29.05.2013 Views

contemporary art magazine issue # sixteen december ... - Karyn Olivier

contemporary art magazine issue # sixteen december ... - Karyn Olivier

contemporary art magazine issue # sixteen december ... - Karyn Olivier

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

MOUSSE / MATIAS FALDBAKKEN / PAG. 10<br />

A MILLION WAYS<br />

TO SAY NO<br />

_ Luigi Fassi<br />

Catapultato sulla ribalta europea nel 2001 con il controverso romanzo The Cocka Hola<br />

Company, prima tappa di una feroce trilogia sui vizi pubblici e privati della società<br />

scandinava intitolata “Scandinavian Misantrophy”, Matias Faldbakken si divide oggi tra<br />

la popolarità internazionale della sua scrittura e l’ermetismo delle sue produzioni <strong>art</strong>istiche.<br />

Erede innovativo dell’estremismo situazionista, l’<strong>art</strong>ista norvegese è interprete<br />

di un desiderio di ribellione, inteso come negazione totale e dissolutiva, declinato coniugando<br />

Pop culture e nichilismo, anarchia e rigore concettuale.<br />

Parlami della tua formazione e dei tuoi esordi. Ti sei affermato<br />

internazionalmente innanzitutto come scrittore e romanziere<br />

e, solo in seguito, come <strong>art</strong>ista visivo, sebbene le due attività<br />

sembrino essere tematicamente legate tra loro. È tutto accaduto<br />

per caso o semplicemente avevi iniziato a scrivere prima di<br />

metterti a fare <strong>art</strong>e?<br />

Ho avuto una formazione <strong>art</strong>istica (presso l’Accademia di<br />

Belle Arti di Bergen, in Norvegia, e presso la Städelschule di<br />

Francoforte) ma, dopo aver terminato gli studi, mi sono scoperto<br />

profondamente disilluso riguardo alla possibilità di lavorare<br />

come <strong>art</strong>ista. Molte della mie idee erano incentrate sull’uso<br />

del linguaggio, così ho deciso di mettere insieme le due cose,<br />

lavorando alla stesura narrativa di una storia e cercando poi i<br />

contatti con una casa editrice importante. Mi sentivo molto più<br />

libero combinando intuizioni <strong>art</strong>istiche e intrattenimento in un<br />

formato letterario. Inoltre pensavo che, rispetto ad altri ambiti,<br />

in letteratura la distribuzione fosse molto più ampia e il pubblico<br />

sicuramente più eterogeneo. Così, alla fine il mio libro è stato<br />

pubblicato e ho iniziato ad essere conosciuto come scrittore.<br />

Tra i tuoi libri e le tue opere visive c’è una notevole discrepanza.<br />

I lavori <strong>art</strong>istici sono spesso ermetici e richiedono, per essere<br />

compresi, una certa conoscenza del tuo modo di operare,<br />

mentre i tuoi romanzi esprimono in modo diretto, e facilmente<br />

accessibile, il loro messaggio di critica verso i meccanismi della<br />

società contemporanea. Ti poni obiettivi diversi quando scrivi e<br />

fai <strong>art</strong>e, o ritieni che siano solo due diverse <strong>art</strong>icolazioni di una<br />

medesima intenzione?<br />

Tanto il mio lavoro <strong>art</strong>istico quanto la mia scrittura sono incentrati<br />

su temi di negazione e rifiuto, odio e misantropia. I libri che<br />

scrivo sono intenzionalmente semplici e divertenti da leggere,<br />

mentre la mia <strong>art</strong>e è, come tu dici, molto più ermetica e chiusa.<br />

