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VITA DI T. STROCCHI<br />
I
VITA DI T. STROCCHI<br />
II
VITA DI T. STROCCHI<br />
<strong>Tito</strong> Strocchi garibal<strong>di</strong>no lucchese<br />
fra Mazzini e Garibal<strong>di</strong><br />
La stragrande maggioranza degli italiani<br />
quando pensa a un eroe ha in mente proprio Lui,<br />
Giuseppe Garibal<strong>di</strong>, <strong>il</strong> Generale dei M<strong>il</strong>le, <strong>il</strong> Padre<br />
della Patria, l’ Eroe dei Due Mon<strong>di</strong> con dentro al<br />
cuore l’idea <strong>di</strong> un’Italia unita. A Garibal<strong>di</strong> è toccato,<br />
forse anche al <strong>di</strong> là delle sue intenzioni, quanto non è<br />
riuscito a nessun altro personaggio nel corso <strong>di</strong> un<br />
secolo e mezzo <strong>di</strong> storia nazionale unitaria: entrare in<br />
profon<strong>di</strong>tà e in maniera duratura nell’immaginario<br />
collettivo, quello borghese e quello popolare, quasi<br />
circonfuso da una sorta <strong>di</strong> laica sacralità. Un fatto unico<br />
nella storia unitaria del nostro Paese, meritevole<br />
<strong>di</strong> attenzione perché tanta parte della nostra mentalità,<br />
della nostra percezione delle vicende pubbliche, le<br />
stesse idee <strong>di</strong> politica, repubblica, democrazia, solidarietà<br />
si sono plasmate in relazione all’operato e alla<br />
figura <strong>di</strong> Giuseppe Garibal<strong>di</strong>. Nel corso <strong>di</strong> un secolo,<br />
dalle battaglie risorgimentali alla scelta <strong>di</strong> combattere<br />
<strong>il</strong> fascismo e <strong>il</strong> nazismo nella Resistenza, migliaia <strong>di</strong><br />
italiani, <strong>di</strong> tutte le età e i ceti sociali, indossando, materialmente<br />
o idealmente la sua um<strong>il</strong>e <strong>di</strong>visa, la camicia<br />
rossa, hanno, infatti, contribuito a rendere l’Italia<br />
quale la conosciamo oggi: unita, democratica, repubblicana.<br />
Tra gli innumerevoli giovani cresciuti alla luce<br />
intensa del mito garibal<strong>di</strong>no, spicca, per generosità,<br />
umanità, coraggio anche un figlio della nostra<br />
III
VITA DI T. STROCCHI<br />
<strong>Lucca</strong>: <strong>il</strong> lucchese <strong>Tito</strong> Strocchi (1846 - 1879), giornalista,<br />
avvocato, poeta, volontario nelle terza guerra<br />
d’in<strong>di</strong>pendenza, a Mentana e nella guerra franco –<br />
prussiana. Cospiratore mazziniano, proprio per la ra<strong>di</strong>calità<br />
delle sue convinzioni risultò personaggio<br />
controverso anche nella sua città, amato o avversato<br />
in un tempo in cui ancora fervide si agitavano in Toscana<br />
e nel resto del Paese le passioni <strong>di</strong> un processo<br />
nazionale unitario complesso e tormentato. Non<strong>di</strong>meno<br />
<strong>Tito</strong> Strocchi fu una bella figura e una bella<br />
persona, tanto appassionata e generosa quanto <strong>di</strong>sinteressata<br />
e povera. La sua nob<strong>il</strong>e, breve esistenza<br />
rappresenta un esempio <strong>di</strong> coerenza con i valori e i<br />
principi che hanno animato la gioventù’ <strong>di</strong> un secolo<br />
e mezzo or sono: amor <strong>di</strong> patria, rifiuto <strong>di</strong> qualunque<br />
forma <strong>di</strong> oppressione e <strong>di</strong>spotismo, ricerca appassionata<br />
<strong>di</strong> una risposta politica a una sempre più urgente<br />
‘questione sociale’. Convinzioni semplici e gran<strong>di</strong><br />
insieme che dovrebbero tornare a ispirare anche le<br />
giovani generazioni <strong>di</strong> oggi, che percepiamo spesso<br />
<strong>di</strong>sorientate e smarrite, <strong>di</strong> fronte a un presente dalle<br />
<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i prospettive.<br />
Noi ci auguriamo che le pagine della rinnovata<br />
pubblicazione della <strong>Vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi, scritta a<br />
due anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalla scomparsa del volontario <strong>di</strong><br />
Digione a opera del suo collega e amico Enrico Del<br />
Carlo possano trovare occhi e cuori attenti e ci aiutino<br />
a capire più e meglio qual è l’ere<strong>di</strong>tà storica che ci<br />
portiamo <strong>di</strong>etro come comunità nazionale. Cosa significhi,<br />
oggi, essere italiani. In quale misura la storia<br />
italiana può essere ancora considerata una preziosa<br />
miniera <strong>di</strong> identità. Quale idea <strong>di</strong> Italia vogliamo<br />
avere per <strong>il</strong> futuro.<br />
IV
VITA DI T. STROCCHI<br />
Presentiamo pertanto la ristampa della <strong>Vita</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Tito</strong> Strocchi <strong>di</strong> Enrico Del Carlo, nel contesto delle<br />
Celebrazioni del 150°Anniversario della Spe<strong>di</strong>zione<br />
dei M<strong>il</strong>le anche con un Convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sul mito<br />
garibal<strong>di</strong>no in Toscana e nella prospettiva della riapertura,<br />
che auspichiamo imminente, del Museo del<br />
Risorgimento <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>.<br />
Dr. Stefano Baccelli,<br />
Presidente della<br />
Amministrazione <strong>Provincia</strong>le <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong><br />
<strong>Lucca</strong>, Maggio 2010<br />
V
VITA DI T. STROCCHI<br />
VI
VITA DI T. STROCCHI<br />
La camicia rossa <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi:<br />
uniforme gloriosa e insegna <strong>di</strong> libertà<br />
VII<br />
Questa inziativa della ripubblicazione de “La<br />
<strong>Vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi” scritta dall’avvocato Enrico<br />
Del Carlo, nel 1881, due anni dopo la morte immatura<br />
dell’amico, nasce da un progetto <strong>di</strong> cui l’Anpi,<br />
Sezione Intercomunale <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, si è fatta capof<strong>il</strong>a<br />
nel quadro delle celebrazioni per <strong>il</strong> 150esimo della<br />
Impresa dei M<strong>il</strong>le, promosse dalla <strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>.<br />
L’ANPI, che si batte da sempre per la tutela della<br />
democrazia , la <strong>di</strong>fesa della Costituzione repubblicana,<br />
e soprattutto la conservazione della memoria<br />
storica., ha voluto valorizzare questo patrimonio locale<br />
<strong>di</strong> memorie del movimento repubblicano a <strong>Lucca</strong><br />
<strong>di</strong> cui <strong>Tito</strong> Strocchi rappresenta la figura più significativa<br />
e originale.<br />
Il garibal<strong>di</strong>no <strong>Tito</strong> Strocchi, poeta, avvocato, ma soprattutto<br />
patriota, come emerge dalle pagine <strong>di</strong> Enrico<br />
del Carlo, è ancora vivo e capace <strong>di</strong> coinvolgerci<br />
per l’esempio che ci trasmette <strong>di</strong> esclusiva passione<br />
politica e <strong>di</strong> partecipazione generosa e <strong>di</strong>sinteressata<br />
agli avvenimenti del nostro Risorgimento.<br />
La sua vita fu brevissima e intensissima, soprattutto<br />
<strong>il</strong>luminata dalla fede repubblicana e dalla speranza<br />
<strong>di</strong> un'Italia migliore e più libera, affrancata dal<br />
giogo della Monarchia e della Chiesa.<br />
Nella liberazione dell'Italia dai vincoli che ancora<br />
la tenevano <strong>di</strong>sunita e asservita, fu al fianco <strong>di</strong> Ga-
VITA DI T. STROCCHI<br />
VIII<br />
ribal<strong>di</strong> nell'impresa <strong>di</strong> Mentana e in Francia a Digione,<br />
per la risorta Repubblica francese, contro i Prussiani<br />
invasori.<br />
Nel 1870, come capo dell’Unione Repubblicana<br />
Universale <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, cospirò, con l'appoggio <strong>di</strong><br />
Mazzini , per la sollevazione del territorio tra <strong>Lucca</strong> e<br />
Pescia, senza successo, ma con sincero spirito <strong>di</strong> libertà.<br />
Tutti avvenimenti che, agevolmente riusciamo a leggere<br />
quasi in presa <strong>di</strong>retta, come se a narrarli fosse lo<br />
stesso <strong>Tito</strong>, soprattutto per le copiose citazioni.Vorrei<br />
anche sottolineare come nascono i miti e come la storia<br />
<strong>di</strong>mostri più continuità <strong>di</strong> quanta non ci aspetteremmo<br />
con le parole del nostro, lasciatemi <strong>di</strong>re , prode<br />
<strong>Tito</strong>:<br />
« Qual gran<strong>di</strong>osa epopea è quella del volontario<br />
italiano in questi ultimi anni <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione!…La<br />
camicia rossa sarà sempre una insegna <strong>di</strong><br />
gloria e <strong>di</strong> libertà; i fortunati che hanno potuto indossarla<br />
la mostreranno ai loro figli, raccontando<br />
loro le battaglie che essa ha vedute, lo sgomento<br />
che ha ispirato a tanti nemici. Essa ha veduta la<br />
fronte, spesso le spalle <strong>di</strong> tre eserciti. La camicia<br />
rossa sarà una veste tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> vittoria che i<br />
nostri posteri ricorderanno; essa è la uniforme dei<br />
liberi figli della patria che tutto hanno abbandonato<br />
per volare a morire in sua <strong>di</strong>fesa; essa è l’aureola<br />
dei martiri <strong>di</strong> questa terra gloriosa, è l’insegna della<br />
libertà.» 1<br />
1 <strong>Vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi, <strong>di</strong> Enrico Del Carlo, pg..XLIX, premessa<br />
all’opera postuma <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi, Lucrezia Buonvisi, Racconto<br />
storico lucchese del secolo XVI, Tipografia, E<strong>di</strong>trice del<br />
Serchio 1882, <strong>Lucca</strong>,
VITA DI T. STROCCHI<br />
E’ per questo , e in sintonia, con <strong>il</strong> movimento<br />
garibal<strong>di</strong>no, che durante la Resistenza numerose<br />
formazioni partigiane scelsero <strong>di</strong> richiamarsi nel<br />
nome alle Brigate Garibal<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui con<strong>di</strong>videvano lo<br />
spirito e i valori.<br />
<strong>Lucca</strong>, Maggio 2010<br />
Dott.ssa Paola Rossi<br />
Vicepresidente dell’A.N.P.I.,<br />
Sezione Intercomunale <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong><br />
IX
VITA DI T. STROCCHI<br />
X
VITA DI T. STROCCHI<br />
ENRICO DEL CARLO<br />
VITA<br />
DI<br />
TITO STROCCHI<br />
XI
VITA DI T. STROCCHI<br />
XII
VITA DI T. STROCCHI<br />
I.<br />
XIII<br />
Parlare convenientemente d’un amico col quale<br />
abbiamo trascorso gli anni migliori della nostra vita,<br />
morto quando <strong>il</strong> suo ingegno stava per affermarsi con<br />
opere degne <strong>di</strong> vivere ne’ ricor<strong>di</strong> non solo della sua<br />
città natale, ma nel mondo universo del pensiero e<br />
dell’arte, non è impresa da poco. Pure io mi pongo<br />
a farlo con quella fiducia che ne assicura l’amore<br />
che mi unì a lui, e che sì cara ancora mi rende<br />
la sua santa memoria. Pochi giovani ho conosciuto<br />
come lui sì pieni <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> ar<strong>di</strong>menti, sì<br />
ricchi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e <strong>di</strong> opere nob<strong>il</strong>mente pensate e<br />
compiute; e senza dubbio nessuno tanto sventurato<br />
per vicende private e pubbliche a soli trentatre anni<br />
<strong>di</strong> vita. La quale fu tutta un sacrifizio per la libertà,<br />
una lotta continua per l’esistenza; sicchè le più<br />
belle speranze della giovinezza videsele svanire a<br />
una a una, e la sua vita operosa venir meno e spengersi<br />
senz’altro compenso che la stima e l’affetto <strong>di</strong><br />
pochi. Povero amico! Che <strong>il</strong> tuo nome sia benedetto<br />
in eterno, e quel poco che io potrò scrivere <strong>di</strong>
VITA DI T. STROCCHI<br />
XIV<br />
te, porga almeno esempio efficacissimo alla gioventù<br />
italiana, del come si deve amare la patria, per lei<br />
combattere e per le sue libertà; e come soltanto una<br />
fede viva, <strong>il</strong>limitata, costante nella verità <strong>di</strong> certi<br />
principii possa render tetragoni contro la corruzione<br />
de’ tempi e gl’infingimenti de’ più!
VITA DI T. STROCCHI<br />
II.<br />
XV<br />
Nacque <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> in <strong>Lucca</strong> <strong>il</strong> 26 giugno 1846<br />
da Stefano Strocchi e da Giovanna Consolini, ambedue<br />
<strong>di</strong> modestissima famiglia romagnola, essendo<br />
Stefano <strong>di</strong> Forlì, Giovanna <strong>di</strong> Brisighella. Giovinetto<br />
frequentò con profitto la scuola <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno e <strong>di</strong> architettura<br />
nell’accademia lucchese <strong>di</strong> Belle Arti: stu<strong>di</strong>ò<br />
grammatica latina e le umane lettere nelle scuole dette<br />
<strong>di</strong> santa Maria nera, dove per la povertà<br />
dell’insegnamento che vi impartivano i Chierici della<br />
Madre <strong>di</strong> Dio, e per la non molta sua assiduità alle<br />
lezioni imparò poco: compì gli stu<strong>di</strong> classici e apprese<br />
gli elementi <strong>di</strong> F<strong>il</strong>osofia e <strong>di</strong> Matematica nel<br />
patrio Liceo.<br />
Fino a que’ primi anni però dette prova <strong>di</strong> avere<br />
un ingegno svegliato, pronto, e molta <strong>di</strong>sposizione<br />
alla poesia; ciò che lo indusse assai per tempo a scrivere<br />
versi con una fac<strong>il</strong>ità e varietà <strong>di</strong> metro sorprendente,<br />
con una vivezza <strong>di</strong> immagini e forza <strong>di</strong> sentimento<br />
poco comuni ne’ giovani della sua età; frutto<br />
ricavato da’ nostri migliori poeti, che leggeva del<br />
continuo e con molto piacere. « L’arte mi mancherà,<br />
scriveva egli <strong>di</strong> que’ giorni, mi mancherà tutto<br />
ciò che può fare <strong>di</strong> me un poeta, sì che io non sarò al-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XVI<br />
tro che un ignorato scrittore, nè mai avrò fama fuor<br />
che ne’ miei sogni: ma pure <strong>il</strong> genio che mi ha dato<br />
la natura io mel riconosco: per me basta <strong>il</strong> trovarmi<br />
nel s<strong>il</strong>enzio della solitu<strong>di</strong>ne, perché tolga un foglio e<br />
scriva; me la veduta <strong>di</strong> una campagna trasporta, me <strong>il</strong><br />
s<strong>il</strong>enzio <strong>di</strong> una placida notte inebria(1)… ».<br />
Ricco <strong>di</strong> cuore e <strong>di</strong> fantasia, ugualmente presto<br />
si svegliò in lui l’amor <strong>di</strong> patria; e se non gli<br />
fosse stato d’impe<strong>di</strong>mento la troppo giovane età,<br />
si sarebbe certo trovato a combattere tra i volontari<br />
garibal<strong>di</strong>ni nel mezzogiorno d’Italia nel 1860. E nel<br />
1862 fu la catastrofe d’Aspromonte che gli troncò a<br />
mezzo i suoi più be’ sogni. « Verso la metà del mese<br />
d’agosto, egli scrive, anzi prima, i giornali, i<br />
fogli pubblici incominciarono a parlare del generale<br />
Giuseppe Garibal<strong>di</strong> che fatto appello agl’italiani,<br />
chiuso nel bosco <strong>di</strong> Ficuzza vicino a Palermo, or<strong>di</strong>nava<br />
i suoi volontari per marciare su Roma. Io<br />
rammentavo sempre i miei sentimenti provati nel<br />
1860, quando Garibal<strong>di</strong> era in Sic<strong>il</strong>ia, <strong>il</strong> mio <strong>di</strong>spiacere<br />
<strong>di</strong> non poterlo seguire a cagione della mia<br />
poca età; io li rammentavo e troppo, perché non<br />
pensassi alla prima occasione <strong>di</strong> correre sotto <strong>il</strong><br />
prode Generale e battermi io ancora per questa<br />
mia patria, che ho imparato ad amare fin da i miei<br />
primi anni. Per cui io unitamente a molti miei amici<br />
prefiggemmo partire appena Garibal<strong>di</strong> uscito<br />
<strong>di</strong> Sic<strong>il</strong>ia (troppo lontana per noi) s’avvicinasse a<br />
Roma. D’allora in poi quell’idea formò la natura<br />
1 Sia detto una volta per sempre. Quel che si legge <strong>di</strong><br />
virgolato in queste pagine è tolto con esattezza scrupolosa, sia<br />
pel concetto sia per la forma, da Memorie, Lettere, ed altri<br />
scritti varii del caro Estinto, ine<strong>di</strong>ti la maggior parte e meritevoli<br />
<strong>di</strong> esser pubblicati.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XVII<br />
d’ogni mio pensiero; io anelava <strong>il</strong> momento della<br />
partenza, e mi sognava la mia futura vita del<br />
campo, gravato della mia carabina in sentinella<br />
avanzata in una bella notte <strong>di</strong> autunno sui campi romani…<br />
Ohimè, la realtà troncò spietatamente tutti<br />
que’ bei sogni!.»<br />
S’iscrisse come studente <strong>di</strong> Giurisprudenza<br />
nell’Università <strong>di</strong> Pisa <strong>il</strong> 1863, e co’ migliori inten<strong>di</strong>menti,<br />
deciso proprio, com’è <strong>di</strong>ceva, <strong>di</strong> metter capo<br />
a partito, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e far bene. Ma non fu poi<br />
così; chè pochi giovani io credo, si gettaron come<br />
lui con tanta voluttà nella vita spensierata dello<br />
scolare: debiti, orgie, stravizi d’ogni sorta. Era<br />
poi così vago <strong>di</strong> promuovere avventure e <strong>di</strong> figurarvi<br />
come protagonista che a malincuore mi trattengo<br />
dal riprodurre qui qualche episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo<br />
suo periodo <strong>di</strong> scapigliatura. Tanto più che ne lasciò<br />
descritti alcuni con tanta evidenza che ce lo<br />
rappresentano tal quale egli era, con quel suo carattere<br />
franco e con quel suo spirito arrischiato che<br />
in seguito poi lo resero sempre così pronto e<br />
imperterrito <strong>di</strong>nanzi a qualsiasi pericolo. Ma oltre i<br />
limiti segnati a questo mio scritto, mi impe<strong>di</strong>scono<br />
<strong>di</strong> farlo anche certi riguar<strong>di</strong> personali che ogni<br />
scrittore onesto deve avere.<br />
Vivendo in mezzo a questo ba<strong>il</strong>amme, nessuna<br />
meraviglia pertanto che <strong>il</strong> nostro amico sentisse<br />
avvicinarsi ogni anno <strong>il</strong> tempo degli esami con<br />
rammarico e <strong>di</strong>sperasse <strong>di</strong> vincerne la prova, che<br />
poi sempre o quasi sempre vinceva, un po’ aiutato<br />
dalla fortuna e più dal suo ingegno e da quel miracolo<br />
<strong>di</strong> memoria <strong>di</strong> cui era fornito. « Ho letto sopra<br />
un giornale, sono sue parole, che una persona<br />
piangeva se vedeva delle angu<strong>il</strong>le, che un’altra
VITA DI T. STROCCHI<br />
XVIII<br />
restava confusa e <strong>di</strong>stratta alla vista dell’insalata,<br />
che un’altra se odorava delle patate versava sangue<br />
dal naso, che un guerriero valorosissimo aveva<br />
paura ad assalire un sorcio colla spada alla mano,<br />
e tante altre strane e inesplicab<strong>il</strong>i antipatie, per cui<br />
quasi quasi mi persuaderei che fosse un mio <strong>di</strong>fetto<br />
naturale questo <strong>di</strong> provare tanto orrore alla vista<br />
dei temi per l’esame. Bisogna convenire però che<br />
è un <strong>di</strong>fetto che si riscontra in molti e specialmente<br />
quando hanno assunto con isfacciata menzogna <strong>il</strong><br />
nome <strong>di</strong> studenti!».<br />
Ma questa sua avversione allo stu<strong>di</strong>o delle<br />
<strong>di</strong>scipline legali, è da lui meglio colorita con queste<br />
parole che riproduco, vera fotografia dell’animo<br />
suo in que’ giorni d’ incertezza intorno al proprio<br />
avvenire. « Ah fortuna, esclama, perché mi desti tu<br />
tanto o<strong>di</strong>o per l’applicazione noiosa, se non volevi<br />
poi darmi i mezzi per sod<strong>di</strong>sfare queste tendenze<br />
del mio animo irrequieto? Io doveva essere un artista,<br />
un comico o un musico, e allora lo stu<strong>di</strong>o non<br />
mi avrebbe prostrato. Ma le applicazioni libere del<br />
genio, cui l’anima simpatizza, dovevano solamente<br />
conoscersi da me per desiderarsi e ardentemente desiderarsi;<br />
perché io devo procurarmi uno stato certo,<br />
consentaneo ai bisogni del secolo, che mi <strong>di</strong>a<br />
dell’oro; perché bisogna che giorno per giorno io mi<br />
mantenga la vita, e non posso assicurare <strong>il</strong> mio avvenire<br />
sopra una voce del cuore che mi <strong>di</strong>ce: ribellati,<br />
vola, ma che non mi dà <strong>di</strong>plomi!... Io sento qui dentro<br />
<strong>di</strong> me dove non ci s’inganna, che io sarei un giorno<br />
più bravo comico o musico, <strong>di</strong> quello che non sarò<br />
avvocato; che dovrei soffrire per questo meno privazioni<br />
e abnegazioni. Ma che fare? la necessità mi ha<br />
condotto fin qui, posso io tornare in <strong>di</strong>etro?…Dunque
VITA DI T. STROCCHI<br />
XIX<br />
stu<strong>di</strong>a, stu<strong>di</strong>a, gettati sulle Istituzioni Imperiali; sul<br />
Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Commercio e prepara nella tua testa <strong>il</strong><br />
magazzino dei cav<strong>il</strong>li, delle chiacchiere che dovrai<br />
aprire e vuotare fra qualche anno. Stu<strong>di</strong>a, l’esame è<br />
vicino, queste pastoie che c’inceppano <strong>il</strong> volo! tuo<br />
padre, pover uomo, aspetta <strong>il</strong> buon esito del tuo esame;<br />
gli amici ti guardano; i professori che non<br />
hanno l’onore <strong>di</strong> conoscerti, quel giorno mettendosi<br />
gli occhiali sul naso ti squadreranno e attenderanno<br />
da te la rivelazione <strong>di</strong> quello che hai imparato<br />
alle loro lezioni, alle quali non sei mai stato; stu<strong>di</strong>a,<br />
perché tu senza proporzione sai più cavatine, più<br />
barcarole, più rondeaux, più côri che regole e principii<br />
<strong>di</strong> giurisprudenza; stu<strong>di</strong>a perché non potrai cantare<br />
a quei marmorei professori una melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Bellini,<br />
o recitare loro un brano <strong>di</strong> Shakespeare. Stu<strong>di</strong>erò,<br />
stu<strong>di</strong>erò…»<br />
E qui come trascinato dalla forza <strong>di</strong> que’ pensieri<br />
che ognora più lo allontanavano dalle fredde<br />
carte <strong>di</strong> scuola appena aveva fatto proposito <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>arle, con passione e verità ci r<strong>il</strong>eva un altro<br />
stato dell’animo suo, ci fa conoscere com’e’ sapesse<br />
poeticamente amare. Ascoltiamolo: « Che bella<br />
notte! Il cielo è sereno e trasparente come la pura<br />
onda d’un ruscello, le stelle br<strong>il</strong>lano avvolte nelle loro<br />
zone <strong>di</strong> freddo aere, misteriose, inesplicab<strong>il</strong>i come<br />
colui che le ha create. La luna è la regina del cielo;<br />
essa è là tacita, mesta, soave come un sospiro<br />
dell’anima, e inonda la terra <strong>di</strong> una luce che ci avvolge<br />
in un’aura <strong>di</strong> pensiero, d’inesplicab<strong>il</strong>e mestizia.<br />
Un lieve venticello rapito dalle onde del mare spenge<br />
gli ardori del giorno e passa, come la gioia che<br />
cancella una ruga del volto e un dolore dall’anima e<br />
fugge per non tornare mai più. Il Creatore volando
VITA DI T. STROCCHI<br />
XX<br />
<strong>di</strong> stella in stella si aggira per lo spazio immensurab<strong>il</strong>e<br />
dei Cieli rimirando con compiacenza a bellezza<br />
dell’opera sua. Il s<strong>il</strong>enzio interrotto costringe<br />
<strong>il</strong> pensiero. Io appoggiato sul davanzale della<br />
mia finestra, attratto dalla bellezza del creato, penso<br />
alla creatura. Penso a colei che nella agitazione<br />
della mente, nei palpiti del cuore, nel desio della vista,<br />
nell’ irrequieto sognare mi rivelò l’amore. Eros,<br />
dormirai tu adesso <strong>il</strong> tacito sonno della gioventù,<br />
o condotta dalla medesima simpatia che me<br />
pure trascina, starai contemplando le stelle che br<strong>il</strong>lano,<br />
la luna che attrae come avesse una misteriosa<br />
corrispondenza colle anime <strong>il</strong> firmamento che attraverso<br />
la sua limpidezza lascia quasi vedere i misteri<br />
dell’infinito?…Se tu poggiata la bella testa sul braccio<br />
can<strong>di</strong>do dormirai come <strong>il</strong> fanciullo nel grembo<br />
della madre, se confusi nella tua mente si aggireranno<br />
i sogni della giovinezza, possa questo mio pensiero,<br />
questo mio sospiro giungere tacito fino a te, ed<br />
aggirandosi intorno al tuo labbro, intorno alle tue<br />
chiome, sussurranti l’amore che mi arde, se tu invece<br />
sul tuo balcone ascolterai <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio della notte,<br />
aspettando che in lontananza si oda <strong>il</strong> gorgheggio<br />
della mia voce e l’arpeggiare della mia chitarra, voli<br />
l’anima mia presso <strong>di</strong> te, mio angelo, e colla tua si<br />
trattenga in dolce colloquio d’amore, e bassamente<br />
ti mormori quello che fino ad ora non ho ar<strong>di</strong>to<br />
io stesso palesarti, l’amore che provo, l’amore che<br />
mi agita e mi tormenta!…»<br />
S’ingannerebbe peraltro chi credesse <strong>il</strong> nostro<br />
<strong>Tito</strong> <strong>di</strong>mentico del suo dovere. No: anche fra mezzo<br />
alla più chiassosa spensieratezza, al vorticoso cozzarsi<br />
delle passioni; anche quando è trasportato nel<br />
mondo ideale de’ suoi sogni da poeta, d’artista,
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXI<br />
quando par che non viva se non che <strong>di</strong> canto e<br />
d’amore come gli uccelli, che non pensi che alla<br />
felicità <strong>di</strong> un giorno, <strong>di</strong> un’ora, <strong>di</strong> un momento, oh<br />
anche allora egli sente nel fondo dell’anima sua una<br />
voce che lo chiama alla realtà delle cose, che lo fa<br />
pensare, e pensare seriamente a casi suoi. Così egli<br />
che aveva si può <strong>di</strong>re trascorsa la vita senza gran<strong>di</strong><br />
dolori, che lungo tutto <strong>il</strong> corso della sua fanciullezza<br />
non aveva mai incontrato ostacoli serii, anzi<br />
ogni cosa gli si era presentata ridente, piacevole, lo<br />
ve<strong>di</strong>amo afflitto, mesto, sconsolato; lo ve<strong>di</strong>amo che<br />
piange e si <strong>di</strong>spera <strong>il</strong> giorno in cui gli è stato<br />
detto che non potrà più continuare i suoi stu<strong>di</strong>i.<br />
Allora, oh allora egli pensa al passato e rimpiange<br />
i giorni sprecati, e comprende tutto <strong>il</strong> male che ha<br />
fatto; vorrebbe avere stu<strong>di</strong>ato, essersi fatto onore,<br />
vorrebbe poter giustificare i sacrifizi fatti fare a<br />
suo padre e quelli che ancora dovrebbe fare. Perché<br />
è <strong>il</strong> vecchio Stefano che gli ha parlato, è suo<br />
padre che gli ha dato la triste novella. Il pover’uomo<br />
non può più mantenerlo agli stu<strong>di</strong>i,<br />
all’Università, a Pisa :ha fatto per <strong>il</strong> passato sforzi<br />
superiori a’ suoi mezzi; ha tutto tentato per vedere<br />
<strong>di</strong> continuare nel generoso e amoroso proposito, ma<br />
invano.<br />
Quale tristezza ! che sconforto ! « La vita, così<br />
scrive <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> <strong>il</strong> 23 novembre 1865, la vita ha<br />
finito <strong>di</strong> apparire un fiore dagli eterni profumi, un’<br />
alba sempre rosea, sempre seguita da un sole puro ;<br />
la vita non è più un inno continuo alla gioventù, alla<br />
spensieratezza ; <strong>il</strong> sentiero sparso <strong>di</strong> fiori è terminato,<br />
comincia l’aspra salita, ed è forza ascendere<br />
Forse sull’erto e scosceso <strong>di</strong>rupo tratto un fiore<br />
olezzerà , ma più sovente dopo un giorno <strong>di</strong> viag-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXII<br />
gio, <strong>di</strong> stenti, non troverò che una roccia dove assidermi<br />
e riposare. Giorni <strong>di</strong> spensieratezza <strong>il</strong>limitata, <strong>di</strong><br />
gioia innocente, voi avete finito per me; io non mi alzerò<br />
più cantando come l’augelletto che sa che la<br />
natura gli prepara <strong>il</strong> pasto nei campi, io non mi<br />
addormenterò più senza pensieri. La vita dell’uomo<br />
comincia colà dove per lui le necessità della vita<br />
<strong>di</strong>ventano un peso che egli deve sopportare. Mio padre<br />
