Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...
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294 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO famiglia: seguendo una rigorosa applicazione del principio della territorialità, ogni famiglia imponeva varie forme di taglieggiamento agli imprenditori, con contestuale riscossione di tangenti ed imposizione di subappalti e guardianie, secondo una logica arcaica di brutale sfruttamento parassitario. L’esistenza di talune imprese facenti capo a personaggi mafiosi era un fenomeno marginale e comunque tale da non mutare l’equilibrio e l’assetto interno del mondo imprenditoriale. L’avvento dei corleonesi dà corpo ad un potente processo di verticalizzazione e concentrazione del potere in Cosa Nostra, mutando in modo radicale anche l’approccio relazionale della struttura criminale con gli ambienti imprenditoriali e politico-istituzionali. Inizia, infatti, a concretizzarsi una nuova metodica di gestione illecita degli appalti, sin dalla fase del finanziamento, attraverso l’inserimento progressivo di uomini d’onore nelle strutture di vertice delle stazioni appaltanti e tramite la conquista di spazi di manovra, sino ad allora occupati solamente da comitati di affari politico-imprenditoriali: l’inquinamento degli appalti diviene obiettivo di un duopolio, Cosa Nostra e Comitati, i rapporti di forza dei quali si atteggiano in modo mutevole, dalla semplice coesistenza all’alleanza contingente, spesso condividendo i medesimi referenti politici e amministrativi. Il salto qualitativo, dal mero parassitismo al controllo diretto degli appalti, fu reso possibile da taluni personaggi, collegati organicamente a Cosa Nostra, ma, al tempo stesso, dotati di significative conoscenze tecnico/economiche e di sperimentate relazioni con il mondo imprenditoriale, politico e burocratico, onde gestire al meglio i sofisticati meccanismi di pilotaggio delle gare di appalto. Il sistema permetteva più elevati guadagni e la più sostenibile elargizione di tangenti a Cosa Nostra, che, comunque, si riservava la facoltà di favorire le imprese più vicine. Forte della capacità di intimidazione dell’organizzazione mafiosa e della sua ramificata pervasività nella società siciliana, il “metodo Siino” si espanse dal settore degli appalti banditi dalla provincia di Palermo, a tutto il territorio siciliano, divenendo, nella seconda metà degli anni Ottanta, un sistema globale di controllo degli appalti pubblici dell’isola. Il sistema non prevede quasi mai l’intervento diretto di Cosa Nostra, in quanto è l’imprenditore colluso stesso a gestire gli accordi con le aziende di appoggio: solo in sporadici casi si verifica il ricorso alla
CONCLUSIONI 295 violenza per imporre il rispetto delle regole di fondo del metodo nei confronti di concorrenti recalcitranti. Le imprese aggiudicatarie versano la tangente al referente di Cosa Nostra, che poi provvede a distribuire le quote spettanti ai politici, agli amministratori pubblici, alla famiglia competente per territorio e alla Commissione. Non esiste conflitto tra questa forma di condizionamento degli appalti e la parallela esistenza di forme di inquinamento del mercato, poste in essere autonomamente dagli imprenditori tramite rapporti collusivi, che sono espressione di comitati politico-imprenditoriali: in ogni caso, in sede di esecuzione dei lavori, dovrà essere pagata la tangente a Cosa Nostra, anche sotto forma di cointeressamento di imprese mafiose nell’opera o nella fornitura di materiali. È evidente che la trasformazione di Cosa Nostra, avvenuta negli anni Novanta, a seguito dei processi di disarticolazione giudiziaria, cui è andata soggetta a seguito della “stagione stragista” imposta dalla dirigenza corleonese, ha avuto pesanti influssi nel ripensamento delle modalità operative della compagine criminale, suggerendo la necessità di un radicale cambio di strategia, con l’abbandono del ricorso tematico allo scontro terroristico con lo Stato e la necessità di riconfigurare la struttura organizzativa per renderla più compartimentata, meno visibile e più snella. Il qualificato contributo offerto dalle fonti audite dalla Commissione portano, infatti, a