Credo che una delle qualità dell’<strong>art</strong>e sia di essere un fatto<br />

sociale, ma allo stesso tempo sostanzialmente inaccessibile<br />

per un pubblico generalista. Ma sono molto interessato ai<br />

meccanismi dell’intrattenimento e alla sua capacità di entrare<br />

nell’immaginario del pubblico su larga scala. Così, uso i miei<br />

libri per “popolarizzare” alcune delle idee che ho e vedere i<br />

risultati a contatto con un’audience allargata, mentre uso l’<strong>art</strong>e<br />

come uno strumento per portare avanti delle forme di negazione<br />

silenziose, senza alcuna intenzione di convincere, impressionare<br />

o comunicare con un pubblico.<br />

In seguito alle numerose traduzioni dei tuoi libri negli ultimi anni,<br />

immagino tu abbia avuto molti riscontri e risposte, non solo dalla<br />

critica, ma anche da normali lettori, provenienti da diverse fasce<br />

di età e formazione culturale. Mi chiedo se qualcosa di simile<br />

ti sia successo nel mondo dell’<strong>art</strong>e e da quale dei due ambiti<br />

(letteratura-<strong>art</strong>e) tu ti sia sentito, sinora, più stimolato e ispirato.<br />

Quando ho dei feedback per quanto riguarda la mia <strong>art</strong>e si tratta<br />

sempre di <strong>art</strong>isti, professionisti del settore o istituzioni (gli stessi<br />

che ti invitano alle mostre, ecc.). Per la letteratura invece le cose<br />

sono diverse, ho dei riscontri molto più estesi e differenziati.<br />

Ad esempio, mi piace molto leggere le email che mi mandano<br />

giovani lettori e sapere cosa si scriva su di me nei blog, in rete.<br />

C’è anche un certo interesse accademico verso i miei libri, sono<br />

stati oggetto di diversi saggi e dottorati di ricerca. Ma, come<br />

dicevo, non faccio <strong>art</strong>e con le stesse, esatte intenzioni che ho<br />

quando scrivo, per quanto gli stessi temi percorrano entrambe le<br />

attività. Ci sono molti vantaggi a lavorare nello spazio più ritirato<br />

e di nicchia dell’<strong>art</strong>e visiva e, invece, molti svantaggi nell’avere le<br />

tue idee e le tue intenzioni tradotte e diffuse dappertutto con la<br />

scrittura. Così mi bilancio tenendo un piede in entrambi i settori.<br />

È molto interessante questo tuo modo di dividerti fra due<br />

diversi tipi di pubblico, con livelli d’aspettativa assai differenti.<br />

Personalmente, ritengo ci sia attualmente un gap piuttosto chiaro<br />

tra <strong>art</strong>isti impegnati a elaborare con efficacia processi di reale<br />

peso critico e <strong>art</strong>isti che cercano invece di opporsi alle regole<br />

e ai meccanismi dominanti in modi molto riduttivi e prevedibili,<br />

che altro non si rivelano se non una conferma di quegli stessi<br />

meccanismi. Quanto ti senti coinvolto in questo problema? Mi<br />

sembra che, per te, come già accennavi prima, lavorare come<br />

scrittore “popolare” ti aiuti a tenere il tuo percorso critico<br />

ancorato su un terreno più autentico e reale.<br />

La provocazione di tipo <strong>art</strong>istico o attivistico era un aspetto<br />

che mi ha interessato durante la stesura dei miei primi due<br />

romanzi. Vi si parla di provocazione come di uno strumento e,<br />

allo stesso tempo, le storie sono ironicamente provocative, sia<br />

rispetto ai temi toccati sia riguardo la loro trattazione, mettendo<br />

direttamente alla prova ciò di cui parlano. La dialettica tra il<br />

portare a galla verità, come esito di una pratica critica, e i<br />

mezzi adoperati per disseminare tali verità, è sempre molto<br />

interessante. C’è una discrepanza netta tra l’<strong>art</strong>ista accademico/<br />

nevrotico, tutto concentrato su di sé, con scarsa autostima e poco<br />

visibilità, e l’<strong>art</strong>ista PR, fatto tutto di relazioni sociali e di poca<br />

ricerca. La differenza tra i due modelli è sempre molto divertente.<br />

Il seminarista dell’<strong>art</strong>e e l’<strong>art</strong>ista arrampicatore sociale sono<br />

entrambe figure problematiche e l’<strong>art</strong>e che producono è molto<br />