ha parlato, ed io ho sentito quelle parole, che per ma la<br />
vita non era più un canto, una gioia, una corsa! … Ecco<br />
dunque terminati i miei stu<strong>di</strong>i. Adesso conosco<br />
quanto perdo nel perdere la certezza <strong>di</strong> una professione<br />
bella e lucrosa. Oh tempo perduto, o stu<strong>di</strong>i fatti ! speranze,<br />
gioie dell’avvenire come la fredda realtà del<br />
presente vi annienta in un colpo. Ed io era già certo<br />
d’essere un giorno avvocato, <strong>di</strong> farmi un nome e<br />
una posizione, e <strong>di</strong> rendere largamente a mio padre<br />
quello che per me aveva fatto. Non posso esprimere <strong>il</strong><br />
dolore, <strong>il</strong> <strong>di</strong>singanno che io provo. Dovere abbandonare<br />
gli stu<strong>di</strong>i così inoltrati e tornare come se mai avessi stu<strong>di</strong>ato!<br />
»<br />
La quasi certezza <strong>di</strong> dovere abbandonare gli<br />
stu<strong>di</strong>i universitari, <strong>il</strong> dolore, la solitu<strong>di</strong>ne, cui s’era<br />
abbandonato in que’ giorni <strong>di</strong> sconforto, fan rinascere<br />
in lui l’amore della poesia, e in essa va cercando conforto<br />
e pace. L’amore gli aveva in altri tempi ispirato<br />
de’ versi: ebbene, ora egli tutto si affatica intorno a<br />
quelle pagine sparse, e cerca e stu<strong>di</strong>a come dar loro<br />
unità <strong>di</strong> concetto per farne un unico componimento,<br />
che intitola: Due poveri cuori! … Ma checché faccia<br />
per <strong>di</strong>strarsi, per <strong>di</strong>menticare la dura sorte toccatagli,<br />
la sua mente torna sempre agli stu<strong>di</strong>i dovuti troncare<br />
a metà; la sua idea fissa è quella, come potersi procacciare<br />
<strong>il</strong> denaro necessario per tornare a Pisa e com-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXIII<br />
piervi <strong>il</strong> corso universitario. Un’idea frattanto gli balena<br />
nella mente: stampare que’ suoi versi; raccorre<br />
delle firme me<strong>di</strong>ante note <strong>di</strong> soscrizione, e quin<strong>di</strong><br />
venderli ad una lira al copia. Ma quanto quest’ idea<br />
dapprima gli sembra bella e <strong>di</strong> fac<strong>il</strong>e attuazione, altrettanto<br />
poi la crede indecorosa, <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e ad effettuarsi.<br />
Già troppo bene e’ conosceva <strong>il</strong> suo paese e i<br />
suoi concitta<strong>di</strong>ni…e non poco era tormentato dal<br />
pensiero <strong>di</strong> doversi confessare uom bisognoso <strong>di</strong> danaro<br />
e povero ! Pure <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> tornare<br />
all’Università e a’ suoi stu<strong>di</strong>i, vince in lui ogni ritegno,<br />
vola dallo stampatore, gli consegna <strong>il</strong> manoscritto,<br />
pattuisce <strong>il</strong> prezzo dell’e<strong>di</strong>zione, dà fuori le note e<br />
le raccomanda agli amici.<br />
Ma ahimè!, o<strong>di</strong> tu esclamare <strong>di</strong> lì a poco <strong>il</strong> giovane<br />
nostro poeta. « Ahimè! … Lettore, la tua mente<br />
supplisca a quello che taccio, e questa reticenza sia<br />
più eloquente <strong>di</strong> tutte le orazioni passate e future;<br />
dà a quel lamentoso ahimè tutti i suoni <strong>di</strong> dolore,<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>singanno, <strong>di</strong> pentimento e rammarico. Io sperava<br />
<strong>di</strong> guadagnare almeno cento cinquanta franchi sulla<br />
mia poesia, e temo invece <strong>di</strong> dover pagare io qualche<br />
franco per sod<strong>di</strong>sfare lo stampatore. Sono nel caso del<br />
Buffo nell’opera: Eran due e or son tre, che andando<br />
alla ruota dei trovatelli per deporvi due fanciulli se ne<br />
trova affibbiato un terzo ! M’ingegno per fare dei<br />
quattrini e invece ne perdo dei nuovi. Le firme arrivarono<br />
a trenta, e lo stampatore voleva pel suo lavoro<br />
sessanta franchi. La poesia fu stampata. Quanti la<br />
lessero mi fecero molti complimenti e rallegramenti<br />
…Ma lasciamo la questione della fama per quella<br />
dell’economia. Vedute che le firme raccolte pagavano<br />
appena la metà della somma occorrente pel tipografo,<br />
io mi detti a girare insieme qualche amico
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXIV<br />
per cercare compratori del mio libretto. Ma dopo<br />
tanti passi fatti, dopo tante um<strong>il</strong>iazioni patite, son<br />
giunto a questo, che certamente non vi guadagno<br />
un soldo, e forse dovrò rimettervi cinque o sei<br />
franchi. Ecco l’ut<strong>il</strong>e che ho tratto da tanta fatica.»<br />
Fallitagli e anche questa speranza dovè nuovamente<br />
rivolgersi al padre. Ancora un anno, gli <strong>di</strong>ce,<br />
e potrò essere dottore! Ed era vero, dacchè <strong>il</strong><br />
Ministro della Pubblica Istruzione aveva or ora risposto<br />
favorevolmente alla supplica che gli era stata<br />
in<strong>di</strong>rizzata dagli scolari <strong>di</strong> terz’anno, e aveva<br />
loro concesso <strong>di</strong> poter fare insieme col corso <strong>di</strong><br />
quart’anno anche quello <strong>di</strong> quinto e così <strong>di</strong> potersi<br />
laureare un anno prima. La qual cosa aveva sollevato<br />
non poco l’animo del nostro amico che vedeva<br />
<strong>di</strong> poter più fac<strong>il</strong>mente indurre <strong>il</strong> padre suo a<br />
fare ancora un ultimo sacrifizio per lui. Né<br />
s’ingannava, perché <strong>il</strong> buono Stefano, l’amoroso<br />
padre, vinto dalle sue preghiere secondavalo, pur<br />
conoscendo <strong>di</strong> peggiorare la propria con<strong>di</strong>zione e<br />
quella <strong>di</strong> tutta la famiglia. Quanto gli era concesso<br />
<strong>di</strong> poter fare, fece… E allora <strong>il</strong> sorriso tornò sulle<br />
labbra del nostro <strong>Tito</strong>, allora la gioia nuovamente<br />
br<strong>il</strong>lò ne’ suoi occhi; e della contentezza del figlio<br />
non fu meno lieto <strong>il</strong> padre.<br />
Rassegnatosi nuovamente all’ Università,<br />
questa volta è assiduo alle lezioni, ci trova piacere,<br />
n’è contento. Ma una grande circostanza vien purtroppo<br />
a <strong>di</strong>strarlo, e ad accorciar anche <strong>il</strong> tempo<br />
per dar gli esami. S’era a’ primi <strong>di</strong> maggio, ed egli<br />
così scriveva: « Tutti parlano <strong>di</strong> guerra, nessuno più<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, ognuno già si figura <strong>di</strong> essere sui campi<br />
dell’onore e sentire <strong>il</strong> tuono del cannone e <strong>il</strong> sib<strong>il</strong>o<br />
increscioso delle palle, nessuno pensa al giorno in
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXV<br />
cui dovrà temere non <strong>di</strong> assise bianche, ma sebbene<br />
<strong>di</strong> toghe nere, in cui le palle che lo uccideranno<br />
non saranno quelle <strong>di</strong> piombo uscite dalle canne<br />
dei cacciatori tirolesi, ma sebbene le palline nere<br />
gettate con empia mano nell’urna dai professori tiranni.<br />
Le lezioni sono pochissimo frequentate, tutti<br />
stanno a parlare <strong>di</strong> marcie e <strong>di</strong> battaglie future.<br />
Tutte le mattine alle cinque e <strong>il</strong> giorno dopo desinare<br />
ci raduniamo in gran numero e usciamo fuori<br />
<strong>di</strong> una porta ove ci esercitiamo per due o tre ore alle<br />
manovre m<strong>il</strong>itari. Io sono ascritto alla compagnia dei<br />
bersaglieri. E’ veramente una cosa che rallegra <strong>il</strong><br />
dovere un duegento giovani esercitarsi per essere<br />
forti alle prossime battaglie col nemico, tutti risoluti<br />
appena scoppi <strong>il</strong> primo colpo, a lasciare la casa,<br />
gli agi, l’ozio per andare alle fatiche del campo.<br />
Noi teniamo <strong>di</strong>etro con ansia alle notizie politiche e<br />
temiamo che la speranza non ci fugga <strong>di</strong>nanzi. Il<br />
nostro desiderio sarebbe quello <strong>di</strong> formare <strong>il</strong> battaglione<br />
universitario, e giuro a Dio che colla nostra<br />
ban<strong>di</strong>era, che portarono sì valorosamente i nostri<br />
fratelli <strong>il</strong> 1848 a Curtatone, saremmo invincib<strong>il</strong>i.<br />
Se questo battaglione non potrà farsi, i più andranno<br />
con Garibal<strong>di</strong>, coll’apostolo della libertà, col salvatore<br />
dei popoli! Io anelo quel giorno, è tanto che lo<br />
desidero. Mi abbrucìa <strong>il</strong> desio <strong>di</strong> una vita nuova, varia,<br />
piena <strong>di</strong> emozioni. Anelo trovarmi nel fuoco<br />
della mischia e conoscere me stesso in mezzo ai pericoli.<br />
Questa vita che conduciamo è una vita da<br />
oche; a noi che arde <strong>il</strong> sangue dei vent’anni abbisogna<br />
una vita <strong>di</strong> avventure, io anelo provare una<br />
qualche emozione forte, sia pure quella della paura,<br />
ma sono certo che al tuono del cannone, alla notte<br />
del fumo, al correre del sangue, al suonar delle
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXVI<br />
trombe io sentirò infuocarmisi <strong>il</strong> sangue e la rabbia<br />
corrermi per le vene santa, e allora io non<br />
sarò l’ultimo a correre colla mia carabina sopra <strong>il</strong><br />
nemico e misurarmi con uno e stenderlo a terra<br />
fra i cadaveri dei suoi compagni <strong>di</strong> catena, fra gli<br />
avanzi laceri della sua ban<strong>di</strong>era. Io anelo poter <strong>di</strong>re<br />
un giorno, se vivrò, anch’io ho fatto qualche cosa<br />
per la patria mia, io non sono indegno dei miei<br />
genitori. E se morrò? sarò morto onorato per una<br />
causa santa; e dopo i miei fratelli e mio padre, che<br />
pure nel suo dolore andrà contento <strong>di</strong> me, qualcheduno<br />
ancora mi piangerà, e piangerà sì presto<br />
reciso <strong>il</strong> fiore della mia gioventù, e crederà forse<br />
qualche speranza troncata! e lungo tempo durerà<br />
la memoria <strong>di</strong> me nel mio paese. Di questo almeno<br />
giova sperare per incontrare la morte col sorriso sul<br />
labbro; <strong>il</strong> credo che morendo con questa speranza<br />
abbia a sembrare <strong>di</strong> non morire intieramente e <strong>di</strong> lasciare<br />
sulla terra e nei luoghi a noi cari una parte<br />
dell’anima che si aggiri ove si parla <strong>di</strong> noi, e goda<br />
al suono <strong>di</strong> quei lamenti, e innocentemente si rallegri<br />
del pianto. »<br />
Però una nota domina su tutte le altre<br />
nell’armonia de’ suoi pensieri: amor <strong>di</strong> patria, entusiasmo<br />
<strong>di</strong> patriota, desiderio <strong>di</strong> gloria, ma gli affetti <strong>di</strong><br />
famiglia sono in lui sopra ogni altro potentissimi.<br />
Ecco una pagina stupenda, dettata colle lagrime agli<br />
occhi; come conchiusione <strong>di</strong> quelle testé riportate,<br />
preambolo alle future sue geste <strong>di</strong> soldato della libertà:<br />
« Povero mio padre ! qual dolore per te se<br />
morissi, per te che con tante cura mi hai allevato,<br />
che con tanti sudori hai provveduto ai miei stu<strong>di</strong>i,<br />
che hai fatto <strong>di</strong> me più <strong>di</strong> quello che <strong>il</strong> tuo dovere<br />
non chiedesse, e con tanta fatica e con tanti sacri-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXVII<br />
fici e tutto questo con amore leale e santo. Povero<br />
babbo, <strong>il</strong> solo pensiero che mi affligga, <strong>il</strong> solo pensiero<br />
che mi amareggerebbe le ultime mie ore, sarebbe<br />
<strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> te, sarebbe <strong>il</strong> vedere troncate le speranze<br />
che io ho fatte e che dovrebbero essere certezza, sarebbe<br />
<strong>il</strong> non potere io averti rimeritato,e degnamente<br />
rimeritato <strong>di</strong> tutto quello che ti devo. Ma io devo partire;<br />
innanzi a questo dovere, sacro, ed anche se tanto<br />
<strong>il</strong> dovere <strong>di</strong>sinteressato non potesse, innanzi<br />
all’orgoglio, all’amor proprio che mi tingerebbe<br />
<strong>il</strong> volto <strong>di</strong> vergogna nel mostrarmi ai conoscenti,<br />
alle donne quando gli altri fossero al campo, io giovane,<br />
io amante della patria, che mi costringerebbe a<br />
coprirmi colle mani nella faccia quando leggessi gli<br />
italiani hanno vinto , nella v<strong>il</strong>tà <strong>di</strong> non avervi avuto<br />
parte; innanzi a quel dovere, innanzi a questo<br />
onore che così impera, io non posso arrestarmi<br />
nemmeno se penso che morendo tu resterai desolato,<br />
vedendo svanire tutto quello che hai formato<br />
con tanti sacrifici. Piuttosto io pregherò mia madre,<br />
mia sorella, quelle due donne che sono lassù nel<br />
cielo, le pregherò a <strong>di</strong>fendermi per riguardo tuo,<br />
perché io possa tornare in patria non indegno del<br />
tuo nome, perché non andando io lo <strong>di</strong>sonorerei, e<br />
preparato a pormi sotto alla fatica per risparmiare<br />
te, mio buon babbo, che tanto hai per me e per i<br />
miei fratelli faticato, e far passare gli anni della<br />
tua vecchiaia contento <strong>di</strong> te, contento del tuo figlio.<br />
»<br />
Intanto i suoi stu<strong>di</strong>i, com’era naturale, procedevano<br />
lenti e interrotti dagli esercizi e delle passeggiate<br />
m<strong>il</strong>itari, alle quali non mancava mai . E in<br />
che stato d’animo poi e come preparato, si presentasse<br />
agli esami può fac<strong>il</strong>mente immaginarsi. « Il terre-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXVIII<br />
no, scriveva, mi abbrucia sotto i pie<strong>di</strong> vedendo partire<br />
i miei amici d’Università per Bari e per Barletta,<br />
ove si radunano i volontari. Non vedo l’ora<br />
d’essere sbrigato per poter partire anch’io. » Così dal<br />
15 al 24 maggio dà e fac<strong>il</strong>mente tutti gli esami<br />
speciali, ma la <strong>di</strong>sgrazia vuole che fallisca sulla tesi<br />
scritta all’esame <strong>di</strong> laurea. La qual cosa gli fu <strong>di</strong><br />
grande <strong>di</strong>spiacere, e solo <strong>il</strong> forte desio <strong>di</strong> raggiungere<br />
presto i suoi amici, potè fargli <strong>di</strong>menticare quel<br />
brutto quarto d’ora. Si che subito corse a <strong>Lucca</strong> per<br />
salutare i suoi, e <strong>il</strong> giorno dopo partiva pel campo; e<br />
<strong>il</strong> 30 era a Barletta, soldato della quattor<strong>di</strong>cesima<br />
compagnia del decimo reggimento, animato da un<br />
solo pensiero, quello <strong>di</strong> battersi; chè s’egli dovesse<br />
tornare a casa senza aver fatto alle fuc<strong>il</strong>ate, ne sarebbe<br />
addoloratissimo. Il caldo soffocante, la fatica, la<br />
fame gli stenti tutti del campo e’ sopporta con animo<br />
<strong>di</strong> vecchio soldato; e questo appunto perché sa,<br />
che ogni giorno che passa, ogni fatica superata, ogni<br />
marcia fatta lo avvicina al momento desiderato. E<br />
quando <strong>il</strong> 6 luglio sente per la prima volta parlare<br />
<strong>di</strong> possib<strong>il</strong>e armistizio <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> è <strong>di</strong> cattivo<br />
umore e male<strong>di</strong>ce alla sua sorte avversa. No, non<br />
può credere,non vuol credere all’infausta voce che<br />
circola: no, « mi vedrei, scrive, rapita quella gioia<br />
colla quale pensava ritornare a casa dopo essere<br />
scampato al pericolo della morte. Io non sarei pago<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>re: l’onore è lo stesso, poiché io ho fatto quanto<br />
ho potuto, e senza mia colpa devo tornare senza<br />
essermi battuto.» E attende con ansia nuove e più<br />
precise notizie. Ma purtroppo viene e sorprenderlo<br />
l’armistizio concluso per otto giorni, dal 26 luglio al<br />
3 agosto.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXIX<br />
Del quale ecco quel ch’egli scriveva da Salò,<br />
ed ahi! purtroppo con verità, <strong>il</strong> giorno 3 agosto, ultimo<br />
dell’armistizio:« Ormai ogni speranza è svanita<br />
come un bel sogno rotto da un secchio d’acqua che<br />
ti sia gettato sul volto da una persona che ti derida.<br />
I nostri pro<strong>di</strong> sono stati fermati dalla <strong>di</strong>plomazia,<br />
e <strong>il</strong> loro cuore ardente non ha potuto varcare<br />
quei confini. La pace è quasi sicura, l’armistizio intanto<br />
è prolungato, e a quanto <strong>di</strong>cesi le con<strong>di</strong>zioni<br />
della pace non saranno tali come dovrebbero essere<br />
state per poter perdonare loro <strong>di</strong> aver fatto<br />
cessare la guerra, poiché sembra che l’Austria<br />
ceda solamente <strong>il</strong> Veneto, restando sempre padrona<br />
del Tirolo e dell’Italia. Oh quanto entusiasmo<br />
reso inut<strong>il</strong>e, oh quanto valore incatenato <strong>di</strong> nuovo<br />
dopo aver fatto un passo. In tutti i volontari si è<br />
sparso lo scoramento, doloroso a vedersi , ma<br />
purtroppo giusto. Ognuno <strong>di</strong> noi partendo sognava<br />
battaglie piene <strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> pericoli, marcie<br />
trionfali, libertà <strong>di</strong> tutta Italia, e lontano lontano<br />
improbab<strong>il</strong>e un lieto ritorno alla casa abbandonata.<br />
Adesso quei sogni si sono d<strong>il</strong>eguati come una<br />
nube <strong>di</strong> augelli al soffiare del vento della tempesta.<br />
Si <strong>di</strong>ce che fra poco saremo congedati, ma sento<br />
che <strong>il</strong> ritorno non sarà lieto come avevo accennato…»<br />
Né le sue previsioni erano esagerate, chè la<br />
pace fu conclusa e pochi giorni dopo incominciarono<br />
le retro marcie; da Salò a Verbano, a Rocca<br />
d’Anfo, a Bergamo, a Brescia, poi a Palazzuolo, dove<br />
<strong>il</strong> 7 settembre principiarono a darsi i conge<strong>di</strong>:<br />
l’esercito garibal<strong>di</strong>no era <strong>di</strong>sciolto. Al nostro <strong>Tito</strong><br />
per altro convenne rimanere sotto le armi per un<br />
altro po’ <strong>di</strong> tempo; perchè creato ne’ primi giorni
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXX<br />
d’armistizio caporal furiere dovette essere degli ultimi<br />
a lasciare la compagnia: non ebbe <strong>il</strong> suo congedo<br />
che <strong>il</strong> dì 16. E con che ansia, con che gioia salutasse<br />
<strong>di</strong> ritorno la sua patria lo <strong>di</strong>cono queste parole:<br />
« A mano a mano che <strong>il</strong> treno si avvicina sento<br />
battermi <strong>il</strong> cuore più rapido…Finalmente vedo<br />
apparir le mura e le torri della mia città, bacio gli<br />
ultimi miei compagni, e secondo nella stazione<br />
coll’animo pieno <strong>di</strong> gioia. Sono a casa e rivedo mio<br />
padre, mia sorella, i miei fratelli…Così ha termine<br />
la mia prima campagna. « E non era un’ostentazione<br />
la sua <strong>di</strong>cendo, la mia prima campagna, però che egli<br />
sentisse già come non sarebbe mai mancato<br />
all’appello tra le f<strong>il</strong>e de’ volontari, ogni volta che ci<br />
fosse stato da combattere per la patria e per la libertà.<br />
Riavutosi dalle fatiche della campagna, egli ritorna<br />
agli stu<strong>di</strong>i interrotti, e <strong>il</strong> 28 novembre prende<br />
all’Università <strong>di</strong> Pisa la laurea in iscienze giuri<strong>di</strong>che<br />
e politico-amministrative. Il nostro <strong>Tito</strong> è dottore, e<br />
<strong>il</strong> primo periodo della sua vita, quello del giovane<br />
studente è finito, per incominciare quello<br />
dell’uomo. « Ma che cosa ho io mai imparato in<br />
quattro anni d’Università, egli si domanda? Ho<br />
imparato, risponde, ho imparato assai <strong>di</strong> quella<br />
scienza che forma veramente un uomo, e ciò molto<br />
a mie spese e molto sull’esempio degli altri, ut<strong>il</strong>e<br />
che, non può mancare a chi viva in società. Ho<br />
imparato che <strong>il</strong> giuoco è una perfida passione che<br />
rovina ogni uomo, ho imparato che amici dei quali<br />
uno veramente può far conto sono pochi, e che per<br />
contrario non bisogna fidare sul primo sorriso e<br />
sulla prima stretta <strong>di</strong> mano che qualcuno<br />
t’in<strong>di</strong>rizza; ho imparato che è molto imprudente
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXI<br />
fidare solamente sui propri pregi, ho imparato che<br />
l’ ubriacarsi oltre essere segno <strong>di</strong> poca gent<strong>il</strong>ezza è<br />
anche uno ster<strong>il</strong>e piacere che si risolve in nausea e<br />
in <strong>di</strong>spiacere,e ho imparato finalmente che anche lo<br />
stu<strong>di</strong>o delle severe <strong>di</strong>scipline può allettare e può<br />
far provare una vera sod<strong>di</strong>sfazione a chi voglia sacrificargli<br />
qualche ora <strong>di</strong> vani passatempi. Ed aggiungendo<br />
a tutto questo quel colpo d’occhio con<br />
cui si conosce l’indole <strong>di</strong> ciascuno che per la prima<br />
volta ci si presenta, scienza impossib<strong>il</strong>e a impararsi<br />
se non in pratica, quell’astuzia colla quale si è sempre<br />
pronti a guardarci da qualunque tranello che<br />
ci si tenda, quel fac<strong>il</strong>e modo <strong>di</strong> conversare proprio<br />
<strong>di</strong> un studente, io sono contento <strong>di</strong> quello che ho<br />
imparato, e <strong>di</strong>chiaro che mio padre non ha gettato<br />
i suoi danari, né io <strong>il</strong> mio tempo.» E conclude: «Però<br />
- e vorrei che queste parole leggessero tutti i padri,<br />
i quali hanno un falso modo <strong>di</strong> educare i loro<br />
figli, tenendoli segregati, - però tutte queste cose,<br />
queste cognizioni che veramente formano l’uomo<br />
non si possono imparare se non nella società, e<br />
spesse volte in quella società dalla quale poi si impara<br />
ad evitarle e a guardarsene, quando si sia<br />
bene conosciuta; e non si possono imparare se<br />
non tutto provando, tutto assaggiando: <strong>il</strong> giuoco, i<br />
debiti, le donne, l’orgia, <strong>il</strong> tra<strong>di</strong>mento degli amici<br />
e i <strong>di</strong>singanni penosi. »
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXII
VITA DI T. STROCCHI<br />
III.<br />
XXXIII<br />
Dopo la vita gaia e spensierata dello studente,<br />
dopo le fatiche del campo e i pericoli della<br />
guerra, ecco <strong>il</strong> nostro amico tornato nel seno della<br />
famiglia, alla quiete monotona del paese natio. Dottore,<br />
egli si è iscritto fra i giovani praticanti nello<br />
stu<strong>di</strong>o del professor avvocato Leonardo Martini, valente<br />
giurista; ma non potrà essere avvocato che<br />
fra quattro anni, non consentendo la legge, prima<br />
<strong>di</strong> aver fatto questo tirocinio, l’esercito <strong>di</strong> sì nob<strong>il</strong>e<br />
professione. E <strong>di</strong>co nob<strong>il</strong>e così per mo’ <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, perché<br />
in che consista la tanto vantata sua nob<strong>il</strong>tà non<br />
l’ho davvero mai saputo; l’avvocherìa è una professione<br />
come tutte le altre, e più delle altre, secondo<br />
quel ch’io vedo, scaduta. Quattro anni <strong>di</strong> pratiche<br />
poi son troppi, perché i più si stancano per le<br />
lunghe promesse coll’attender corto. E <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong><br />
più d’ogni altro dovè stancarsi, lui così ricco <strong>di</strong> fantasia,<br />
così appassionato per le arti belle, lui nato<br />
poeta e non per nulla col bernoccolo dello avvocato.<br />
Sicchè quando lo senti giurare a se stesso <strong>di</strong><br />
voler <strong>di</strong>venire ad ogni costo un buon avvocato, però<br />
che da questa professione si ripromette un comodo<br />
avvenire, e allora appunto che noi lo ve<strong>di</strong>amo<br />
quasi <strong>di</strong>menticarsi d’essere praticante nello stu<strong>di</strong>o
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXIV<br />
Martini, e finir poi col non frequentarlo più, per<br />
ridarsi tutto a’ suoi stu<strong>di</strong>i pred<strong>il</strong>etti e alle sue serenate,<br />
a’ suoi amori, dai quali chiede ispirazioni<br />
pe’ futuri suoi poetici componimenti, pe’ suoi romanzi e<br />
comme<strong>di</strong>e.<br />
Né si arresta qui; chè giovane dalle più<br />
arrischiate avventure durante <strong>il</strong> pericolo universitario;<br />
caldo <strong>di</strong> patrio amore e desideroso <strong>di</strong> combatter<br />
contro lo straniero durante la campagna del 1866, ora<br />
più che mai sente <strong>il</strong> bisogno <strong>di</strong> scegliere fra’ <strong>di</strong>versi<br />
partiti quello, cui sarà devoto, e <strong>di</strong> manifestare<br />
un’opinione. E <strong>il</strong> suo ingegno, i suoi stu<strong>di</strong>i, la sua<br />
educazione lo portano abbracciare spontaneamente<br />
<strong>il</strong> partito repubblicano. « Però, egli <strong>di</strong>ce; io non<br />
voglio col pretesto d’esser tale osteggiare qualunque<br />
cosa alle mie opinioni contraria, quando anche<br />
giovi alla patria mia. Per me la Repubblica è un santo<br />
ideale che mi adoprerò con tutte le mie forze a realizzare,<br />
le mie opinioni saranno sempre le opinioni<br />
libere, generose del repubblicano; io mi voterò anima<br />
e corpo al bene del popolo <strong>di</strong> cui faccio parte,<br />
<strong>di</strong> quella onesta parte del popolo che soffre, lavora e<br />
si batte per la patria. Sventuratamente i miei mezzi<br />
saranno troppo insufficienti al grande scopo, ma io<br />
non abbandonerò mai quella causa che io sento<br />
esser quella verso cui si slancia l’anima mia.»<br />
E fu appunto <strong>di</strong> questi giorni che costituitosi<br />
anche in <strong>Lucca</strong> un comitato Italo-Ellenico per raccogliere<br />
soccorsi agl’insorti Can<strong>di</strong>otti, che lottavano<br />
eroicamente per liberarsi dalla schiavitù degli<br />
Ottomani, si strinse fra noi amicizia; dacchè<br />
entrambi se ne faceva parte come segretari; amicizia<br />
che nata non per mera combinazione <strong>di</strong> casi,<br />
non per interesse personale, ma per corrispondenza
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXV<br />
d’idee e <strong>di</strong> sentimenti, per accordo <strong>di</strong> principii e <strong>di</strong><br />
fede in un comune ideale, non venne mai meno, quantunque<br />
poi non sempre ci trovassimo d’accordo nella<br />
scelta de’ mezzi per conseguirlo.<br />
Difatti da in<strong>di</strong> in poi, egli non fa più nulla<br />
che io non ne sia messo a parte; non scrive un<br />
verso, non una pagina <strong>di</strong> prosa, se prima non ne ha<br />
parlato meco lungamente. Noi nutriamo lo stesso<br />
amore per l’arte, come la stessa avversione per<br />
l’avvocatura, quantunque datisi entrambi a questa<br />
professione. Delle varie forme dell’arte, noi preferiamo<br />
la drammatica; <strong>il</strong> teatro è <strong>il</strong> nostro tema pred<strong>il</strong>etto.<br />
Ma se uguale è l’amore, la passione che ci<br />
governa e ci fa passare veri giorni <strong>di</strong> speranza e<br />
d’<strong>il</strong>lusioni, a lui solo però son concesse ale così<br />
potenti da volare a certe l’altezze senza precipitare!<br />
Frattanto ha ideato <strong>di</strong> scrivere una Comme<strong>di</strong>a,<br />
con animo d’inviarla al concorso aperto in Firenze<br />
dalla società d’incoraggiamento all’arte teatrale,<br />
concorso che si sarebbe chiuso <strong>il</strong> 30 settembre<br />
1867. Ma non ha ancora incominciato <strong>il</strong> suo lavoro<br />
che già si parla <strong>di</strong> possib<strong>il</strong>i avvenimenti politici, i<br />
quali se si verificassero lo <strong>di</strong>strarrebbero certamente<br />
per qualche tempo da suoi stu<strong>di</strong>i; però che s’egli<br />
ama l’arte e confida <strong>di</strong> potere un giorno acquistar<br />
nome per essa, più dell’arte, più <strong>di</strong> tutto ama la patria<br />
sua, e <strong>di</strong> lieto animo, festante, lui poeta, lascia<br />
volentieri la penna per prendere <strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e. E potrebbe<br />
egli rimanere in<strong>di</strong>etro, quando si combatte per la<br />
patria? No: è la sua coscienza che gli <strong>di</strong>ce: sii<br />
soldato e combatti finché vi sarà un palmo <strong>di</strong> terra<br />
italiana in mano dello straniero, finché vi sarà<br />
parte <strong>di</strong> popolo italiano senza libertà!
