Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...
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246 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO appartenere ad associazione di tipo mafioso, sicché, mancando nei suoi confronti la misura di prevenzione personale, non lo si può gravare di quella patrimoniale in proprio 277 . Nel procedimento di prevenzione, per giurisprudenza consolidata, trova applicazione il principio del giudicato, ossia del divieto di un secondo giudizio nei confronti della medesima persona per gli stessi fatti ovvero in relazione agli stessi beni. Nondimeno il “giudicato”, in questo settore, altrettanto pacificamente, si presenta subordinato alla clausola “rebus sic stantibus”, ossia condizionato, quindi, alla possibilità di un nuovo giudizio all’emergere di “fatti nuovi o successivamente emersi, ancorchè preesistenti” 278 . In proposito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6521 del 28 gennaio 1998, ha precisato che “non costituisce violazione del principio “ne bis in idem” la rilevanza data a una sentenza di condanna emessa nei confronti del proposto che già abbia costituito il presupposto di una misura di prevenzione precedentemente inflitta, quando la sentenza stessa sia menzionata solo come antecedente storico, rilevante, al pari della misura già emessa, ai fini della valutazione della personalità del soggetto in coordinazione con altri dati indiziari. Invero, nel procedimento di prevenzione la preclusione derivante dal giudicato opera sempre rebus sic stantibus e non impedisce la rivalutazione della pericolosità qualificata, ove sopravvengano nuovi elementi indiziari, non precedentemente noti, che comportino una valutazione di maggior gravità della pericolosità stessa e un giudizio di inadeguatezza delle misure in precedenza adottate”. Particolare rilevanza assume poi, sul piano procedimentale, l’art. 23-bis della L. 646/82 (introdotto dall’art. 9 della L. 55/90), che regola i rapporti fra il procedimento penale ed il procedimento di misure di prevenzione. Il comma 1 recita che “quando si procede nei confronti di persone imputate del delitto di cui all’art. 416-bis (Associazione di tipo mafioso) del codice penale o del delitto di cui all’art. 75 (Associazione per delinquere) della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina sugli stupefacenti e sostanze psicotrope, materia ora regolata, come già detto, dal D.P.R. 309/90), il Pubblico Ministero ne dà, senza ritardo, 277 Corte di Cassazione, Sentenza 5.8.1993, nr. 2186. 278 Corte di Cassazione, Sezione 1, Sentenza del 25 ottobre 1993, nr. 4436.
CONTRASTO ALL’ACCUMULAZIONE ILLECITA DI PATRIMONI DI ORIGINE MAFIOSA 247 comunicazione al Procuratore della Repubblica territorialmente competente per istruire, qualora non sia già in corso, il procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575”. Il comma 2 riguarda la successiva trasmissione, da parte del Giudice penale, a quello che procede per l’applicazione della misura di prevenzione, degli atti rilevanti ai fini del procedimento. Infine, nel comma 3 si evidenzia che, quando per il delitto di cui al comma 1 sia iniziato o penda procedimento penale, il Giudice procedente per l’applicazione della misura di prevenzione, qualora la cognizione del reato influisca sulla decisione del procedimento di prevenzione, sospende il procedimento dopo aver disposto il sequestro e gli altri provvedimenti cautelari previsti dalla legge 575/65, se ne ricorrono i presupposti. La sospensione è in atto fino alla definizione del procedimento penale. Relativamente al merito, la Corte di Cassazione ha poi chiarito, nella sentenza del 12 gennaio 1988, n. 5047, che “tra il procedimento per il reato di associazione di tipo mafioso e quello per l’applicazione delle misure di prevenzione non è configurabile un rapporto per il quale la decisione del primo debba condizionare la decisione del secondo” e che “le misure di prevenzione sono applicabili anche a coloro che vengono assolti dal delitto di associazione di tipo mafioso, specie se si tratta di assoluzione per insufficienza di prova”. L’art. 3-quater della citata 575/65, (da ultimo modificato dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 - Disposizioni in materia di usura) costituisce, probabilmente, una delle novità legislative di