Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...
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CONTRASTO ALL’ACCUMULAZIONE ILLECITA DI PATRIMONI DI ORIGINE MAFIOSA 237<br />
che l’intento del legislatore è quello <strong>di</strong> “recidere definitivamente i<br />
collegamenti tra il <strong>mafioso</strong> ed il suo patrimonio” 265 .<br />
Sotto il profilo pratico il contrasto al fenomeno dell’arricchimento<br />
illecito si basa su <strong>di</strong> un esiguo numero <strong>di</strong> articoli - <strong>di</strong> seguito esaminati<br />
- i quali conferiscono particolari poteri investigativi e repressivi a<br />
determinati Organi statali; in<strong>di</strong>viduano i soggetti destinatari dei<br />
provve<strong>di</strong>menti eventualmente <strong>di</strong>sposti; classificano i presupposti <strong>di</strong><br />
applicazione. <strong>La</strong> Legge 575 del 1965 e la 646 del 1982 (legge<br />
Rognoni-<strong>La</strong> Torre), con le mo<strong>di</strong>fiche ed integrazioni introdotte con la<br />
Legge 55 del 1990, hanno attribuito al Procuratore della Repubblica<br />
ed al Questore, preposti alla lotta contro la delinquenza mafiosa,<br />
nonché al Procuratore Nazionale Antimafia (art. 22 L. 356/92),<br />
particolari poteri <strong>di</strong> indagine in or<strong>di</strong>ne ai patrimoni presuntivamente<br />
riconducibili alle organizzazioni <strong>di</strong> <strong>stampo</strong> <strong>mafioso</strong>, ai beni ad esse<br />
facenti capo ed alle attività commerciali in cui risultano cointeressate.<br />
Territorialmente, la competenza dell’organo procedente, così come<br />
regolato dall’art. 2 della legge 575/65, è da rapportare al luogo della<br />
<strong>di</strong>mora del soggetto presunto anche se, come emerge da numerose<br />
pronunce della Corte <strong>di</strong> Cassazione, il vincolo territoriale deve essere<br />
letto nell’ottica della pericolosità espressa dal soggetto rispetto al<br />
luogo nell’ambito del quale essa produce materialmente i suoi<br />
effetti 266 . <strong>La</strong> normativa, all’art. 2-bis, attribuisce ai citati organi il<br />
265 C. VINCENTI, Op. cit., 94.<br />
266 Corte <strong>di</strong> Cassazione, Sentenza 18 aprile 1989 nr. 879, ““<strong>La</strong> competenza per territorio a decidere in<br />
materia <strong>di</strong> applicazione delle misure <strong>di</strong> prevenzione spetta al tribunale del capoluogo della provincia<br />
nella quale la persona proposta <strong>di</strong>mora. Per stabilire tale <strong>di</strong>mora bisogna tenere conto dei presupposti<br />
e degli scopi della legge n. 1423 del 1956, che sono correlati alla pericolosità sociale del soggetto e al<br />
luogo ove essa si manifesta e trova alimento. Quin<strong>di</strong> non sono decisive le risultanze anagrafiche e<br />
nemmeno il luogo nel quale la persona proposta vive abitualmente o svolge normalmente le sue lecite<br />
attività, perchè assume rilevanza il luogo ove detta persona, sia pure me<strong>di</strong>ante brevi e saltuari<br />
soggiorni, ha tenuto comportamenti idonei a costituire elementi sintomatici della sua pericolosità”“.<br />
In proposito si richiamano anche la Sentenza del 30 maggio 1989, n. 1151, la Sentenza del 26<br />
gennaio 1993, n. 689, e la Sentenza del 14 luglio 1993, n. 6. Sentenza del 01 marzo 1993, n. 495,”“<br />
In materie <strong>di</strong> misure <strong>di</strong> prevenzione, ai fini della in<strong>di</strong>viduazione del luogo <strong>di</strong> “<strong>di</strong>mora” del proposto e,<br />
quin<strong>di</strong>, dell’organo competente a provvedere sulla richiesta <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong> dette misure,<br />
occorre avere riguardo essenzialmente al luogo in cui il soggetto ha manifestato comportamenti<br />
idonei a costituire, in astratto, elementi sintomatici della sua pericolosità, in<strong>di</strong>pendentemente, quin<strong>di</strong>,<br />
dalle risultanze anagrafiche ed anche dalla circostanza che il detto luogo corrisponda o meno a quello<br />
in cui il medesimo soggetto vive, <strong>di</strong> fatto, abitualmente o svolga le sue attività lecite”“. Sentenza del<br />
7 aprile 1993, n. 290, ““In tema <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> misure <strong>di</strong> prevenzione, il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> pericolosità<br />
sociale del proposto richiede un’oggettiva valutazione <strong>di</strong> fatti - sintomatici della condotta abituale e<br />
del tenore <strong>di</strong> vita dello stesso - accertati in modo da escludere valutazioni soggettive e incontrollabili<br />
ma può ben essere fondato su elementi che giustifichino delle presunzioni, desumibili da fatti