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXVI<br />
Il 22 giugno infatti la spe<strong>di</strong>zione che <strong>il</strong> generale<br />
Garibal<strong>di</strong> pensava fare su Roma non era più un vago<br />
si <strong>di</strong>ce. Già i giornali ne parlavano dando notizie<br />
come questa: « Terni. Circa duecento giovani armati<br />
hanno tentato <strong>di</strong> passare <strong>il</strong> confine. Quarantasette<br />
<strong>di</strong> essi sono stati arrestati; gli altri sono sbandati.<br />
La tranqu<strong>il</strong>lità è ristab<strong>il</strong>ita al confine. » E <strong>il</strong> nostro<br />
<strong>Tito</strong> che s’era fino dal 20 <strong>di</strong>chiarato pronto a partire,<br />
ne attendeva con ansia <strong>di</strong> giorno in giorno<br />
l’or<strong>di</strong>ne, dacchè doveva far parte della sesta spe<strong>di</strong>zione,<br />
che secondo <strong>il</strong> piano che si <strong>di</strong>ceva allora<br />
stab<strong>il</strong>ito, doveva comporsi co’ volontari delle città<br />
<strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano, Bologna, Firenze, Livorno, <strong>Lucca</strong>. Le cose<br />
per altro andarono così in lungo, che egli non potè<br />
poi partire prima del 3 settembre.<br />
E in che stato d’animo <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> lasciasse<br />
anche questa seconda volta la sua famiglia,<br />
e con quai mezzi s’avventurasse ad una impresa<br />
tanto rischiosa, lasciamolo raccontare a lui stesso:<br />
« Alle cinque e un quarto io doveva partire. Mio<br />
padre dormiva , io lo svegliai perché mi aspettava<br />
dei denari necessari al viaggio e al mio mantenimento<br />
per quin<strong>di</strong>ci o venti giorni, come ci avevano<br />
detto, nel luogo ove saremmo stati condotti. Il<br />
povero mio padre alzatosi dal letto mi pose in mano<br />
una carta da cinque franchi, <strong>di</strong>cendomi che maggiore<br />
spesa non poteva fare. E purtroppo era vero. Io<br />
sentii un sudor freddo colarmi sulla fronte nel vedere<br />
quell’um<strong>il</strong>e pezzo <strong>di</strong> carta, e non ebbi coraggio<br />
<strong>di</strong> far parola. Io doveva andare a Orvieto e vivere<br />
quin<strong>di</strong>ci giorni con cinque franchi! Uno scoramento<br />
terrib<strong>il</strong>e m’invase ed atterrò d’un colpo<br />
tutto <strong>il</strong> mio entusiasmo. Mio fratello Pio, che doveva<br />
accompagnarmi al Vapore, mi chiamava perché
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXVII<br />
mi affrettassi, io strinsi la mano a mio padre,<br />
ma io era così <strong>di</strong>sperato, così avv<strong>il</strong>ito che <strong>il</strong> mio<br />
saluto a quel padre che stava per lasciare col pericolo<br />
<strong>di</strong> non riveder più, fu poco affettuoso. Non<br />
già che io questo facessi per rancore che gli serbassi<br />
pel poco danaro che mi aveva offerto, ma<br />
l’anima mia atterrata da quell’inaspettato incidente<br />
che veniva a <strong>di</strong>struggere la mia gioia con un soffio,<br />
non poteva muoversi in quell’istante. Era rimasto<br />
sbigottito, perché quei sogni che io vedeva prossimi<br />
a realizzarsi, sicuri ormai mi cadevano atterrati<br />
dalla più piccola delle avversità, la mancanza <strong>di</strong> pochi<br />
franchi, come un castello <strong>di</strong> carte da giuoco. Ed<br />
io non salutai mio padre come deve fare un figlio,<br />
che <strong>il</strong> padre abbandona, e come <strong>il</strong> mio cuore avrebbe<br />
voluto. Oh quante volte in appresso mi sono<br />
pentito, e mi sono duramente rimproverato <strong>di</strong><br />
questa mia sconoscenza, quand’io temeva <strong>di</strong> non<br />
veder più quel povero vecchio. Allora io pensava<br />
che egli certamente aveva dovuto avvertire quella<br />
mia freddezza, che aveva dovuto attribuirla forse<br />
al <strong>di</strong>spetto ingiusto in me che conoscevo le strette<br />
finanze <strong>di</strong> mio padre in quei momenti, e doveva<br />
rimproverarmi della mia sconoscenza. Uscii <strong>di</strong> casa<br />
risoluto però <strong>di</strong> non tornarvi, <strong>di</strong> partire ad ogni costo.<br />
»<br />
Così lasciava la sua famiglia. Ma poi come<br />
partire con soli cinque franchi? « Volsi <strong>il</strong> passo,<br />
continua <strong>il</strong> suo racconto, verso la stazione ove mi si<br />
aspettava, e mio fratello mi veniva <strong>di</strong>etro <strong>di</strong>mandandomi<br />
ad ogni passo perché camminassi verso<br />
<strong>il</strong> Vapore se non aveva in tasca nemmeno <strong>il</strong> quarto<br />
del valore del biglietto <strong>di</strong> una misera terza classe.<br />
Io non lo ascoltava e camminava quasi non cre-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXVIII<br />
dessi alla triste realtà, e alla miseria della mia<br />
con<strong>di</strong>zione. Mi pareva non potesse esser vera. Per<br />
fortuna che appena io giungeva alla porta della città,<br />
<strong>il</strong> Vapore partiva per Pisa e lasciava sulla strada<br />
i miei compagni che mi aspettavano, sdegnati<br />
del mio ritardo. Stab<strong>il</strong>immo allora <strong>di</strong> partire alle 8<br />
1/2. In questo tempo mi proposi <strong>di</strong> trovare dei danari.<br />
Quanto più vedeva crescere <strong>il</strong> sole, aprirsi le<br />
botteghe, io sentiva lo scoraggiamento invadermi,<br />
poichè in tutto questo destarsi <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> cose,<br />
l’orologio inesorab<strong>il</strong>e suonava le ore, e quella della<br />
partenza si avvicinava. Pio era a casa a perorare<br />
presso <strong>il</strong> Babbo la mia causa. Io ero fermo <strong>di</strong>nanzi<br />
al Caffè l’Italia e guardava, guardava se<br />
apparisser persone cui potessi domandare qualche<br />
franco.Oh la brutta ora che trascorsi! Io vedeva che<br />
per la miseria <strong>di</strong> pochi franchi, io stava per perdere<br />
la più bella giornata della mia vita, e quello fu un<br />
istante in cui più che non avessi mai fatto, imprecai<br />
alla miseria. Passò A.G. Un’idea mi sorse e lo<br />
raggiunsi. Io gli chiesi <strong>di</strong>eci franchi. Egli me li prestò<br />
senza fare una parola, ed io <strong>di</strong> cuore lo ringraziai.<br />
Poco dopo giunse Pio con altri <strong>di</strong>eci franchi.<br />
Io mi trovava così possessore <strong>di</strong> venticinque lire.<br />
Era quello che abbisognava per lanciarsi alla ventura<br />
fidando al caso. Corsi alla Stazione con viso sereno;<br />
alla peggio <strong>il</strong> viaggio era assicurato. »<br />
Giunto a Orvieto ivi stette fino alla sera del<br />
dì 7 senza incontrare ostacoli, sebbene ad ogni istante<br />
temesse d’essere arrestato; perché egli <strong>di</strong><br />
fronte al governo italiano era anche colpevole<br />
d’essersi allontanato da <strong>Lucca</strong> senza permesso, essendo<br />
come coscritto soldato <strong>di</strong> prima categoria.<br />
Laonde l’ora della partenza per passare <strong>il</strong> confine,
VITA DI T. STROCCHI<br />
XXXIX<br />
fu da lui salutata con vera gioia: lo tormentava <strong>il</strong><br />
pericolo imminente, poco o nulla curando i pericoli<br />
avvenire. Partì insieme cogli altri suoi compagni<br />
lucchesi (1) ; erano in quattro e condotti da persona<br />
pratica de’ luoghi e sicura. E ci voleva proprio<br />
tutto <strong>il</strong> fuoco, tutto l’entusiasmo <strong>di</strong> giovani ventenni<br />
amanti <strong>di</strong> avventure tanto pericolose; come quella<br />
cui volontariamente s’erano abbandonati, soldati<br />
d’una guerra santa, per sopportare tutti i <strong>di</strong>sagi <strong>di</strong><br />
una marcia a traverso monti e <strong>di</strong>rupi fino a Civita<br />
sulla via <strong>di</strong> Bagnorea, luogo destinato per loro<br />
primo as<strong>il</strong>o nello stato pontificio: a Civita, dove rimasero<br />
fino al 10, abitando in un magazzino <strong>di</strong> legnami,<br />
proprietà <strong>di</strong> un giovane del luogo. Di lì avanzaronsi<br />
poi fino a Viterbo, affidati al patriottismo<br />
d’un popolano che attendeva anch’esso con<br />
entusiasmo <strong>il</strong> giorno della riscossa: e da Viterbo<br />
fino a Soriano. E « oggi è <strong>il</strong> 15, scriveva <strong>il</strong> nostro<br />
amico, Garibal<strong>di</strong> ha promesso che nella seconda<br />
quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> settembre scoppierà la rivoluzione.<br />
Da oggi dunque comincia a decorrere <strong>il</strong> tempo e<br />
questo ci rincuora. Però, a vero <strong>di</strong>re, noi non ve<strong>di</strong>amo<br />
nessun preparativo, e questo ci spaventa. A<br />
quest’ora i fuc<strong>il</strong>i almeno dovrebbero essere introdotti,<br />
e <strong>il</strong> non veder cosa alcuna ci fa temere. La<br />
parola <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> però è sacra, e speriamo che<br />
non passeranno molti giorni che noi sentiremo le<br />
fuc<strong>il</strong>ate. »<br />
Ma intanto i giorni passavano; e sempre circondati<br />
dal mistero, i nostri ogni po’ erano costretti<br />
a cambiare <strong>di</strong> abitazione. E siffatta prigionia<br />
principiava ad essere loro insopportab<strong>il</strong>e; e più al no-<br />
(1) Erano Fabio Ragghianti, Pertinace Giannini, Enrico Giorgi.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XL<br />
stro <strong>Tito</strong>, quantunque cercasse <strong>di</strong> ingannare le lunghe<br />
ore d’ozio scrivendo versi che a suo tempo vedremo<br />
come non sieno del tutto indegni d’essere ricordati<br />
per testimoniare della sua fac<strong>il</strong>e vena <strong>di</strong><br />
poeta. Finalmente, <strong>il</strong> 23, par proprio che sia giunto <strong>il</strong><br />
momento <strong>di</strong> agire: qual che cosa si <strong>di</strong>ce esser già<br />
accaduto; ma purtroppo le notizie non danno<br />
molto a sperare, <strong>di</strong>fettando gl’insorti e <strong>di</strong> danaro<br />
e <strong>di</strong> armi. L’arresto avvenuto in Viterbo <strong>di</strong> chi si<br />
<strong>di</strong>ceva avesse in mano tutte le f<strong>il</strong>a della congiura<br />
destò in molti un po’ <strong>di</strong> scoraggiamento, tanto che<br />
si consigliava al nostro amico <strong>di</strong> tornare con tutti<br />
gli altri ad Orvieto, nessuno essendo più sicuro a<br />
Soriano ove si trovavano. Ma <strong>Tito</strong> non era uomo<br />
d’abbandonare <strong>il</strong> territorio pontificio in quel momento.<br />
Sicchè, guadagnati gli amici al parer suo, è<br />
soltanto per compiacenza verso i suoi ospiti timorosi<br />
d’esser compromessi che si allontana da Soriano<br />
per ridursi verso Bagnaia, dove si nasconde<br />
approfittando <strong>di</strong> un convento <strong>di</strong>sabitato e mezzo <strong>di</strong>roccato,<br />
deciso ormai <strong>di</strong> aspettar ivi <strong>il</strong> giorno della<br />
rivoluzione.<br />
«Arrivati al convento della Trinità, egli <strong>di</strong>ce,<br />
ci inoltrammo nei suoi sotterranei, sperando <strong>di</strong><br />
guadagnare una buca che erasi aperta nel solaio<br />
del primo piano e per la quale avremmo potuto<br />
introdurci e vivere sicuri. Ci arrampicammo l’uno<br />
sull’altro per arrivarvi, ma tutta la nostra ginnastica<br />
non fu bastante a farci pervenire a quel luogo,<br />
poiché <strong>il</strong> pavimento crollava e non poteva reggere<br />
<strong>il</strong> peso del primo che vi si afferrava. Una voce<br />
che non era umana ruppe <strong>il</strong> tetro s<strong>il</strong>enzio <strong>di</strong> quelle<br />
rovine. Per<strong>di</strong>o questo luogo è abitato, <strong>di</strong>ssi io. Con<br />
un lume ci aggirammo a cercare chi fosse <strong>il</strong> mi-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLI<br />
sterioso abitatore <strong>di</strong> quella solitu<strong>di</strong>ne. Ma quale<br />
non fu <strong>il</strong> <strong>di</strong>singanno <strong>di</strong> noi che credevamo trovarvi<br />
una specie <strong>di</strong> Han d’Islanda o un essere qualunque<br />
che ci mettesse terrore, nel vedere agitarsi per la<br />
terra due e tre maiali irritati del <strong>di</strong>sturbo che loro<br />
arrecavamo. Certamente i frati che anticamente abitavano<br />
quel convento non dovevano mostrarsi così<br />
scortesi verso i poveri viaggiatori che avessero loro<br />
chiesto un as<strong>il</strong>o per la notte. Contuttociò noi non<br />
volemmo <strong>di</strong>sturbarli più lungamente, e dopo aver<br />
tentato invano <strong>di</strong> rompere la porta del convento, alla<br />
quale solamente riuscimmo a torcere <strong>il</strong> chiavistello,<br />
ci rassegnammo a dormire sul prato, all’aria aperta.<br />
Ci sdraiammo l’uno presso dell’altro al chiarore<br />
delle stelle che scint<strong>il</strong>lavano, carezzati un poco crudamente<br />
dall’aria fredda della notte che nel settembre<br />
comincia a non essere più adatta agli accampamenti.<br />
Disgraziatamente non fu possib<strong>il</strong>e prender<br />
sonno, perché <strong>il</strong> freddo si faceva sentir troppo sulle<br />
nostre poveri carni, coperte dai leggeri vestiti da estate,<br />
che ci dovevano poi far soffrir tanto. »<br />
La fame, come suol <strong>di</strong>rsi, caccia <strong>il</strong> lupo dal<br />
bosco. E i nostri, dopo avere atteso invano per più<br />
giorni chi era solito portar loro <strong>di</strong> che vivere, essendo<br />
ormai ridotti a nutrirsi <strong>di</strong> castagne arrostite sulla<br />
bragia, decisero <strong>di</strong> abbandonare <strong>il</strong> Convento della<br />
Trinità per tornare a Orvieto, ed ivi attendere <strong>il</strong><br />
giorno in cui sarebbe scoppiata la rivoluzione. E’<br />
vero che Garibal<strong>di</strong> aveva detto che <strong>il</strong> 28 sarebbe<br />
stato <strong>il</strong> giorno desiderato, ma <strong>il</strong> 28 era giunto e nulla<br />
avevano veduto e saputo. Se non che fermatisi <strong>di</strong><br />
ritorno a Bagnaia per ivi pernottare presso persona<br />
amica, l’animo loro si rinfrancò alla notizia, che una<br />
colonna <strong>di</strong> circa ottanta garibal<strong>di</strong>ni era entrata a
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLII<br />
Bomarzo <strong>di</strong>stante sette miglia, e che all’aprir <strong>di</strong><br />
quella i carabinieri avevano abbandonato <strong>il</strong> paese. Fu<br />
per essi un momento <strong>di</strong> vera gioia; le loro speranze<br />
stavano per realizzarsi; da in<strong>di</strong> innanzi non sarebbero<br />
stati più costretti a nascondersi come lupi a vivere<br />
nelle grotte, ne’ boschi, ad evitare così la presenza<br />
<strong>di</strong> ognuno. E festanti entrarono nel paese, dove con<br />
grande ar<strong>di</strong>mento, fra mezzo ad una popolazione in<strong>di</strong>fferente,<br />
abbatterono l’arma pontificia, partendo<br />
poi per Bomarzo a raggiungere i garibal<strong>di</strong>ni.<br />
Ma quale <strong>di</strong>singanno! A Bomarzo i garibal<strong>di</strong>ni<br />
s’erano trattenuti poche ore, <strong>di</strong>retti per Soriano<br />
<strong>di</strong>stante altre otto o nove miglia. Sicchè colpiti da<br />
questa nuova e inattesa sventura, stanchi, sfiniti,<br />
riarsi dalla sete, cercan d’un’osteria, v’entrano e<br />
chiedon da bere. Non avevan peraltro ancora ricolmi<br />
i bicchieri che si accorgono d’esser caduti in<br />
bocca al lupo. Di faccia ad essi stanno seduti due sargenti<br />
<strong>di</strong> linea pontificia; vederli pagare l’oste e fuggire<br />
fu come un lampo, ma non avevan fatto ancora<br />
<strong>di</strong>eci passi che <strong>il</strong> fermi,siete in arresto! E l’essere<br />
uno <strong>di</strong> loro afferrato pel collo fu pure un momento<br />
solo. Se non che quell’uno soltanto rimase preda dei<br />
pontefici; chè <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> insiem con gli altri<br />
tre suoi compagni potè fuggire, e dopo lunga e<br />
precipitosa corsa per la campagna nascondersi entro<br />
folta macchia, ove stettero tutta la notte per riprendere<br />
<strong>il</strong> giorno <strong>di</strong> poi la strada che doveva<br />
condurli alla meta desiderata, alla ricerca della colonna<br />
Corseri. Così i giorni e le notti si succedevano;<br />
e spossati dalla fatica, bisognosi <strong>di</strong> tutto, più e<br />
più volte quasi <strong>di</strong>sperando, son lì per rinunziare<br />
all’impresa <strong>di</strong> trovare quella banda che sempre fuggiva<br />
loro <strong>di</strong>nanzi!
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLIII<br />
Siamo al 30 settembre, e <strong>il</strong> nostro amico è<br />
sempre <strong>di</strong>sperso, ramingo co’ suoi compagni. Pure,<br />
colla <strong>di</strong>sperazione nel cuore, cerca d’incorare gli altri<br />
a nuove fatiche, ripetendo loro <strong>di</strong> tanto in tanto:<br />
li troveremo! Avanti!… Sicchè riandando poi le<br />
vicende <strong>di</strong> questa campagna, ecco come ne parla: «<br />
Adesso che scrivo queste memorie, che quei giorni<br />
sono passati da molto tempo ed altre avventure<br />
hanno cancellato l’impressione delle avventure <strong>di</strong><br />
quelle, non m’è dato che ristringere in poche parole<br />
i dolori provati in quei giorni che correvamo <strong>di</strong>etro<br />
alla colonna Corseri, le ansie continue, le speranze.<br />
i <strong>di</strong>singanni, lo scoraggiamento che ci assaliva,<br />
e le nuove forze che trovavamo nel convincimento<br />
della nostra causa; ma in quei giorni quelle sensazioni<br />
ripetute, alternate, ci facevano contare le ore,<br />
l’una dopo l’altra, e sempre più lunghe, più penose,<br />
e ci faceano sembrare sempre nuove le fatiche, i<br />
dolori già provati che adesso la memoria sa <strong>di</strong>stinguere,<br />
ma che la parola non può esprimere che<br />
con una sola, con una stessa frase. Eppure <strong>il</strong> nostro<br />
umore era sempre allegro, noi eravamo più forti <strong>di</strong><br />
tutte le avversità, e con lieto animo sopportavamo <strong>il</strong><br />
nostro destino, sacrificando tutto alla santa causa<br />
per la quale c’eravamo mossi. Noi potremmo <strong>di</strong>re<br />
che abbiamo sofferto più <strong>di</strong> tutti in questa campagna<br />
<strong>di</strong> stenti, che più <strong>di</strong> tutti abbiamo sopportati i dolori<br />
lietamente, che partendo noi sapevamo <strong>di</strong> andare<br />
incontro a tutte queste fatiche, poiché adesso<br />
saremmo pronti a cominciare un’altra volta la faticosa<br />
vita che ora volge al suo termine, senza che <strong>il</strong><br />
buon esito ci abbia sod<strong>di</strong>sfatti. »<br />
Così <strong>di</strong> paese in paese. da Campina a Carbognano,<br />
a Vignarello andarono errando ancora per
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLIV<br />
due giorni, finché volle <strong>il</strong> caso che s’imbattessero<br />
in una piccola squadra <strong>di</strong> sette garibal<strong>di</strong>ni, vestiti e<br />
armati <strong>di</strong> tutto punto, i quali andavano per viveri facendo<br />
parte d’una colonna composta <strong>di</strong> trenta e più,<br />
che si trovava accampata a poca <strong>di</strong>stanza, e che<br />
andava anch’essa in cerca <strong>di</strong> quella Corseri, per<br />
formare quel primo nucleo <strong>di</strong> forze che dovevano<br />
iniziar la campagna contro i mercenari pontifici.<br />
Esultarono i nostri a questo fortunato incontro,<br />
chè se non era la colonna che da tanti giorni seguivano<br />
senza mai poterla raggiungere, erano garibal<strong>di</strong>ni<br />
e tanto loro bastava. Sicchè poi marciando<br />
uniti e con più sicure in<strong>di</strong>cazioni poteron raggiungere<br />
Corseri a Bagnarea <strong>il</strong> 4 ottobre, <strong>il</strong> giorno dopo<br />
ch’egli vi era arrivato in tempo per soccorrere i pochi<br />
garibal<strong>di</strong>ni che ivi trovavansi alle prese co’ pontifici<br />
e <strong>di</strong> questi rimaner vincitore.<br />
A Bagnarea frattanto s’andaron formando le<br />
prime compagnie, e armati vi furon quelli che ancora<br />
non erano. I garibal<strong>di</strong>ni quivi riuniti ammontavano<br />
a circa quattrocento cinquanta, e n’ebbe <strong>il</strong><br />
comando <strong>il</strong> maggiore Ravini. Né <strong>il</strong> momento <strong>di</strong> entrare<br />
in azione guerresca si fece loro attendere lungamente;<br />
e al nostro <strong>Tito</strong> non parve vero fosse<br />
suonata l’ora <strong>di</strong> fare alle fuc<strong>il</strong>ate e porre così alla<br />
prova, com’e’ <strong>di</strong>ceva, <strong>il</strong> suo coraggio. Infatti <strong>il</strong> giorno<br />
6 i papalini in numero <strong>di</strong> ben m<strong>il</strong>le duecento, con<br />
due cannoni, mossero all’attacco <strong>di</strong> Bagnorea. La<br />
lotta fu accanita; valorosamente si <strong>di</strong>fesero i nostri<br />
combattendo dalle nove antimeri<strong>di</strong>ane alle tre pomeri<strong>di</strong>ane,<br />
e valorosissimo fu <strong>il</strong> nostro amico, però<br />
che egli rimase de’ pochi che mentre i più s’erano<br />
ritirati in <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne sopraffatti dal numero e dalla<br />
superiorità delle armi, rientrati in Bagnorea tennero
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLV<br />
in<strong>di</strong>etro per oltre due ore <strong>il</strong> nemico, facendo fuoco<br />
dalla porta del paese. Erano circa una cinquantina,<br />
ma a mano a mano andarono scemando <strong>di</strong> numero,<br />
così che rimasero soltanto in sette; nè questi lasciarono<br />
<strong>il</strong> posto prima che <strong>il</strong> cannone avesse fatto<br />
breccia nelle mura<strong>di</strong> cinta e avessero bruciata<br />
l’ultima cartatuccia (1)<br />
« Ahi com’è dolorosa la fuga!, esclama <strong>il</strong> nostro<br />
valoroso amico ricordando questo fiero cimento nelle<br />
sue memorie. Fu una giornata infame pel dolore<br />
dell’ anima e per lo strapazzo del corpo. Ed io che <strong>il</strong><br />
giorno innanzi dopo avere con tanta fatica raggiunti<br />
i garibal<strong>di</strong>ni, credeva che fosse venuto <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong><br />
riposarsi e faticare allegramente, io senza avere<br />
avuto nemmeno <strong>il</strong> tempo <strong>di</strong> dormire abbastanza, era<br />
spinto a lanciarmi in balìa <strong>di</strong> una nuova marcia avventurosa<br />
e più rapida, poiché alle nostre spalle si<br />
avanzavano trionfanti i papalini. I papalini avevano<br />
vinto! Qual dolore per noi poveri <strong>di</strong>sgraziati che avevamo<br />
resistito fino all’ultimo momento!I papalini<br />
entravano gridando voci <strong>di</strong> trionfo nel paese, passando<br />
sopra i nostri morti e i nostri feriti, che noi eravamo<br />
costretti ad abbandonare, e <strong>il</strong> suono insolente<br />
delle campane ripercotendosi <strong>di</strong> monte in monte<br />
giungeva al nostro orecchio doloroso come un insulto<br />
ai poveri fuggitivi. I papalini erano entrati<br />
per quella porta sulla quale noi saremmo morti volentieri,<br />
se la nostra morte avesse potuto giovare alla<br />
causa. E frattanto noi dovevamo fuggire e senza riposo,<br />
poiché i vincitori non erano <strong>di</strong>stanti un miglio<br />
da noi, e avrebbero ben voluto inseguire colo-<br />
(1) Fra questi valorosi era un altro nostro concitta<strong>di</strong>no, Fabio Ragghianti.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLVI<br />
ro che li avevano tenuti tanto tempo lontani dal<br />
paese, con sette fuc<strong>il</strong>i; e i paesani che suonavano<br />
le campane a celebrare la loro vittoria, avrebbero<br />
ben loro insegnato <strong>il</strong> cammino dei pochi valorosi.<br />
Bisognava correre, abbandonarsi sulla rapida scena<br />
delle colline, passare i fossi, i fiumi, risalire gli alti<br />
monti faticosi, sotto i raggi del sole ardente, assetati<br />
e morenti <strong>di</strong> stanchezza, poiché dall’alba eravamo<br />
in pie<strong>di</strong> e dalle nove era cominciato <strong>il</strong> combattimento.<br />
»<br />
Avanti poveri fuggitivi; correte!… E correndo<br />
affamati, co’ pie<strong>di</strong> laceri, la sera giunsero a Castiglione<br />
dove trovarono poco più <strong>di</strong> cento compagni,<br />
fra’ quali era <strong>il</strong> maggiore Ravini, fuggiti prima <strong>di</strong><br />
loro. Ma non erano appena arrivati, non avevano<br />
appena potuto mangiare qualche cosa che fu loro<br />
forza ripartire per non rimaner soli e andare nuovamente<br />
raminghi per quelle campagne. Pur troppo<br />
però <strong>di</strong> lì a poco dovettero rimaner soli e <strong>di</strong>spersi,<br />
non avendo potuto per stanchezza seguitare gli altri<br />
tutti. Sicchè riprendendo poi <strong>il</strong> cammino a caso<br />
fra mezzo alle tenebre della notte e sotto una pioggia<br />
<strong>di</strong>rotta, si accorsero che senza saperlo avevano<br />
ripassato <strong>il</strong> confine; e fu fortuna, chè pernottarono<br />
così in una casa ospitale <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni. Il giorno<br />
<strong>di</strong> poi all’alba rientrarono sul territorio pontificio, e<br />
riuscì loro fac<strong>il</strong>e raggiungere i compagni che trovarono<br />
assai scemati <strong>di</strong> numero; non erano appena<br />
sessanta! E da capo in marcia; e ad ogni tappa<br />
sempre nuove defezioni. Una mattina poi svegliarsi<br />
dopo aver dormito a Bomarzo si contarono e non<br />
erano più <strong>di</strong> trentasette: anche molti ufficiali erano<br />
spariti. Dimodochè <strong>il</strong> 7 ottobre ridotti in esiguo<br />
numero, senza munizioni e senza danari, fu una-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLVII<br />
nime <strong>il</strong> parere <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciogliersi e rimpatriare. Deposti<br />
e nascosti i fuc<strong>il</strong>i, provvisti delle barche necessarie<br />
per passare <strong>il</strong> Tevere, sbarcano presso Giovo, dove<br />
un picchetto <strong>di</strong> linea del trentanovesimo reggimento<br />
italiano pareva che si trovasse lì apposta per riceverli<br />
e per condurli tutti in carcere ad Amelia.<br />
Era la prima volta che <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> metteva<br />
<strong>il</strong> piede in una carcere. Da Amelia furono condotti a<br />
Terni ove stettero carcerati fino al dì 11, giorno in<br />
cui fu loro r<strong>il</strong>asciato <strong>il</strong> foglio <strong>di</strong> via e data<br />
l’indennità <strong>di</strong> viaggio, perché ciascuno tornasse alle<br />
proprie case. Ma <strong>il</strong> nostro amico si trovava in così<br />
misero stato, tutto lacero e sporco che, vergognando<br />
<strong>di</strong> tornare a <strong>Lucca</strong>, si <strong>di</strong>resse a Firenze, poi a Cipollatico<br />
da certi suoi parenti, sicuro <strong>di</strong> trovar presso<br />
lor buona accoglienza, e se non denari, certo <strong>il</strong> necessario<br />
per rivestirsi e ritornare fra’ volontari,<br />
quando gli si fosse presentata un’occasione favorevole<br />
e avesse rime<strong>di</strong>ato qualche soldo scrivendo a<br />
Casa. Stette <strong>di</strong>fatti contento e accarezzato presso i<br />
suoi zii materni a Cipollatico fino a tutto <strong>il</strong> 14; due<br />
altri giorni passò poi in Firenze, dove in cambio <strong>di</strong><br />
trovare incoraggiamento ed esser secondato nel suo<br />
ardente e <strong>di</strong>sinteressato amore <strong>di</strong> ritornare alla dura,<br />
faticosa e pericolosa vita del campo, rinvenne tale<br />
freddezza e nel Comitato <strong>di</strong> soccorso per<br />
l’insurrezione romana che ivi s’era costituito, e in<br />
que’ patrioti che pure andavano per la maggiore allora<br />
in Firenze, che altri meno cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> lui, non<br />
come lui educato alla dura scuola del <strong>di</strong>singanno, e<br />
deciso ormai <strong>di</strong> sacrificare tutto anche la vita per la<br />
santa causa cui s’era dato, altri <strong>di</strong>co, sarebbe senza<br />
pensarvi su molto tornato a casa, alla vita comoda<br />
<strong>di</strong> famiglia, pago <strong>di</strong> aver fatto quello che aveva
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLVIII<br />
fatto e che non era poco. Ma <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> non<br />
ha pensava così, anzi quanti più erano gli ostacoli<br />
che incontrava, più in lui s’accresceva la brama<br />
<strong>di</strong> superali. « Ho fatto <strong>il</strong> viaggio una prima volta,<br />
senza denari e senza speranze, ho lottato contro le<br />
più dure avversità della fortuna, ho resistito, ho vinto;<br />
ebbene, e’ <strong>di</strong>ceva,lo farò una seconda volta»; e<br />
senz’indugiar più, ricevute da <strong>Lucca</strong> venti lire, partiva<br />
la sera del 17 per Terni.<br />
Le cose erano un po’ cambiate; non erano<br />
più come a’ primi <strong>di</strong> settembre. A Terni i volontari<br />
si trovavano in gran numero; <strong>il</strong> governo s’era fatto<br />
più tollerante, vedeva e non vedeva. Ivi si trovava<br />
<strong>il</strong> generale Fabrizi che organizzava i battaglioni, e<br />
a mano a mano si facevano partire pel confine.<br />
Partì <strong>il</strong> nostro amico da Terni <strong>il</strong> 19 ottobre e <strong>il</strong><br />
20 per via ebbe <strong>il</strong> suo fuc<strong>il</strong>e. Le marcie, le fatiche<br />
tutte d’una campagna eccezionale erano incominciate<br />
e soprappiù mancavano i viveri. Il 22 da<br />
Cutigliano partono per Poggio San Lorenzo, dove<br />
hanno la notizia che Garibal<strong>di</strong> è riuscito a fuggire da<br />
Caprera, ov’ era guardato a vista dalle navi italiane e<br />
che si trova a poca <strong>di</strong>stanza, a Scan<strong>di</strong>glia. Passarono<br />
<strong>il</strong> confine e si fermarono a Monte Libretti <strong>il</strong><br />
24 con or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> proseguire per Monte Rotondo,<br />
avendo Garibal<strong>di</strong> deciso l’assalto <strong>di</strong> quel paese pel<br />
giorno dopo, come <strong>di</strong>fatti avvenne, e con vittoria<br />
pei bravi nostri volontari. I quali dal fortunato successo<br />
<strong>di</strong> quella giornata si ripromettevano vicino <strong>il</strong><br />
giorno che sarebbero entrati trionfanti in Roma,<br />
unico as<strong>il</strong>o rimasto alle truppe papaline.<br />
Ecco come <strong>il</strong> valoroso nostro amico ci descrive<br />
questa gloriosa giornata pe’ volontari italiani: «<br />
Era <strong>il</strong> 25 ottobre, <strong>il</strong> giorno dell’assalto <strong>di</strong> Monte
VITA DI T. STROCCHI<br />
XLIX<br />
Rotondo. Egli non poteva più lietamente spuntare;<br />
la natura sembrava esultasse con noi. Eravamo in una<br />
macchia folta <strong>di</strong> alberi ove m<strong>il</strong>le uccelli cantavano. Il<br />
sole ne indorava le cime e ci riscaldava le membra<br />
assiderate pel freddo terrib<strong>il</strong>e della notte. Cominciammo<br />
a marciare verso Monte Rotondo. Garibal<strong>di</strong><br />
allo spuntare del giorno aveva già attaccato i papalini.<br />
Dopo una lunga marcia cominciammo a sentire<br />
le cannonate. Com’è solenne la voce del cannone<br />
per chi gli muove incontro e sente ognora più farsi<br />
vicino quel tuono, e sa che presto sarà sotto <strong>il</strong> tiro<br />
della sua mitraglia. Affrettammo la marcia varcando<br />
fosse e colline. A ogni momento ci pareva <strong>di</strong> essere<br />
in prossimità <strong>di</strong> Monte Rotondo, ma sempre si<br />
presentava invece una nuova collina da varcare.<br />
Finalmente vedemmo in lontananza Monte Rotondo<br />
e u<strong>di</strong>mmo <strong>il</strong> fuoco delle fuc<strong>il</strong>ate e quello più lento,<br />
ma più terrib<strong>il</strong>e delle cannonate…I papalini chiusi<br />
in Monte Rotondo potevano esser forse cinquecento<br />
zuavi, armati <strong>di</strong> eccellenti carabine con due cannoni.<br />
Quel numero e quelle armi erano una forza<br />
imponente per le bande garibal<strong>di</strong>ne male armate e<br />
sprovviste <strong>di</strong> cannoni, in quella posizione sì forte. I<br />
volontari che dovevano combattere a Monte Rotondo<br />
potevano essere quattrom<strong>il</strong>a o pochi più. La<br />
mattina <strong>di</strong> quel giorno erano cominciati i primi colpi.<br />
Quando noi giungemmo in vista <strong>di</strong> Monte Rotondo ci<br />
arrestammo un momento per riposarci, poi fu or<strong>di</strong>nata<br />
la marcia forzata e ci avvicinammo <strong>di</strong> gran<br />
passo. Sarà stato mezzogiorno; <strong>il</strong> sole splendeva purissimo<br />
e la giornata era calda sì, che noi sudavamo<br />
sotto quella sferza affaticati per quella marcia.<br />
Feci la comparazione fra stato dell’animo mio in<br />
quel giorno e quello che aveva sentito a Bagno-
VITA DI T. STROCCHI<br />
rea. E’ forza confessare che quel giorno io era un<br />
poco più commosso, ma la ragione è in questo, che<br />
a Bagnorea fummo assaliti ad un tratto, sicchè non<br />
avemmo tempo <strong>di</strong> pensare al pericolo, mentre a<br />
Monte Rotondo assalivamo e ad ogni passo sentivamo<br />
accrescersi <strong>il</strong> rumore delle fuc<strong>il</strong>ate e del cannone.<br />
Però io rammento con gioia quelle forti emozioni,<br />
però che in quei momenti ci sentiamo<br />
battere <strong>il</strong> cuore <strong>di</strong> un palpito generoso. L’uomo è<br />
grande nel momento della battaglia, egli sfida la morte<br />
ad ogni passo che muove e <strong>il</strong> suo volto è sorridente,<br />
è fermo <strong>il</strong> suo braccio che stringe l’arma. Io<br />
volsi un pensiero al mio paese, alla mia famiglia,<br />
a’ miei amici. La memoria me li presentò tutti<br />
quasi fossero stati veramente essi, ed io li salutai,<br />
detti loro un ad<strong>di</strong>o che poteva esser quello della<br />
morte, e fui più tranqu<strong>il</strong>lo. Io aveva tutto <strong>il</strong> tempo<br />
per prepararmi a quel combattimento, poiché esso era<br />
già in tutto <strong>il</strong> suo fuoco mentre noi ci avvicinavamo,<br />
e ad ogni passo sentivamo farsi più forte <strong>il</strong> rumore<br />
dei colpi. Giungemmo sotto <strong>il</strong> colle dove ci fermammo<br />
un poco per riposare della marcia forzata.<br />
Eravamo terrib<strong>il</strong>mente stanchi. Il sole bruciava, noi<br />
cercavamo un poco <strong>di</strong> acqua per bagnare le labbra<br />
arse. Mentre eravamo fermi in quel luogo fummo<br />
certo scoperti dai papalini, poiché ad un tratto una<br />
bomba cadde poco <strong>di</strong>stante da noi e scoppiò. Quando<br />
noi fummo a poca <strong>di</strong>stanza dalla città <strong>il</strong> fuoco<br />
era cessato. Un timore che vivamente mi agitava<br />
era la incertezza sovra <strong>il</strong> mio fratello Pio. Io credeva<br />
che egli si trovasse a quel combattimento ed<br />
ogni fuc<strong>il</strong>ata poteva esser quella che lo colpisse. Io<br />
aveva tanto timore che avendo trovato un morto al<br />
quale avevano coperto <strong>il</strong> volto con un abito mentre<br />
L
VITA DI T. STROCCHI<br />
alcuno lo <strong>di</strong>scopriva per vederlo, volgeva la faccia<br />
temendo quasi <strong>di</strong> dovervi riconoscere mio fratello. »<br />
« Cessato <strong>il</strong> fuoco ci fecero riposare. Eravamo<br />
quasi a tiro <strong>di</strong> fuc<strong>il</strong>e sotto Monte Rotondo. Colsero<br />
l’occasione per <strong>di</strong>spensarci del pane, del formaggio<br />
e del vino. Dopo <strong>il</strong> pasto ci avevano promesso <strong>di</strong><br />
condurci all’assalto, sicchè mangiammo allegramente.<br />
Dopo poco ci condussero ad una casa ove era in<br />
quel momento <strong>il</strong> generale Garibal<strong>di</strong>, pochissimo<br />
<strong>di</strong>stante dalla città. Quella casa era la v<strong>il</strong>la <strong>di</strong> un<br />
Monsignore, nella quale avevano resistito i papalini<br />
alla mattina e dalla quale erano stati respinti. I<br />
papalini si erano ritirati nel paese. Le colonne che<br />
avevano preso parte al combattimento erano la colonna<br />
Menotti, la colonna Frigeysi, e la colonna<br />
Valzanìa. I papalini dopo qualche resistenza fuori<br />
della città si erano ritirati dentro <strong>di</strong> essa, e facevano<br />
fuoco sicuri, inoffesi. I garibal<strong>di</strong>ni erano costretti<br />
ad esporsi ai loro colpi sicuri, dovendo ascendere <strong>il</strong><br />
colle. Il palazzo del Principe che da una parte, da<br />
quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro, chiude <strong>il</strong> paese, ha una porta che si<br />
apre precisamente sulla strada della campagna che<br />
sale fino a quel punto. Ad ogni tratto quella porta<br />
si apriva e si presentavano due cannoni caricati a<br />
mitraglia che <strong>di</strong>struggevano le f<strong>il</strong>e dei valorosi che<br />
si avanzavano. Ecco qual era <strong>di</strong>ventata la pugna. I<br />
papalini riparati dalle mura del palazzo e da quelle<br />
della città mostravano solamente la bocca delle loro<br />
armi e prendevano sicuramente la mira su coloro<br />
che erano forzati ad avanzarsi a passo a passo sotto<br />
quel fuoco mici<strong>di</strong>ale. Però ognora più <strong>il</strong> cerchio<br />
si stringeva e le truppe del Papa si trovavano rinserrate<br />
entro quelle mura. La casa ove noi giungemmo<br />
era circondata da molte compagnie <strong>di</strong> gari-<br />
LI
VITA DI T. STROCCHI<br />
LII<br />
bal<strong>di</strong>ni. In essa era Garibal<strong>di</strong>. Le compagnie avevano<br />
fatto i fasci d’arme intorno, e tutti si riposavano<br />
dalle fatiche della giornata. Era una bellissima<br />
vista quell’amena v<strong>il</strong>la circondata da tante armi e<br />
da tanti uomini. Il sole stava per tramontare. In<br />
quella casa ove era nascosto l’Eroe delle patrie<br />
battaglie che stava per segnare un nuovo trionfo<br />
sulla pagina delle sue vittorie, ed aggiungere<br />
un’altra stella alla sua corona, si agitava uno straor<strong>di</strong>nario<br />
movimento. Cento messaggeri giungevano,<br />
quali a piede, quali a cavallo, cento persone uscivano<br />
apportatrici <strong>di</strong> notizie, m<strong>il</strong>le uomini passeggiavano<br />
