Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...

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28 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO il requisito della normazione. La mafia produce norme e regole che tutti i “cittadini” conoscono e alle quali devono soggiacere. In via parallela esiste anche una normazione sulla normazione, ossia, come parzialmente visto, la definizione delle regole attraverso le quali l’inosservanza dei precetti viene sanzionata. Esiste in altre parole una gradazione (processualmente dimostrata) delle sanzioni infliggibili ed esistono livelli decisionali per l’assunzione dei provvedimenti 42 . L’ultimo elemento da considerare è quello della organizzazione. Non c’é dubbio sulla esistenza, a fattor comune, di un minimo di organizzazione sia essa spiccatamente verticistica (Cosa Nostra) o più frammentata (altre famiglie o clan). Con quanto precede si ritiene di aver soddisfatto i parametri minimali posti quale limite negativo dell’identificazione della struttura mafiosa quale ordinamento giuridico e dimostrato l’attualità della tesi romaniana. Al termine dell’excursus nel corpo del vivace dibattito dottrinario che ha monopolizzato uno degli aspetti più controversi degli studi sulla “mafiosità” vi è da chiedersi, conclusivamente, se una tale classificazione trovi - e se sì in che misura - riscontri in sede applicativa: ovvero se il dimostrato duplice paradigma Stato mafioso e mafia ordinamento giuridico abbia poi avuto un seguito di natura pratica in sede giudiziaria. La risposta al quesito non può che essere positiva 43 e questo per la duplice concorrenza dei seguenti elementi: il primo, risiede nel fatto che l’impiego della risultante dell’equazione mafia uguale ordinamento giuridico determina la presa di coscienza che ci si trova di fronte ad un fenomeno di straordinaria pericolosità, in grado di minare alle fondamenta le regole di vita dello Stato democratico. Da qui anche l’enfasi posta sul carattere politico - eversivo della mafia più volte posto in luce dalla giurisprudenza, incline a considerare il potenziale stragista come attacco alla sicurezza dello Stato 44 ; 42 Dalla “posatura” per mancanze lievi alla pena capitale il codice mafioso prevede una regola di competenza territoriale non dissimile da quella in uso nell’ordinamento penale. Esiste cioè il giudice naturale ed esistono i gradi di giudizio. 43 Cfr., C.A. Caltanissetta, 24 luglio 1994. 44 Il dato interpretativo sopra esposto trova diretta conferma nella rinnovata percezione della pericolosità dei sodalizi criminali a seguito dei fatti degli anni 1992 – 1994, anni nei quali perdere per le mafie valore la strategia fondata su collusioni, infiltrazioni ed intimidazioni, che lascia il posto a quella incentrata sulla sfida aperta, con lo scopo di arrestare la politica e l’azione anti-mafia. Su tale

FONDAMENTI PER UNA VISIONE GEOPOLITICA DEL FENOMENO MAFIE IN ITALIA 29 il secondo, è che l’adozione di tale metodo interpretativo ha consentito di superare, dandole per scontate, barriere probatorie altrimenti insormontabili. Considerare le mafie un ordinamento giuridico (ancorché improprio) costituito cioè da organi in grado di deliberare le scelte punitive ha, ad esempio, consentito di ricondurre ai vertici delle stesse - quantomeno a titolo di concorso - la responsabilità delle determinazioni omicide eccellenti 45 . 4. LOTTA ALLA CRIMINALITÀ MAFIOSA E LEGISLAZIONE D’EMERGENZA “...Cosa Nostra ha potuto agire indisturbata insinuandosi nei gangli vitali dello Stato perché la democrazia italiana si è rivelata base, fra il 1992 ed il 1994, la nuova strategia adottata dai vertici della criminalità organizzata siciliana condusse: - a una serie di attentati di tipo terroristico-stragista (23 maggio 1992, strage di Capaci e omicidio del giudice Giovanni Falcone; 19 luglio 1992, strage di via D’Amelio e omicidio del giudice Paolo Borsellino; 14 maggio 1993, attentato dinamitardo in via Ruggero Fauro a Roma; 27 maggio 1993 strage di via dei Georgofili a Firenze; 27 luglio 1993, strage di via Palestro a Milano; 28 luglio 1993, attentati a Roma contro la Basilica di San Giovanni in Laterano e contro la Chiesa di San Giorgio al Velabro); - a omicidi eccellenti coinvolgenti prevalentemente i tradizionali intermediari con il mondo politico (12 marzo 1992, omicidio di Salvo Lima; 17 settembre 1992, omicidio di Ignazio Salvo); - a omicidi ed atti di violenza anche efferata volti ad arrestare la collaborazione dei pentiti (come il sequestro e l’omicidio del figlio del pentito Santino Di Matteo), a colpire personaggi della società civile riconosciuti quali simboli della lotta alla mafia (come l’omicidio di Don Pino Pugliesi) ed a intimidire le forze dell’ordine, la magistratura e l’amministrazione dello Stato da: Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, primo semestre 1992 – pagg.1-7. Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, secondo semestre 1992 – pagg. 3-8. Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, primo semestre 1993 – pagg. 1-3, 6-12. Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, secondo semestre 1993 – pagg. 1-3, 6-10. Presidenza del Consiglio dei Ministri – Relazione sulla politica informativa e della sicurezza, primo semestre 1994 – pagg. 2, 7-13. 45 A titolo confermativo, fra le altre, si veda anche Cassazione Penale, sezione I penale, sentenza 28 novembre 1995; Pres La Cava, Est. Gemelli, P.M. (concl. diff.); ric. P.M. in c. Greco ed altri. Conferma Tribumale Palermo, ord. 13 maggio 1995. (Concorso di persone nel reato – Associazione di tipo mafioso – Reati fine – Responsabilità dei capi di “Cosa nostra” per omicidi commessi da altri associati – Configurabilità – Presupposti (Co9d. Pen. Art. 110, 416 bis) che afferma “... La partecipazione all’associazione di tipo mafioso, in posizione gerarchicamente preminente nell’ambito di una struttura verticistica (nella specie, la “Commissione” di “Cosa nostra”), è sufficiente, di per sé sola, a fondare la responsabilità, a titolo di concorso morale, per gli omicidi “eccellenti”, commessi da altri associati e rientranti nell’interesse strategico dell’organizzazione criminosa.

