PARROCCHIA dei SS. FAUSTINO e GIOVITA - MODENA
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attenzione alla fragilità dell’uomo d’oggi, pro-<br />
L’ mossa dalla Chiesa nel convegno di Verona,<br />
nel Convegno diocesano dell’1-2 giugno 2007 e<br />
fatta propria in quest’anno pastorale dalla nostra<br />
parrocchia, ci viene sollecitata dalla meditazione<br />
del mistero dell’incarnazione di Gesù. Il suo “farsi<br />
uomo” nella debolezza e povertà di un bambino ci<br />
provoca e stupisce. Se poi rappresentiamo questo<br />
avvenimento attraverso il segno del presepe,<br />
abbiamo l’occasione per comprendere cosa significa<br />
quella condizione di debolezza che riguarda<br />
ogni uomo, in particolare quello più sofferente e più<br />
povero. Il presepe, al di là del suo valore artistico e<br />
tecnico, ci permette di vedere da vicino, sulla base<br />
della narrazione <strong>dei</strong> Vangeli dell’infanzia, le condizioni<br />
di vita in cui è venuto al mondo Gesù. San<br />
Francesco di Assisi ebbe l’intuizione di poter ripresentare<br />
dal vivo la nascita di Cristo, costruendo un<br />
presepe vero, dove si potesse contemplare questo<br />
mistero di Gesù: “Vorrei vedere con gli occhi del<br />
corpo i disagi in cui si è trovato Gesù per la mancanza<br />
delle cose necessarie a un neonato, come fu<br />
adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno<br />
tra il bue e l’asinello”. Nella notte di Natale, a Greccio,<br />
vicino a Rieti, riuscì veramente a sperimentare<br />
“in visione”, la presenza di Gesù, accompagnata<br />
dalla partecipazione reale di contadini, pastori, animali<br />
del luogo, quali il bue, l’asino, le pecore. Il<br />
Santo pensava che poi, in futuro, col presepe,<br />
come era accaduto a lui, i fedeli di ogni tempo<br />
sarebbero stati in grado di contemplare l’umiltà, la<br />
radicale povertà, ma anche la bellezza del bambino<br />
P R E S E P I<br />
La fragilità nel segno del Presepe<br />
Gesù, la sua presenza nella quotidianità della vita.<br />
Facendo risaltare l’umanità di Gesù nel suo aspetto<br />
più debole e fragile, il presepe dà l’occasione<br />
anche a noi, oggi, di sentirci umili e di accorgerci<br />
delle persone più bisognose di cura e di affetto.<br />
Constatare questa condizione di fragilità, di sofferenza,<br />
da un lato può farci paura e procurare un<br />
certo disagio; dall’altro la nascita di Gesù è posta in<br />
un’atmosfera di bontà, di tenerezza, di semplicità<br />
che induce all’amore e alla commozione. Ma c’è di<br />
più: in Gesù bambino riconosciamo Colui che,<br />
abbassandosi fino a condividere la nostra umanità,<br />
ha innalzato ogni uomo ridonandogli una dignità e<br />
condizione di vita nuova, “divina” facendoci simili a<br />
Lui: “ …spogliò se stesso, assumendo la condizione<br />
di servo e divenendo simile agli uomini; apparso<br />
in forma umana umiliò se stesso…(San Paolo ai<br />
Filippesi 2, 7-8). Per questa sua umiliazione Gesù è<br />
stato esaltato, perché attraverso il dono di amore<br />
della sua vita, ha redento e portato la salvezza a<br />
tutta l’umanità. Infatti il Natale del figlio di Dio non è<br />
fine a se stesso, ma (come indicano le stupende<br />
icone presepiali dell’Oriente, dove la grotta è posta<br />
nel sepolcro) è proiettato alla Pasqua. Per l’incarnazione<br />
e redenzione di Cristo la fragilità dell’uomo<br />
riceve un senso, un significato sublime, una speranza<br />
di vita già ora sulla terra e oltre nell’eternità.<br />
Per questo, ammirando il presepe nelle sue varie<br />
ed infinite espressioni, divenendone anche appassionati<br />
costruttori e divulgatori, siamo pieni di gioia<br />
e speranza.<br />
diacono Remo Feverati