rimirando la città asse<strong>di</strong>ata, o giacevano accanto<br />
ai fasci delle armi, sulle quali <strong>il</strong> sole scint<strong>il</strong>lava<br />
cogli ultimi suoi raggi. E quei raggi <strong>il</strong>luminavano<br />
pure lietamente la cima delle case <strong>di</strong> Monte<br />
Rotondo, circondate da una selva <strong>di</strong> viti e<br />
l’estremità del palazzo del Principe e della torre<br />
entro la quale i papalini inquieti rimiravano quello<br />
asse<strong>di</strong>o che sempre più li stringeva. Intanto la notte<br />
scendeva, ma quel palazzo cupo, marmoreo si<br />
<strong>di</strong>segnava sempre nel cielo sull’altezza della sua<br />
collina, e intorno intorno si vedevano accendersi<br />
dei fuochi e si u<strong>di</strong>vano delle grida e dei canti. Che<br />
bel giorno! Come io mi sentiva felice in quella posizione<br />
avventurosa, innanzi a quella magnifica<br />
scena. Giammai città è stata asse<strong>di</strong>ata in modo così<br />
vario, così pittoresco, giammai città asse<strong>di</strong>ata, in<br />
procinto <strong>di</strong> essere teatro <strong>di</strong> una strage orrib<strong>il</strong>e, è stata<br />
così lieta, quasi sorridente. Come erano leggiadre a<br />
vedersi quelle casette incerte fra <strong>il</strong> raggio ultimo<br />
del giorno e l’ombra della notte, quella collina coperta<br />
<strong>di</strong> alberi e <strong>di</strong> viti, quei drappelli <strong>di</strong> uomini<br />
armati, tutta quella gente che si muoveva lieta e
VITA DI T. STROCCHI<br />
LIII<br />
baldanzosa, incerta <strong>di</strong> vedere <strong>il</strong> sole della <strong>di</strong>mane.<br />
Come è grande e poetico <strong>il</strong> volontario nei momenti<br />
della battaglia. Qual gran<strong>di</strong>osa epopea è quella del<br />
volontario italiano in questi ultimi anni <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione!…<br />
La camicia rossa sarà sempre una insegna<br />
<strong>di</strong> gloria e <strong>di</strong> libertà; i fortunati che hanno potuto<br />
indossarla la mostreranno ai loro figli, raccontando<br />
loro le battaglie che essa ha vedute, lo sgomento<br />
che ha ispirato a tanti nemici. Essa ha veduta la<br />
fronte, spesso le spalle <strong>di</strong> tre eserciti. La camicia<br />
rossa sarà una veste tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> vittoria che i<br />
nostri posteri ricorderanno; essa è la uniforme dei<br />
liberi figli della patria che tutto hanno abbandonato<br />
per volare a morire in sua <strong>di</strong>fesa; essa è l’aureola<br />
dei martiri <strong>di</strong> questa terra gloriosa, è l’insegna della<br />
libertà.»<br />
«Intanto che si faceva notte era ricominciato<br />
<strong>il</strong> suono <strong>di</strong> qualche fuc<strong>il</strong>ata, e più tar<strong>di</strong> si fece più<br />
spesso; i papalini non volevano stare in ozio; e dovere<br />
<strong>di</strong> cortesia comandava che loro si rispondesse. E’<br />
ben vero che per i papalini era un <strong>di</strong>vertimento lo<br />
sparare in quel luogo sicuro, certi <strong>di</strong> offendere e non<br />
essere offesi. In quella casa <strong>di</strong> cui parlo, intorno<br />
alla quale eravamo radunati, era una magnifica<br />
cantina, piena <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> botti colme <strong>di</strong> vino eccellente<br />
; una cantina degna <strong>di</strong> un monsignore. Già<br />
nella mattina i soldati più fortunati avevano penetrato<br />
nel sacro orrore <strong>di</strong> quel luogo ed erano restati<br />
ammirati innanzi a quella schiera <strong>di</strong> botti. Sulla sera<br />
si fece una generosa <strong>di</strong>spensa <strong>di</strong> quel vino. Un<br />
gran tino colmo <strong>di</strong> vino era stato recato e un ufficiale<br />
lo <strong>di</strong>spensava ai soldati.Però, guarda destino!<br />
Non ci fu caso che io potessi assaggiarne. Dopo<br />
poco mettendomi <strong>di</strong>etro a due o tre dei più audaci,
VITA DI T. STROCCHI<br />
LIV<br />
giungo a penetrare nella cantina. Credetti <strong>di</strong> aver<br />
trovato <strong>il</strong> paese della cuccagna e <strong>di</strong> non uscire se<br />
non br<strong>il</strong>lo. Ahimè! Mida moriva <strong>di</strong> fame fra i monti<br />
d’oro. Coloro che erano già nella cantina e quelli<br />
che meco vi erano entrati si accavalcavano intorno<br />
a quelle botti che potevano aprire me<strong>di</strong>ante un coltello,<br />
un ferro qualunque. Uno per aprire uno zamp<strong>il</strong>lo<br />
lasciò andare nella botte una fuc<strong>il</strong>ata. Secondo<br />
<strong>il</strong> solito io mi restava a guardare quella gente colla<br />
bocca serrata allo zamp<strong>il</strong>lo, ma non riusciva a mettermi<br />
nel loro posto. La confusione si fece così<br />
grande che furono costretti a fare uscire tutti dalla<br />
cantina, ed io me ne dovetti partire senza avere assaggiato<br />
un bicchiere <strong>di</strong> vino, dopo essere stato in<br />
mezzo a quell’abbondanza.»<br />
« Ma quella era la terra promessa; era impossib<strong>il</strong>e<br />
dover conservare <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> ciò che<br />
tanto abbondava. Altri vasi ancora <strong>di</strong> vino eccellente<br />
furono collocati sul prato. Io mi procurai un vaso e<br />
più volte tornai a empirlo. Aveva accesa la mia pipa<br />
caricata <strong>di</strong> scorze <strong>di</strong> vite; mi sedeva sull’erba al<br />
chiarore delle stelle br<strong>il</strong>lanti e vuotava la mia tazza<br />
<strong>di</strong> vino al suono delle fuc<strong>il</strong>ate che partivano dal palazzo<br />
<strong>di</strong> Monte Rotondo. Oh ch’io mi ricor<strong>di</strong> sempre<br />
<strong>di</strong> quei lieti momenti!. Quando ebbi bevuto<br />
tanto da spengere la mia sete <strong>di</strong> vino, cercai <strong>di</strong><br />
dormire un poco, essendochè fossi molto stanco, e<br />
mi rincantucciai sotto una porta per ripararmi un<br />
poco dal freddo. Ma non mi era ancora adagiato che<br />
la mia compagnia fu chiamata sotto le armi. Essa<br />
doveva andare sotto Monte Rotondo… Entrammo<br />
nel piccolo borgo che precede la porta della città.<br />
I papalini avevano serrata quella porta e barricatala,<br />
<strong>di</strong>fendendone poi <strong>il</strong> passo colle fuc<strong>il</strong>ate. Ma sul co-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LV<br />
minciare della notte furono portati dei sacchi <strong>di</strong><br />
zolfo, della legna sotto quella porta cui si attaccò<br />
<strong>il</strong> fuoco. Le fiamme si appiccarono a quella porta<br />
ferrata investendola tortuosamente e crepitando sordamente.<br />
Quand’io giunsi, la porta cadeva lasciando<br />
libero <strong>il</strong> passaggio e gli avanzi ardevano sulla<br />
soglia dando una luce fantastica a quella scena. Le<br />
prime compagnie del mio battaglione entrarono<br />
nella città a baionetta spianata, i papalini si erano<br />
ritirati e chiusi nel palazzo dal quale seguitavano<br />
<strong>il</strong> fuoco. Noi eravamo sempre fermi nel borgo dove<br />
faceva un freddo terrib<strong>il</strong>e. Verso le tre del mattino<br />
anche la mia compagnia si mosse verso <strong>il</strong> paese e<br />
allora cominciai a sentire <strong>il</strong> sib<strong>il</strong>o delle palle intorno<br />
agli orecchi. Si parlò subito <strong>di</strong> fare una barricata<br />
presso quella porta per guardarci in caso che i papalini<br />
facessero una sortita dal palazzo. Tutti si adoprarono<br />
a trovar materiali. Vorrei qui <strong>di</strong>pingere<br />
l’aspetto della città in questa notte, aspetto così pittoresco,<br />
così fantastico, ma sono certo <strong>di</strong> non poterlo<br />
fare che imperfettamente. Entrando in Monte Rotondo<br />
per quella porta incen<strong>di</strong>ata, che non rammento<br />
come si chiami, si trova una strada che<br />
conduce sopra una piazza dov’è inalzata una colonna<br />
che regge la statua non so se <strong>di</strong> un Papa o <strong>di</strong><br />
un Car<strong>di</strong>nale. La piazza è chiusa tutta all’intorno<br />
dalle case, tranne che in faccia si apre un arco<br />
che conduce ad altre contrade e a sinistra ove è<br />
una strada larga in fondo alla quale si vede una<br />
chiesa. Descrivere qual fosse l’aspetto <strong>di</strong> queste<br />
contrade è impossib<strong>il</strong>e. Esse formicolavano <strong>di</strong> persone<br />
vestite in <strong>di</strong>verse foggie, in <strong>di</strong>versi costumi.<br />
Pareva un Carnevale. I più erano a borghese,<br />
ma colla <strong>di</strong>fferenza che quell’abito aveva qualche co-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LVI<br />
sa <strong>di</strong> m<strong>il</strong>itare, <strong>di</strong> pittoresco. Chi un cappello a<br />
ban<strong>di</strong>to colle penne, chi gli stivali alla cavalleresca.<br />
Moltissimi indossavano la uniforme completa garibal<strong>di</strong>na,<br />
la camicia e <strong>il</strong> berretto, chi non aveva che<br />
l’una, chi non aveva che l’altro. Alcuni avevano<br />
l’abito delle guide <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>, altri quello dei<br />
bersaglieri, altri berretti <strong>di</strong> nuova foggia, nei quali <strong>il</strong><br />
colore che predominava era <strong>il</strong> rosso. Tutti armati<br />
<strong>di</strong> fuc<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> carabina, molti <strong>di</strong> sciabola e <strong>di</strong> pugnali.<br />
Era una varietà che stancava l’occhio. I m<strong>il</strong>le lumi<br />
sparsi per le contrade rompevano le tenebre come<br />
in una pubblica <strong>il</strong>luminazione. Sulla porta ardevano<br />
gli avanzi dell’uscio e intorno a quello alcuno si<br />
scaldava. A tutte le finestre delle case si vedeva<br />
una torcia, un lume, più lumi. I paesani sembravano<br />
tutti fuggiti, niuno si vedeva <strong>di</strong> essi, e i garibal<strong>di</strong>ni<br />
battevano a tutte le porte, tutti le aprivano per<br />
trarne dei materiali per formare la barricata. E si<br />
vedevano <strong>di</strong>scendere quali portando una trave, quali<br />
una tavola, quali un utens<strong>il</strong>e, un mob<strong>il</strong>e qualunque,<br />
quali trascinavano un birroccio e tutti radunavano<br />
quegli oggetti fuori della porta, sicchè in<br />
poco d’ora la barricata fu formata. Le grida poi, gli<br />
urli, i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>aletti d’Italia tutti adunati in quel<br />
luogo formavano una torre <strong>di</strong> Babele.»<br />
« Io mi aggirava fra quella folla col mio fuc<strong>il</strong>e<br />
in ispalla, ammirando quella scena <strong>di</strong> gioia. Spuntò<br />
<strong>il</strong> giorno e allora <strong>il</strong> fuoco si attaccò vivo. I papalini<br />
raddoppiarono le loro fuc<strong>il</strong>ate mici<strong>di</strong>ali, e noi rispondevamo<br />
vivamente. Li serrammo entro un cerchio<br />
<strong>di</strong> fuoco che sempre più si stringeva. I nostri<br />
colpi andavano perduti, poiché essi erano racchiusi<br />
nel palazzo e non facevano fuoco che dalle aperture<br />
delle finestre, ma sempre più ci avanzavamo sotto
VITA DI T. STROCCHI<br />
LVII<br />
quella fortezza. Se fossimo pervenuti a raggiungere<br />
la porta del palazzo e ad incen<strong>di</strong>arla, essi erano<br />
perduti. E nuovi garibal<strong>di</strong>ni intanto cadevano,<br />
ma gli altri sempre più si avanzavano, la vittoria era<br />
imminente. Saranno state le <strong>di</strong>eci della mattina. La<br />
colonna Menotti, da lui stesso guidata, fu quella<br />
che prima toccò la porta del palazzo. Era <strong>il</strong> momento<br />
fatale. I Papalini erano vinti, snidati dalla loro posizione.<br />
Invano aveva seguitato a tuonare <strong>il</strong> loro cannone.<br />
Allora essi si videro perduti e alzando ban<strong>di</strong>era<br />
bianca si arresero. La ban<strong>di</strong>era sventolò sulla torre<br />
del palazzo. L’allegro squ<strong>il</strong>lo della tromba suonò:<br />
cessate <strong>il</strong> fuoco. E allora fu un correre, un affollarsi<br />
tutti verso quel palazzo a <strong>di</strong>sarmare i prigionieri.<br />
La scena che ho già <strong>di</strong>pinto prese allora<br />
una tinta più viva. La gioia del trionfo, della vittoria<br />
sparsa su tutti i volti animava quella folla. I<br />
prigionieri furono tosto <strong>di</strong>sarmati e guardati. Più<br />
tar<strong>di</strong> posti in mezzo ad una scorta furono condotti al<br />
confine e consegnati nelle mani dei bersaglieri italiani…<br />
Appena suonato, cessate <strong>il</strong> fuoco, Garibal<strong>di</strong><br />
andò a prendere la consegna del palazzo. Che momento!<br />
Una banda lo precedeva suonando l’inno,<br />
quell’inno <strong>di</strong>ventato <strong>il</strong> canto della battaglia e della<br />
libertà, egli, <strong>il</strong> Generale, era a cavallo, sorridente,<br />
felice, circondato da Canzio e da suo figlio Menotti.<br />
Aveva in capo un cappello alla calabrese, addosso<br />
aveva una specie <strong>di</strong> giacchetta <strong>di</strong> colore cenerino<br />
e al collo un fazzoletto a varii colori. Non aveva<br />
armi. Io sentii nel vederlo quella emozione che già<br />
aveva provato vedendolo a Salò e a Nozza, e che ho<br />
sempre provato quando l’ho veduto in seguito. Mi<br />
sentiva gonfiare <strong>il</strong> cuore dalla gioia, quasi spuntare<br />
le lagrime agli occhi…Il 26 ottobre sarà un giorno
VITA DI T. STROCCHI<br />
LVIII<br />
che io sempre nella mia vita rammenterò, un giorno<br />
<strong>di</strong> gioia generosa, <strong>di</strong> esultanza vera.»<br />
A Roma! Questo era <strong>il</strong> grido, o per meglio<br />
<strong>di</strong>re <strong>il</strong> voto che i garibal<strong>di</strong>ni emettevano dopo la vittoria<br />
riportata a Monte Rotondo. Infatti <strong>il</strong> giorno 28<br />
fu dato l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> partire e prender la via che<br />
conduce all’ eterna città. Garibal<strong>di</strong>, secondo la sua<br />
tattica, non perdeva tempo. E col cuore caldo<br />
d’entusiasmo e la mente piena delle antiche memorie<br />
<strong>il</strong> valoroso soldato, <strong>il</strong> bravo nostro poeta marciava su<br />
quella via e « mi sembrava, egli <strong>di</strong>ce, una marcia trionfale.»<br />
Il 28 i garibal<strong>di</strong>ni si son già <strong>di</strong> molto avanzati,<br />
quali si trovano, e tra questi <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>,<br />
a Castel Giub<strong>il</strong>eo, quali fino a V<strong>il</strong>la Spada, tutti più<br />
o meno accampati su que’ colli in buone posizione<br />
strategiche; e Garibal<strong>di</strong> è con loro. Vi rimangono<br />
<strong>il</strong> 29 e <strong>il</strong> 30; quando alla sera <strong>di</strong> questo<br />
giorno con meraviglia <strong>di</strong> tutti, poiché erano ignari<br />
affatto <strong>di</strong> quel che accadeva per manco <strong>di</strong> notizie,<br />
s’ebbero l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> dovere abbandonare que’ luoghi<br />
per tornare a Monte Rotondo, dove restaron poi<br />
fino al 3 novembre, giorno memorab<strong>il</strong>e in cui<br />
l’impero napoleonico doveva macchiarsi con una<br />
nuova infamia, e <strong>il</strong> governo italiano, suo schiavo,<br />
rendergli quasi gli onori <strong>di</strong> casa. Tanto può esser v<strong>il</strong>e<br />
un governo che non ha la coscienza del suo dovere,<br />
e quin<strong>di</strong> non sente l’orgoglio della sua nazionalità!<br />
La mattina del 3 novembre però chi fosse<br />
passato dalla strada che da Monte Rotondo prosegue<br />
per Mentana, avrebbe veduto tutto <strong>il</strong> piccolo esercito<br />
garibal<strong>di</strong>no schierato lungo quella via; non più <strong>di</strong><br />
quattro m<strong>il</strong>a cinquecento uomini, con due soli cannoni,<br />
pe’ quali non si avevano che settanta colpi! Messosi<br />
in marcia verso le un<strong>di</strong>ci e arrivato presso Menta-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LIX<br />
na, una guida rimasta ferita dà l’allarme. Nessuno<br />
de’ garibal<strong>di</strong>ni però crede imminente una battaglia.<br />
Sicché , che cosa è, che cosa non è? e intanto<br />
s’odono le prime fuc<strong>il</strong>ate. Ma lasciamo ancora che<br />
parli <strong>il</strong> nostro amico:<br />
« Dopo queste prime fuc<strong>il</strong>ate fu comandato <strong>di</strong><br />
abbandonare la strada e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stendersi a destra <strong>di</strong> essa<br />
sul colle. Non erano <strong>di</strong>eci minuti che <strong>il</strong> fuoco era cominciato,<br />
che già erano passati sorretti moltissimi feriti<br />
avviandosi verso Mentana. Per<strong>di</strong>o, si <strong>di</strong>sse, se sono<br />
sì pochi mirano giusto. Corremmo avanti e ci<br />
stendemmo sul colle. Allora si vide l’esercito che ci<br />
aveva assaltati. L’occhio non arrivava a scorgere tutta<br />
la linea che occupavano e si perdeva in una lunghissima<br />
schiera <strong>di</strong> calzoni rossi, fra i quali si vedeva<br />
anche <strong>il</strong> mantello bianco della cavalleria pontificia. I<br />
papalini erano seim<strong>il</strong>a, i francesi novem<strong>il</strong>a, provvisti<br />
<strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci cannoni. Noi non pensavamo però<br />
minimamente ai francesi, li scambiammo coi legionarii<br />
d’Antibo che hanno la stessa uniforme. Sul<br />
principio della battaglia però erano i soli papalini<br />
che ci avevano assaliti. Inoltrandoci sempre sulla<br />
linea <strong>di</strong> quel colle sul quale fischiavano le palle,<br />
trovammo un altro colle coperto <strong>di</strong> qualche albero.<br />
In quel punto trovammo <strong>il</strong> generale Fabrizi che ci<br />
comandò <strong>di</strong> seguitare quella linea, raggiungerne <strong>il</strong><br />
culmine e fare fuoco da quel luogo. Noi seguimmo<br />
l’or<strong>di</strong>ne e restammo in quel punto molto tempo seguitando<br />
una viva fuc<strong>il</strong>ata. La battaglia era cominciata<br />
fortunatamente. Le nostre fuc<strong>il</strong>ate e le nostre<br />
cariche facevano in<strong>di</strong>etreggiare i papalini. I volontari<br />
occuparono la posizione che essi occupavano al<br />
momento dell’attacco. I nostri due cannoni tiravano<br />
meravigliosamente. Dei soli settanta colpi che a-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LX<br />
vevamo, non uno andò perduto. Fu detto perfino<br />
dal nemico che i cannonieri erano della nostra armata<br />
regolare, tanto li maravigliò l’aggiustatezza<br />
dei loro tiri. I papalini erano vinti. Ormai noi non<br />
avremmo fatto che inseguirli fin sotto le mura <strong>di</strong><br />
Roma. Ma coloro su cui veramente si contasse per<br />
quella giornata si avanzavano intanto. I francesi si<br />
inoltrarono sul terreno della mischia stendendosi sulle<br />
due ale, armati dei loro fuc<strong>il</strong>i Chassepot.»<br />
« Sarà stato forse l’una dopo mezzogiorno<br />
quando sentimmo le prime scariche francesi. Noi non<br />
avevamo cognizione delle armi nuove. Quel fuc<strong>il</strong>e<br />
scarica cinque colpi al minuto. Nell’u<strong>di</strong>re quelle scariche<br />
così rapide, continuate, spesse che rassomigliano<br />
perfettamente al rullo <strong>di</strong> un tamburo, ci meravigliammo<br />
che i papalini le potessero fare col fuc<strong>il</strong>e<br />
or<strong>di</strong>nario. Le palle piovevano come la gran<strong>di</strong>ne,<br />
e i feriti cadevano numerosi. E in mezzo a quella<br />
fitta scarica che assordava si u<strong>di</strong>va <strong>il</strong> colpo lento,<br />
cupo, rimbombante del cannone nemico. I nostri<br />
fuc<strong>il</strong>i erano ormai inut<strong>il</strong>i. Ad un tratto io mi sentii<br />
portar via <strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e dalla mano, come urtato da una<br />
scossa violenta. Lo raccolsi; una palla aveva colpito<br />
<strong>il</strong> calcio, portandone via un scheggia. Quella era la<br />
palla destinatami. Da quel momento la battaglia<br />
era perduta. Senza un fuc<strong>il</strong>e che risponda degnamente<br />
è impossib<strong>il</strong>e resistere al fuc<strong>il</strong>e Chassepot;<br />
non si regge alla tempesta <strong>di</strong> quelle palle. Noi eravamo<br />
sempre su quel colle sparso <strong>di</strong> alberi. Le palle<br />
rompevano i rami e passavano fischiando, o si cacciavano<br />
in terra sollevando la polvere. Quanti infelici<br />
cadevano gridando: viva Garibal<strong>di</strong>. Aiutatemi!<br />
Io avrò sempre nell’anima <strong>il</strong> grido <strong>di</strong> uno che cadde<br />
gridando l’ultimo evviva e l’ultima parola <strong>di</strong> soc-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXI<br />
corso. Nessuno l’alzò. Quando tutti hanno bisogno<br />
<strong>di</strong> guardare la propria vita, nessuno si ferma a raccorre<br />
<strong>il</strong> misero che non può muoversi, ed egli<br />
chiama invano, e fa appello alla pietà <strong>di</strong> coloro<br />
che gli si sono detti amici per un istante. Un fratello<br />
però, un vero amico non abbandonerebbe <strong>il</strong> ferito,<br />
morirebbe con lui.»<br />
«Sotto quella tempesta però fu lento lo in<strong>di</strong>etreggiare<br />
dei volontari. Noi ci ritiravamo sopra Mentana,<br />
ma le schiere papaline e francesi avanzavano passo<br />
per passo. E intanto <strong>il</strong> giorno cominciava a declinare;<br />
<strong>il</strong> fuoco però era sempre vivissimo; i volontari<br />
resistettero finchè non fu persa l’ultima casa <strong>di</strong><br />
Mentana. La nostra ritirata era imminente. La mia<br />
compagnia sempre guidata dal capitano Battista si<br />
trovò all’altezza del colle che avevamo occupato, e che<br />
cominciammo a <strong>di</strong>scendere dalla parte opposta per<br />
ritirarci sopra <strong>il</strong> paese. Un infelice, era un genovese,<br />
ferito da una palla ad una gamba, gridava chiamando<br />
soccorso; nessuno si fermava per soccorrerlo.<br />
Tutti passavano e lo lasciavano steso sul suolo.<br />
Due genovesi suoi amici, e un lombardo, si fermarono<br />
e mi richiesero del mio aiuto per trasportarlo.<br />
Le compagnie intanto si allontanavano. Per un poco<br />
noi le seguitammo, ma poi fummo costretti a<br />
lasciarle allontanare, poiché <strong>il</strong> ferito voleva ad ogni<br />
tratto riposarsi, e noi pure non eravamo in grado<br />
<strong>di</strong> portarlo continuamente. Io avrei potuto fuggire<br />
con tutti, ma non volli; quel povero infelice colla<br />
sua gamba fracassata mi faceva pietà. Restai con<br />
lui. Intanto a poco a poco rimanemmo soli. Eravamo<br />
cinque compreso <strong>il</strong> ferito. Contavamo <strong>di</strong> riposarci<br />
un poco e riprendere poi la via seguita<br />
dagli altri. Frattanto più non si u<strong>di</strong>vano che poche
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXII<br />
scariche. La battaglia era vinta. I volontari si erano<br />
ritirati in Mentana e contrastavano al nemico la<br />
barricata che avevano formata sull’entrare del paese.<br />
Ma essa non tardò ad esser presa.»<br />
« Restammo forse venti minuti riposandoci.<br />
Ad un tratto, mentre pensavamo <strong>di</strong> riprendere <strong>il</strong> nostro<br />
ferito e partire, sentimmo delle voci. Ascoltammo.<br />
Erano parole francesi. Ci sdraiammo per la<br />
terra, sperando <strong>di</strong> non esser veduti, senza fare una<br />
parola. Dopo poco si vide una compagnia <strong>di</strong> soldati<br />
dai calzoni rossi avanzarsi lentamente <strong>di</strong>stesa in<br />
quadriglia. Noi non potevamo più fuggire. Che momento<br />
d’ansia fu quello! Noi non respiravamo nemmeno!<br />
Frattanto <strong>il</strong> suono <strong>di</strong> quelle voci straniere si<br />
avvicinava, e noi li vedemmo sempre più inoltrarsi.<br />
Ancora qualche passo e ci avrebbero scoperto.<br />
Oh qual dolore mi tormentava in quell’istante. Io<br />
non pensava più a me, pensava a Garibal<strong>di</strong>, pensava<br />
alla battaglia perduta, a Roma tornata in tutto <strong>il</strong><br />
potere dei pontefici. Pensava a tutti i sogni che io<br />
aveva fatti, ai desideri <strong>di</strong> tutta Italia recisi<br />
dall’evento <strong>di</strong> un giorno. Chi avrebbe creduto che<br />
quel giorno dovesse essere così funesto all’Italia?<br />
Noi eravamo vinti, ecco la conoscenza che io solamente<br />
sentiva. Garibal<strong>di</strong> era stato vinto; aveva già<br />
conosciuta la preponderanza delle forze che ci avevano<br />
vinto; ignorava però ancora che era stata la<br />
Francia quella che aveva avuto l’onore <strong>di</strong> vincere<br />
Garibal<strong>di</strong>. Intanto che in me si agitavano questi<br />
dolorosi pensieri, i francesi avanzavano. Noi u<strong>di</strong>vamo<br />
<strong>di</strong>stintamente i coman<strong>di</strong> degli ufficiali. Ci<br />
guardammo in faccia per <strong>di</strong>mandarci che cosa avessimo<br />
dovuto fare. Noi non avevamo da scegliere.<br />
Passare inosservati era ormai impossib<strong>il</strong>e, noi era-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXIII<br />
vamo prigionieri. Però non ci muovemmo. Il povero<br />
ferito tratteneva i suoi lamenti. I francesi ci scopersero<br />
e gridarono; les garibal<strong>di</strong>ens! Appena gettato<br />
questo grido si avanzarono a baionetta spianata e<br />
ci circondarono. Era una compagnia del 29° <strong>di</strong> linea.<br />
Noi non ci muovemmo. Eravamo sdraiati in terra;<br />
non facemmo altro che lasciare andare dalle mani<br />
<strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e. Dopo poco ci posero in mezzo a loro e ci<br />
portarono dove accampava <strong>il</strong> loro reggimento. Nessuno<br />
mi vanti la gent<strong>il</strong>ezza francese…Sapete <strong>di</strong> che<br />
cosa furono capaci i francesi? non già <strong>di</strong> circondarci<br />
<strong>di</strong> baionette, cosa che non mancarono <strong>di</strong> fare, ma<br />
sebbene <strong>di</strong> legarci le mani con una fune. Era già notte<br />
inoltrata. La strada tutta offriva l’aspetto <strong>di</strong> un<br />
paese conquistato da un esercito straniero. Ovunque<br />
si sentivano delle voci, dei coman<strong>di</strong>, dei suoni<br />
<strong>di</strong> tromba, e fra tutte quelle voci non una italiana.<br />
Era l’invasione straniera sotto le mura <strong>di</strong> Roma.»<br />
Così era terminata quella pugna; così <strong>il</strong> nostro<br />
amico aveva veduto volgere le sorti <strong>di</strong> quella<br />
campagna che doveva aprire alla rivoluzione, al<br />
genio della libertà le porte <strong>di</strong> quella Roma, meta e<br />
sospiro da secoli <strong>di</strong> tutte le anime gran<strong>di</strong>, libro<br />
eterno in cui a lettere <strong>di</strong> monumenti sta scritta la<br />
storia <strong>di</strong> due civ<strong>il</strong>tà. Ma fu vera gloria per gli<br />
eserciti alleati, per l’esercito Francese? La storia<br />
ha già risposto: no; e gli eventi hanno dato ragione<br />
a’ vinti. Pure è giustizia <strong>il</strong> <strong>di</strong>re che anche<br />
<strong>di</strong> que’ giorni la Francia liberale arrossì <strong>di</strong> quel<br />
simulacro <strong>di</strong> vittoria riportata dall’intrigo <strong>di</strong> Corte,<br />
dal <strong>di</strong>spotismo imperiale mascherato, sulla libertà,<br />
dalla forza contro <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto, dal tornaconto d’una<br />
<strong>di</strong>nastia pericolante contro le aspirazioni <strong>di</strong> tutta<br />
una nazione che vuole la sua capitale. Ed Engard
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXIV<br />
Quinet, <strong>il</strong> grande patriota francese così scriveva da<br />
Veytaux <strong>il</strong> 12 novembre, nove giorni dopo la battaglia<br />
<strong>di</strong> Mentana, a Garibal<strong>di</strong>: « Quando ebbi l’onore<br />
<strong>di</strong> scrivervi al Varignano ultimamente, ignorava <strong>il</strong><br />
rapporto (telegrafico) del generale francese comandante<br />
le truppe papaline e francesi a Mentana. Quale<br />
confessione gloriosa per voi la verità strappa ai<br />
vostri avversari! essi confessano che la loro presenza<br />
a Roma era urgente per salvarla. Così eglino riconoscono,<br />
e <strong>il</strong> mondo lo saprà, che senza<br />
l’invasione straniera voi avreste dato Roma<br />
all’Italia. E dal punto <strong>di</strong> vista m<strong>il</strong>itare quali confessioni<br />
terrib<strong>il</strong>i! L’esercito francese ed <strong>il</strong> pontificio<br />
avevano tutti i vantaggi: quelli del numero e<br />
dell’ organizzazione. Essi avevano numerosa artiglieria<br />
(14 pezzi), delle armi <strong>di</strong> precisione portate<br />
alla perfezione, i fuc<strong>il</strong>i ad ago, i fuc<strong>il</strong>i Chassepot.<br />
Contro sim<strong>il</strong>i forze che potevate voi opporre? Quattrom<strong>il</strong>a<br />
giovani senza istruzione m<strong>il</strong>itare, giunti <strong>di</strong><br />
recente sul campo <strong>di</strong> battaglia, senza viveri, senza<br />
provvigioni, appena armati <strong>di</strong> vecchi fuc<strong>il</strong>i <strong>di</strong> scarto<br />
e quasi rotti, senza calzatura, e avendo le comunicazioni<br />
interrotte dal governo italiano. Veracemente<br />
parlando Voi avevate sulle braccia tre eserciti. E<br />
con questi elementi che cosa avete voi fatto? Una<br />
cosa senza esempio. Voi avete opposta ferma resistenza<br />
durante tutta la giornata del tre novembre alle<br />
truppe alleate. Per loro propria confessione, malgrado<br />
tutta la superiorità schiacciante, non hanno<br />
potuto rompervi sopra alcun punto. I vostri hanno<br />
dormito sul campo <strong>di</strong> battaglia a Mentana, essi<br />
non sono stati affatto inquietati la notte. Le truppe<br />
alleate non hanno nemmeno attaccati gli avamposti.<br />
Voi avete avuto così tutta la notte per conti-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXV<br />
nuare senza esser molestati, col grosso del vostro<br />
piccolo esercito la ritirata che avevano principalmente<br />
cercato d’impe<strong>di</strong>rvi. I vostri avversari non<br />
sono dunque riusciti in nulla <strong>di</strong> ciò che volevano.<br />
La retroguar<strong>di</strong>a che voi avete lasciato in Mentana,<br />
non è stata affatto sforzata, essa si è mantenuta<br />
nella sua posizione fino all’indomani. Vedendo allora<br />
che la pugna aveva perduto <strong>il</strong> suo significato sotto<br />
i colpi <strong>di</strong> tre eserciti, non si è malgrado ciò perduta<br />
d’animo un istante, ma ha fatto una grande capitolazione<br />
regolare, onorevole. Ecco, caro e grande Garibal<strong>di</strong>,<br />
ciò che tutti <strong>di</strong>ranno in Europa della<br />
giornata <strong>di</strong> Mentana. Essa sarà ritenuta come una<br />
delle più gloriose per voi e per i vostri eroici<br />
compagni d’arme. Si vedrà l’immensa <strong>di</strong>sparità<br />
<strong>di</strong> forze, e nonostante questo, la vittoria contrastata<br />
fino all’ultimo momento . Un nucleo d’uomini,<br />
quasi senz’armi, ha tenuto in iscacco, nella rasa<br />
campagna degli alleati che avevano per sè ogni<br />
sorta <strong>di</strong> vantaggi, e <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sè due e tre potenze.<br />
Che i nostri amici siano fieri <strong>di</strong> tale giornata.<br />
Essi ne hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto. Quanto a me, la mia sola<br />
consolazione, <strong>il</strong> mio solo orgoglio è <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi vostro<br />
amico. »<br />
Il nostro amico e tutti gli altri prigionieri<br />
fatti nella giornata son condotti alla v<strong>il</strong>la Cantucci;<br />
ed ivi rinchiusi, pigiati come greggie <strong>di</strong> pecore,<br />
in poche stanze stettero fino all’alba del 4,<br />
quando posti fra mezzo a due f<strong>il</strong>e <strong>di</strong> soldati francesi<br />
e preceduti dalla cavalleria furon condotti a<br />
Roma: Oh, come <strong>di</strong>verso da quello che <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong><br />
aveva immaginato fu <strong>il</strong> suo ingresso nell’eterna città!<br />
Egli v’entrava non trionfante dopo la vittoria,<br />
ma prigioniero dopo la sconfitta, con l’anima lace-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXVI<br />
rata dal dolore e <strong>il</strong> cuore gonfio d’ira pel sorriso<br />
schernitore de’ v<strong>il</strong>i sgherri <strong>di</strong> quel potere condannato<br />
dalla civ<strong>il</strong>tà, riavutosi per poco ancora coll’ aiuto<br />
<strong>di</strong> armi straniere. Pure entrando da Porta Pia,<br />
da quella porta che pareva ormai destinata a dar<br />
passo alla rivoluzione, percorrendo la lunga via<br />
che conduce al Quirinale, poi traversando la piazza<br />
del Collegio Romano e giù giù fino al ponte<br />
Sant’Angelo, non potè fare a meno <strong>di</strong> ammirare<br />
con occhio d’artista, e d’interrogare con mente<br />
d’eru<strong>di</strong>to e appassionato cultore delle memorie patrie<br />
quei vetusti palazzi e que’ gran<strong>di</strong>osi momenti<br />
che vi s’incontrano. Vide ed ammirò l’antica mole<br />
Adriana che sovrasta <strong>il</strong> Tevere; ma là entro trovò<br />
la sua carcere. Nel castello infatti furono introdotti<br />
tutti que’ valorosi e ivi tenuti chiusi e guardati per<br />
tre giorni, fino a che non furono condotti a Civitavecchia<br />
per esser poi rinchiusi nel nuovo Bagno<br />
che era appena finito <strong>di</strong> costruire; sicchè per<br />
l’umi<strong>di</strong>tà della calce e pel fetore delle poche latrine<br />
e della paglia che serviva <strong>di</strong> giaciglio a centinaia<br />
<strong>di</strong> persone, presto quel carcere <strong>di</strong>venne insopportab<strong>il</strong>e<br />
e dannoso alla salute <strong>di</strong> molti. Ma <strong>il</strong><br />
Vicario <strong>di</strong> Cristo, una volta fatto Re, non poteva,<br />
non doveva aver pietà <strong>di</strong> coloro che avevano cercato<br />
<strong>di</strong> rapirgli <strong>il</strong> regno, fosse pure per completare<br />
l’unità d’Italia e riconquistarle la sua capitale.« Era<br />
una continua agitazione, narra <strong>il</strong> nostro prigioniero,<br />
invano io cercava <strong>di</strong> persuadermi a soffrire <strong>di</strong><br />
buon animo, argomentando che presto doveva necessariamente<br />
terminare quella situazione sognandomi<br />
<strong>il</strong> compenso delle gioie del ritorno, ma non<br />
poteva più resistere. Oh quante volte pensava a<br />
tutto quello che amava! Quante volte mi <strong>di</strong>pingeva
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXVII<br />
innanzi quelle liete, tenere scene <strong>di</strong> famiglia, <strong>di</strong> cui<br />
non poteva godere.»<br />
Come Dio volle però spuntò l’alba del 24, e i<br />
prigionieri garibal<strong>di</strong>ni che si trovavano nelle prigioni<br />
<strong>di</strong> Civitavecchia furono messi in libertà, e accompagnati<br />
cioè al confine dai soldati francesi e consegnati<br />
alla Nunziatella ad alcuni ufficiali italiani che erano<br />
lì a riceverli, per poi, fatta anche quest’ultima<br />
comparsa, tosto r<strong>il</strong>asciarli. Così <strong>il</strong> nostro amico<br />
potè nuovamente godere della tanto desiderata sua<br />
libertà e correre a <strong>Lucca</strong> in compagnia degli altri<br />
garibal<strong>di</strong>ni lucchesi per riabbracciare i suoi. « Oh<br />
qual momento, esclama, io lo rammenterò sempre;<br />
fu uno dei più belli della mia vita. Era <strong>il</strong> tramonto<br />
del 26 novembre. Non volli muovermi dal<br />
mio posto se non dentro alla stazione. Eravamo<br />
tutti ebbri <strong>di</strong> gioia. Una folla <strong>di</strong> amici ci aspettava.<br />
Fummo circondati, abbracciati, baciati, portati quasi<br />
in trionfo. Da quel luogo fino a casa non fu per<br />
me che un continuo saluto <strong>di</strong> amici, lieti <strong>di</strong> rivedermi,<br />
dopo avermi creduto morto. E giunsi a casa.<br />
Rivi<strong>di</strong> mio padre, povero vecchio! com’era lieto,<br />
mia sorella, tutti i miei fratelli….»<br />
Dirà forse taluno che ci siamo <strong>di</strong>ffusi troppo<br />
a narrare questo periodo della vita <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi;<br />
ma, checchè si <strong>di</strong>ca, non ce ne pentiamo, anzi <strong>di</strong>ciamo<br />
che lo facemmo <strong>di</strong> proposito. Perché ad ogni passo<br />
che muovevamo in compagnia <strong>di</strong> lui, sulla via<br />
che doveva condurlo a Mentana, poi prigioniero a<br />
Roma, la sua figura ingigantiva e sempre più si<br />
andava delineando e colorendo <strong>il</strong> suo carattere <strong>di</strong><br />
uomo generoso e forte. E fin qui possiam <strong>di</strong>re<br />
ch’egli non si è mai smentito, mai è caduto in contra<strong>di</strong>zione,<br />
è stato sempre eguale a sé stesso. E per
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXVIII<br />
verità noi l’abbiamo spesso sorpreso nel segreto<br />
della sua anima, solo co’ suoi pensieri; abbiamo<br />
cercato <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re la sua voce, <strong>di</strong> trascrivere le sue<br />
parole, quando era sicuro <strong>di</strong> non essere u<strong>di</strong>to da<br />
chicchessia, altro che dalla sua coscienza. E’ anzi<br />
in questi colloqui intimi con la sua coscienza che<br />
noi lo abbiam potuto indovinare e rappresentare<br />
al lettore quale egli era veramente, e tale si fu<br />
fino alla morte, come vedremo continuando nella sua<br />
vita, che d’altre geste non meno gloriose e <strong>di</strong> più<br />
tremen<strong>di</strong> dolori e sacrifici essa s’intesse. Poi, Mentana!…<br />
Oh, ma parli per noi oggi <strong>il</strong> momento che<br />
alla memoria de’ caduti in quella memorab<strong>il</strong>e giornata<br />
è stato inalzato tre<strong>di</strong>ci anni dopo in M<strong>il</strong>ano sulla<br />
piazza <strong>di</strong> santa Marta, e ci sia solo concesso <strong>di</strong> ripetere<br />
con Felice Cavallotti che ne dettò la bellissima<br />
epigrafe: quante vittorie immortali questa <strong>di</strong>sfatta<br />
oscura!