spesso sgradevole, su entrambe le sponde. Personalmente io<br />

sono un fan dell’<strong>art</strong>e sgradevole, per questo prendo un po’ da<br />

entrambi i modelli.<br />

Alcuni critici hanno scritto di una matrice anarchica nel tuo<br />

lavoro. La mia impressione è che, in alcuni casi, tu spinga<br />

l’anarchia sino al punto di arrivare di coincidenza con il<br />

nichilismo, come in One Spray Can Escapist dove una stessa<br />

parola viene riprodotta con lo spray a muro un numero tale di<br />

volte da renderla del tutto illeggibile, o in Newspaper, dove le<br />

colonne di quotidiani presentano un contenuto indecifrabile in<br />

seguito a un processo di scansione multipla. Nel libro d’<strong>art</strong>ista<br />

Not Made Visible, che hai pubblicato recentemente, è evidenziato<br />

il tuo interesse per l’approccio negazionista dei situazionisti nei<br />

confronti della cultura, inteso come unico modo per preservarne<br />

il significato. Da questo punto di vista, mi sembra che il tuo lavoro<br />

sia più orientato verso un forte sarcasmo, piuttosto che verso un<br />

atteggiamento ironico.<br />

In effetti, l’uso che faccio del termine “anarchia” è vicino a<br />

quello di una fantasia nichilista di libertà assoluta, ottenuta<br />

attraverso un processo di negazione totale. Per quanto riguarda<br />

i situazionisti, sono interessato soprattutto alle loro strategie<br />

di rinunzia, di rifiuto e di generale diniego, così come al loro<br />

disgusto per tutto quanto li circondasse. Non ho mai pensato il<br />

mio lavoro come ironico, parlerei invece, appunto, di sarcasmo,<br />

e allargando lo sguardo ai miei libri, anche di una certa satira. Di<br />

Matias Faldbakken, Untitled (Canvas #16), 2008 - courtesy: the <strong>art</strong>ist and STANDARD (OSLO), Oslo Matias Faldbakken, Untitled (Canvas #23), 2008 - courtesy: STANDARD (OSLO), Oslo Matias Faldbakken, Untitled (Canvas #24), 2008 - courtesy: STANDARD (OSLO), Oslo<br />

MOUSSE / MATIAS FALDBAKKEN / PAG. 11<br />

uno humour dark e violento. Ironia? Proprio non direi.<br />

Tutto il tuo lavoro si basa su strategie linguistiche, atte a<br />

decostruire il concetto di testo come stabilità univoca e<br />

monolitica, come quando scrivi frasi e aforismi adoperando<br />

bande di nastro isolante, in modo da renderle quasi astratte<br />

e irriconoscibili. Hai diretto questa pratica di decostruzione<br />

testuale anche verso te stesso, firmando il tuo primo libro con lo<br />

pseudonimo di Abo Rasul, celando così la tua vera identità.<br />

Come dicevo prima, la distinzione del mio lavoro tra un<br />

ambito linguisticamente narrativo e uno visivo, si è sempre<br />

accompagnata per me al conflitto tra un approccio criticamente<br />

verbale e un approccio più irrazionale e non verbale. Il gesto di<br />

auto-annullamento dell’identità diventa ovvio, quando trasformo<br />

in immagini astratte i miei statement verbali, sino a renderli<br />

illeggibili. Lo spazio tra ciò che trasmette senso e ciò che diventa<br />

incomprensibile è quello che m’interessa di più. Mi sembra che<br />

ciò che si crea tra messaggi di una semplicità da regime e gesti,<br />

invece, di astrazione non comunicativa, sia un spazio di grande<br />

potenzialità.<br />

La sincerità del tuo modo di operare mi sembra emerga al<br />

meglio nel tuo rinunziare a indicare una soluzione precisa o una<br />

direzione utopica. Non prendi una posizione precisa. Tuttavia, mi<br />

domando se non consideri la negazione in sé come una sorta di<br />

approccio utopico. Come se la negazione fosse il primo passo<br />

verso un possibile cambiamento.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!