contemporary art magazine issue # sixteen december ... - Karyn Olivier

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unosunove arte contemporanea palazzo santacroce via degli specchi 20 00186 roma italia tel +39 0697613696 fax +39 0697613810 gallery@unosunove.com www.unosunove.com Threealities dal 17 dicembre 2008 al 30 gennaio 2009 opening 17 dicembre 2008 ore 19.00 Amie Dicke Alicja Kwade Charlotte Moth THE MAKING OF _ Daniele Perra MOUSSE / MATHIAS POLEDNA / PAG. 15 Investigare le molteplici dimensioni della rappresentazione culturale grazie a un interesse quasi di natura enciclopedica per la musica, la storia e il cinema. È ciò che fa Mathias Poledna, artista classe 1965, d’origine austriaca e trasferitosi nella West Coast degli Stati Uniti. Dai lavori degli anni Novanta, incentrati su interviste e immagini di repertorio, in cui emergevano chiari riferimenti a documenti e archivi storici, fino ai film ispirati al Cinéma Vérité o alla tradizione del cinema etnografico, la cultura alta e quella popolare nelle opere di Poledna sembrano convivere senza creare alcun cortocircuito stridente. La storia si fa memoria per diventare mito. Spetta a noi collocare da un punto di vista storico e culturale i fatti ricreati dall’artista perché, in sé, non documentano nulla. Nella sala di registrazione di uno studio, un uomo ascolta in cuffia la traccia strumentale di una canzone. In una serie di prove, ne canta il testo. Lo studio non è uno studio qualsiasi: è il Western Recorders, lo Studio 3 di Los Angeles, d’importanza storica che, fino a pochi anni fa, è rimasto intatto, e dove, negli anni ’50 e ’60, sono state registrate diverse hit. La canzone è City Life ed è stata registrata nel 1969 da Harry Nilsson, un cantautore i cui pezzi sono stati usati come colonne sonore di molti musical e film, come Un uomo da marciapiede. L’atmosfera, i colori e lo stile sono ricostruiti con grande fedeltà e richiamano la fine degli anni ’60. Questa è una descrizione in sintesi della tua installazione video Western Recording, del 2003. Un pezzo che ben rappresenta il rapporto tra modernità, storicità e temporalità che sembra fondamentale nelle tue ricerche. Se è vero che molti dei miei film hanno a che fare con la cultura popolare – spesso attraverso la musica e il suono – ho sempre trovato limitante considerarli solo in questi termini. Quando, in passato, mi capitava di dire che il mio lavoro evocava “momenti effimeri della cultura del XX secolo”, volevo sottintendere che la modernità era la loro principale forza motrice. La cultura popolare e pop non è certamente la prima cosa che ti viene in mente quando si parla di modernità, ma quest’apparente incongruenza mi ha sempre affascinato, molto più delle altre connessioni più autorevoli a disposizione. Alcuni dei tuoi video s’ispirano ai concetti del Cinéma Vérité, oppure, come mi hai detto una volta, a generi cinematografici come i film etnografici o i musical. Spesso utilizzi anche immagini di repertorio. Quali sono i film, i registi e gli artisti che ti hanno influenzato di più? Quando penso al tuo film Actualité (2001- 2002), un collegamento immediato potrebbe essere One Plus One di Jean-Luc Godard, un film-collage sulla cultura occidentale degli ultimi anni ’60, che ruota attorno a una sessione di registrazione dei Rolling Stones; oppure il tuo recente Crystal Palace – girato a Papua, Nuova Guinea – nel quale alludi ai film etnografici di Hermann Schlenker che affrontavano, tra le altre cose, i costumi sociali e culturali di nazioni come l’Afghanistan o il Venezuela, mi ricorda anche le opere sonore di Jack Goldstein. È difficile parlare d’influenze, non perché non ci siano modelli o pratiche che siano state e siano importanti per me e il mio Mathias Poledna, Actualité, 2001-02 - courtesy: Galerie Meyer Kainer, Wien, and Richard Telles, Los Angeles lavoro – al contrario, sarebbe ingiusto indicarne solo alcune – ma piuttosto perché mi sembra fuorviante parlarne senza andare nello specifico. Preferirei pensare agli esempi che hai citato in termini di riferimenti, concetto diventato un po’ ambiguo negli ultimi anni. A un certo punto, riferirsi ai precedenti e a determinati contesti è diventato per gli artisti un modo di proporre una cornice di pensiero, troncando sul nascere qualsiasi aspirazione all’originalità o all’autonomia artistica. Per un’ironia del destino, mentre questi ultimi concetti sembrano essere diventati controversi, i riferimenti sono la maniera più facile e a buon mercato di associare il proprio lavoro a esempi significativi o culturalmente validi, o, in certi casi, di rimpiazzarli tout court. In questo non c’è nessuna lezione filosofica o morale da trarre, solo che un simile atteggiamento ha prodotto una mole di lavori meno interessanti di quelli cui s’ispirano. Negli anni ’90, il tuo lavoro si basava spesso su interviste, conversazioni, immagini di repertorio e documenti storici. Scan era basato su dialoghi con persone che erano state coinvolte a vari livelli nella storia del punk, come un archivista del Victoria

unosunove<br />

<strong>art</strong>e contemporanea<br />

palazzo santacroce<br />

via degli specchi 20<br />

00186 roma italia<br />

tel +39 0697613696<br />

fax +39 0697613810<br />

gallery@unosunove.com<br />

www.unosunove.com<br />

Threealities<br />

dal 17 dicembre 2008<br />

al 30 gennaio 2009<br />

opening<br />

17 dicembre 2008<br />

ore 19.00<br />

Amie Dicke<br />

Alicja Kwade<br />

Charlotte Moth<br />

THE<br />

MAKING OF<br />

_ Daniele Perra<br />

MOUSSE / MATHIAS POLEDNA / PAG. 15<br />

Investigare le molteplici dimensioni della rappresentazione culturale grazie a un interesse quasi di natura enciclopedica per la<br />