VITA DI T. STROCCHI<br />
IV.<br />
LXIX<br />
Dissi già nel corso <strong>di</strong> questo che <strong>il</strong><br />
nostro amico fino da quando partì da <strong>Lucca</strong> per la<br />
campagna <strong>di</strong> Roma, era soldato <strong>di</strong> leva e <strong>di</strong> prima<br />
categoria. Difatti dopo pochi giorni che egli era<br />
tornato in patria, ebbe la dolorosa notizia che <strong>il</strong><br />
primo dell’anno la classe del 1846, cui apparteneva,<br />
sarebbe stata chiamata sotto le armi. E <strong>il</strong> 4<br />
gennaio 1868 eccolo arruolato con destinazione<br />
Mantova, dove si trovava <strong>il</strong> settimo reggimento <strong>di</strong><br />
fanteria. Partì da <strong>Lucca</strong> <strong>il</strong> 6; né la sua partenza da<br />
casa fu lieta come tutte le altre volte: anzi quale <strong>di</strong>fferenza<br />
dalle altre due volte! Allora abbandonava gli<br />
agi della vita per le fatiche, gli stenti del campo, allora<br />
andava incontro alla morte volontario, coll’ entusiasmo<br />
nel cuore, ora invece partiva, ma forzatamente<br />
e a malincuore. Volontario garibal<strong>di</strong>no <strong>Tito</strong><br />
Strocchi era pur sempre <strong>Tito</strong> Strocchi soldato<br />
nell’esercito regolare non sarebbe stato certamente<br />
nulla più <strong>di</strong> un numero, <strong>di</strong> una macchina, <strong>di</strong> un<br />
automa. Ad<strong>di</strong>o stu<strong>di</strong>i, ad<strong>di</strong>o speranze dell’ avvenire!…<br />
Eppure vi sono degli scrittori così ingenui<br />
che hanno tentato <strong>di</strong> fare l’apologia <strong>di</strong> questa tiran-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXX<br />
nica istituzione degli eserciti permanenti in pieno<br />
secolo decimonono, secolo <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà e <strong>di</strong> libertà!<br />
No, <strong>il</strong> nostro amico non era nato per una vita siffatta.<br />
Sicchè dopo aver pensato lungamente a’ casi<br />
suoi finì col rinvenire un f<strong>il</strong> <strong>di</strong> speranza: era miope e<br />
poteva essere riformato, sebbene <strong>di</strong> questo suo <strong>di</strong>fetto<br />
non avesse mai fatto parola. Con cotesta speranza<br />
nel cuore frattanto chiese ed ottenne una nuova<br />
visita, e le ripetute prove lo allietano, ora lo rattristano.<br />
Ma i giorni passano e si annoia mortalmente<br />
e si ammala, tanto che è costretto <strong>di</strong> recarsi<br />
allo Spedale: nuovo e inau<strong>di</strong>to dolore per lui, chè<br />
fra le molte traversìe della sua vita non gli era accaduto<br />
mai <strong>di</strong> provar lo Spedale. Vi stette se<strong>di</strong>ci<br />
giorni e sempre coll’ incertezza nell’anima pel suo<br />
avvenire. Il 21 febbraio finalmente ottenne <strong>il</strong> desiderato<br />
congedo, e fu giorno <strong>di</strong> vera esultanza per<br />
lui. Sicchè riandando dopo del tempo questo periodo<br />
della sua vita scriveva:« chi può adesso descrivere<br />
la gioia piena, ineffab<strong>il</strong>e che sentii dentro <strong>di</strong><br />
me? Oh certamente io proverò poche gioie come<br />
questa. Io era congedato, libero <strong>di</strong> quella schiavitù<br />
che doveva pesare su me per bene un<strong>di</strong>ci anni!»<br />
Così ritornava a’ suoi stu<strong>di</strong>i, e volendo esser<br />
sincero <strong>di</strong>rò anche a’ suoi amori. Per altro per<br />
quanto facesse proposito <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi all’avvocatura,<br />
a quella professione che doveva procurargli <strong>il</strong> necessario<br />
alla vita, la letteratura è quella che lo vince, e ad<br />
essa consacra la maggior parte del tempo. Sente <strong>di</strong><br />
dover esser poeta, e tutto si abbandona alle sue fantasie:<br />
rivede la sua novella Berto e Lisa, e con amore<br />
tien dentro ad altri poetici componimenti. Ma<br />
non vuol essere soltanto un letterato, uno scrittore:<br />
desidera, vuol essere anche un uomo politico, un uo-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXI<br />
mo d’azione. E poiché già in molte città d’Italia dopo<br />
la infelice campagna <strong>di</strong> Roma, erano state istituite<br />
associazioni fra’ volontari, apparentemente con lo<br />
scopo del mutuo soccorso, ma in realtà pel fine <strong>di</strong><br />
non <strong>di</strong>sperdere, anzi <strong>di</strong> meglio organizzare la gioventù<br />
democratica in vista <strong>di</strong> altri possib<strong>il</strong>i avvenimenti<br />
per le presenti e per le future con<strong>di</strong>zioni politiche<br />
della patria nostra, anch’ egli si dà attorno<br />
per costituirne una in <strong>Lucca</strong>, e vi riuscì per modo,<br />
che ne tenne poi sempre o quasi sempre la presidenza,<br />
e con quell’autorità che i suoi stu<strong>di</strong>i e <strong>il</strong> suo valore<br />
gli avevan procurata.<br />
Oltre all’istituzione della società fra’ volontari,<br />
che prese poi <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> associazione fra’ Reduci<br />
dalle patrie battaglie, egli insiem con me e<br />
con pochi altri amici <strong>di</strong>visò <strong>di</strong> fondare in <strong>Lucca</strong> un<br />
giornale, cosa desiderata da molti e da molti incoraggiata.<br />
Non occorre <strong>di</strong>re che <strong>il</strong> nuovo giornale<br />
doveva essere <strong>di</strong> colore e carattere democratico. Si<br />
<strong>di</strong>scusse <strong>il</strong> programma, e sulle prime non tutti ci<br />
trovammo concor<strong>di</strong>; se tutti eravamo democratici,<br />
non tutti eravamo egualmente repubblicani. Laonde<br />
invece <strong>di</strong> un programma ne furono scritti due, e<br />
per non mandare a vuoto un’idea che tutti più o<br />
meno solleticava, convenimmo <strong>di</strong> accogliere e<br />
pubblicare dei due <strong>il</strong> meno accentuato. E <strong>di</strong> cotesto<br />
avviso prima d’ogni altro, ad eccezione <strong>di</strong> chi lo aveva<br />
scritto, fu <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>, ricordando forse <strong>il</strong><br />
proverbio: cosa fatta capo ha. Il 6 <strong>di</strong> gennaio 1869<br />
uscì <strong>il</strong> primo numero del Serchio, chè così fu intitolato<br />
<strong>il</strong> nuovo giornale lucchese. Il programma era<br />
quello che era, un programma <strong>di</strong> conc<strong>il</strong>iazione fra<br />
opinioni <strong>di</strong>verse, vale a <strong>di</strong>re una cosa assai moderata.<br />
A rinforzare la quale però pensò subito <strong>il</strong> nostro
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXII<br />
amico, scrivendo un articolo, Luce e Libertà; ispirato<br />
al più aperto razionalismo; articolo che non solo<br />
provocò una risposta anonima assai violenta dal titolo:<br />
omaggio al nuovo Messia, ma, com’era naturale<br />
urtò anche le credenze religiose <strong>di</strong> molti, e ruppe<br />
subito quell’accordo che per un momento pareva si<br />
fosse trovato fra’ componenti la redazione del Serchio,<br />
fino a farne ritirare alcuni protestando. Ciò<br />
nonostante, avendo la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>chiarato ne’ numeri<br />
successivi <strong>di</strong> non essere stato mai suo inten<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> impegnare lunghe <strong>di</strong>scussioni f<strong>il</strong>osofiche e<br />
molto meno religiose, pur lasciando piena libertà a’<br />
suoi collaboratori, se attaccati in qualche loro<br />
scritto, <strong>di</strong> tornare sull’argomento, e in ispecial modo<br />
quando col firmare l’articolo ne rimanevano essi soli<br />
moralmente responsab<strong>il</strong>i, <strong>il</strong> giornale continuò nelle<br />
sue pubblicazioni per ben cinque anni, e riuscì uno<br />
dei migliori perio<strong>di</strong>ci lucchesi e fors’anche d’Italia,<br />
interprete fedele e sincero delle dottrine morali, politiche<br />
e sociali <strong>di</strong> quel sommo intelletto che fu Giuseppe<br />
Mazzini. « Lettore costante del Serchio, scriveva<br />
<strong>il</strong> venerando Maurizio Quadrio alla <strong>di</strong>rezione <strong>il</strong><br />
24 febbraio 1873, lo considero come uno dei migliori<br />
<strong>di</strong>ari settimanali d’Italia, interprete savio e sincero<br />
delle dottrine del santo Maestro. E ho non <strong>di</strong> rado<br />
occasione <strong>di</strong> rallegrarmi, <strong>di</strong> trovarmi col Serchio in<br />
pieno accordo sopra le importanti questioni e sugli<br />
avvenimenti che vengono mano mano <strong>di</strong>scussi.»<br />
L’impianto dell’associazione de’ Reduci in<br />
<strong>Lucca</strong> e la nomina fatta da questa <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Mazzini a suo presidente onorario, aveva messo <strong>il</strong><br />
nostro amico in più stretta relazione col grande patriota,<br />
tanto che fu invitato <strong>di</strong> recarsi presso lui a<br />
Lugano ne’ giorni 21 e 22 febbraio. Ma purtroppo
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXIII<br />
non potè rispondere all’invito e sod<strong>di</strong>sfare al desiderio<br />
ardentissimo che da lungo tempo aveva <strong>di</strong> vedere<br />
l’Esule <strong>il</strong>lustre e dalla sua viva voce avere istruzioni<br />
per la causa, cui sentiva ormai <strong>di</strong> doversi<br />
consacrar tutto. Non potè andare per mancanza <strong>di</strong> danari:<br />
centocinquanta o duecento lire al più. E quanto<br />
soffrì pensando alla perduta occasione!« Io rammenterò<br />
sempre, egli <strong>di</strong>ce, questi due o tre giorni passati<br />
in agitazione continua, in orgasmo, tormentato<br />
sempre da un’idea fissa, quella del mio viaggio, addolorato<br />
sempre da un <strong>di</strong>singanno, quello della povertà<br />
delle mie finanze, ed <strong>il</strong> momento in cui ho dovuto<br />
rassegnarmi a <strong>di</strong>re. pazienza!…Eppure ciò non<br />
mi sembrava possib<strong>il</strong>e. Come, <strong>di</strong>ceva io, quando mi<br />
si presenta l’occasione che da tanto tempo desiderava<br />
ardentemente, quando io possa essere superbo <strong>di</strong> parlare<br />
al più grande citta<strong>di</strong>no d’Italia, <strong>di</strong> presentarmi a<br />
lui, <strong>di</strong> strigere la sua mano, <strong>di</strong> tornare portatore dei<br />
suoi consigli, dei suoi ammaestramenti per adoperarmi<br />
in pro della causa <strong>di</strong> cui sarò non ultimo campione,<br />
dovrò io privarmi <strong>di</strong> tanta sod<strong>di</strong>sfazione, <strong>di</strong><br />
tanto onore forse danneggiare l’ut<strong>il</strong>ità della causa per<br />
questo paese per la somma <strong>di</strong> centocinquanta franchi?<br />
Mi sembrava una cosa mostruosamente impossib<strong>il</strong>e,<br />
un ostacolo ri<strong>di</strong>colo. Ahimè! Era e fu una barriera<br />
insormontab<strong>il</strong>e. Io fui vinto da pochi grammi<br />
<strong>di</strong> oro. Se io avessi la decima parte <strong>di</strong> ciò che spendete,<br />
o giovani eleganti del bel mondo, in un’ ora<br />
dei vostri geniali ritrovi, delle vostre feste da ballo,<br />
nelle vostre tavole d’ecartè; se io potessi rubarvi<br />
una parte delle somme che pagate al vostro<br />
ta<strong>il</strong>leur, una frazione <strong>di</strong> ciò che scommettete ad<br />
una corsa <strong>di</strong> cavalli, io sarei felice, come non lo sarete<br />
giammai voi in mezzo al vostro oro, alle vostre
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXIV<br />
scommesse, alle vostre feste. E frattanto, voi mi passate<br />
daccanto sorridenti sul vostro cavallo, mentre io<br />
guardo con rammarico <strong>il</strong> pomo d’oro del vostro<br />
fouet. Con quello io potrei veder Mazzini, essere ut<strong>il</strong>e<br />
alla libertà della patria mia, sod<strong>di</strong>sfare al desiderio<br />
del mio cuore, mentre che a voi non giova che a mostrare<br />
la vostra opulenza e la vostra inettezza.»<br />
L’ invito fatto da Giuseppe Mazzini al nostro<br />
amico <strong>di</strong> recarsi a Lugano doveva senz’altro riferirsi<br />
alla costituzione dell’Alleanza repubblicana universale,<br />
perchè fu <strong>di</strong> questo tempo che anche in <strong>Lucca</strong><br />
s’istituiva un Comitato <strong>di</strong> detta associazione, dal<br />
quale poi sorgeva <strong>il</strong> futuro Circolo repubblicano, <strong>di</strong><br />
cui <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> fu uno de’ membri più attivi o per<br />
meglio <strong>di</strong>re, l’anima. Tra <strong>il</strong> giornale, la società de’<br />
Reduci e <strong>il</strong> Circolo egli aveva così occupato <strong>il</strong> suo<br />
tempo. E l’attività sua aumentava coll’ aumentare<br />
degli ostacoli che gli si paravano <strong>di</strong>nanzi: chè se i<br />
moderati gli fanno guerra a parole, i clericali, i paolotti<br />
glie la fanno co’ fatti, e così insistente da far<br />
pietà. La sua audacia aveva spinto questi a sfidarlo<br />
non già palesemente e a viso aperto, ma in segreto.<br />
Sicchè non potendolo ferire <strong>di</strong>rettamente, si stu<strong>di</strong>ano<br />
<strong>di</strong> ferirlo in<strong>di</strong>rettamente e tanto si sussurra e si fa,<br />
che <strong>il</strong> povero padre suo vede ogni giorno venirgli<br />
meno quella clientela che con tanti sudori s’era acquistata<br />
coll’ esercizio della sua industria <strong>di</strong> locan<strong>di</strong>ere.<br />
A poco a poco i frequentatori della sua locanda<br />
si allontanano, e quando maravigliato, sorpreso <strong>di</strong><br />
questo abbandono <strong>il</strong> pover’uomo volle indagarne la<br />
causa si sentì rispondere: e come potrebbe essere<br />
<strong>di</strong>versamente con un figlio che osa attaccare così ar<strong>di</strong>tamente<br />
le cose più sante, e offendere la coscienza<br />
de’ più? E <strong>Tito</strong> pure lo seppe, e con dolore dovè
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXV<br />
convincersi <strong>di</strong> sì triste verità; sicchè consigliato poi<br />
dagli amici <strong>di</strong> allontanarsi per un po’ <strong>di</strong> tempo la<br />
<strong>Lucca</strong> per vedere <strong>di</strong> migliorare le con<strong>di</strong>zioni del<br />
traffico <strong>di</strong> suo padre, non titubò un istante e rispose:<br />
io mi allontanerò! Temeva per l’avvenire de’ suoi,<br />
non già del suo;e ne sia prova che incitato maggiormente<br />
a combattere, dalla guerra sleale che gli si faceva,<br />
volle e seppe ancora scoccare un darlo infocato<br />
dal suo arco <strong>di</strong> libero pensatore contro <strong>il</strong> clericalismo<br />
e <strong>il</strong> paolottismo invadente! In tutte le città d’Italia era<br />
stata fondata da poco una associazione vastissima<br />
detta delle Figlie <strong>di</strong> Maria. Era un fittissima tela or<strong>di</strong>ta<br />
dalle mani del paolottismo allo scopo <strong>di</strong> meglio<br />
padroneggiare la presente società per mezzo della<br />
donna, centro della famiglia. Or bene, ogni terreno<br />
era buono per combattere, e <strong>il</strong> nostro amico scese in<br />
lizza armato <strong>di</strong> tutto punto, e con quel fuoco, con<br />
quell’ar<strong>di</strong>mento che egli era proprio quando si trovava<br />
a fronte <strong>di</strong> avversari potenti. La sua penna è<br />
ben temperata e resistente, la sua mano è veloce<br />
quanto <strong>il</strong> suo pensiero, e in pochi giorni riesce a<br />
scrivere, a improntare un libro che è una schiacciante<br />
requisitoria contro la nuova sétta clericale femmin<strong>il</strong>e.<br />
La Figlia <strong>di</strong> Maria <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi fu letta con<br />
avi<strong>di</strong>tà da amici e da nemici, fu commentata pro e<br />
contro, e finì coll’ esser posta all’In<strong>di</strong>ce dalla Santa<br />
Romana Chiesa. Certo in altri tempi all’ar<strong>di</strong>to nostro<br />
scrittore sarebbe toccato <strong>di</strong> peggio!<br />
Un certo risveglio nella vita politica s’ andava<br />
frattanto manifestando in alcune parti d’Italia; la<br />
Democrazia principiava ad agitarsi e più che altrove<br />
in M<strong>il</strong>ano. Il governo avuto sentore <strong>di</strong> un prossimo<br />
movimento repubblicano, or<strong>di</strong>na arresti <strong>di</strong> patrioti in<br />
gran numero, e non contento fa rimostranze alla
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXVI<br />
Svizzera, dove si trova Giuseppe Mazzini, creduto a<br />
ragione l’iniziatore della minacciata rivoluzione, e <strong>il</strong><br />
grande patriota esule, è cacciato da Lugano. Né si<br />
fu sazi; la paura è quella ormai che consiglia <strong>il</strong><br />
governo italiano caduto nelle mani del più reazionario<br />
de’ Ministri; lo presiede un Menabrea, si trova<br />
all’ Interno un Cantelli alla Giustizia un Pironti!<br />
Agli arresti, tengon <strong>di</strong>etro le perquisizioni a domic<strong>il</strong>io<br />
e i sequestri de’ giornali; si vuole porre <strong>il</strong> bavaglio<br />
alla stampa liberale democratica, si vuol rinchiudere<br />
nelle carceri quanti repubblicani sono in Italia.<br />
Una circolare del Pironti ai Procuratori generali,<br />
gli mette tutti in moto; e <strong>il</strong> meglio ch’ essi posson<br />
fare per avere <strong>il</strong> plauso del Ministero imperante, è<br />
<strong>di</strong> battere lo scu<strong>di</strong>scio a destra e a sinistra. Chi<br />
non è notoriamente un moderato, un consorte o un<br />
clericale, dev’ essere un repubblicano, un demagogo:<br />
si perquisisca, s’ imprigioni, si processi. Furono<br />
giorni ben tristi questi del ministro Menabrea per la<br />
libertà; e le geste del Pironti rimarranno pagine nere<br />
nella storia d’ Italia!<br />
Né da questo furore monarchico reazionario poteva<br />
andare esente <strong>il</strong> nostro amico, lui così apertamente<br />
repubblicano, né <strong>il</strong> giornale <strong>il</strong> Serchio nel<br />
quale scriveva. Quin<strong>di</strong> <strong>il</strong> 16 <strong>di</strong> luglio egli è passivo<br />
d’una perquisizione a domic<strong>il</strong>io e all’associazione<br />
de’ Reduci della quale era presidente, perquisizione<br />
che, com’era naturale, non poteva essere che un<br />
prelu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> più gravi persecuzioni, perché <strong>il</strong> 28 era<br />
arrestato in pubblico caffè per mandato del Procuratore<br />
generale <strong>di</strong> Genova, sotto l’imputazione <strong>di</strong> aver<br />
cospirato contro lo Stato, e tradotto nelle carceri<br />
<strong>di</strong> san Giorgio ed ivi rinchiuso…« V’ entrai,<br />
egli <strong>di</strong>ce, ebbi paura nel vedere che <strong>il</strong> carceriere si
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXVII<br />
apprestava a chiudere la porta, a <strong>di</strong>vidermi col girar<br />
<strong>di</strong> quella chiave da tutto <strong>il</strong> mondo; temetti <strong>di</strong> restar<br />
solo, credei che ivi sarei morto <strong>di</strong> fame, <strong>di</strong> noia.<br />
Ebbi per un attimo <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong> raccomandarmi<br />
a lui, perché mi lasciasse ancora <strong>di</strong>eci minuti<br />
all’aria, e perché mi tenesse compagnia; ebbi nel medesimo<br />
momento l’ idea <strong>di</strong> afferrarlo pel collo,<br />
strangolarlo e fuggire, fuggire a costo <strong>di</strong> uccidere<br />
cento persone, m<strong>il</strong>le persone. Ma fu una vertigine<br />
rapida come <strong>il</strong> giro <strong>di</strong> una stella che cade. Durò tutto<br />
<strong>il</strong> tempo che <strong>il</strong> carceriere mise a muovere la porta ed<br />
accostarla allo stipite, quando toccò la chiave io era<br />
libero e tranqu<strong>il</strong>lo. Mi passai la mano sulla fronte, e<br />
quell’assalto <strong>di</strong> pazzia si d<strong>il</strong>eguò rapidamente, come<br />
<strong>il</strong> sonno dalle palpebre <strong>di</strong> una magnetizzata al tocco<br />
delle mani del magnetizzatore. Quando <strong>il</strong> carceriere tirò<br />
<strong>il</strong> chiavistello, io guardava già le pareti della carcere<br />
con animo sicuro. L’ avvenimento era stato troppo<br />
inaspettato, perché io non mi maravigliassi un poco<br />
della mia nuova posizione. Mezz’ ora prima era libero,<br />
allora prigioniero, senza averlo temuto. Mi parve<br />
strana e sorrisi. Per un istante mi venne in pensiero<br />
questa domanda: quando escirò? Mi tolsi la giacchetta,<br />
perché faceva caldo, mi assisi pensando come dovesse<br />
esser terrib<strong>il</strong>e la noia in carcere. Sempre senza<br />
far cosa alcuna, sempre <strong>di</strong>soccupati, sempre soli! E’<br />
una cosa terrib<strong>il</strong>e!.. Per passare <strong>il</strong> tempo mi detti<br />
a esaminare le pareti della prigione.<br />
Qual libro eloquente è la parete <strong>di</strong> una carcere!<br />
In essa ciascun prigioniero scrive una parola, un<br />
motto, con un lapis, spesso con una pietra, colle unghie,<br />
impiegandovi la pazienza <strong>di</strong> un’ anacoreta, e<br />
quella parola è una lezione, è una rivelazione, è parola<br />
<strong>di</strong> un’anima per cui è caduto <strong>il</strong> velo delle finzio-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXVIII<br />
ni, e che parla ammaestrata dalla triste scuola della<br />
esperienza. Ahimè quanti <strong>di</strong>singanni! Vi<strong>di</strong> una figura;<br />
era rozzamente <strong>di</strong>segnata, ma esprimeva meravigliosamente<br />
un forte concetto. Era la figura <strong>di</strong> un<br />
uomo inginocchiato; <strong>il</strong> capo teneva rivolto al cielo,<br />
la vita piegava in atto doloroso, le mani sollevava<br />
supplichevoli, stringendovi un rosario. Sembrava<br />
che chiedesse a Dio l’oblio <strong>di</strong> un doloroso pensiero,<br />
la morte <strong>di</strong> un rimorso terrib<strong>il</strong>e. Dietro alle sue spalle<br />
si vedeva un cielo nuvoloso, nero, come una<br />
notte tempestosa; su quelle nubi aleggiava una civetta,<br />
poi due, <strong>di</strong>eci, innumerevoli civette che<br />
sembravano urlare fra le tenebre <strong>il</strong> loro canto sinistro.<br />
Forse quell’infelice sentiva sempre <strong>il</strong> grido <strong>di</strong><br />
quei notturni augelli, e quel grido gli rammentava<br />
forse una scena tetra, paurosa, terrib<strong>il</strong>e, ed egli cercava<br />
<strong>di</strong>menticarlo, ed al cielo chiedeva la misericor<strong>di</strong>a<br />
dell’oblio, del sonno, della morte; ma sempre<br />
davanti agli occhi gli stava quella notte profonda, e<br />
nell’orecchio quel suono, e forse sulle mani quel<br />
sangue. Ahime come deve essere infelice colui che<br />
chiuso in una carcere abbia <strong>il</strong> tormento del rimorso!…»<br />
Intanto che <strong>il</strong> nostro carcerato faceva queste<br />
considerazioni, si <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> lui. Il tenerlo a<br />
<strong>Lucca</strong> lungamente si reputava pericoloso per le sue<br />
molte aderenze, e più per l’amore della Società de’<br />
Reduci, che saputo del suo arresto s’era convocata<br />
d’urgenza per deliberare cosa dovesse farsi. Sicchè<br />
trascorsi appena due giorni, all’insaputa <strong>di</strong> tutti, per<br />
fino della sua famiglia, senza danari, senza biancheria,<br />
ma bene ammanettato fu condotto a Pisa, poi a<br />
Livorno, poi a Genova nelle carceri della Torre,<br />
dove stette quasi un mese senza mai poter prendere
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXIX<br />
una boccata d’aria, mancando ivi i cort<strong>il</strong>i necessari.<br />
Da queste carceri fu fatto passare poi in quelle <strong>di</strong><br />
sant’Andrea, lungo molto più decente e dove già si<br />
trovavano altri molti prigionieri politici, tra’ quali Antonio<br />
Mosto, Stefano Canzio, Luigi Stallo, Ernesto<br />
Pozzi, noti repubblicani, nella cui compagnia egli<br />
potè trascorrere meno peggio i lunghi giorni <strong>di</strong> prigionia,<br />
prima che fossero decise le sue sorti; le quali<br />
secondo che potevasi argomentare dalla partigiana e<br />
cav<strong>il</strong>losa requisitoria del Procuratore Morello, non<br />
potevano essere molto lusinghiere. Ma poi, checchè<br />
pensasse de’ prigionieri <strong>di</strong> Sant’Andrea quel magistrato<br />
inquirente, se in buona fede o no poco giova<br />
indagare, la Sezione <strong>di</strong> accusa nella sua saviezza e<br />
severità d’animo, pensò bene <strong>il</strong> sentenziare con un<br />
non farsi luogo a procedere, e chiudere <strong>il</strong> dramma<br />
col por tutti in libertà. La qual cosa accadde <strong>il</strong> dì 27<br />
settembre col plauso generale <strong>di</strong> tutto <strong>il</strong> partito liberale<br />
democratico d’Italia, e particolarmente <strong>di</strong> Genova,<br />
che giub<strong>il</strong>ante sì recava ad attendere quegli<br />
onesti e pro<strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni fuori della porta <strong>di</strong><br />
Sant’Andrea. La folla v’era stivata, racconta <strong>Tito</strong><br />
Strocchi, i lumi erano alle finestre, la banda popolare<br />
del Borgo a P<strong>il</strong>a suonava l’inno <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>; un<br />
grido <strong>di</strong> applauso universale scoppiò come un uragano<br />
poi fummo travolti nella marea popolare, abbracciati,<br />
baciati, festeggiati, stretti, pestati, confusi.<br />
Il più confuso era io che non conosceva nessuno<br />
fra quel numero immenso <strong>di</strong> popolo, e camminava<br />
sospinto, barcollante e pensava qualche volta al mio<br />
cappello che correva rischio da cascare e scomparire<br />
sotto i m<strong>il</strong>le pie<strong>di</strong> del popolo. Genova! Io non ti <strong>di</strong>menticherò<br />
mai; io ti amo come <strong>il</strong> cuore della patria<br />
mia; quel momento mi ti legò eternamente, come un
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXX<br />
immenso benefizio lega <strong>il</strong> cuore d’un uomo al suo<br />
benefattore. Genova, io amo <strong>il</strong> tuo mare e le tue<br />
colline, i tuoi superbi palazzi e le tue fortezze; <strong>il</strong> <strong>di</strong>aletto<br />
de’ figli tuoi m’incanta così che io sono costretto<br />
a guardare con simpatia tutti coloro che un suono,<br />
un accento, una inflessione <strong>di</strong> voce mi riveli genovesi!»<br />
Tornato in patria la sua propaganda repubblicana<br />
continuò. Nulla per quanto fosse terrib<strong>il</strong>e poteva<br />
piegare quell’animo d’acciaio del nostro amico, né<br />
affievolire quella fede ardentissima che lo rendeva<br />
così entusiasta per quell’ideale che infallantemente<br />
dovrà essere la meta <strong>di</strong> tutti i popoli civ<strong>il</strong>i. Sì, quel<br />
giorno verrà; né giova saper quando: la vita de’ popoli<br />
non è vita <strong>di</strong> giorni, <strong>di</strong> mesi, <strong>di</strong> anni, ma è vita<br />
<strong>di</strong> secoli. L’avvenire non è in mano <strong>di</strong> nessun potente,<br />
ma <strong>di</strong> Dio che lo prepara per mezzo<br />
dell’Umanità. E all’avvenire guardava con ansia <strong>Tito</strong><br />
Strocchi; e ogni occasione che gli si presenta per<br />
maggiormente affermarsi col suo apostolato, non la<br />
sfuggiva, anzi se ne impossessava, se la faceva sua,<br />
sempre fermo, immutab<strong>il</strong>e, deciso <strong>di</strong> perdere anche<br />
per poco quella popolarità alla quale molto teneva,<br />
se convinto <strong>di</strong> giovare alla causa, cui s’era tutto de<strong>di</strong>cato.<br />
Così noi lo ve<strong>di</strong>amo nella Loggia Bal<strong>il</strong>la fare<br />
<strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per indurre i suoi fratelli a staccarsi del<br />
Grande Oriente <strong>di</strong> Firenze e a mettersi sotto quello<br />
<strong>di</strong> Palermo, apertamente repubblicano, sperando <strong>di</strong><br />
poter ancora infondere un po’ <strong>di</strong> nuova vita in quella<br />
vecchia e logora istituzione della Massoneria: poi<br />
ritirarsi da quella, quando i suoi consigli e la sua<br />
calda parola non ne han potuto convincere la maggioranza<br />
per portare tutta l’opera sua in un campo<br />
più vasto, nel campo della Democrazia m<strong>il</strong>itante. La
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXI<br />
quale ogni giorno più dava segni <strong>di</strong> vita rigogliosa<br />
e s’agitava e si preparava all’azione; chè fino dal<br />
marzo 1870 sapevasi da chi era un po’ addentro a<br />
siffatte cose che nella primavera o nell’estate doveva<br />
tentarsi un movimento repubblicano; movimento<br />
che iniziato poi, come vedremo, non riuscì a nessun<br />
pratico risultato, se ne eccettui quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare<br />
anche una volta che nelle attuali circostanze<br />
d’Italia e dell’Europa siffatte rivoluzioni, se possono<br />
dar agio ad anime generose <strong>di</strong> sacrificarsi per<br />
una idea, sia pur santa, però non riescono a fondare<br />
governi stab<strong>il</strong>i. Dacchè nessuna idea, nessun principio<br />
può imporsi a mano armata, e molto meno<br />
quando trova viva resistenza in un governo costituito<br />
a larga base come le attuali monarchie. Se feconde<br />
<strong>di</strong> libertà sono le armi che un popolo rivolge contro<br />
lo straniero oppressore, fatali spesso tornano alla libertà,<br />
se si fanno provocatrici <strong>di</strong> guerra civ<strong>il</strong>e. E’<br />
nel campo dell’idee e de’ principii che i citta<strong>di</strong>ni<br />
della stessa patria devono combattere fidando in<br />
quella evoluzione storica che può farsi attendere,<br />
ma che non può mancare. La repubblica, checchè<br />
si <strong>di</strong>ca e si creda da certuni, è e dev’ essere necessariamente<br />
la conclusione logica della Democrazia, vita,<br />
anima, dell’epoca nostra. Ma <strong>il</strong> nostro amico purtroppo<br />
nulla o ben poco fidava nell’evoluzione, e<br />
molto invece, anzi tutto nella rivoluzione. E con<br />
quanto ardore pre<strong>di</strong>casse questa sua fede, non<br />
può crederlo se non chi ebbe agio <strong>di</strong> moderarne<br />
qualche volta gl’ impeti generosi.<br />
Intanto l’Alleanza repubblicana aveva messo<br />
profonde ra<strong>di</strong>ci anche in <strong>Lucca</strong>, per opera sua principalmente.<br />
E se ne compiaceva così che ogni dì<br />
più scaldavasi a’ propositi <strong>di</strong> quel movimento repub-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXII<br />
blicano, che come <strong>di</strong>ssi fino dal marzo s’andava<br />
preparando. Laonde quando nel maggio le prime<br />
bande d’ insorti mossero da Catanzaro e da Como,<br />
sicchè parsegli giunta l’ora <strong>di</strong> secondare l’iniziato<br />
movimento, non titubò un istante. Allora dette la sua<br />
parola e da quel giorno consacrò tutto se stesso ad<br />
organizzare anche in <strong>Lucca</strong> una banda pronta ad insorgere<br />
appena ne avesse avuto l’or<strong>di</strong>ne, e alla quale<br />
poi avrebbero tenuto <strong>di</strong>etro altre bande e <strong>di</strong> Pisa e <strong>di</strong><br />
Livorno e <strong>di</strong> Carrara e <strong>di</strong> Spezia, che a traverso vie<br />
<strong>di</strong>verse e <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i avrebbero dovuto far capo sugli<br />
appennini pistoiesi, per muovere verso Firenze appena<br />
l’insurrezione si fosse generalizzata in Toscana<br />
e nella Liguria e da queste alla Lombar<strong>di</strong>a ;<br />
dall’Italia peninsulare, alla Sic<strong>il</strong>ia. Cosa così arrischiata<br />
e <strong>di</strong> così <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e attuazione da far dubitare<br />
dell’esito anche i più ar<strong>di</strong>mentosi e pronti ad ogni<br />
sommossa. Ma era tanta e così viva la fede che<br />
scaldava <strong>di</strong> santo entusiasmo per la repubblica <strong>il</strong> nostro<br />
amico, che non soltanto non curava le <strong>di</strong>fficoltà<br />
che da’ più cauti gli venivano enumerate, ma nemmeno<br />
volle tener conto <strong>di</strong> tutti quegli in<strong>di</strong>zi che purtroppo<br />
facevano prevedere l’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> riuscire<br />
a far cosa ut<strong>il</strong>e e profittevole alla causa per la<br />
quale egli tanto s’era adoperato. E l’ora della prova<br />
venne, e grande e doloroso fu <strong>il</strong> <strong>di</strong>singanno che<br />
ne soffrì. La notte dal 4 al 5 era stata fissata pel<br />
movimento: più bande armate riunite sugli appennini<br />
pistoiesi dovevano ivi attrarre le guarnigioni<br />
delle principali città della Toscana, perché queste<br />
potessero alla lor volta insorgere. Ma se da <strong>Lucca</strong><br />
settanta e più giovani, tutti armati <strong>di</strong> fuc<strong>il</strong>i, che con<br />
grande accortezza e ar<strong>di</strong>mento erano riusciti a sottrarre<br />
dal R. Liceo, ove erano custo<strong>di</strong>ti, avendo ser-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXIII<br />
vito qualche mese prima agli esercizi m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong><br />
quella scolaresca; se settanta e più giovani, <strong>di</strong>co,<br />
erano potuti uscire <strong>di</strong> città senza che nessuno li <strong>di</strong>sturbasse,<br />
e avevan preso la campagna e presto<br />
