivate ad alcune acquisizioni certe, che tali prima non erano 50 . La “prima scoperta” della Commissione fu quella di stabilire l’esistenza della mafia. Tale affermazione può far trasalire, essere giudicata quantomeno poco felice, suscitare uno sdegnoso senso di repulsione nei confronti di chi la sostiene. Tuttavia, il fatto che essa non sia affermazione apodittica e disancorata dalla realtà fattuale, lo si ricava dalla lettura dalle audizioni avvenute in sede di Commissione e riportate negli atti parlamentari. La mafia esiste, eccome! Prima del 1976, invece, dire che esistesse la mafia ovvio non era. Non lo era in parti della Sicilia ove più densa aleggiava la cultura mafiosa, non lo era nemmeno fuori della Sicilia ove la cultura mafiosa sembrava non aver messo radici. Persino nella stessa Commissione parlamentare, Prefetti, Questori, uomini politici, sacerdoti, studiosi non avevano imbarazzo a sostenere che la mafia era una favola, tesa a screditare la Sicilia o a porre in cattiva luce il governo 51 . Per dovere di cronaca basterà in questa sede ricordare due episodi giudicati significativi ai fini della conferma di quanto sostenuto dalla Commissione e per dimostrare, ancora una volta, come il problema mafioso sia stato sottovalutato: il primo riguarda il cosiddetto caso Notarbartolo 52 che esemplifica la tensione tra antimafia e difesa “sicilianista” di uno status quo che (tacitamente) comprende anche la mafia; il secondo, un passo di un discorso tenuto negli anni Sessanta dal Cardinale Ruffini, all’epoca Arcivescovo di Palermo: “...la mafia esiste soltanto nella mente di coloro che augurano il male della Sicilia...”. In tale contesto appare importante aggiungere che i fatti successivi e quelli più recenti dimostrano l’infondatezza della teoria “sicilianista” e il fatto, altrettanto incontrovertibile, dell’esistenza di altri modi non 50 RENDA, Per una storia dell’antimafia, in “La Mafia Le Mafie”, Op. cit. pag. 69. 51 RENDA, Op, cit, pag 70. 52 PETER e JON SCHNEIDER, Mafia, antimafia e la questione della cultura, Laterza, Bari, pag 299. Emanuele Notarbartolo, Direttore generale del Banco di Sicilia dopo l’unificazione italiana fu assassinato nel 1893 per aver cercato di districare certe pratiche di credito poco pulite al centro delle quali si trovava tale Raffaele Palizzolo, influente membro del C.A. del Banco e politico con numerosi agganci mafiosi. Palizzolo fu accusato dell’assassinio di Notarbartolo e condannato dalla Corte di Bologna, ma assolto in un successivo grado di giudizio a Firenze. Un comitato chiamato “pro-Sicilia” raccolse i fondi per la sua difesa legale, sostenendo che, provando le collusioni mafiose, Notarbartolo aveva infangato la reputazione della Sicilia.

FONDAMENTI PER UNA VISIONE GEOPOLITICA DEL FENOMENO MAFIE IN ITALIA 33 mafiosi di essere siciliani. Di rilievo, anche per il livello da cui proviene è l’interpretazione complessiva della sottovalutazione giudiziaria del fenomeno mafioso operata dalla Commissione parlamentare del 1971 (presidenza Cattanei), che scrive: “...Le sentenze nei confronti dei mafiosi sono assolutorie, nel migliore dei casi, per insufficienza di prove; i rapporti di polizia sono inadeguati e talvolta contraddittori; le concessioni amministrative a loro favore sono a dir poco stupefacenti; il credito bancario é loro concesso con larghezza; hanno libero accesso agli uffici delle Stato e degli enti locali; possono assicurare il successo, direttamente o indirettamente, ai candidati nelle elezioni politiche o amministrative. Per anni, magistratura, polizia, organi dello Stato e forze politiche hanno troppo spesso mostrato di ignorare l’esistenza della mafia. Questo spiega, ad esempio, perché dai killers non si sia cercato quasi mai di risalire ai mandanti dei crimini.(...) Quando si pensa alla facilità con cui la Questura di Palermo rilascia passaporti e licenze di porto d’arma c’e da allibire...”. La “seconda scoperta” operata dalla medesima Commissione fu che, così come inquadrato nelle norme vigenti al tempo della stesura del rapporto, non esisteva della mafia una definizione penalmente rilevante. In altre parole, per il sistema punitivo, la mafia non costituiva alcuna ipotesi di illiceità in quanto non integrante la violazione di alcuna specifica fattispecie inserita nel codice penale e, come tale, non poteva essere perseguita come associazione. Dall’esplorazione degli aspetti sopra indicati la Commissione fissò conseguentemente delle linee guida per il riconoscimento della specificità mafiosa tra cui spiccano, sia per il periodo, sia per il contesto, l’effettività di un collegamento binario tra mafia e politica, mafia e istituzioni. In via confermativa del precedente lavoro parlamentare risulta poi l’analoga conclusione a cui perverrà nel 1993 la Commissione parlamentare antimafia della XI Legislatura (presidenza Violante) che nella sua relazione conclusiva, riferendosi alla legge Rognoni - La Torre (approvata nel 1982) mette in rilievo come:”... per la prima volta non si tratta solo di norme penali, ma di misure che riguardano l’amministrazione dello Stato, degli enti locali, la disciplina degli appalti e dei sub-appalti, il sistema finanziario e