28<br />

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO<br />

E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO<br />

il requisito della normazione. <strong>La</strong> mafia produce norme e regole che<br />

tutti i “citta<strong>di</strong>ni” conoscono e alle quali devono soggiacere. In via<br />

parallela esiste anche una normazione sulla normazione, ossia, come<br />

parzialmente visto, la definizione delle regole attraverso le quali<br />

l’inosservanza dei precetti viene sanzionata.<br />

Esiste in altre parole una gradazione (processualmente <strong>di</strong>mostrata)<br />

delle sanzioni infliggibili ed esistono livelli decisionali per<br />

l’assunzione dei provve<strong>di</strong>menti 42 . L’ultimo elemento da considerare è<br />

quello della organizzazione. Non c’é dubbio sulla esistenza, a fattor<br />

comune, <strong>di</strong> un minimo <strong>di</strong> organizzazione sia essa spiccatamente<br />

verticistica (Cosa Nostra) o più frammentata (altre famiglie o clan).<br />

Con quanto precede si ritiene <strong>di</strong> aver sod<strong>di</strong>sfatto i parametri<br />

minimali posti quale limite negativo dell’identificazione della struttura<br />

mafiosa quale or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co e <strong>di</strong>mostrato l’attualità della tesi<br />

romaniana. Al termine dell’excursus nel corpo del vivace <strong>di</strong>battito<br />

dottrinario che ha monopolizzato uno degli aspetti più controversi<br />

degli stu<strong>di</strong> sulla “mafiosità” vi è da chiedersi, conclusivamente, se una<br />

tale classificazione trovi - e se sì in che misura - riscontri in sede<br />

applicativa: ovvero se il <strong>di</strong>mostrato duplice para<strong>di</strong>gma Stato <strong>mafioso</strong> e<br />

mafia or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co abbia poi avuto un seguito <strong>di</strong> natura<br />

pratica in sede giu<strong>di</strong>ziaria. <strong>La</strong> risposta al quesito non può che essere<br />

positiva 43 e questo per la duplice concorrenza dei seguenti elementi:<br />

il primo, risiede nel fatto che l’impiego della risultante<br />

dell’equazione mafia uguale or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co determina<br />

la presa <strong>di</strong> coscienza che ci si trova <strong>di</strong> fronte ad un fenomeno <strong>di</strong><br />

straor<strong>di</strong>naria pericolosità, in grado <strong>di</strong> minare alle fondamenta le<br />

regole <strong>di</strong> vita dello Stato democratico. Da qui anche l’enfasi<br />

posta sul carattere politico - eversivo della mafia più volte<br />

posto in luce dalla giurisprudenza, incline a considerare il<br />

potenziale stragista come attacco alla sicurezza dello Stato 44 ;<br />

42 Dalla “posatura” per mancanze lievi alla pena capitale il co<strong>di</strong>ce <strong>mafioso</strong> prevede una regola <strong>di</strong><br />

competenza territoriale non <strong>di</strong>ssimile da quella in uso nell’or<strong>di</strong>namento penale. Esiste cioè il giu<strong>di</strong>ce<br />

naturale ed esistono i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio.<br />

43 Cfr., C.A. Caltanissetta, 24 luglio 1994.<br />

44 Il dato interpretativo sopra esposto trova <strong>di</strong>retta conferma nella rinnovata percezione della<br />

pericolosità dei sodalizi criminali a seguito dei fatti degli anni 1992 – 1994, anni nei quali perdere per<br />

le mafie valore la strategia fondata su collusioni, infiltrazioni ed intimidazioni, che lascia il posto a<br />

quella incentrata sulla sfida aperta, con lo scopo <strong>di</strong> arrestare la politica e l’azione anti-mafia. Su tale

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