guadagnato i monti delle Pizzorne, non così poteron<br />
fare i repubblicani delle altre città, vuoi pel tra<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> un tal Buglio da Livorno, o meglio perché<br />
fossero avvisati in tempo <strong>di</strong> desistere, essendo eguale<br />
avviso giunto anche a <strong>Lucca</strong>, ma troppo tar<strong>di</strong>.<br />
Dimodochè la festa dello Statuto che ricorreva<br />
appunto in quel giorno 5 giugno, venne in<br />
<strong>Lucca</strong> <strong>di</strong>sturbata dall’inaspettato avvenimento. Ogni<br />
sollazzo pubblico andò a vuoto, e citta<strong>di</strong>ni ignari <strong>di</strong><br />
tutto furono arrestati e condotti in carcere con<br />
grande strazio delle loro famiglie e maraviglia generale.<br />
Dapertutto sodati, guar<strong>di</strong>e, spie, curiosi; alla<br />
sera <strong>il</strong> libero passaggio delle mura interdetto. M<strong>il</strong>le<br />
<strong>di</strong>scorsi, quante notizie inventate, supposizioni fatte,<br />
calcoli sbagliati! chi giu<strong>di</strong>ca la cosa una ragazzata,<br />
chi invece crede giunto <strong>il</strong> finimondo! Intanto uno<br />
squadrone <strong>di</strong> Lancieri e tre compagnie del cinquantottesimo<br />
reggimento <strong>di</strong> linea inseguono gl’insorti; e<br />
le arti più indegne son messe in opra per eccitare<br />
l’o<strong>di</strong>o delle popolazioni limitrofe contro quella<br />
schiera <strong>di</strong> giovani, i quali, se si potevano <strong>di</strong>re <strong>il</strong>lusi<br />
da un roseo avvenire, erano però tutti onesti e molti<br />
avanzo delle patrie battaglie. Furono tre giorni <strong>di</strong><br />
trepidazione per gli amici, per i conoscenti, <strong>di</strong> paura<br />
pe’ meticolosi, <strong>di</strong> curiosità per gl’in<strong>di</strong>fferenti; tre<br />
giorni, chè tanti rimase <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> co’ suoi su’<br />
monti inseguito e circondato da numerosa truppa, e<br />
sotto una pioggia continua, insistente quale raramente<br />
cade nella stagione estiva. La qual pioggia poi<br />
doveva tornare tanto benefica, chè si dee forse ad
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXIV<br />
essa, se non s’ebbero a lamentare guai maggiori; se<br />
non fu sparsa una goccia <strong>di</strong> sangue fu proprio perché<br />
ogni resistenza da parte degl’insorti era <strong>di</strong>venuta<br />
impossib<strong>il</strong>e; le munizioni fracide, avevano resi inut<strong>il</strong>i<br />
i fuc<strong>il</strong>i! Per la verità storica debbo per altro <strong>di</strong>re<br />
che la truppa appena s’imbattè ne’ rivoltosi, scaricò<br />
loro contro una cinquantina <strong>di</strong> colpi, e fu fortuna<br />
se nessuno rimase ferito, poiché due ebbero<br />
forato <strong>il</strong> cappello. La qual cosa si cercò poi giustificare<br />
come provocata da un colpo <strong>di</strong> fuc<strong>il</strong>e lasciato<br />
fuggire da uno degl’inseguiti, e per mero caso, perché<br />
era l’unico fuc<strong>il</strong>e, <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> nostro amico, che si<br />
fosse conservato in buono stato.<br />
Ma ecco com’egli ci racconta l’arresto avvenuto<br />
<strong>di</strong> tutti i componenti la Banda <strong>il</strong> giorno 7 giugno<br />
in prossimità <strong>di</strong> Prunetta sul pistoiese. « Eravamo<br />
alla metà del colle,quando alla sommità del medesimo<br />
vedemmo spuntare <strong>di</strong>stesi in catena i soldati<br />
del cinquantottesimo reggimento <strong>di</strong> fanteria. Essi<br />
avevano girato dalla parte opposta, lasciando sulla<br />
strada un battaglione e la cavalleria, ed ascendendo<br />
a rinchiuderci. Eravamo circondati strettamente; né<br />
al comandante tornò <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e <strong>il</strong> farlo con tanta truppa,<br />
contro un gruppo così piccolo, e colla conoscenza<br />
del luogo e coll’ aiuto <strong>di</strong> guide che a lui certamente<br />
non mancavano. Appena i soldati ci videro<br />
cominciarono a far fuoco e scaricarono una cinquantina<br />
<strong>di</strong> colpi. Fu ventura che la presa deliberazione<br />
<strong>di</strong> non resistere, la mancanza delle polveri e la infelicità<br />
della posizione ci trattenessero dal resistere,poiché<br />
quel momento se mi fossi trovato in altra<br />
posizione, cioè nel luogo in cui erano i soldati, se<br />
avessi avuti i fuc<strong>il</strong>i asciutti ad onta della conoscenza<br />
che avevo <strong>di</strong> fare cosa inut<strong>il</strong>e rispondendo e <strong>di</strong> pro-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXV<br />
vocare una strage generale, poichè i soldati ci avrebbero<br />
uccisi tutti, io preso dalla rabbia, dalla <strong>di</strong>sperazione,<br />
avrei fatto scaricare <strong>il</strong> primo colpo, e dopo<br />
quello chi ci poteva trattenere? Se ci avessero trovato<br />
<strong>il</strong> giorno innanzi a Pontito, meno stanchi, meno<br />
scoraggiati, la scena sarebbe stata terrib<strong>il</strong>e; incominciata<br />
la resistenza non sarebbe terminata che colla<br />
morte <strong>di</strong> quasi tutti noi. I miei erano pieni <strong>di</strong> coraggio<br />
e deliberati a tutto, ma non eravamo più<br />
nel caso <strong>di</strong> far resistenza; eravamo sorpresi in posizione<br />
troppo sfavorevole, senz’armi, senza certezza<br />
<strong>di</strong> condotta. E fu meglio. Chi sa quanto sangue si sarebbe<br />
sparso, del quale certamente si sarebbe fatto<br />
colpa a me…La vita!…Chi <strong>di</strong>rige le vicende umane?<br />
Chi è <strong>il</strong> regolatore della Società, del destino, degli<br />
uomini? Se non avesse piovuto in quei giorni,<br />
ed era fac<strong>il</strong>e essendo d’estate, chi sa quanti uomini<br />
erano morti. Ed io vivo perché nei primi giorni <strong>di</strong><br />
giugno piovve. Bizzarrie del caso!… »<br />
Arrestati, <strong>di</strong>sarmati, perquisiti, son tutti condotti<br />
a Piteglio, paese che si trovava <strong>di</strong>stante cinque<br />
o sei miglia, ed ivi rinchiusi in una piccola chiesa.<br />
La mattina seguente fatti uscir fuori e circondati da<br />
un battaglione del cinquantottesimo si mettono in<br />
marcia per Pistoia, ove saliti in treno vengon portati a<br />
<strong>Lucca</strong> e rinchiusi nelle carceri <strong>di</strong> san Giorgio. Dalle<br />
quali trascorsi pochi giorni, o sia perché soverchiamente<br />
piene <strong>di</strong> prigionieri politici, o sia per<br />
qualsivoglia altra ragione <strong>di</strong> sicurezza pubblica, furono<br />
mandati, spartiti in più gruppi, chi a Pistoia,<br />
chi a Firenze e <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> con pochi altri a<br />
Rocca san Casciano. E <strong>il</strong> più colossale processo<br />
politico che la Procura Generale presso la Corte<br />
d’Appello <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong> avesse mai avuto, era iniziato e
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXVI<br />
condotto con quello zelo che spesso tra<strong>di</strong>sce <strong>il</strong> magistrato<br />
e lo fa essere più che <strong>il</strong> d<strong>il</strong>igente scopritore<br />
del vero e <strong>il</strong> severo esecutore della legge, lo<br />
strumento cieco <strong>di</strong> un potere che s’impone alla giustizia<br />
all’ombra dell’opportunità e della ragion <strong>di</strong><br />
Stato. Molti furono gl’interrogativi cui fu sottoposto<br />
<strong>il</strong> nostro amico, ai quali rispose sempre con la<br />
massima franchezza, chè mai una parola a <strong>di</strong>scolpa<br />
fu pronunziata da lui. Disse aperto lo scopo cui mirava<br />
coll’ iniziato movimento, negò <strong>di</strong> avere intelligenza<br />
con altri d’altre città e si mostrò generoso<br />
verso gli amici. Della sottrazione delle armi al R. Liceo<br />
egli solo si chiamò responsab<strong>il</strong>e. E come lui, uguali<br />
esplicite <strong>di</strong>chiarazioni furon fatte da tutti gli<br />
altri come ne fa fede l’ atto d’accusa stampato e<br />
notificato loro <strong>il</strong> 14 settembre 1870. in conformità<br />
del quale <strong>il</strong> Procuratore generale Cesarini chiedeva<br />
fossero rinviati all’Assise ben cento tre imputati,<br />
primo tra questi Giuseppe Mazzini « per attentato<br />
contro la sicurezza interna dello Stato, commessa<br />
me<strong>di</strong>ante cospirazione, per aver costituito una Società<br />
politica occulta con vincolo <strong>di</strong> giuramento fra i<br />
Soci, e partecipato alla medesima preor<strong>di</strong>nata e <strong>di</strong>retta<br />
a rovesciare <strong>il</strong> Governo e mutarne la forma; ed<br />
avere con <strong>di</strong>rezioni, eccitamenti ed atti <strong>di</strong> esecuzione<br />
nel maggio e giugno ultimi decorsi in Livorno,<br />
nelle Maremme, nella provincia <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong> e presso<br />
Pisa tentato <strong>di</strong> porre in atto e posto effettivamente<br />
in atto,con animo ost<strong>il</strong>e, un moto insurrezionale, avendo<br />
a tale oggetto tenuto segreti concerti e convegni,<br />
preparato armi e munizioni da guerra e formate<br />
bande armate, le quali scese poi nella pubblica<br />
via con insegne ed emblemi repubblicani, si sarebbero<br />
impadronite con minacce, ed anche per via <strong>di</strong> sot-
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXVII<br />
trazione seguita con scasso e scalamento <strong>di</strong> altre<br />
armi, avrebbero in vari punti tolto le verghe alla<br />
ferrovia e rotto i f<strong>il</strong>i del telegrafo, dato opera a manifestazioni<br />
se<strong>di</strong>ziose, tentato <strong>di</strong> uccidere un cantoniere<br />
ed assunta un’attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> resistenza <strong>di</strong> fronte<br />
alla pubblica forza.»<br />
Due cose per altro facevano prevedere fino<br />
dal suo nascere che questo processo non avrebbe<br />
avuto seguito: <strong>il</strong> grande numero degli imputati, e <strong>il</strong><br />
figurare tra questi Giuseppe Mazzini. Il quale se si<br />
era potuto imprigionare, sarebbe però stato troppo<br />
pericoloso <strong>il</strong> trarre <strong>di</strong>nanzi all’Assise, e più <strong>il</strong> condannare<br />
all’ergastolo. Checchè si <strong>di</strong>ca e si pensi un<br />
Governo costituzionale e in ispecial modo quello<br />
d’Italia non avrebbe potuto non tener conto delle<br />
qualità <strong>di</strong> una si alta personalità storica; Mazzini<br />
comunque si volesse giu<strong>di</strong>care <strong>di</strong> fronte ai fatti accaduti,<br />
non cessava per questo <strong>di</strong> essere sempre <strong>il</strong><br />
primo iniziatore, <strong>il</strong> grande apostolo dell’unità e<br />
dell’in<strong>di</strong>pendenza italiana. Quin<strong>di</strong> può <strong>di</strong>rsi senza<br />
tema <strong>di</strong> errare, che Mazzini liberò dal carcere tutti<br />
gli altri. E fu per me anche prudenza politica <strong>il</strong> tirar<br />
tanto in lungo colla procedura, attendendo un evento<br />
qualsiasi cui appigliarsi per dare un’amnistia generale.<br />
Né l’evento si fece attendere lungamente, e<br />
fu de’ più avventurosi. Caduto Napoleone III a Sedan,<br />
proclamata in Francia la Repubblica, denunziata<br />
la Convenzione del settembre 1864, in forza della<br />
quale <strong>il</strong> governo italiano aveva volontariamente rinunziato<br />
a Roma capitale, <strong>il</strong> 20 settembre 1870 per<br />
consiglio della Prussia vittoriosa e per espressa volontà<br />
popolare, l’esercito italiano entrava in Roma<br />
per la breccia <strong>di</strong> porta Pia, sostituendo ai burleschi<br />
mezzi morali, tante volte esaltati, i cannoni e le
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXVIII<br />
bombe. Sicchè <strong>il</strong> 9 ottobre, giorno in cui veniva presentato<br />
<strong>il</strong> plebiscito de’ Romani al Re in Firenze,<br />
questi concedeva amnistia a tutti gl’imputati politici.<br />
Così <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> <strong>il</strong> giorno 10, insieme co’<br />
suoi compagni, usciva per la terza volta <strong>di</strong> carcere,<br />
da quella carcere, ove quattro mesi prima era entrato<br />
con un ben triste presentimento.<br />
Frattanto mentre <strong>il</strong> nostro amico era in carcere<br />
le cose <strong>di</strong> Francia andavano <strong>di</strong> male in peggio.<br />
Guglielmo <strong>di</strong> Prussia che aveva detto <strong>di</strong> far guerra<br />
non al popolo francese; ma a Napoleone III, imbaldanzito<br />
dalle vittorie riportate e fiducioso nell’aiuto<br />
del cielo, solita ipocrisia <strong>di</strong> tutti i potenti, continuava<br />
nella guerra ed accennava a volere invadere tutto<br />
<strong>il</strong> territorio francese, fino ad entrare, come poi fece,<br />
da conquistatore in Parigi: Garibal<strong>di</strong> sempre generoso,<br />
<strong>di</strong>mentico del passato, già era corso in aiuto<br />
della giovane repubblica sorta or ora sulle rovine del<br />
secondo impero. La qual cosa rendeva anche più<br />
triste <strong>il</strong> carcere al nostro amico, smanioso com’era <strong>di</strong><br />
prender parte a sì nob<strong>il</strong>e impresa. Tanto che messo<br />
in libertà, tornato in famiglia, subito pensa a partire;<br />
e quando considerando le non liete con<strong>di</strong>zioni della<br />
sua famiglia trova buone ragioni per non allontanarsi<br />
da casa, allora per non esser vinto esclama: « Si<br />
combatterà dunque per la Repubblica in Europa senza<br />
che io vi concorra col mio braccio, quando da tanto<br />
tempo desidero farlo, quando pure ieri per la Repubblica<br />
soffrii la carcere?.. L’aurora spunta, la<br />
Repubblica in Francia è speranza <strong>di</strong> Repubblica in<br />
Italia. Combattendo per la Repubblica, combattiamo<br />
sempre per la nostra fede, poiché la libertà non abbia<br />
patria e sia d’ogni popolo, e sostenendola in Francia<br />
in<strong>di</strong>rettamente giovasi all’Italia… Combattere
VITA DI T. STROCCHI<br />
LXXXIX<br />
per la libertà, per la Repubblica che santa e lieta cosa!…»<br />
Ma <strong>il</strong> recarsi in Francia non era cosa fac<strong>il</strong>e,<br />
chè <strong>il</strong> governo italiano si adoperava con ogni mezzo<br />
ad impe<strong>di</strong>rlo. I Porti erano guardarti, sorvegliati; non<br />
si lasciava imbarcare alcuno che non fosse provveduto<br />
<strong>di</strong> passaporto, <strong>il</strong> quale non era r<strong>il</strong>asciato, cui<br />
dava sospetto <strong>di</strong> andare a combattere per la Repubblica.<br />
Guardate del pari erano le vie <strong>di</strong> terra, e<br />
molti giovani erano già stati arrestati. Con tutto ciò<br />
<strong>il</strong> nostro amico, sempre eguale a se stesso, <strong>il</strong> 27 ottobre,<br />
appena trascorsi <strong>di</strong>ciassette giorni da che<br />
era uscito <strong>di</strong> carcere, partiva da <strong>Lucca</strong> pensando<br />
d’imbarcarsi a Livorno per Genova, da dove più fac<strong>il</strong>mente,<br />
aiutato da molti amici che vi aveva, sarebbegli<br />
riuscito sfuggire agli occhi della polizia e<br />
passar presto su terra francese. Ma s’ingannò; perché<br />
se gli riuscì a notte inoltrata <strong>di</strong> recarsi a bordo<br />
del Var, bastimento francese che alle quattro del<br />
mattino doveva partire per Marsiglia, e sul quale già<br />
trovavansi molti altri giovani garibal<strong>di</strong>ni, mentre<br />
questo stava per levar l’ àncora fu circondato da<br />
numerose barche, piene <strong>di</strong> carabinieri e <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e, in<br />
una delle quali era <strong>il</strong> Procuratore del Re e <strong>il</strong> Console<br />
francese per dargli l’autorizzazione <strong>di</strong> poterlo<br />
far perquisire. Né valsero le proteste del capitano: i<br />
carabinieri saliron su, frugaron dappertutto, e quanti<br />
giovani vi rinvennero trassero in arresto compreso<br />
<strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>. Il quale fu condotto prima alla caserma<br />
de’ carabinieri, poi alle carceri de’ Domenicani:<br />
Bisogna proprio <strong>di</strong>re che la carcere per <strong>il</strong> nostro<br />
amico fosse ormai <strong>di</strong>ventata la meta d’ogni sua aspirazione.<br />
Era uscito or ora dalle carceri <strong>di</strong> Rocca san<br />
Casciano e me lo ricacciano in quelle <strong>di</strong> Livorno!
VITA DI T. STROCCHI<br />
XC<br />
Questa volta però fu una prigionia <strong>di</strong> soli cinque<br />
giorni, chè <strong>il</strong> 3 novembre veniva messo in libertà e<br />
tornavasene a <strong>Lucca</strong>, non già per rimanervi, ma ripartire<br />
appena si fosse provveduto <strong>di</strong> danaro avendo<br />
spesso <strong>il</strong> poco che aveva.<br />
E <strong>di</strong>fatti <strong>il</strong> 5 novembre raccolte una sessantina<br />
<strong>di</strong> lire da pochi amici, ripartiva prendendo questa<br />
volta la via <strong>di</strong> terra. E da Viareggio e da Spezia<br />
giungeva a Genova la sera del dì 7 senza avere incontrato<br />
ostacolo. Se non che un po’ <strong>di</strong> scoraggiamento<br />
dovè assalirlo quando seppe che i migliori<br />
suoi amici, quelli su cui più contava, erano già partiti.<br />
Pure tanto cercò, tanto fece che <strong>il</strong> giorno 8 guidato<br />
da due facchini del porto e quasi travestito da<br />
marinaio della marina mercant<strong>il</strong>e, potè prender posto<br />
in una barca e con molta cautela, necessaria<br />
ad eludere la vig<strong>il</strong>anza continua che quivi pure si<br />
faceva dalle guar<strong>di</strong>e a da’ carabinieri, esser condotto<br />
a bordo della Principessa Clot<strong>il</strong>de che partiva per<br />
Marsiglia. Credeva <strong>di</strong> aver vinto; ma un’altra sorpresa,<br />
un nuovo imbarazzo gli si preparava. Il capitano<br />
voleva pel suo trasporto centocinquanta lire! « Che<br />
fare?, egli <strong>di</strong>ce. Io non le aveva; scrissi un biglietto<br />
a Mosto pregandolo a prestarmi cento lire. Egli me<br />
le mandò subito. Io allora detti centoventi lire al Capitano,<br />
così accordandoci quasi che egli mi facesse<br />
un gran favore, qualcosa detti a coloro che mi avevano<br />
accompagnato, sicchè rimasi con tre<strong>di</strong>ci lire!…»<br />
Nonostante egli era lieto e contento; era riuscito<br />
fedelmente a vincere tutti gli ostacoli che avevano<br />
così tanto ritardata la sua partenza! Pure,<br />
quando <strong>il</strong> battello principia a muoversi e, salito sul<br />
ponte, <strong>di</strong>etro invito del Capitano che gli annunzia<br />
essere ormai sicuro vede Genova che si allontana e
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCI<br />
a poco a poco si perde nella oscurità della notte, e<br />
in lei guarda l’Italia, l’Italia che forse non rivedrà<br />
più, egli è mesto e dal suo cuore prorompono parole<br />
commoventi come queste:<br />
« Oh patria mia, profondo come questo mare è<br />
l’amore che io ti porto, è quanta tristezza mi scende<br />
nel cuore nel vedere le tue coste allontanarsi e perdersi<br />
a poco a poco, come una cara immagine, come<br />
memoria gra<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>etro <strong>il</strong> velo del tempo. Mi sembra<br />
che lontano da te, io nemmeno debba più vedere le<br />
stelle che scint<strong>il</strong>lano nel sereno delle tue notti. Io ho<br />
baciato la mia ultima orma impressa sulla rena; la<br />
marea copre già quell’orma e quel bacio. Pure questa<br />
tristezza, ombra dell’anima, è dolce e quieta,<br />
come l’ombra <strong>di</strong> questa terra; io sono triste e felice,<br />
come <strong>il</strong> buio <strong>di</strong> questa notte è scint<strong>il</strong>lante per la<br />
lontana luce degli astri. Triste nell’allontanarmi, felice<br />
su questa via che mi avvicina alla battaglia della<br />
libertà, della libertà che per te prima vorrei e che<br />
ancora non hai. Io avrei voluto morir per te e salutarti<br />
morendo con ultima parola italiana, poiché tu<br />
mi hai dato <strong>il</strong> cuore - solamente quello ed è assai<br />
- degno <strong>di</strong> te!.. E mi sembra che tu a questa nostra<br />
partenza pei campi <strong>di</strong> un popolo fratello che combatte<br />
ormai per la sua libertà, scosso <strong>il</strong> giogo del suo<br />
despota, tu bene<strong>di</strong>ca o madre alma, come contenta<br />
dei figli che uscirono dal tuo seno, dolente, pure<br />
orgogliosa del sangue che uscirà dal nostro.<br />
« Quante volte accompagnasti ai li<strong>di</strong> delle tue<br />
marine i tuoi figli che correvano la terra a gridare<br />
<strong>il</strong> tuo nome alle genti? Tu li vedesti salpare<br />
sotto le ali delle aqu<strong>il</strong>e romane, <strong>di</strong> cui con passi poderosi<br />
seguivano <strong>il</strong> volo poderoso per le contrade<br />
che l’antichità conobbe; e l’esterno Oriente e i de-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCII<br />
serti della Numi<strong>di</strong>a e della Libia e la Clyde e <strong>il</strong> mare<br />
Iperboreo e le brune Selve degli Sciti e l’Eufrate<br />
e <strong>il</strong> Ponto ascoltarono <strong>il</strong> suono della tua favella in<br />
un canto <strong>di</strong> vittoria. E li vedesti poi dai tuoi porti<br />
<strong>di</strong> Genova e <strong>di</strong> Pisa , <strong>di</strong> Napoli e <strong>di</strong> Venezia ricercare<br />
le orme dei padri e ritrovarle, ricoprire le onde dei<br />
tuoi mari <strong>di</strong> galee, <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ere repubblicane che<br />
giungevano ai li<strong>di</strong> più lontani a portarvi i tuoi drappi<br />
e le tue armi, i tuoi marmi e le tue dovizie e le creazioni<br />
e le invenzioni del tuo genio; e da Amalfi vedesti<br />
partire la prima bussola, guida dei mari, e <strong>di</strong>etro<br />
a Colombo i tuoi marinai scopritori <strong>di</strong> mon<strong>di</strong>.<br />
«E tu bene<strong>di</strong>cesti agli Italiani che esulando<br />
dal tuo seno contristato dagli stranieri combattevano<br />
in Spagna, a Santorre Santarosa che partiva per la<br />
Grecia combattente, a Garibal<strong>di</strong> e a’ suoi pro<strong>di</strong> che<br />
pugnavano in America per la libertà, a Nullo a Bechi<br />
che cadevano per la Polonia, a tutti <strong>di</strong>cendo: mostrate<br />
<strong>di</strong> esser degni <strong>di</strong> libertà combattendo per lei;<br />
nel suo nome spargete <strong>il</strong> vostro sangue sulle terre<br />
straniere, suscitate ovunque <strong>il</strong> fuoco dei vostri vulcani,<br />
<strong>il</strong> fuoco dei vostri cuori. Ed ora, o patria, tu ci saluti<br />
su questo lido donde noi salpiamo per una terra<br />
grande più <strong>di</strong> quello che essa degnamente non si senta,<br />
per una terra in cui <strong>il</strong> popolo combatte<br />
l’invasore.Noi porteremo alla Francia l’amore<br />
d’Italia, a un popolo <strong>il</strong> braccio della rappresentanza<br />
<strong>di</strong> un popolo. Alcuni fra noi sopravvissero alla <strong>di</strong>fesa<br />
Repubblica Romana, moltissimi alla funesta giornata<br />
<strong>di</strong> Mentana, e sono gli avanzi <strong>di</strong> quelle stragi che<br />
Italia invia al soccorso <strong>di</strong> Francia. Oh patria mia sei<br />
grande!.. Rivedrò io la primavera delle tue ver<strong>di</strong> colline,<br />
la gloria delle tue città, l’occhio nero delle tue<br />
donne? L’onda scorre sotto la chiglia del battello,
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCIII<br />
Genova scomparve nella notte che cresce. Domani<br />
quando <strong>il</strong> giorno sorgerà ove sarò io? Quanto da te<br />
lungi? Tu però mi sarai sempre nel cuore. Ad<strong>di</strong>o<br />
mia patria, belle coste della Liguria ad<strong>di</strong>o, ad<strong>di</strong>o Italia.»<br />
Così alle tre pomeri<strong>di</strong>ane del 9 la nave Clot<strong>il</strong>de<br />
entrava nel porto <strong>di</strong> Marsiglia, e dopo poco <strong>il</strong> nostro<br />
amico si trovava solo in quella grande e popolosa<br />
città. Né sapendo a quell’ora cui rivolgersi, va in un<br />
modesto restaurant, chè i suoi tre<strong>di</strong>ci franchi non gli<br />
permettevano certo <strong>di</strong> far del lusso! Mangia<br />
qualche cosa e poi, vinto dalla sua curiosità<br />
d’artista, si mette a percorrere le larghe e numerose<br />
vie <strong>di</strong> questa superba città della Francia, ove i suoi<br />
palazzi immensi se non sono quelli <strong>di</strong> Roma, <strong>di</strong> Firenze,<br />
<strong>di</strong> Venezia e <strong>di</strong> molte città d’Italia dalle severe<br />
linee architettoniche, pure son belli e ti piacciono.<br />
L’architettura francese ha una fisionomia tutta propria,<br />
e a me pare che corrisponda perfettamente<br />
all’indole, al carattere <strong>di</strong> quel popolo. Con ogni cosa<br />
in Francia più che ad educare la mente,si vuol colpire<br />
la fantasia; là tutto dev’ essere piacevole, sorridente.<br />
Il che dovette certo osservare anche <strong>il</strong> nostro<br />
<strong>Tito</strong>, ma più lo sorprese <strong>il</strong> vedere tutte quelle variate<br />
uniformi, indossate da una quantità immensa <strong>di</strong> soldati<br />
e <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e nazionali e <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni armati, non<br />
che tutti que’ cartelloni giganteschi affissi su per i<br />
muri, portante iscrizioni ciarlatanesche come a mo’<br />
d’esempio: Halte là, Prousiens, on n’avance plus !<br />
Chè ancora in siffatto modo si continuava in Francia<br />
ad ingannare l’opinione pubblica,sebbene <strong>il</strong> nemico<br />
s’avanzasse <strong>di</strong> giorno in giorno, d<strong>il</strong>agando le sue<br />
provincie e i suoi <strong>di</strong>partimenti come fiumana irrompente,<br />
e ovunque regnasse <strong>il</strong> massimo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCIV<br />
Chiunque si fosse trovato in Francia <strong>di</strong> que’ giorni<br />
fac<strong>il</strong>mente si sarebbe potuto accorgere d’esser caduto<br />
in mezzo ad un popolo smarrito, quasi perduto, incerto<br />
dell’oggi, e più del domani. Alla tremenda sconfitta<br />
<strong>di</strong> Sedan, era succeduta la v<strong>il</strong>e capitolazione <strong>di</strong><br />
Metz; e a queste due vergogne dell’Impero avevano<br />
tenuto <strong>di</strong>etro le fac<strong>il</strong>i recriminazioni, le pazze gelosie,<br />
ed una grande sfiducia era entrata nell’animo <strong>di</strong> tutti.<br />
Il governo della <strong>di</strong>fesa nazionale sorto <strong>il</strong> 4 settembre,<br />
lo ve<strong>di</strong> costretto a uscire da Parigi ormai investito dai<br />
nemici per ritirarsi a Tour: Garibal<strong>di</strong> invitato a portare<br />
<strong>il</strong> suo vigoroso braccio in <strong>di</strong>fesa della giovane Repubblica,<br />
dapprima applau<strong>di</strong>to, poi poco men che abbandonato<br />
per un male inteso orgoglio nazionale.<br />
Uomini ambiziosi, falsi patrioti, v<strong>il</strong>i speculatori ivi<br />
accorsi da ogni luogo, da ogni paese e nazione, tutti<br />
in moto sempre pronti ad ogni comoda occasione per<br />
far fortuna; e così poi, misti ad atti <strong>di</strong> abnegazione ed<br />
eroismo, le maggiori vigliaccherie!<br />
Purtroppo lo stato morale e politico della Francia<br />
era questo quando vi arrivò <strong>il</strong> nostro amico, lui<br />
deciso a morire per Lei e per la sua libertà!« Ma ogni<br />
causa buona, egli <strong>di</strong>ce e con ragione, ha i bugiar<strong>di</strong><br />
apostoli, ha i furbi che se ne approfittano per isfruttarla,<br />
che la <strong>di</strong>sonorano per riempirsi le tasche. Nella<br />
democrazia, più che in qualunque altra società vi sono<br />
gl’ impostori, i furbi, i <strong>di</strong>sonesti che piena la bocca<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> parole commettono le più turpi azioni ed<br />
ingannano <strong>il</strong> prossimo. Ma sarà questa una colpa della<br />
democrazia? La colpa è degli infami, dei codar<strong>di</strong>,<br />
della canaglia che prende a sfruttare quel campo piuttosto<br />
che un altro. Non è democratico chi <strong>di</strong>sonora la<br />
democrazia. Costoro sono imbroglioni senza arte né<br />
parte, che corrono sempre colà dov’è un poco <strong>di</strong> con-
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCV<br />
fusione per immischiarvisi ed accrescerla, per trovarvi<br />
sempre qualche cosa da guadagnare, danneggiando<br />
sempre e <strong>di</strong>sonorando gli onesti e i veramente buoni<br />
che si ritirano, tacciono mortificati <strong>di</strong> fronte a tanta<br />
improntitu<strong>di</strong>ne e a tanta sfacciata temerità. Corrono<br />
tutti alla caccia d’impieghi, <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>, <strong>di</strong> guadagno, ed<br />
ottengono sempre coloro che meno ne hanno <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto.<br />
L’onesto sdegna <strong>di</strong> cacciarsi entro quell’intrigo, in<br />
quell’affaccendarsi e brigare <strong>di</strong> ambizioni, <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>e,<br />
<strong>di</strong> calcoli e <strong>di</strong> appetiti, scende l’ultimo gra<strong>di</strong>no, si<br />
confonde fra la moltitu<strong>di</strong>ne e cerca un premio nella<br />
propria coscienza.»<br />
Così pensava e così faceva <strong>Tito</strong> Strocchi. Difatti<br />
<strong>il</strong> giorno dopo <strong>il</strong> suo arrivo a Lione, ove maggiore<br />
trovò l’armeggio degli scaltri affaristi, degli ambiziosi<br />
ricercatori <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>, egli si reca al Comitato <strong>di</strong> arruolamento,<br />
cui dà <strong>il</strong> suo nome, non d’altro sollecito<br />
che d’esser mandato presto al campo. E fu ben contento<br />
<strong>di</strong> poter partire la sera stessa con altri quaranta<br />
volontari per Autun, sebbene poi dovesse esser dolente<br />
<strong>di</strong> giungervi quando, affranti dalle fatiche e con<br />
lo scoraggiamento nell’animo, vi tornavano quei battaglioni<br />
italiani e francesi, che avevano preso parte la<br />
notte del 26 all’assalto <strong>di</strong> Digione. Fatto d’arme glorioso<br />
pe’ i volontari italiani, ma che purtroppo non<br />
poté esser coronato dalla vittoria, un po’ per esser<br />
pochi i combattenti, ma più per mancanza <strong>di</strong> coraggio<br />
nelle guar<strong>di</strong>e mob<strong>il</strong>i francesi, che fuggirono<br />
<strong>di</strong>nanzi al nemico. «Garibal<strong>di</strong>, scrive nel suo<br />
libro Da Firenze a Digione Ettore Socci, che prese<br />
parte a questo combattimento, Garibal<strong>di</strong> voleva<br />
sorprendere Digione, ed era sicuro d'impadronirsene<br />
con uno dei suoi colpi <strong>di</strong> mano; e vi garantisco<br />
che sarebbe riuscito: m<strong>il</strong>le valorosi <strong>di</strong> più,
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCVI<br />
duem<strong>il</strong>a vigliacchi <strong>di</strong> meno!» Laonde non solo <strong>il</strong><br />
piccolo esercito garibal<strong>di</strong>no dové poi ritirarsi ad<br />
Autun, ma <strong>il</strong> 30 dové tornarvi anche Garibal<strong>di</strong> col<br />
suo quartier generale; però con animo <strong>di</strong> prendersi<br />
presto la rivincita. La quale non si fece attendere<br />
lungamente, poiché ì Prussiani che erano in Digione,<br />
incoraggiati dal successo del 26 e sperando<br />
<strong>di</strong> poter sorprendere Garibal<strong>di</strong> e <strong>di</strong> cacciarlo d'Autun,<br />
<strong>il</strong> primo novembre s' avanzarono fin sotto la<br />
città, avendo lasciato loro libero <strong>il</strong> passo un battaglione<br />
<strong>di</strong> Guerriglie d' Oriente, che si trovava agli<br />
avamposti e che al primo apparir del nemico fuggiva<br />
(1) .<br />
Erano circa le due pomeri<strong>di</strong>ane quando i<br />
primi colpi <strong>di</strong> cannone dettero l'allarme. Fu una<br />
sorpresa: nessuno davvero pensava <strong>di</strong> dover combattere<br />
in quel giorno. Senza Garibal<strong>di</strong> tutto sarebbe<br />
stato perduto, con Garibal<strong>di</strong> invece tutto fu<br />
vinto. Non era trascorsa mezz' ora che già tutti i<br />
battaglioni si trovavano<br />
sotto le armi e in posizione <strong>di</strong>nanzi al nemico. E<br />
prima sono le artiglierie collocate in prossimità della<br />
Stazione che tengono in<strong>di</strong>etro i Prussiani, poi le<br />
br<strong>il</strong>lanti e ripetute cariche alla baionetta de' volontari<br />
italiani, che li costringono a ritirarsi e a ritornare in<br />
Digione; da dove poi dovettero presto allontanarsi,<br />
visto che Garibal<strong>di</strong> s’ avanzava per dar loro battaglia<br />
più decisiva. Ed è appunto in questa occasione che <strong>il</strong><br />
nostro amico per la prima volta in Francia prende<br />
parte ad un combattimento; ma in un modo quasi<br />
(1) Comandava questo battaglione <strong>il</strong> luogotenente colonnello Edoardo Chenet,<br />
che condannato da un Consiglio <strong>di</strong> guerra alla fuc<strong>il</strong>azione, venne da Garibal<strong>di</strong><br />
graziato. Fu però degradato pubblicamente <strong>di</strong>nanzi a tutti' le truppe schierate e<br />
messo <strong>di</strong>sposizione del Governo.
