contemporary art magazine issue # sixteen december ... - Karyn Olivier
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M<strong>art</strong>ha Rosler, O’Hare (Chicago), 1986 - courtesy: the <strong>art</strong>ist and Mitchell-Innes & Nash, New York<br />
BRINGING WARS<br />
HOME<br />
_ Irina Zucca Alessandrelli<br />
MOUSSE / MARTHA ROSLER / PAG. 77<br />
In quarant’anni M<strong>art</strong>ha Rosler, attivista, <strong>art</strong>ista, femminista ha cercato di portare nelle case degli Americani tutto quello che il<br />
governo non faceva entrare: una visione critica della guerra in Vietnam e adesso del conflitto in Iraq, i fallimenti dell’autorità, la<br />
miseria delle minoranze. Irina Zucca Alessandrelli le chiede di parlare del suo lavoro in una panoramica che va dalle ultime mostre<br />
ai lavori degli esordi, senza dimenticare la situazione politica americana nell’era di Obama.<br />
Cominciamo dalla tua ultima personale, “Great Power”, da<br />
Mitchell Innes & Nash. Gli spettatori dovevano inserire una<br />
moneta per poter attraversare la barriera all’ingresso, e venivano<br />
così indotti a prendere “decisioni consapevoli sul modo di<br />
rapportarsi ai lavori esposti”. Guardando i fotomontaggi, in cui<br />
personaggi e rovine belliche sono sovrapposti a interni domestici,<br />
ho pensato alla serie che avevi realizzato contro la guerra in<br />
“Vietnam, Bringing the War Home: House Beautiful” (1967-72),<br />
con immagini tratte soprattutto dalla rivista Life. L’Iraq sembra<br />
un terribile déjà-vu. Hai sempre cercato di invitare il pubblico<br />
a proiettare i problemi socio-politici all’interno della cornice<br />
domestica, come p<strong>art</strong>e della vita quotidiana, per arginare la<br />
separazione ideologica e fittizia tra pubblico e privato. Quali<br />
guerre metaforiche ti sei portata a casa in quarant’anni da <strong>art</strong>ista<br />
e militante?<br />
“Great Power” conteneva anche una serie di proposte che<br />
alludevano al nostro comportamento in guerra e al rapporto con<br />
essa della società. Per entrare alla mostra dovevi f<strong>art</strong>i cambiare<br />
le banconote in moneta, o p<strong>art</strong>ecipare a un videogioco chiamato<br />
Dance Dance Revolution, in cui bisogna mettersi a ballare su una<br />
piattaforma. Il resto dell’esposizione comprendeva fotomontaggi<br />
basati su scene di guerra; una bandiera di sette metri con un<br />
altro fotomontaggio; la protesi di una gamba alta tre metri, che si<br />
muoveva lentamente cigolando; e un video da un minuto in loop<br />
su un piccolo lettore mp3, con un soldatino che suonava la tromba<br />
e cantava l’inno patriottico God Bless America.<br />
C’è sempre un’altra guerra di interpretazione e rappresentazione,<br />
che appoggia le forme di segregazione e sfruttamento in atto<br />
nella vita di tutti i giorni facendole apparire naturali – oggi<br />
più che mai, vista l’attuale condizione della Società dello<br />
Spettacolo, se vogliamo evocare il termine trito e ritrito di<br />
Debord e dei Situazionisti. Mi sono interessata ai problemi della<br />
produzione alimentare, nelle aziende agricole e all’estero, ma<br />
anche come p<strong>art</strong>e della routine domestica di preparazione del<br />
pasto – trasformazione di prodotti agricoli e di allevamento in<br />
cibo – e del consumo alimentare. Poi mi sono interessata alla<br />
semiotica dell’abbigliamento, richiamando l’attenzione sui vestiti<br />
femminili, caduti in disuso o ancora oggetto del desiderio, che<br />
sono importanti per la costruzione della nostra identità. A p<strong>art</strong>e<br />
l’abbigliamento, o la sua assenza, delle donne nei fotomontaggi,<br />
in genere ho utilizzato i vestiti sia come elementi scultorei che<br />
come oggetti da vendere nelle “Garage Sales”, un’importante<br />
forma popolare di socializzazione nell’America provinciale e<br />
suburbana. Ho creato una quantità che potremmo considerare<br />
significativa di lavori sugli stili abitativi, l’architettura e gli<br />
ambienti <strong>art</strong>ificiali. Buona p<strong>art</strong>e di questi lavori trattano le<br />
condizioni delle varie tipologie di senzatetto, e le battaglie della<br />
povera gente per conservare la propria casa.<br />
Stai ancora lottando con gli stessi problemi culturali di una<br />
società capitalistica che hai iniziato a denunciare più di trent’anni<br />
fa. Cosa pensi sia migliorato e cosa peggiorato rispetto ad allora?<br />
Dopo trent’anni, niente rimane esattamente com’era; i problemi<br />
hanno avuto una loro evoluzione, anche se, di base, repubblicani<br />
e conservatori hanno scelto di puntare il dibattito politico sugli<br />
argomenti che hanno tenuto banco per tutto il dopoguerra: qual è<br />
il contenuto della soggettività e della cittadinanza in una società<br />
industriale avanzata come la nostra? Come si distribuisce il<br />
potere? Si può dire che tutte le categorie abbiano lo stesso peso<br />
nella sfera pubblica, e che i loro problemi ricevano la dovuta<br />
attenzione (donne, membri della comunità gay-lesbica, persone di<br />
colore, minoranze etniche, lavoratori clandestini, membri di ogni<br />
classe sociale, e anche gli <strong>art</strong>isti e gli altri produttori di cultura)?<br />
Queste questioni sensibili hanno permesso ai repubblicani<br />
di infiammare per anni il loro gretto e rancoroso elettorato,<br />
demonizzando qualsiasi identità, credo o pratica esulasse dai loro<br />
anacronistici valori piccolo-borghesi di conformismo, privilegio,<br />
intolleranza religiosa, e le loro convinzioni anti-scientifiche<br />
e anti-illuministiche, che si manifestano in un culto per le<br />
personalità autoritarie, le armi e la cultura delle armi, e in una<br />
radicata ostilità per la vita cittadina. Tra i più giovani, il razzismo<br />
è in sensibile calo, come anche l’omofobia e l’animosità contro<br />
i poveri che spingeva ad auspicare di vederli tutti in prigione o<br />
al riformatorio – basti pensare alla proposta di Newt Gingrich<br />
negli anni ’90, quando era al culmine del suo potere, di spedire<br />
all’orfanatrofio tutti i bambini poveri (leggi: neri e latini). Questa<br />
trasformazione si riscontra anche tra i giovani fondamentalisti<br />
cristiano-evangelici che, tra l’altro, rifiutano concetti ormai<br />
assodati come l’evoluzione, i diritti riproduttivi e la libertà di<br />
scelta. Un peggioramento che ho notato è una certa crescita<br />
del feticismo verso l’esercito e del sostegno al militarismo, uno<br />
sviluppo contraddittorio rispetto alla tendenza precedente.<br />
L’adorazione dei soldati, posso interpretarla come un segno<br />
di riconoscenza per il fatto che non sei costretto a far p<strong>art</strong>e di<br />
quella casta militare e puoi addirittura permetterti di ignorarla.<br />
Ma può darsi che l’elettorato cominci a stufarsi delle guerre a<br />
causa dei loro provati effetti catastrofici sulla nostra economia.