Testi 08 - La criminalità organizzata di stampo mafioso - Movimento ...
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218 LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO - EVOLUZIONE DEL FENOMENO E DEGLI STRUMENTI DI CONTRASTO pensare a forme di partecipazione destinate, “ab origine”, ad una durata limitata nel tempo e caratterizzate da una finalità che, oltre a comprendere l’obiettivo vantaggio del sodalizio criminoso, in relazione agli scopi propri di quest’ultimo, comprenda anche il perseguimento, da parte del singolo, di vantaggi ulteriori, suoi personali, di qualsiasi natura rispetto ai quali il vincolo associativo può assumere anche, nell’ottica del soggetto, una funzione puramente strumentale, senza per questo perdere nulla della sua rilevanza penale. Ciò senza necessità di ricorrere, in detta ipotesi, alla diversa figura giuridica del cosiddetto “concorso eventuale esterno” del singolo nell’associazione per delinquere. Nondimeno, occorre rilevare che la condotta di partecipazione è a forma libera, nel senso che il comportamento del partecipe può realizzarsi in forme e contenuti diversi, purché si traduca in un contributo non marginale ma apprezzabile alla realizzazione degli scopi dell’organismo: in questo modo, infatti, si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo assunto dall’agente nell’ambito dell’associazione; ne consegue che la condotta del partecipe può risultare variegata, differenziata, ovvero assumere connotazioni diverse, indipendentemente da un formale atto di inserimento nel sodalizio, sicché egli può anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati essendo sufficiente che anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l’utilizzazione di metodi mafiosi 245 . Infatti la mancata “legalizzazione” ossia l’assenza di un atto formale di affiliazione a nulla rileva ai fini di ritenere sussistente la partecipazione all’associazione. Assume invece la qualifica di organizzatore colui che sia deputato, anche in esecuzione di direttive e quindi in assenza di personali e particolari spunti propositivi, al coordinamento dell’attività degli altri affiliati, al reperimento delle risorse per la realizzazione del programma criminale, nonché all’impiego delle strutture e delle risorse di cui l’organizzazione dispone. Ai fini della determinazione della sanzione nel concreto irrogabile all’appartenente all’associazione a delinquere di tipo 245 Vds Cassazione Penale, Sezione 2, 28 maggio 1997.
IL PRECETTO PENALE QUALE STRUMENTO DELLA POLITICA CRIMINALE DI CONTRASTO 219 mafioso specifica ed autonoma rilevanza assume la contestazione delle due figure circostanziali previste dall’articolo 416-bis, punti 4 e 6. Esse, infatti, hanno natura oggettiva e come tali risultano applicabili anche se non conosciuta da tutti gli aderenti. Tale orientamento, tuttavia, sebbene in un’ottica di particolare rigore, risulta condivisibile per quanto previsto dal punto 4, ovvero la disponibilità di armi e materie esplodenti, essendo notorio che le organizzazioni “mafiose” ricorrano, quale mezzo di intimidazione ulteriore, all’uso delle armi. Di contro l’aggravante di cui al punto 6, e cioè il reimpiego di proventi illeciti, appare addebitabile solo se rapportata ad una materiale disponibilità di gestione patrimoniale ed in ogni caso solo quando il reimpiego non sia destinato alla commissione di altri delitti. Ciò in quanto il legislatore ha voluto sanzionare più gravemente il tentativo di radicare, consolidandolo, il potere delle organizzazioni attraverso il loro inserimento sleale nell’ambito di settori economici. 4. LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA: RIFLESSIONI SUL CONFINE ESISTENTE TRA DOVERE DI DIFESA E COMPARTECIPAZIONE CRIMINALE NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA Nella precedente disamina relativa alla struttura del reato associativo si è cercato di stabilire l’alveo entro cui appare possibile ascrivere a responsabilità penale il comportamento degli aderenti alla associazione di tipo mafioso, indicando, per ognuna delle categorie individuate, limiti e portata del singolo apporto personale. Si tratta, come si è visto, di una esposizione che molto recepisce dagli orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo e che sono frutto di un sempre attuale vivace dibattito dottrinario. In tal senso alcune figure, più di altre, sollecitano l’attenzione, e pongono problemi di interpretazione normativa e di compatibilità della stessa ai principi generali del diritto e, tra queste, si pone in prepotente evidenza quella del così detto “concorso esterno”. Il motivo di tale interesse - non solo scientifico - trae origine dal fatto che si tratta di ipotesi delittuosa che spesso incide “personaggi” di spessore in quanto non si collega quasi mai a fattispecie che comportano un diretto coinvolgimento nell’attività del sodalizio, bensì a supposti rapporti di “colleganza” e di “sostegno”, spesso di natura
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<strong>mafioso</strong> specifica ed autonoma rilevanza assume la contestazione<br />
delle due figure circostanziali previste dall’articolo 416-bis, punti 4 e<br />
6. Esse, infatti, hanno natura oggettiva e come tali risultano applicabili<br />
anche se non conosciuta da tutti gli aderenti. Tale orientamento,<br />
tuttavia, sebbene in un’ottica <strong>di</strong> particolare rigore, risulta con<strong>di</strong>visibile<br />
per quanto previsto dal punto 4, ovvero la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> armi e<br />
materie esplodenti, essendo notorio che le organizzazioni “mafiose”<br />
ricorrano, quale mezzo <strong>di</strong> intimidazione ulteriore, all’uso delle armi.<br />
Di contro l’aggravante <strong>di</strong> cui al punto 6, e cioè il reimpiego <strong>di</strong><br />
proventi illeciti, appare addebitabile solo se rapportata ad una<br />
materiale <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> gestione patrimoniale ed in ogni caso solo<br />
quando il reimpiego non sia destinato alla commissione <strong>di</strong> altri delitti.<br />
Ciò in quanto il legislatore ha voluto sanzionare più gravemente il<br />
tentativo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>care, consolidandolo, il potere delle organizzazioni<br />
attraverso il loro inserimento sleale nell’ambito <strong>di</strong> settori economici.<br />
4. LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA: RIFLESSIONI SUL<br />
CONFINE ESISTENTE TRA DOVERE DI DIFESA E COMPARTECIPAZIONE<br />
CRIMINALE NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA<br />
Nella precedente <strong>di</strong>samina relativa alla struttura del reato<br />
associativo si è cercato <strong>di</strong> stabilire l’alveo entro cui appare possibile<br />
ascrivere a responsabilità penale il comportamento degli aderenti alla<br />
associazione <strong>di</strong> tipo <strong>mafioso</strong>, in<strong>di</strong>cando, per ognuna delle categorie<br />
in<strong>di</strong>viduate, limiti e portata del singolo apporto personale. Si tratta,<br />
come si è visto, <strong>di</strong> una esposizione che molto recepisce dagli<br />
orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo e che sono frutto<br />
<strong>di</strong> un sempre attuale vivace <strong>di</strong>battito dottrinario.<br />
In tal senso alcune figure, più <strong>di</strong> altre, sollecitano l’attenzione, e<br />
pongono problemi <strong>di</strong> interpretazione normativa e <strong>di</strong> compatibilità<br />
della stessa ai principi generali del <strong>di</strong>ritto e, tra queste, si pone in<br />
prepotente evidenza quella del così detto “concorso esterno”. Il<br />
motivo <strong>di</strong> tale interesse - non solo scientifico - trae origine dal fatto<br />
che si tratta <strong>di</strong> ipotesi delittuosa che spesso incide “personaggi” <strong>di</strong><br />
spessore in quanto non si collega quasi mai a fattispecie che<br />
comportano un <strong>di</strong>retto coinvolgimento nell’attività del sodalizio, bensì<br />
a supposti rapporti <strong>di</strong> “colleganza” e <strong>di</strong> “sostegno”, spesso <strong>di</strong> natura