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCVII<br />
comico, certo ben <strong>di</strong>verso da quello che avrebbe<br />
desiderato. Ecco com' egli ci racconta questa sua prima<br />
fazione <strong>di</strong>nanzi al nemico. « Si sentiva, egli <strong>di</strong>ce,<br />
<strong>il</strong> cannone tuonare alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> mezzo ch<strong>il</strong>ometro.<br />
Noi... <strong>il</strong> nostro battaglione era senz'armi. Io corsi al<br />
mio quartiere sentendo ì primi colpi <strong>di</strong> cannone in<br />
questa campagna. Or<strong>di</strong>narono <strong>il</strong> battaglione,<br />
schierandolo per bene, poi lo condussero fuori della<br />
città, in prossimità della battaglia, per quanto però ci<br />
tenessero sempre al coperto. Bella posizione era la<br />
nostra! Sentivamo <strong>il</strong> rombo vicino del cannone e lo<br />
schioppettio rapido delle fuc<strong>il</strong>ate e ci trovavamo<br />
senz' armi. Se <strong>il</strong> nemico si avanzava che dovevamo<br />
far noi?... Mi ricordo che furono due o tre ore <strong>di</strong> serio<br />
imbarazzo per noi tutti; la nostra posizione era assai<br />
critica ; ognuno sì guardava in faccia coll'altro c ci<br />
auguravamo che i Prussiani ne toccassero bene. II<br />
fuoco seguitò fin quasi alle cinque..... Fu un<br />
combattimento breve, ma serio e decisivo. Così<br />
Garibal<strong>di</strong> aveva salvato Autun e con essa tutto <strong>il</strong> sud<br />
della Francia.»<br />
Autun intanto acquistava <strong>di</strong> giorno in giorno<br />
importanza <strong>di</strong> città m<strong>il</strong>itare. L'esercito garibal<strong>di</strong>no<br />
s'andava a mano a mano aumentando, e come<br />
potevasi si organizzava. Ricciotti Garibal<strong>di</strong> che già<br />
s'era fatto molto <strong>di</strong>stinguere nel combattimento <strong>di</strong><br />
Chat<strong>il</strong>lon era tutto occupato a formare un piccolo<br />
squadrone <strong>di</strong> guide, cui dette poi <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Francs<br />
Chavaliers de Chât<strong>il</strong>lon appunto in commemorazione<br />
<strong>di</strong> quel fatto d'arme, per lui tanto onorevole. Lo<br />
squadrone delle guide si componeva quasi tutto <strong>di</strong><br />
italiani. N'era capitano uno de` M<strong>il</strong>le Antonio<br />
Radovich, dalmata, e luogotenente Antonio Orlan<strong>di</strong><br />
Car<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Pescia in Toscana. Il quale amico intimo
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCVIII<br />
del nostro <strong>Tito</strong> e desideroso <strong>di</strong> far la campagna<br />
insiem con lui, facevalo entrare nelle guide. Sicchè<br />
quando meno se lo aspettava fu, come <strong>di</strong>ceva poi<br />
scherzando, inalzato così per la prima volta alla<br />
<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> cavaliere! e potè far parte della quarta<br />
Brigata sotto <strong>il</strong> comando del prode Ricciotti<br />
Garibal<strong>di</strong> che tanta parte ebbe in quella campagna.<br />
Partiva la quarta Brigata da Autun <strong>il</strong> 23<br />
<strong>di</strong>cembre, e per una lunga escursione allo scopo <strong>di</strong><br />
meglio conoscere le posizioni dei nemico. Furono<br />
ventidue giorni <strong>di</strong> marcie faticose quanto pericolose a<br />
travero quattro Dipartimenti <strong>di</strong> Saone et Loire, della<br />
Nievre, della Côte d'Or e della Yonne. Se non che<br />
giunta la Brigata a Chateau Chiron, da dove non<br />
ripartì che <strong>il</strong> 26, metà delle guide ivi si trattennero<br />
fino al 2 gennaio, chè non tutte erano provvedute <strong>di</strong><br />
cavallo e fra queste trovavasi <strong>il</strong> nostro amico, <strong>il</strong> quale<br />
anzi può <strong>di</strong>rsi che non possedesse mai un cavallo,<br />
dacchè essendo stata a lui affidata la cassa del<br />
reggimento, dovè seguir questo nelle lunghe marcie<br />
in una carrozza che apparteneva al suo capitano. «<br />
Non avevo anche un cavallo, egli <strong>di</strong>ce, ed avendolo<br />
non mi sarei sentito in grado <strong>di</strong> marciare con esso<br />
tutto <strong>il</strong> giorno. Ero un soldato <strong>di</strong> cavalleria, ma senza<br />
cavallo; avevo la sciabola <strong>di</strong> cavalleria, gli stivali, gli<br />
sproni, non potevo quin<strong>di</strong> marciare nemmeno a pie<strong>di</strong>.<br />
Ero un soldato misto un pò cavaliere un pò<br />
fantaccino, e infatti feci così la campagna, marciavo<br />
qualche volta da cavaliere e mi battei sempre da<br />
soldato <strong>di</strong> fanteria.»<br />
II nostro amico dunque partiva da Chateau<br />
Chiron <strong>il</strong> 2 gennaio, nè potè riunirsi all' intiero<br />
squadrone prima del 7 e a Semiur, abbandonata due o<br />
tre ore prima dai Prussiani per l'avanzarsi della
VITA DI T. STROCCHI<br />
XCIX<br />
Brigata Ricciotti, la quale aveva poi proseguita la sua<br />
marcia per Bontbard e per Flavigny, dov'ebbe una<br />
scaramuccia col nemico e fortunata. Però <strong>il</strong> 12<br />
gennaio tutta la Brigata era costretta nuovamente a<br />
mettersi in marcia per sottrarsi a seim<strong>il</strong>a Prussiani<br />
che si avanzavano; e per Aignay-Le-Duc, Ir-Sur-T<strong>il</strong>le<br />
<strong>il</strong> 15 sì riuniva col resto dell'esercito a Digione. Chè<br />
ivi appena ritiratisi i Prussiani credendosi poco sicuri<br />
dopo <strong>il</strong> tentativo del 26 <strong>di</strong>cembre, tutto l'esercito dei<br />
Vosgi s' era riconcentrato, e Garibal<strong>di</strong> vi aveva posto<br />
<strong>il</strong> suo quartier generale e fatto aveva <strong>di</strong> Digione, <strong>il</strong><br />
centro dello sue operazioni.<br />
Le vicende della guerra frattanto incalzavano, <strong>il</strong><br />
giorno della battaglia decisiva anche per Garibal<strong>di</strong> si<br />
avvicinava. I Prussiani sicuri ormai dell'ultima vittoria,<br />
dopo aver circondata Parigi, inviavano altri<br />
uomini, e delle loro truppe migliori, nella Borgogna.<br />
E <strong>il</strong> generalo badese Werder con tutto <strong>il</strong> grosso del<br />
suo esercito muoveva lento e poderoso per<br />
ischiacciare l'esercito de' Vosgi e proseguir poi<br />
sicuro la sua marcia d' invasione. E Garibal<strong>di</strong>,<br />
collocate le sue cinque Brigate in campo e in buone<br />
posizioni, si teneva pronto alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Digione fino<br />
dal 19. Sicchè <strong>il</strong> 21 conosciuto come l’esercito nemico<br />
<strong>di</strong>viso in due corpi, si fosse steso sopra una lunga<br />
linea dalla parte <strong>di</strong> Fontaine e <strong>di</strong> Talant, le cui alture<br />
erano già state occupate dai generali garibal<strong>di</strong>ni Bossak<br />
e Menotti Garibal<strong>di</strong>, stendendosi con la sua ala<br />
sinistra fino a Mesigny, per la via <strong>di</strong> Poully a nord est<br />
<strong>di</strong> Digione, e poi per quella <strong>di</strong> Angres e Ir-sur-T<strong>il</strong>le<br />
faceva fin là marciare la quarta Brigata comandata da<br />
Ricciotti Garibal<strong>di</strong> allo scopo <strong>di</strong> tentare <strong>il</strong> nemico alla<br />
sua sinistra e <strong>di</strong> costringerlo a ripiegare sul suo centro,<br />
<strong>di</strong> fronte appunto alle colline <strong>di</strong> Fontaine e <strong>di</strong> Ta-
VITA DI T. STROCCHI<br />
lant, dov’erano pure state collocate le artiglierie più<br />
potenti <strong>di</strong> cui potesse <strong>di</strong>sporre l’esercito de’ Vosgi.<br />
E <strong>il</strong> nostro amico come sempre, cavaliere e soldato<br />
<strong>di</strong> fanteria ad un tempo, salito sulla sua carrozza,<br />
seguiva la Brigata, sicuro ormai che <strong>il</strong> giorno della<br />
battaglia era giunto, che l’ora delle gran<strong>di</strong> emozioni<br />
era vicina.«Era un bel giorno, così egli, e marciavamo<br />
al solito senza sapere niente <strong>di</strong> sicuro, ma prevedendo<br />
però che qualche cosa stava per succedere. Ci<br />
parve <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re un lontano rombo. Era <strong>il</strong> cannone che<br />
tuonava sotto Digione. La Brigata si fermò sulla strada<br />
al punto in cui lasciava quella <strong>di</strong> Ir-sur-T<strong>il</strong>le per<br />
prendere l’altra a sinistra <strong>di</strong> Messigny. Noi giravamo<br />
per coprire Digione dal suo lato destro. Allora io scesi<br />
dalla carrozza e facendomi vedere consegnai<br />
all’or<strong>di</strong>nanza la borsa che aveva i denari. Lo faceva<br />
per due ragioni, perché i denari non andassero perduti<br />
s’io moriva, e perchè, non si può mai sapere – e<br />
pensando sempre al peggio si fa cosa prudente –<br />
quella borsa piena d’oro addosso a me, poteva far sì<br />
che qualche soldato <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me sbagliasse <strong>il</strong> tiro e<br />
invece <strong>di</strong> colpire un Prussiano colpisse me nella<br />
schiena. Non so qual <strong>di</strong>avolo fosse che mi mettesse<br />
in testa questo pensiero e mi consigliasse <strong>di</strong> adottare<br />
ogni volta che andavo al fuoco questa regola <strong>di</strong> prudenza,<br />
certo doveva essere un <strong>di</strong>avolo, ma <strong>di</strong>avolo o<br />
no, mi parve che la sapesse lunga ed accettai <strong>il</strong> consiglio.<br />
Presi la mia carabina e <strong>il</strong> povero Pare<strong>di</strong><br />
(l’or<strong>di</strong>nanza del Capitano che conduceva la carrozza<br />
) mi guardò che mi allontanava e mi guardò con affetto;<br />
egli mi amava.<br />
Andai subito presso la compagnia dell’Isere ….<br />
«Capitaine me vo<strong>il</strong>à avec vous. A jordui <strong>il</strong> fera bien<br />
chaud» – « Certainement: dans peu nous serons au<br />
C
VITA DI T. STROCCHI<br />
face de l’annemy.- «Vo<strong>il</strong>à le petit italian qui vient<br />
avec nous, <strong>di</strong>cevano fra <strong>di</strong> loro i franchi tiratori, e tutti<br />
mi avevano preso ad amare e vedevano con piacere<br />
che io avessi scelta a preferenza la loro compagnia.»<br />
Intanto la Brigata si avanzava sulla via <strong>di</strong> Messigny,<br />
e già alcune guide s’erano spinte innanzi ad<br />
esplorare…. E <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>…Oh lo <strong>di</strong>ca egli, chè<br />
nessuno non potrebbe mai avere tanta efficacia <strong>di</strong> parola<br />
per descriverci con verità lo stato dell’animo suo<br />
in questo momento solenne ! « Io, senza farmi vedere,<br />
egli <strong>di</strong>ce, trassi i due ritratti <strong>di</strong> Livia e <strong>di</strong> …. E li<br />
baciai. Era l’ultimo ch’io dava ai miei cari…. Dopo<br />
aver dato quel bacio a quelle due donne – e la situazione<br />
ed <strong>il</strong> pericolo in cui mi trovava <strong>di</strong> non più vederle,<br />
mi cresceva la dolorosa voluttà <strong>di</strong> quella contemplazione<br />
e me le faceva apparire più care – caricai<br />
la mia carabina, facendo proposito <strong>di</strong> farmi onore al<br />
fuoco e meritare la stima dei francesi fra cui mi trovava.<br />
Poco dopo sentimmo lo schioppettio delle fuc<strong>il</strong>ate<br />
rapido come su può fare colle armi a retrocarica<br />
e vicinissimo. Nello stesso tempo a gran trotto<br />
tornavano in<strong>di</strong>etro gli esploratori, col capo chino sul<br />
collo del cavallo. Eravamo presso a Messigny. Alcuni<br />
conta<strong>di</strong>ni esterrefatti dalla paura ci guardavano inoltrarci<br />
dalle loro finestre, e quasi piangendo ci <strong>di</strong>cevano:<br />
curage, vo<strong>il</strong>à les Prussiens! Erano ottom<strong>il</strong>a e<br />
attaccavano con proposito <strong>di</strong> prendere <strong>il</strong> paese e respingerci<br />
sopra Digione. Camminiamo ancora un poco<br />
ed eccoci al momento solenne!....Nello scrivere<br />
queste pagine la mia memoria torna a quei momenti,<br />
ed io sento la emozione che inevitab<strong>il</strong>mente sente<br />
l’uomo cui pende sopra inevitab<strong>il</strong>mente la morte.<br />
Non avevo paura, ma quei sib<strong>il</strong>i mi <strong>di</strong>cevano, fra un<br />
secondo tu sarai morto. Io ripeto non tremava e vo-<br />
CI
VITA DI T. STROCCHI<br />
CII<br />
leva esser là dove sarebbero stati i primi, e vi fui….<br />
Ogni colpo mi pareva che dovesse trapassarmi, non<br />
credeva a me stesso nel sentirmi sempre sano, e nonostante,<br />
aveva piacere <strong>di</strong>r restare per fare un altro<br />
colpo, un altro, poi un altro come avviene a due amanti<br />
che si baciano nel lasciarsi e non sanno risolversi<br />
a darsi l’ultimo bacio. Strana sim<strong>il</strong>itu<strong>di</strong>ne, perché<br />
i nostri erano veramente terrib<strong>il</strong>i baci.»<br />
La Brigata Ricciotti entrò in paese, e <strong>il</strong> fuoco<br />
continuò sempre per un’ora e più. Finalmente i Prussiani<br />
dovettero ritirarsi e riconcentrarsi in faccia a<br />
Digione, come era desiderio <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong>. E <strong>il</strong> nostro<br />
amico sapendo <strong>di</strong> avere fatto <strong>il</strong> suo dovere e confortato<br />
in questa opinione dalla stima che <strong>di</strong>mostravano<br />
aver per lui tutti gli ufficiali, era contento <strong>di</strong> sè e acquistava<br />
nuova lena e nuovo coraggio. La battaglia<br />
frattanto infieriva in vicinanza <strong>di</strong> Digione. Ma là era<br />
Garibal<strong>di</strong> che dalla collina <strong>di</strong> Talant <strong>di</strong>rigeva <strong>il</strong> combattimento;<br />
e colla sua presenza, salito a cavallo,<br />
sebbene vecchio e storpio pe’ dolori, infiammava i<br />
suoi e portavali alla vittoria. Il 21 gennaio fu la prima<br />
<strong>di</strong> quelle tre memorab<strong>il</strong>i giornate <strong>di</strong> Digione che ricoprirono<br />
<strong>di</strong> gloria <strong>il</strong> giovane esercito dei Vosgi, e<br />
tanto splendore accrebbero al nome già immortale del<br />
suo duce supremo. Ma ahimè! quante vite preziose vi<br />
perirono. Fu un’ecatombe, <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> valoroso nostro <strong>Tito</strong>;<br />
e quanto son piene <strong>di</strong> dolore, <strong>di</strong> tristezza queste<br />
sue parole: « Rientrato in Digione (dopo <strong>il</strong> combattimento),<br />
tornai al mio albergo, stanco, affamato da<br />
non <strong>di</strong>rsi. Ero <strong>di</strong>giuno dal giorno innanzi e dopo aver<br />
fatta quella vita !..Era corsa notizia tra i miei amici<br />
che io fossi morto ed alcuni erano andati alle ambulanze<br />
per cercarmi…Nella stanza ov’io mangiava, allo<br />
stesso tavolo pranzavano nelle altre sere tre italiani
VITA DI T. STROCCHI<br />
CIII<br />
ufficiali della legione Tanara. Essi mancavano tutti e<br />
tre, erano morti! Tutto ciò era triste e conteneva in<br />
noi la gioia per la vittoria conseguita …».<br />
Eppure al combattimento del 21 ne dovevano<br />
tener <strong>di</strong>etro altri e se non più aspri, più decisivi. Il<br />
nemico quantunque fosse stato battuto, s’era ritirato<br />
poco lontano e <strong>il</strong> giorno <strong>di</strong>poi fino dalle prime ore del<br />
mattino riattaccava le stesse posizioni. Ma come <strong>il</strong><br />
giorno innanzi falliva nell’impresa, così dovette<br />
nuovamente ritirarsi. Gli onori della giornata toccarono<br />
alla brigata Menotti Garibal<strong>di</strong>, chè le altre brigate<br />
erano rimaste in seconda linea; e tra queste quella<br />
Ricciotti Garibal<strong>di</strong> della quale egli <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>,<br />
come sappiamo, faceva parte. Peraltro<br />
s’ingannerebbe chi credesse <strong>di</strong> vedere là in Digione <strong>il</strong><br />
nostro amico seduto a desco in un caffè o in un<br />
Restaurant contento <strong>di</strong> riposarsi delle fatiche passate<br />
in attesa degli eventi della giornata.Ove fosse <strong>il</strong> 22 le<br />
petit italien, come lo chiamavano ormai i Franchi tiratori,<br />
ce lo <strong>di</strong>ce Ettore Socci nel suo Da Firenze a<br />
Digione: «Arriviamo, egli narra parlando <strong>di</strong> questa<br />
seconda battaglia, arriviamo alle nostre batterie, un<br />
ronzio impertinente <strong>di</strong> palle ci avvertiva che <strong>il</strong> nemico<br />
era poco lontano; Garibal<strong>di</strong>, Menotti, Bizzoni,<br />
Sant’Ambrogio in quel momento erano là. Troviamo<br />
lo Strocchi che ci avevano dato per ferito, lo abbracciamo<br />
e si unisce a noi.» Nè poteva essere altrimenti:<br />
egli era sempre là dove si combatteva, anzi dove<br />
maggiore era la mischia e <strong>il</strong> pericolo. Ma ecco come<br />
egli ci racconta questa circostanza. «Dopo mezzogiorno,<br />
<strong>di</strong>ce, io vedendo che per noi non v’era or<strong>di</strong>ne<br />
alcuno, presi la mia carabina sulle spalle e en<br />
amateur mi avviai verso <strong>il</strong> luogo della battaglia, <strong>di</strong>cendo<br />
al Capitano: «Capitaine la brigade Strocchi,
VITA DI T. STROCCHI<br />
CIV<br />
composèe de moi, part pour renforser les autres brigades!»<br />
e me ne salii sulla collina <strong>di</strong> Talant. » E la<br />
sera anch’egli rientrava nuovamente in Digione fra<br />
gli evviva <strong>di</strong> quelle popolazioni festanti, pazze <strong>di</strong><br />
gioia per la vittoria riportata da Garibal<strong>di</strong> su’ Prussiani,<br />
meno contrastata <strong>di</strong> quella del 21, ma più decisiva.<br />
« Io, esclama egli pieno <strong>di</strong> entusiasmo, io mi<br />
sentivo venire una lagrima negli occhi ed avrei voluto<br />
raccoglierla per farne un <strong>di</strong>amante da far impalli<strong>di</strong>re<br />
tutti i ricchi gioielli <strong>di</strong> cui i felici si adornano nelle<br />
loro feste da ballo. »<br />
Ma i Prussiani non sono ancora sod<strong>di</strong>sfatti, e <strong>il</strong><br />
23 tornano all’assalto più che mai incaponiti <strong>di</strong> impadronirsi<br />
della città <strong>di</strong> Digione. Ammaestrati però<br />
dalle sconfitte del 21 e del 22 questa volta non osano<br />
attaccare <strong>di</strong> fronte le forti posizioni <strong>di</strong> Talant e <strong>di</strong><br />
Fontaine e le girano invece dalla parte <strong>di</strong> Langres o<br />
d’Ir-sur-T<strong>il</strong>le. Muovono ad incontrarli la Brigata<br />
Canzio e la Brigata Ricciotti dall’altra. E <strong>il</strong> nostro<br />
amico si trovava come sempre al suo posto, lui cavaliere<br />
…a pie<strong>di</strong>, anche questa volta è la fra i suoi franchi<br />
tiratori dell’Isére, i quali lo considerano ormai<br />
come un loro concitta<strong>di</strong>no. E <strong>il</strong> nostro amico si trova<br />
come sempre al suo posto, lui cavaliere… a pie<strong>di</strong>,<br />
anche questa volta è là fra i suoi franchi tiratori<br />
dell’Isére, i quali lo considerano ormai come un loro<br />
concitta<strong>di</strong>no. E se la giornata del 23 fu per l’esercito<br />
dei Vosgi non meno gloriosa delle altre due precedenti,<br />
chè i prussiani dopo ott’ ore <strong>di</strong> combattimento<br />
dovettero battere in precipitosa ritirata, fu un vero<br />
trionfo pel valoroso nostro amico. « La brigata Ricciotti,<br />
<strong>di</strong>ce Luigi Stallo nel suo libro Verità e calunnia<br />
<strong>di</strong>nanzi al generale Garibal<strong>di</strong>, ebbe l’onore <strong>di</strong><br />
prendere la ban<strong>di</strong>era del sessantunesimo reggimento
VITA DI T. STROCCHI<br />
CV<br />
prussiano che porta <strong>il</strong> nome del Re Gugliemo, la<br />
quale fu raccolta sopra un mucchio <strong>di</strong> cadaveri dal<br />
bravo amico nostro <strong>Tito</strong> Strocchi <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, soldato<br />
delle guide e che per questo fatto è stato subito<br />
promosso al grado <strong>di</strong> sottotenente»<br />
E poiché questo fatto della ban<strong>di</strong>era dette<br />
luogo a tanti <strong>di</strong>scorsi, né mancò perfino chi volle<br />
porne in dubbio la verità, sento <strong>il</strong> dolore <strong>di</strong> riprodur<br />
qui per intiero la descrizione che <strong>il</strong> nostro amico lasciò<br />
nei suoi scritti ine<strong>di</strong>ti Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Francia<br />
1870-71. del glorioso combattimento del 23 gennaio,<br />
e della parte ch’ei v’ebbe; descrizione non pubblicata<br />
mai per quella ripugnanza ch’egli sentì sempre<br />
a parlare <strong>di</strong> sé e delle cose sue: <strong>Tito</strong> Strocchi<br />
era modesto quanto valoroso. Ascoltiamolo: « I<br />
prussiani avvedutisi dell’errore commesso assaltando<br />
le posizioni <strong>di</strong> Talant e <strong>di</strong> Fontane giravano ora dalla<br />
strada <strong>di</strong> Langres e d’Ir-Sur-T<strong>il</strong>le. Garibal<strong>di</strong> aveva<br />
or<strong>di</strong>nato alla brigata Canzio <strong>di</strong> muovergli incontro da<br />
una parte e alla brigata Ricciotti dall’altra. Al primo<br />
incontro i mob<strong>il</strong>izzati <strong>di</strong> Canzio erano fuggiti<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente ed erano entrati in città<br />
senz’armi, spargendo per tutto la paura, lo sgomento.<br />
Intanto i prussiani liberi, sbaragliato quel debole<br />
nemico, s’erano inoltrati fino al castello <strong>di</strong><br />
Poully e stavano per piombar tutti sovra <strong>di</strong> noi, sovra<br />
<strong>di</strong> noi povera brigata <strong>di</strong> m<strong>il</strong>lecinquecento uomini.<br />
A due ch<strong>il</strong>ometri da Digione trovammo sul lato<br />
sinistro della strada maestra e proprio sorgente al<br />
suo limite una fabbrica <strong>di</strong> nero animale, appartenente<br />
al signor Bargy. Entrammo nella fabbrica; <strong>il</strong> locale<br />
era stato abbandonato e in un’ attimo fu invaso, si<br />
sfondaron porte,si rinvennero delle pale, dei picconi<br />
ed altri utens<strong>il</strong>i, e tutti con un attività febbr<strong>il</strong>e, con
VITA DI T. STROCCHI<br />
CVI<br />
energia tremenda pari a quella <strong>di</strong> un naufrago che si<br />
costruisca una zattera vedendo affondare <strong>il</strong> bastimento,<br />
tutti si dettero ad aprire nei due muri del cort<strong>il</strong>e<br />
delle feritoie, dei buchi da cui si potesse far fuoco sul<br />
nemico, <strong>di</strong>fesi. Ricciotti Garibal<strong>di</strong> correva in su e<br />
in giù animando tutti, dando or<strong>di</strong>ni rapi<strong>di</strong>, tutto <strong>di</strong>sponendo<br />
per una terrib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>fesa. Prima <strong>di</strong> un quarto<br />
d’ora <strong>il</strong> piombo cominciava a fischiare su quel<br />
baluardo. I nemici erano giunti: cominciarono a tirar<br />
granate sulla strada per smontare i nostri due<br />
cannoni che ivi erano stati piazzati e che aprirono<br />
energicamente <strong>il</strong> loro fuoco. Le giornate cadevano<br />
ora più vicine, ora più <strong>di</strong>scoste e sempre più si vedeva<br />
che colui che mirava perfezionava <strong>il</strong> suo tiro.<br />
Cadevano a pochi passi da noi sollevando un nuvolo<br />
<strong>di</strong> terra e <strong>di</strong> polvere e scoppiando tremendamente..<br />
Io ero nel cort<strong>il</strong>e e stavo a guardare quei proiett<strong>il</strong>i<br />
rispettab<strong>il</strong>i, immaginandomi <strong>di</strong> vederne <strong>di</strong> momento<br />
in momento scoppiare qualcuno entro al cort<strong>il</strong>e ed in<br />
mezzo a noi. Era frattanto incominciato <strong>il</strong> fuoco della<br />
moschetteria. Nulla <strong>di</strong> più terrib<strong>il</strong>e, nulla <strong>di</strong> più accanito<br />
<strong>di</strong> quelle tre ore <strong>di</strong> combattimento. I prussiani si<br />
spingevano innanzi in gran<strong>di</strong> masse, decisi <strong>di</strong> togliere<br />
quel lieve imbarazzo e marciare sulla città. Sul<br />
primo la loro fanteria era <strong>di</strong>sposta e nascosta <strong>di</strong>etro<br />
ad una specie <strong>di</strong> foresta che è sulla strada <strong>di</strong><br />
Poully, in faccia a noi. I cannoni nostri tiravano incessantemente<br />
e quel loro colpi ci rassicuravano poiché<br />
<strong>il</strong> soldato <strong>di</strong> fanteria ha una grande fiducia sul<br />
cannone che lo protegge. Ma le granate tedesche<br />
piovevano una dopo l’altra e già i nostri artiglieri<br />
avevano qualche ferito, come pure qualche cavallo<br />
era stato colpito e staccatosi fuggiva<br />
all’impazzata, ove lo conduceva la paura…
VITA DI T. STROCCHI<br />
CVII<br />
« Cessato <strong>il</strong> fuoco dei nostri cannoni, i prussiani<br />
si avanzarono terrib<strong>il</strong>i, fulminando <strong>il</strong> nostro riparo<br />
con scariche tremende. Ma i franchi tiratori rispondevano<br />
fieramente. I loro colpi erano però più<br />
fortunati perchè miravano con istu<strong>di</strong>o e ad ogni<br />
scarica atterravano un nemico. Quella casa pareva<br />
che vomitasse fuoco, sembrava una immensa mitragliatrice<br />
con m<strong>il</strong>lecinquecento bocche che incessantemente<br />
sputassero piombo e fiamme; da ogni finestra<br />
partirono colpi, <strong>il</strong> muro aperto in tanti luoghi da<br />
tutte le parti faceva scaturir fuoco e per quanto ne<br />
riceveva, tanto ne rendeva agli assalitori. Impossib<strong>il</strong>e<br />
<strong>il</strong> <strong>di</strong>re qual fosse <strong>il</strong> rumore infernale <strong>di</strong> quel luogo<br />
ristretto in cui era tanta vita, contro cui si <strong>di</strong>rigevano<br />
tanti colpi e dal quale tanti ne partivano: era un<br />
inferno… Eravamo circondati da due parti e <strong>il</strong> nemico<br />
minacciava girare a sinistra e chiuderci ogni<br />
paso. I reggimenti non più trattenuti dai nostri<br />
cannoni si erano avanzati fino a cinquanta passi dal<br />
muro del cort<strong>il</strong>e. Si vedevano come a tal <strong>di</strong>stanza<br />
si può vedere un amico avanzarsi, far fuoco ed incalzare,<br />
sospinti da altri. Noi credevamo che in poco<br />
saremmo stati se no sterminati, fatti tutti prigionieri.<br />
E Ricciotti pure si avvide della critica posizione<br />
e incoraggiava tutti alla più <strong>di</strong>sperata resistenza; ma<br />
non credeva <strong>di</strong> uscirne libero. Egli era però calmo<br />
e freddo come sempre, <strong>di</strong>mostrava <strong>il</strong> più imperturbab<strong>il</strong>e<br />
coraggio: aveva fatto proponimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi<br />
fino all’estremo e <strong>di</strong> morire poi combattendo a<br />
corpo a corpo coi primi che fossero penetrati nel recinto,<br />
Sarebbe stata una lotta terrib<strong>il</strong>e; egli avrebbe<br />
mantenuto quel proponimento che così freddamente<br />
e così seriamente faceva; gli altri avrebbero fatto<br />
come lui, io era deliberatissimo a farlo e fu anzi
VITA DI T. STROCCHI<br />
CVIII<br />
da quel momento che io, mentre prima mi era limitato<br />
a tirare qualche fuc<strong>il</strong>ata cominciai a darmi<br />
attorno con tutta la possib<strong>il</strong>e energia. Un buon comandante<br />
che <strong>di</strong>mostri coraggio e gran<strong>di</strong> propositi<br />
comunica agli altri la propria virtù. Nessuno o pochi<br />
si sarebbero arresi in quel momento. Il sessantunesimo<br />
reggimento Guglielmo era <strong>il</strong> più avanzato;<br />
era sotto <strong>il</strong> muro del cort<strong>il</strong>e e vi fu quasi <strong>di</strong>strutto,<br />
poiché si trovarono l’uno sopra dell’altro a cinquanta<br />
o pochi passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza ottanta morti <strong>di</strong><br />
quel reggimento, <strong>il</strong> che fa immaginare quanti dovessero<br />
essere i feriti.<br />
«Ricciotti Garibal<strong>di</strong> osservava ora da destra<br />
ora da sinistra per vedere <strong>di</strong> quanto avanzasse <strong>il</strong><br />
nemico; <strong>di</strong> fronte era ben tenuto in iscacco dal<br />
fuoco mirab<strong>il</strong>e e dai tiri aggiustatissimi dei franchi<br />
tiratori appostati sui tetti e <strong>di</strong>etro alle finestre.<br />
« - Bisognerebbe fare una piccola sortita<br />
sulla strada, <strong>di</strong>sse Ricciotti accostandosi all’apertura<br />
d’ ingresso.<br />
« - Ci vado io.<br />
« - No voi, mi rispose trattenendomi, quasi gli<br />
<strong>di</strong>spiacesse <strong>di</strong> vedermi incontrare così una morte<br />
certa.<br />
« Nessuno si presentava. Io guardai la mia<br />
carabina e mi accinsi a uscire. Allora egli si volse a<br />
qualche francese che era nel cort<strong>il</strong>e e <strong>di</strong>sse:<br />
«- Allons qui va- <strong>il</strong> donc avec Strocchi?<br />
« Sembrava che ne avessero poca voglia. E infatti<br />
bisognava compatirli: sulla strada fischiava come<br />
spinto dal vento un nembo <strong>di</strong> piombo; i tronchi<br />
degli alberi volavano via spezzati e troncati<br />
come pagliuzze.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CIX<br />
Eravi presso Augusto Rostaing, <strong>il</strong> capitano<br />
dei franchi tiratori dell’Isére, uomo alto, serio, che<br />
avrà avuto quarantatre anni e che aveva fatto altre<br />
campagne, del quale io era amico; com’egli lo<br />
era <strong>di</strong> me, <strong>di</strong> quell’amicizia stretta sul campo <strong>di</strong><br />
battaglia, fra i <strong>di</strong>sagi e i pericoli.<br />
« - Allons nous, <strong>di</strong>sse risolutamente.<br />
« – Allons, gli risposi.<br />
«- Tutti e due avevano la carabina spencer. Uscimmo<br />