32<br />

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO<br />

E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO<br />

rappresentate in Parlamento, (...) sono arrivate ad alcune acquisizioni<br />

certe, che tali prima non erano 50 .<br />

<strong>La</strong> “prima scoperta” della Commissione fu quella <strong>di</strong> stabilire<br />

l’esistenza della mafia. Tale affermazione può far trasalire, essere<br />

giu<strong>di</strong>cata quantomeno poco felice, suscitare uno sdegnoso senso <strong>di</strong><br />

repulsione nei confronti <strong>di</strong> chi la sostiene. Tuttavia, il fatto che essa<br />

non sia affermazione apo<strong>di</strong>ttica e <strong>di</strong>sancorata dalla realtà fattuale, lo si<br />

ricava dalla lettura dalle au<strong>di</strong>zioni avvenute in sede <strong>di</strong> Commissione e<br />

riportate negli atti parlamentari.<br />

<strong>La</strong> mafia esiste, eccome! Prima del 1976, invece, <strong>di</strong>re che esistesse<br />

la mafia ovvio non era. Non lo era in parti della Sicilia ove più densa<br />

aleggiava la cultura mafiosa, non lo era nemmeno fuori della Sicilia<br />

ove la cultura mafiosa sembrava non aver messo ra<strong>di</strong>ci. Persino nella<br />

stessa Commissione parlamentare, Prefetti, Questori, uomini politici,<br />

sacerdoti, stu<strong>di</strong>osi non avevano imbarazzo a sostenere che la mafia era<br />

una favola, tesa a scre<strong>di</strong>tare la Sicilia o a porre in cattiva luce il<br />

governo 51 . Per dovere <strong>di</strong> cronaca basterà in questa sede ricordare due<br />

episo<strong>di</strong> giu<strong>di</strong>cati significativi ai fini della conferma <strong>di</strong> quanto<br />

sostenuto dalla Commissione e per <strong>di</strong>mostrare, ancora una volta, come<br />

il problema <strong>mafioso</strong> sia stato sottovalutato: il primo riguarda il<br />

cosiddetto caso Notarbartolo 52 che esemplifica la tensione tra<br />

antimafia e <strong>di</strong>fesa “sicilianista” <strong>di</strong> uno status quo che (tacitamente)<br />

comprende anche la mafia; il secondo, un passo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso tenuto<br />

negli anni Sessanta dal Car<strong>di</strong>nale Ruffini, all’epoca Arcivescovo <strong>di</strong><br />

Palermo: “...la mafia esiste soltanto nella mente <strong>di</strong> coloro che<br />

augurano il male della Sicilia...”.<br />

In tale contesto appare importante aggiungere che i fatti successivi<br />

e quelli più recenti <strong>di</strong>mostrano l’infondatezza della teoria “sicilianista”<br />

e il fatto, altrettanto incontrovertibile, dell’esistenza <strong>di</strong> altri mo<strong>di</strong> non<br />

50<br />

RENDA, Per una storia dell’antimafia, in “<strong>La</strong> Mafia Le Mafie”, Op. cit. pag. 69.<br />

51<br />

RENDA, Op, cit, pag 70.<br />

52<br />

PETER e JON SCHNEIDER, Mafia, antimafia e la questione della cultura, <strong>La</strong>terza, Bari, pag 299.<br />

Emanuele Notarbartolo, Direttore generale del Banco <strong>di</strong> Sicilia dopo l’unificazione italiana fu<br />

assassinato nel 1893 per aver cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricare certe pratiche <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to poco pulite al centro delle<br />

quali si trovava tale Raffaele Palizzolo, influente membro del C.A. del Banco e politico con numerosi<br />

agganci mafiosi. Palizzolo fu accusato dell’assassinio <strong>di</strong> Notarbartolo e condannato dalla Corte <strong>di</strong><br />

Bologna, ma assolto in un successivo grado <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio a Firenze. Un comitato chiamato “pro-Sicilia”<br />

raccolse i fon<strong>di</strong> per la sua <strong>di</strong>fesa legale, sostenendo che, provando le collusioni mafiose, Notarbartolo<br />

aveva infangato la reputazione della Sicilia.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!