maggior rilievo degli ultimi anni. In esso, al primo comma, è previsto che il Procuratore della Repubblica o il Questore possano richiedere al Tribunale - Sez. Misure di Prevenzione - di disporre, a cura della Guardia di Finanza o della Polizia Giudiziaria, ulteriori accertamenti patrimoniali su soggetti titolari di attività economiche in ordine alle quali sussistono sufficienti indizi per i quali l’esercizio di esse: sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni d’intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416 bis C.P.; possa comunque agevolare l’attività di persone: − nei cui confronti è stata proposta o applicata una misura di prevenzione per appartenenza ad organizzazione mafiosa;
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LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO<br />
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appartenere ad associazione <strong>di</strong> tipo <strong>mafioso</strong>, sicché, mancando nei<br />
suoi confronti la misura <strong>di</strong> prevenzione personale, non lo si può<br />
gravare <strong>di</strong> quella patrimoniale in proprio 277 . Nel proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
prevenzione, per giurisprudenza consolidata, trova applicazione il<br />
principio del giu<strong>di</strong>cato, ossia del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> un secondo giu<strong>di</strong>zio nei<br />
confronti della medesima persona per gli stessi fatti ovvero in<br />
relazione agli stessi beni. Non<strong>di</strong>meno il “giu<strong>di</strong>cato”, in questo settore,<br />
altrettanto pacificamente, si presenta subor<strong>di</strong>nato alla clausola “rebus<br />
sic stantibus”, ossia con<strong>di</strong>zionato, quin<strong>di</strong>, alla possibilità <strong>di</strong> un nuovo<br />
giu<strong>di</strong>zio all’emergere <strong>di</strong> “fatti nuovi o successivamente emersi,<br />
ancorchè preesistenti” 278 . In proposito la Corte <strong>di</strong> Cassazione, con la<br />
sentenza n. 6521 del 28 gennaio 1998, ha precisato che “non<br />
costituisce violazione del principio “ne bis in idem” la rilevanza data a<br />
una sentenza <strong>di</strong> condanna emessa nei confronti del proposto che già<br />
abbia costituito il presupposto <strong>di</strong> una misura <strong>di</strong> prevenzione<br />
precedentemente inflitta, quando la sentenza stessa sia menzionata<br />
solo come antecedente storico, rilevante, al pari della misura già<br />
emessa, ai fini della valutazione della personalità del soggetto in<br />
coor<strong>di</strong>nazione con altri dati in<strong>di</strong>ziari. Invero, nel proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
prevenzione la preclusione derivante dal giu<strong>di</strong>cato opera sempre rebus<br />
sic stantibus e non impe<strong>di</strong>sce la rivalutazione della pericolosità<br />
qualificata, ove sopravvengano nuovi elementi in<strong>di</strong>ziari, non<br />
precedentemente noti, che comportino una valutazione <strong>di</strong> maggior<br />
gravità della pericolosità stessa e un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> inadeguatezza delle<br />
misure in precedenza adottate”.<br />
Particolare rilevanza assume poi, sul piano proce<strong>di</strong>mentale, l’art.<br />
23-bis della L. 646/82 (introdotto dall’art. 9 della L. 55/90), che regola<br />
i rapporti fra il proce<strong>di</strong>mento penale ed il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> misure <strong>di</strong><br />
prevenzione.<br />
Il comma 1 recita che “quando si procede nei confronti <strong>di</strong> persone<br />
imputate del delitto <strong>di</strong> cui all’art. 416-bis (Associazione <strong>di</strong> tipo<br />
<strong>mafioso</strong>) del co<strong>di</strong>ce penale o del delitto <strong>di</strong> cui all’art. 75 (Associazione<br />
per delinquere) della legge 22 <strong>di</strong>cembre 1975, n. 685 (Disciplina sugli<br />
stupefacenti e sostanze psicotrope, materia ora regolata, come già<br />
detto, dal D.P.R. 309/90), il Pubblico Ministero ne dà, senza ritardo,<br />
277 Corte <strong>di</strong> Cassazione, Sentenza 5.8.1993, nr. 2186.<br />
278 Corte <strong>di</strong> Cassazione, Sezione 1, Sentenza del 25 ottobre 1993, nr. 4436.