ritenere che l’attuale network mafioso, fortemente caratterizzato dalla figura baricentrica di Bernardo Provenzano, individui negli appalti la sostanziale area di primaria applicazione delle proprie attività criminose, probabilmente con minore verticalità, ma, sicuramente, con maggiore impegno pervasivo: in questa visione, peraltro corroborata dagli elementi emergenti dall’ attività investigativa, il “tavolino” di Siino non si pone come fatto superato, ma come metodo che continua a guidare le scelte di fondo di Cosa Nostra e delle imprese ad essa spontaneamente od obbligatoriamente collegate. In questa nuova dimensione di mimetizzazione della struttura, il passaggio dal mafioso imprenditore all’imprenditore mafioso, passaggio inaugurato dall’”era Siino”, diviene cogente ed anche assai più coerente con l’attuale assetto organizzativo, che sembra prediligere un più limitato network di uomini d’onore, che si pongono come nodo relazionale di referenza
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violenza per imporre il rispetto delle regole <strong>di</strong> fondo del metodo nei<br />
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Le imprese aggiu<strong>di</strong>catarie versano la tangente al referente <strong>di</strong> Cosa<br />
Nostra, che poi provvede a <strong>di</strong>stribuire le quote spettanti ai politici, agli<br />
amministratori pubblici, alla famiglia competente per territorio e alla<br />
Commissione. Non esiste conflitto tra questa forma <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>zionamento degli appalti e la parallela esistenza <strong>di</strong> forme <strong>di</strong><br />
inquinamento del mercato, poste in essere autonomamente dagli<br />
impren<strong>di</strong>tori tramite rapporti collusivi, che sono espressione <strong>di</strong><br />
comitati politico-impren<strong>di</strong>toriali: in ogni caso, in sede <strong>di</strong> esecuzione<br />
dei lavori, dovrà essere pagata la tangente a Cosa Nostra, anche sotto<br />
forma <strong>di</strong> cointeressamento <strong>di</strong> imprese mafiose nell’opera o nella<br />
fornitura <strong>di</strong> materiali. È evidente che la trasformazione <strong>di</strong> Cosa<br />
Nostra, avvenuta negli anni Novanta, a seguito dei processi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sarticolazione giu<strong>di</strong>ziaria, cui è andata soggetta a seguito della<br />
“stagione stragista” imposta dalla <strong>di</strong>rigenza corleonese, ha avuto<br />
pesanti influssi nel ripensamento delle modalità operative della<br />
compagine criminale, suggerendo la necessità <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale cambio <strong>di</strong><br />
strategia, con l’abbandono del ricorso tematico allo scontro<br />
terroristico con lo Stato e la necessità <strong>di</strong> riconfigurare la struttura<br />
organizzativa per renderla più compartimentata, meno visibile e più<br />
snella.<br />
Il qualificato contributo offerto dalle fonti au<strong>di</strong>te dalla<br />
Commissione portano, infatti, a ritenere che l’attuale network<br />
<strong>mafioso</strong>, fortemente caratterizzato dalla figura baricentrica <strong>di</strong><br />
Bernardo Provenzano, in<strong>di</strong>vidui negli appalti la sostanziale area <strong>di</strong><br />
primaria applicazione delle proprie attività criminose, probabilmente<br />
con minore verticalità, ma, sicuramente, con maggiore impegno<br />
pervasivo: in questa visione, peraltro corroborata dagli elementi<br />
emergenti dall’ attività investigativa, il “tavolino” <strong>di</strong> Siino non si pone<br />
come fatto superato, ma come metodo che continua a guidare le scelte<br />
<strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> Cosa Nostra e delle imprese ad essa spontaneamente od<br />
obbligatoriamente collegate. In questa nuova <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong><br />
mimetizzazione della struttura, il passaggio dal <strong>mafioso</strong> impren<strong>di</strong>tore<br />
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uomini d’onore, che si pongono come nodo relazionale <strong>di</strong> referenza