musica, la storia e il cinema. È ciò che fa Mathias Poledna, <strong>art</strong>ista classe 1965, d’origine austriaca e trasferitosi nella West Coast<br />

degli Stati Uniti. Dai lavori degli anni Novanta, incentrati su interviste e immagini di repertorio, in cui emergevano chiari riferimenti<br />

a documenti e archivi storici, fino ai film ispirati al Cinéma Vérité o alla tradizione del cinema etnografico, la cultura alta e quella<br />

popolare nelle opere di Poledna sembrano convivere senza creare alcun cortocircuito stridente. La storia si fa memoria per diventare<br />

mito. Spetta a noi collocare da un punto di vista storico e culturale i fatti ricreati dall’<strong>art</strong>ista perché, in sé, non documentano nulla.<br />

Nella sala di registrazione di uno studio, un uomo ascolta in cuffia<br />

la traccia strumentale di una canzone. In una serie di prove, ne<br />

canta il testo. Lo studio non è uno studio qualsiasi: è il Western<br />

Recorders, lo Studio 3 di Los Angeles, d’importanza storica che,<br />

fino a pochi anni fa, è rimasto intatto, e dove, negli anni ’50 e<br />

’60, sono state registrate diverse hit. La canzone è City Life ed<br />

è stata registrata nel 1969 da Harry Nilsson, un cantautore i<br />

cui pezzi sono stati usati come colonne sonore di molti musical<br />

e film, come Un uomo da marciapiede. L’atmosfera, i colori e<br />

lo stile sono ricostruiti con grande fedeltà e richiamano la fine<br />

degli anni ’60. Questa è una descrizione in sintesi della tua<br />

installazione video Western Recording, del 2003. Un pezzo che<br />

ben rappresenta il rapporto tra modernità, storicità e temporalità<br />

che sembra fondamentale nelle tue ricerche.<br />

Se è vero che molti dei miei film hanno a che fare con la cultura<br />

popolare – spesso attraverso la musica e il suono – ho sempre<br />

trovato limitante considerarli solo in questi termini. Quando, in<br />

passato, mi capitava di dire che il mio lavoro evocava “momenti<br />

effimeri della cultura del XX secolo”, volevo sottintendere che la<br />

modernità era la loro principale forza motrice. La cultura popolare<br />

e pop non è certamente la prima cosa che ti viene in mente<br />

quando si parla di modernità, ma quest’apparente incongruenza<br />

mi ha sempre affascinato, molto più delle altre connessioni più<br />

autorevoli a disposizione.<br />

Alcuni dei tuoi video s’ispirano ai concetti del Cinéma Vérité,<br />

oppure, come mi hai detto una volta, a generi cinematografici<br />

come i film etnografici o i musical. Spesso utilizzi anche immagini<br />

di repertorio. Quali sono i film, i registi e gli <strong>art</strong>isti che ti hanno<br />

influenzato di più? Quando penso al tuo film Actualité (2001-<br />

2002), un collegamento immediato potrebbe essere One Plus One<br />

di Jean-Luc Godard, un film-collage sulla cultura occidentale degli<br />

ultimi anni ’60, che ruota attorno a una sessione di registrazione<br />

dei Rolling Stones; oppure il tuo recente Crystal Palace – girato<br />

a Papua, Nuova Guinea – nel quale alludi ai film etnografici di<br />

Hermann Schlenker che affrontavano, tra le altre cose, i costumi<br />

sociali e culturali di nazioni come l’Afghanistan o il Venezuela, mi<br />

ricorda anche le opere sonore di Jack Goldstein.<br />

È difficile parlare d’influenze, non perché non ci siano modelli<br />

o pratiche che siano state e siano importanti per me e il mio<br />

Mathias Poledna, Actualité, 2001-02 - courtesy: Galerie Meyer Kainer, Wien, and Richard Telles, Los Angeles<br />

lavoro – al contrario, sarebbe ingiusto indicarne solo alcune<br />

– ma piuttosto perché mi sembra fuorviante parlarne senza<br />

andare nello specifico. Preferirei pensare agli esempi che hai<br />

citato in termini di riferimenti, concetto diventato un po’ ambiguo<br />

negli ultimi anni. A un certo punto, riferirsi ai precedenti e<br />

a determinati contesti è diventato per gli <strong>art</strong>isti un modo di<br />

proporre una cornice di pensiero, troncando sul nascere qualsiasi<br />

aspirazione all’originalità o all’autonomia <strong>art</strong>istica. Per un’ironia<br />

del destino, mentre questi ultimi concetti sembrano essere<br />

diventati controversi, i riferimenti sono la maniera più facile e a<br />

buon mercato di associare il proprio lavoro a esempi significativi<br />

o culturalmente validi, o, in certi casi, di rimpiazzarli tout court. In<br />

questo non c’è nessuna lezione filosofica o morale da trarre, solo<br />

che un simile atteggiamento ha prodotto una mole di lavori meno<br />

interessanti di quelli cui s’ispirano.<br />

Negli anni ’90, il tuo lavoro si basava spesso su interviste,<br />

conversazioni, immagini di repertorio e documenti storici. Scan<br />

era basato su dialoghi con persone che erano state coinvolte a<br />

vari livelli nella storia del punk, come un archivista del Victoria

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