e d’un salto ci spingemmo sulla strada<br />
<strong>di</strong>etro un albero, uno <strong>di</strong> quelli che la fiancheggiavano.<br />
Le palle urlavano intorno e battevano nei tronchi<br />
sopra <strong>di</strong> noi… Io aveva, me lo rammento bene,<br />
un sangue freddo che credo <strong>di</strong> non avere mai avuto<br />
sim<strong>il</strong>e. Conosceva <strong>il</strong> pericolo, ma un dolce entusiasmo<br />
mi riempiva l’anima, ed era ubriaco <strong>di</strong> bella<br />
ambizione; non pensava alla morte niente più <strong>di</strong><br />
quello che io pensassi a prendere un reuma, e nonostante<br />
ad ogni passo mi aspettavo <strong>di</strong> sentirmi<br />
spezzare qualche cosa…<br />
« Da quell’albero tirammo due colpi, quin<strong>di</strong><br />
uscendo rapidamente e girandogli intorno ci mettemmo,<br />
senza far parola e istintivamente d’accordo,<br />
<strong>di</strong>etro al riparo dell’albero precedente e in due<br />
salti fummo <strong>di</strong>etro a quello. Ivi pure facemmo fuoco.<br />
I prussiani erano sparsi in qua e in là. Allora ci azzardammo<br />
a traversare la strada e ci portammo<br />
<strong>di</strong>etro agli alberi del f<strong>il</strong>are opposto, tirammo <strong>di</strong>versi<br />
colpi. Cominciava a cader la sera. Non <strong>di</strong>stinguevamo,<br />
almeno io, molto chiaramente <strong>di</strong>nanzi a noi,<br />
ma assai bene però per vedere i nemici. Vedemmo<br />
a tre passi da noi due prussiani, i quali nel vederci<br />
cosi prossimi non fecero <strong>il</strong> menomo atto <strong>di</strong> resistenza.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CX<br />
«- Vo<strong>il</strong>à deux proussiens, gridò Rostaing, alzando<br />
su loro la carabina.<br />
«Essi lasciarono cadere <strong>il</strong> fuc<strong>il</strong>e. Fummo loro<br />
addosso. Egli ne agguantò uno, io presi l’altro per<br />
un braccio, raccolsi <strong>il</strong> suo fuc<strong>il</strong>e e me lo spinsi innanzi<br />
per tornare entro <strong>il</strong> cort<strong>il</strong>e. Era un giovinotto<br />
alto più <strong>di</strong> un palmo <strong>di</strong> me; se mi avesse dato un<br />
pugno mi gettava <strong>di</strong>eci passi lontano.Ma egli tremava<br />
come un bambino, si lasciava condurre, sicchè<br />
io non pensava neppure a guardarmi da una sua<br />
resistenza e mi prendeva pietà <strong>di</strong> lui nel vederlo così<br />
sfatto dalla paura… Pover uomo,se potessi sapere<br />
chi eri tu, vorrei ben rider teco!… Rientrammo nel<br />
cort<strong>il</strong>e, presentai <strong>il</strong> prigioniero e gettai a terra <strong>il</strong><br />
suo fuc<strong>il</strong>e. Così pure faceva Rostaing. Ricciotti era<br />
più tranqu<strong>il</strong>lo. Infatti era già al fuoco a sinistra sui<br />
campi la brigata Canzio coi cacciatori <strong>di</strong> Marsala<br />
ed altri.<br />
«Ricciotti aveva preso gusto alle sortite e noi<br />
più <strong>di</strong> lui, cosicché appena rientrati sortimmo e questa<br />
volta dalla parte sinistra sui campi. E fu in quel<br />
momento che noi due vedemmo un gruppo <strong>di</strong><br />
Prussiani i quali tenendo la ban<strong>di</strong>era del 61° Reggimento<br />
tentavano salvarla e salvarsi. Furono subito<br />
presi <strong>di</strong> mira.Confesso che l’entusiasmo cominciava<br />
allora a farmi ragionar poco, perché adesso non<br />
rammento le sensazioni che provai né ciò che feci<br />
veramente. Ciò che noi facevamo però era bello.<br />
Dei franchi tiratori erano alle finestre della casa, al<br />
<strong>di</strong>sopra <strong>di</strong> noi, ci gridavano bravi. Avevamo le otto<br />
cartatuccie <strong>di</strong> riserva per le nostre carabine. Facemmo<br />
fuoco ciecamente, precipitosamente su quel<br />
mucchio <strong>di</strong> gente, i nostri se<strong>di</strong>ci colpi furono scaricati<br />
a bruciapelo in pochi secon<strong>di</strong> a caddero tutti. Il
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXI<br />
61° Reggimento era caduto fieramente. Tutti quei<br />
cadaveri colpiti dalle palle dei franchi tiratori erano<br />
uno sovra l’altro, stesi sconciamente, quasi cadendo<br />
avessero voluto allungare <strong>il</strong> braccio per toccare quelle<br />
mura sotto cui si erano spinti. E così fu presa la<br />
ban<strong>di</strong>era del 61° Reggimento. Era una ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong><br />
seta nera traversata da due striscie bianche inclinate,<br />
incrociatesi trasversalmente: nel mezzo eravi ricamata<br />
in oro l’aqu<strong>il</strong>a prussiana e <strong>il</strong> nome del Reggimento.»<br />
Questa la narrazione vera, genuina del glorioso<br />
fatto, cui tanta parte ebbe <strong>il</strong> nostro amico, e pel<br />
quale più splen<strong>di</strong>da riuscì la vittoria riportata su’<br />
prussiani dal piccolo esercito garibal<strong>di</strong>no dopo tre<br />
giorni <strong>di</strong> fiero combattimento in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Digione.<br />
Eppure, che non si <strong>di</strong>sse per travisare i fatti? quante<br />
calunnie non si addensarono sul capo de’ nostri valorosi<br />
e del valorosissimo Ricciotti Garibal<strong>di</strong>?<br />
…«Avrei volentieri, <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>, avrei volentieri<br />
fatto a meno della parte <strong>di</strong> gloria che mi venne<br />
per quel fatto!… I francesi gelosi della gloria nostra,<br />
gelosi perché la sola, l’unica ban<strong>di</strong>era prussiana che<br />
fosse stata conquistata in quella lunga guerra, la fu<br />
per opera de’ garibal<strong>di</strong>ni, trassero fuori m<strong>il</strong>le calunnie,<br />
m<strong>il</strong>le <strong>di</strong>scorsi <strong>di</strong>retti a travisare <strong>il</strong> fatto, per menomarne<br />
<strong>il</strong> merito. Un giornale clericale <strong>di</strong> Macon<br />
giunse perfino a <strong>di</strong>re che Ricciotti Garibal<strong>di</strong> l’aveva<br />
fatta fare da un tappezziere, dando ad intendere <strong>di</strong><br />
averla conquistata!… Io ed <strong>il</strong> capitano Augusto Rostaing<br />
<strong>di</strong> Grenoble, usciti soli dal recinto, sotto gli<br />
occhi del colonnello Ricciotti, dopo aver fatto ciò<br />
che ho raccontato, <strong>di</strong> cui tutti furono testimoni, uccidemmo<br />
i <strong>di</strong>fensori <strong>di</strong> quella ban<strong>di</strong>era. Io non la raccolsi,<br />
intendo materialmente, e lasciai che la racco-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXII<br />
gliesse Rostaing, per quel sentimento <strong>di</strong> deferenza<br />
che io doveva alla sua età, al suo grado e al suo coraggio;<br />
egli la portò a Ricciotti, ed egli primo <strong>di</strong>sse<br />
che l’avevamo conquistata insieme lui ed io, e questo<br />
seppero e videro tutti i franchi tiratori della quarta<br />
brigata… Io lo ripeto non l’ho presa colle mani,quando<br />
chi la teneva cadde, ma col Rostaing ho<br />
affrontato l’immenso pericolo che presentava lo esporsi<br />
all’aperto, con lui e forse qualche passo avanti<br />
a lui, specialmente nell’ultima sortita quand’io era<br />
più che mai entusiasmato, ho tirato sui soldati che<br />
tentavano salvarsi colla loro ban<strong>di</strong>era, ne ho uccisi<br />
la mia parte, per cui mi tengo in buona coscienza anche<br />
la mia partesi gloria, senza curarmi <strong>di</strong> ciò che<br />
hanno detto altri.»<br />
Dopo la vittoria del 23 riportata dall’esercito dei<br />
Vosgi, i Prussiani abbandonano ogni idea <strong>di</strong> riguadagnare<br />
le importanti posizioni <strong>di</strong> Digione e la loro<br />
ritirata è completa. Tra le f<strong>il</strong>e de’ Garibal<strong>di</strong>ni per altro<br />
ciò non par vero, non si vuol credere che gli agguerriti<br />
soldati <strong>di</strong> Guglielmo siensi dovuti ritirare<br />
fuggendo <strong>di</strong>nanzi a pochi volontari italiani e francesi,<br />
tanto che da un momento all’altro se li aspettano<br />
nuovamente contro. Pure ciò non accadde..i Prussiani<br />
non solo si sono ritirati sconfitti da Garibal<strong>di</strong> dopo<br />
tre giorni <strong>di</strong> fiero combattimento, ma non si arresteranno<br />
sicuri che a venticinque ch<strong>il</strong>ometri da Digione;<br />
sicchè <strong>il</strong> 24 <strong>il</strong> generale Garibal<strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzava: «Aux<br />
grave de l’armée des Vosges» un or<strong>di</strong>ne del giorno<br />
che incominciava con queste calde parole: Eh bien!<br />
vous les avez revus les talons des terribles sodata de<br />
Gu<strong>il</strong>laume jeunes f<strong>il</strong>s de la liberté. Dans trois juors<br />
de combats a charnés, vous avez ecrit ine page ben<br />
glorieuse pour les annales de la Repubblique, et les
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXIII<br />
opprimés de la grande fam<strong>il</strong>le humaine salueront<br />
en vous ancore une fois les nobles champions du<br />
droit e de la justice…» E fu in questo stesso giorno<br />
che <strong>il</strong> nostro amico seppe d’essere stato dal colonnello<br />
Ricciotti nominato sottotenente, come era stato<br />
nominato maggiore <strong>il</strong> capitano Rostaing; e se ne<br />
compiacque, sentendo <strong>di</strong> essersi ben meritato tale<br />
<strong>di</strong>stinzione. « L’ebbi caro, egli <strong>di</strong>ce; un grado in una<br />
m<strong>il</strong>izia buona piace, specialmente se guadagnato.<br />
Io nulla brigai prima per avere un grado e mi era<br />
fac<strong>il</strong>e averlo anche superiore a quello che mi ebbi<br />
poi, ma lo sdegnai. Nominato ufficiale dopo la giornata<br />
del 23 fui orgoglioso del mio avanzamento,<br />
poiché me lo era acquistato sul campo <strong>di</strong> battaglia<br />
vorrei certamente cominciarla con quel grado che<br />
nessuno può contestarmi.» (1)<br />
Ma gli effetti delle vittorie riportate da Garibal<strong>di</strong><br />
su’ prussiani, sono purtroppo paralizzati dalle<br />
sconfitte toccate a’ generali francesi. Mentre Garibal<strong>di</strong><br />
vince a Digione. Burbacki fallisce nel suo movimento<br />
su Belfort, e, costretto, non avendo altro<br />
scampo, si rifugia co’ suoi novantam<strong>il</strong>a uomini nella<br />
Svizzera. Sicchè volgendo ormai le cose <strong>di</strong> Francia<br />
a certa rovina <strong>il</strong> governo della <strong>di</strong>fesa nazionale è<br />
forzato a domandar prima un armistizio <strong>di</strong> ventun<br />
giorno, poi ad accettare la pace, dura e um<strong>il</strong>iante<br />
quale poteva essere offerta e consentita da un nemico<br />
vittorioso e trionfante. Tanto che Favre dovette<br />
acconsentire al Bismark, <strong>di</strong> non includere<br />
(1) Il nostro amico non ebbe <strong>il</strong> suo Brevetto regolare <strong>di</strong> nomina che l’ 4 marzo<br />
1871.Eccolo: Répubblique francaise, Commandement général. – En vertu des<br />
pleins pouvoirs qui lui sont conférés par le Gouvernement de la Défense Nazionale,<br />
le Commandant de l’Armée des Vosges, Decrete :M. Strocchi <strong>Tito</strong> est<br />
nommé sous lieutenant de cavalérie à dater du 1Mars 1871. – Pour le Général et<br />
par sou ordre : Bordone. Pour copie conforme, Les Chef d’Etat Major : Jos.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXIV<br />
nell’armistizio i tre <strong>di</strong>partimenti, <strong>di</strong> Doubs, del Iura<br />
e della Cote d’Or, anzi convenire che vi dovessero<br />
continuare le operazioni m<strong>il</strong>itari fino a tanto che non<br />
fossero con ulteriori combinazioni <strong>di</strong>plomatiche convenuti<br />
e sottoscritti i patti della resa e della pace. Di<br />
modo che l’esercito dei Vosgi eccolo <strong>il</strong> solo esposto<br />
all’irrompere del nemico che triplicato marcia contro<br />
Garibal<strong>di</strong>, sicuro <strong>di</strong> sorprenderlo con la spada <strong>di</strong>scinta<br />
dal fianco e <strong>di</strong> trarlo prigione con tutti i suoi valorosi.<br />
E al generale Manteufel sarebbe forse riuscito,<br />
se invece dell’Eroe italiano avesse dovuto provarsi<br />
con qualche altro generale;chè Garibal<strong>di</strong>, sebbene <strong>il</strong><br />
31 ignorasse ancora e intieramente ch’egli e <strong>il</strong> suo<br />
esercito non erano stati compresi nell’armistizio<br />
concluso <strong>il</strong> 28 – e si <strong>di</strong>sse poi che ignoravalo perfino<br />
<strong>il</strong> Governo a Bordeaux, per una <strong>di</strong>menticanza del Favre<br />
che <strong>di</strong> quella clausula non l’aveva reso consapevole!<br />
– Garibal<strong>di</strong> seppe per tutto <strong>il</strong> giorno 31 tener<br />
così bene a bada co’ suoi cannoni <strong>il</strong> nemico, e nella<br />
notte così bene mascherare la sua ritirata dalla capitale<br />
della Borgogna, che riparò con somma destrezza e<br />
grande perizia <strong>di</strong> capitano all’inqualificab<strong>il</strong>e abbandono<br />
in cui lo avevan lasciato.<br />
E <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> che con la quarta brigata è<br />
degli ultimi a partire da Digione, dalla città costata<br />
tanti sacrifici, ahime! come lo troviamo mesto in<br />
quest’ ora d’ad<strong>di</strong>o; <strong>il</strong> suo cuore è triste, e pieno <strong>di</strong><br />
lagrime esclama: «Oh Giorgio Imbriani, o Carlo<br />
Anz<strong>il</strong>otti, o Perla, o Pastoris, o Cavallotti, o Rossi, o<br />
Bossack, o Squaglia, o Scali, o voi tutti, generosi italiani,<br />
quaggiù accorsi fidenti e caduti fieramente su<br />
queste colline che ne circondano, gridando: viva la<br />
Repubblica! avanti! ad<strong>di</strong>o a voi tutti. Noi abbandoniamo<br />
le vostre sepolture su cui cavalcherà l’ulano
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXV<br />
nemico, noi lasciamo notturni un baluardo che alla<br />
luca del sole abbiamo strenuamente <strong>di</strong>feso. O Talant<br />
o Fontaine, o Messigny, ad<strong>di</strong>o. Con voi resta <strong>il</strong> nostro<br />
cuore; ricordatevi degli italiani: che tutto perdonando,<br />
che <strong>di</strong>menticando Roma e Mentana, lasciarono<br />
famiglia ed agi per correre a voi, quando <strong>di</strong> popolo<br />
supplicava. Ricordatevi che la prima parola del<br />
patto <strong>di</strong> alleanza fra i popoli è detta e noi l’abbiamo<br />
col nostro sangue suggellata. Ad<strong>di</strong>o Borgogna, reame<br />
del superbo Carlo <strong>il</strong> Temerario che i repubblicani<br />
svizzeri sconfissero, ad<strong>di</strong>o liete colline e ubertose,<br />
ad<strong>di</strong>o o popolo accorso sì spesso ad acclamarci sul<br />
nostro passaggio.» E un altro ad<strong>di</strong>o egli avrebbe dovuto<br />
dare, chè a Digione e in quel momento <strong>il</strong> nostro<br />
amico abbandonava una cosa a lui non meno<br />
cara <strong>di</strong> tante altre…la sua Chitarra!<br />
Sì, vo’ chiudere questo capitolo con un ricordo<br />
lieto, con la narrazione <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> que’ fatti che<br />
bastano a <strong>di</strong>pingerci al vero e con la massima efficacia<br />
tanta parte del carattere <strong>di</strong> un uomo; anzi vo’<br />
che lo narri egli stesso, <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>, con quel brio<br />
e con quel colore proprio <strong>di</strong> chi ritrae se e le cose sue.<br />
Ricorderà <strong>il</strong> lettore che all’amico nostro appena<br />
entrò a far parte delle guide, fu affidata la cassa dello<br />
squadrone. Ebbene l’amministrazione, egli <strong>di</strong>ce, fu<br />
tenuta sulla fiducia, perché non aveva altro che <strong>il</strong><br />
mio taccuino su cui segnare ciò che riceveva e ciò<br />
che consegnava o al furiere per le paghe, o per altre<br />
spese. E per quanto nessuno me ne abbia poi chiesto<br />
conto, avrei potuto fare i conti precisi <strong>di</strong> ciò che aveva<br />
ricevuto e <strong>di</strong> ciò che aveva speso. Non negherò<br />
che un bicchier <strong>di</strong> vino o due non c’incastrasse anche<br />
per me, ma ciò poteva fare senza scrupolo, perché<br />
danari ve n’erano assai. Il fatto è che io non portai
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXVI<br />
via un centesimo che non mi fosse dovuto. Del resto<br />
poi su quel resoconto, ossia sui miei appunti figuravano<br />
certe spese che io non so come l’Intendenza m<strong>il</strong>itare<br />
avrebbe inteso. Trovo per esempio notato: desinare<br />
pel capitano a Lormes L. 3,50;una bottiglia vino<br />
pel capitano alla Place L. 1,50; pagato per tabacco<br />
L. 14,60, e…per una chitarra L.8,00! La<br />
Chitarra poi segnata fra le spese occorse per<br />
l’amministrazione <strong>di</strong> uno squadrone <strong>di</strong> cavalleria è<br />
cosa amena e mi fa ridere pensando che cosa avrebbe<br />
detto Monsieur l’Intendant, se gli avessi detto:<br />
« - Monsieur, vo<strong>il</strong>à huit francs pour une guitarre.<br />
« - Pour?<br />
« - Une guitarre<br />
« - Ce que c’est ça?<br />
« - Une guitarre? Ce tant fait. C’est un instrument<br />
à peu comme un violon, qui a des<br />
cordes et si ‘l est bien joué, <strong>il</strong> donne un son tres<br />
gent<strong>il</strong>e et melancolique. Il use bien en Espagne et<br />
en Italie.<br />
« - Mais vous etez fau. Est qu’ une guitarre<br />
doit paraître parmi le frais d’ un esquadron de cavalerie?<br />
« - Mais, je ne sais pas.<br />
« Infatti a Digione <strong>il</strong> capitano mi aveva or<strong>di</strong>nato<br />
<strong>di</strong> comprarla in un bel magazzino <strong>di</strong> strumenti,<br />
sapendo che io la suonava, per <strong>di</strong>vertirci<br />
un poco la sera. Io la presi e la pagai; secondo<br />
l’or<strong>di</strong>ne, colla cassa dello squadrone. Povera Chitarra!<br />
Quando ci ritirammo con tanta fretta da Digione<br />
la lasciai nell’ albergo ove dormiva. I Prussiani,<br />
se vi andarono l’avranno trovata e avranno detto: saran<br />
sempre italiani; anche in faccia alla morte, nella
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXVII<br />
battaglia, essi hanno la musica nel cuore e sulle<br />
labbra!»
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXVIII
VITA DI T. STROCCHI<br />
V<br />
CXIX<br />
Conchiusa definitivamente la pace fra la Prussia<br />
e la Francia, e che pace!, <strong>di</strong>sciolto l’esercito de’<br />
Vosgi, dal quale <strong>il</strong> generale Garibal<strong>di</strong> s’era licenziato<br />
con quelle sue memorab<strong>il</strong>i parole, « a rivederci a<br />
tempi migliori!» <strong>il</strong> nostro amico giungeva a <strong>Lucca</strong><br />
quasi d’improvviso <strong>il</strong> 19 marzo, accolto con giub<strong>il</strong>o<br />
immenso e dalla famiglia e dagli amici. Lo vi<strong>di</strong> e lo<br />
abbracciai che vestiva ancora l’uniforme da ufficiale<br />
<strong>di</strong> cavalleria; e sotto quella <strong>di</strong>visa mi parve ingigantito<br />
della persona, pieno <strong>di</strong> vita e lieto <strong>di</strong> buone speranze:<br />
lo avresti detto proprio contento <strong>di</strong> sé, e forse<br />
lo era. Povero amico!.. Ma non precorriamo i fatti <strong>di</strong><br />
quest’ultimo periodo della sua vita, periodo non meno<br />
operoso degli altri, anzi <strong>il</strong> più fecondo <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong><br />
durevoli per opere <strong>di</strong> caldo ingegno. Perché s’egli fu<br />
valoroso con le armi da guerra, non meno valoroso si<br />
mostrò poi e colla penne e colla parola, e come scrittore<br />
e come avvocato; lo stesso fuoco, la stessa fede,<br />
la stessa costanza; <strong>di</strong>versi i mezzi, ma uno sempre <strong>il</strong><br />
fine: <strong>il</strong> vero e <strong>il</strong> bello ravvivati al sole della libertà.<br />
Dissi già ch’egli aveva ideato fino dal 1867 <strong>di</strong><br />
scrivere una comme<strong>di</strong>a per inviarla al concorso<br />
drammatico <strong>di</strong> Firenze, e che poi ne aveva dovuto<br />
abbandonare <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong>stratto dagli avvenimenti
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXX<br />
politici <strong>di</strong> quell’anno memorab<strong>il</strong>e. Però <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong><br />
poter scrivere un giorno per <strong>il</strong> Teatro s’era manifestato<br />
in lui così vivo fin da bambino, quando almanaccava<br />
da mane a sera per recitare insieme co’ suoi fratellini,<br />
comme<strong>di</strong>e, drammi, trage<strong>di</strong>e, quando un arma<strong>di</strong>o<br />
parevagli più che sufficiente a in<strong>di</strong>care <strong>il</strong><br />
Campidoglio, e una tenda gettata su gli omeri e raccolta<br />
intorno ai fianchi, <strong>il</strong> manto <strong>di</strong> un personaggio<br />
greco o romano, che quel che non ebbe agio <strong>di</strong> fare<br />
nel 1867, fece nella primavera del 1870 co’ suoi Volti<br />
e Maschere, soggetto pieno <strong>di</strong> passione e condotto<br />
con bell’intreccio e con un <strong>di</strong>alogo sempre vivace,<br />
spigliato, corretto. Ma scritta la comme<strong>di</strong>a, come e da<br />
chi farla rappresentare? Cercò in vano; ché davvero<br />
non fu mai cosa fac<strong>il</strong>e per un autore novellino <strong>il</strong> poter<br />
vincere la durezza e la <strong>di</strong>ffidenza <strong>di</strong> un capocomico<br />
qualunque! Intanto ecco gli avvenimenti politici che<br />
lo allontanano <strong>di</strong> nuovo dal Teatro: prima<br />
l’insurrezione delle bande repubblicane nella Toscana<br />
e nelle Romagne, in<strong>di</strong> <strong>il</strong> carcere come conseguenza<br />
<strong>di</strong> que’ moti, poi la campagna <strong>di</strong> Francia. Se non<br />
che avendo egli affidato a un amico quella sua prima<br />
comme<strong>di</strong>a, questi tanto fece e si adoperò che la<br />
Compagnia drammatica Don<strong>di</strong>ni e Pezzana la poneva<br />
in iscena a Mantova, e con buon successo, mentre egli<br />
si trovava ancora in Francia a combattere contro i<br />
Prussiani.<br />
E una volta fatto <strong>il</strong> primo passo, gli altri riescon<br />
più fac<strong>il</strong>i. Tanto è vero che tornato <strong>di</strong> Francia trovò a<br />
<strong>Lucca</strong> la stessa Compagnia Don<strong>di</strong>ni che aspettava <strong>il</strong><br />
suo arrivo per rappresentare Volti e Maschere. Ciò<br />
per lui fu una lieta sorpresa e una vera fortuna, perché<br />
festeggiato oggi come garibal<strong>di</strong>no, come valoroso<br />
soldato, domani sarà anche applau<strong>di</strong>to come poe-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXI<br />
ta. Sicché fatte alcune prove, sacrificate all’esigenze<br />
del capocomico e del prim’uomo e della prima donna<br />
alcune scene o parti <strong>di</strong> scene, subite a una a una<br />
tutte quelle um<strong>il</strong>iazioni che sono riservate a un giovane<br />
autore drammatico, dalla presunzione <strong>di</strong> artisti<br />
spesso ignoranti, ma più spesso egoisti; passato insomma<br />
a traverso tutte quelle piccole miserie del <strong>di</strong>etro<br />
scena che ti farebbero perdere la testa, s’essa in<br />
que’ momenti non vagasse già nelle nuvole, sognando<br />
ora l’applauso, ora i fischi, l’1 d’apr<strong>il</strong>e 1871 rappresentavasi<br />
al teatro Pantera la sua comme<strong>di</strong>a, e poche<br />
volte fu visto quel teatro così affollato. Gran<strong>di</strong>ssima<br />
pertanto l’aspettativa, varii i prognostici; tutti<br />
concor<strong>di</strong> nel riconoscere l’ingegno dell’autore, ma<br />
non così tutti egualmente si fidano delle sue idee politiche.<br />
E mentre i più temono tirate fuor <strong>di</strong> luogo e<br />
pericolose, a taluno invece non parrebbe vero che ve<br />
ne fossero e <strong>di</strong> quelle veramente scottanti! È un’ansia<br />
per tutti. Però e gli uni e gli altri s’ingannano; l’opera<br />
del nostro autore non è una cosa improvvisata, non è<br />
uno sfogo giovan<strong>il</strong>e <strong>di</strong> un volgare scrittore, ma sì<br />
l’opera <strong>di</strong> un giovane d’ingegno, <strong>di</strong> uno scrittore serio;<br />
è l’opera d’arte non priva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti, ma che tutti<br />
coloro che hanno ingegno e buoni stu<strong>di</strong>, e che si sentono<br />
<strong>di</strong>sposti a scrivere per <strong>il</strong> Teatro, vorrebbero averla<br />
scritta come primo loro saggio della <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>’arte.<br />
E gli esagerati timori e le pazze speranze<br />
presto si d<strong>il</strong>eguarono, e l’uomo politico, l’ardente garibal<strong>di</strong>no,<br />
<strong>il</strong> repubblicano <strong>di</strong>sparve <strong>di</strong>nanzi a gli occhi<br />
e alla fantasia degli spettatori per non rimanervi che<br />
lo scrittore; e gli applausi scoppiarono spontanei, fragorosi,<br />
unanimi e ripetuti sì che <strong>il</strong> nostro amico,<br />
l’eroe <strong>di</strong> Digione, tremante come un fanciullo e trascinato<br />
quasi a forza da’ comici sod<strong>di</strong>sfatti, dové più
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXII<br />
volte presentarsi al pubblico. La comme<strong>di</strong>a fu ripetuta<br />
per più sere.<br />
Dopo le rappresentazioni fatte a <strong>Lucca</strong>, la comme<strong>di</strong>a<br />
Volti e Maschere <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi fece <strong>il</strong> giro<br />
della maggior parte de’ teatri d’Italia e ovunque fu<br />
sempre applau<strong>di</strong>ta. Un vero trionfo l’ebbe a Pisa,<br />
presente l’autore che ne lasciò scritto: « Quanto mi<br />
furon cari quegli applausi… Pisa è città che io amo<br />
per le dolci rimembranze che mi suscita, per la vita<br />
beata che io v’ho passato per tre anni e mezzo. E<br />
questo primo e colossale successo me la rese più cara.<br />
Ognuno faceva a gara per conoscermi, tutti si ricordavan<br />
<strong>di</strong> me, e antichi compagni d’arme nella<br />
campagna del 1866, e caffettieri , e vecchi scolari, e<br />
vetturini, d’ogni con<strong>di</strong>zione; e io um<strong>il</strong>e in tanta gloria<br />
assaporava, lo confesso, questa prima aurora <strong>di</strong><br />
popolarità e <strong>di</strong> gloria. E la gloria e la popolarità sono<br />
un frutto come quello del lago Afaltide, colorato al <strong>di</strong><br />
fuori <strong>di</strong> br<strong>il</strong>lanti colori, rosei, aurei e pieno al <strong>di</strong> dentro<br />
<strong>di</strong> cenere. Lo appressi alle labbra desioso, stringi,<br />
mor<strong>di</strong>, amarezza e cenere. Tale la gloria e la popolarità.<br />
Cose gratissime, non nego, che commuovono<br />
l’anima, che fanno piangere dolcemente, che ti compensano<br />
spesso d’ogni dolore sofferto, ma che in fine<br />
dei conti non hanno in se stesse niente <strong>di</strong> vero, niente<br />
<strong>di</strong> saldo e che ti lasciano poi come ti trovano. È una<br />
specie <strong>di</strong> ebbrezza, sim<strong>il</strong>e a quella prodotta dal vino,<br />
eccita, stor<strong>di</strong>sce e stanca. Durante quell’ebbrezza<br />
l’uomo si sente sollevato al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> se stesso e<br />
degli altri, pieno <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> buona volontà; è felice.<br />
Ma quei vapori svaniscono, quei fumi si <strong>di</strong>ssipano,<br />
l’energia fittizia cade con essi, e cosa resta? niente.<br />
– Fumo <strong>di</strong> gloria, ha detto Giorgio Sand, non vale<br />
fumo <strong>di</strong> pipa. È vero! Inten<strong>di</strong>amoci che io parlo per
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXIII<br />
conto mio e per la mia piccola gloria, ma petite glorire<br />
a moi; parlo <strong>di</strong> quella gloria che per quanto piccola,<br />
è per me cosa nuova e straor<strong>di</strong>naria, cosa che finalmente<br />
tutti non hanno provata.»<br />
Ma non è anche cessata l’eco degli applausi pei<br />
suoi Volti e Maschere, ch’egli ha già pronta una seconda<br />
comme<strong>di</strong>a dal titolo Amore. La donna, lasciò<br />
scritto Tommaseo ne’ suoi Pensieri morali, educa,<br />
<strong>di</strong>verte o perverte; e da questo proverbio <strong>il</strong> nostro<br />
amico trasse <strong>il</strong> concetto del suo nuovo lavoro drammatico,<br />
concetto che svolse in modo vario e interessante<br />
in cinque atti pieni <strong>di</strong> ar<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong> spirito,<br />
senza però perder mai <strong>di</strong> mira <strong>il</strong> fine morale propostosi.<br />
E, cosa mirab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> fecondo ingegno come <strong>il</strong><br />
suo, la scrisse in pochi giorni, dal 13 maggio al 4<br />
giugno, spintovi un po’ da quella confidenza in cui si<br />
trovava per <strong>il</strong> lieto successo della sua prima comme<strong>di</strong>a,<br />
ma più dalle strettezze finanziarie nelle quali<br />
versava da mancargli perfino <strong>il</strong> pane quoti<strong>di</strong>ano. Tanto<br />
che riandando que’ giorni, sempre meno tristi <strong>di</strong><br />
quelli che lo tormentarono poi, scriveva:« Era quella<br />
per me una bella primavera, primavera dell’ingegno<br />
da cui avrei potuto togliere gran<strong>di</strong> frutti se le sventure<br />
sopravvenute, la tristezza, la miseria delle con<strong>di</strong>zioni,<br />
la incertezza del vivere non mi avessero abbattuto,<br />
paralizzata ogni mia energia, ridotto ad un tratto impotente!»<br />
Frattanto la Compagnia drammatica Pezzana da<br />
Pisa s’era recata a Firenze e recitava all’arena Goldoni.<br />
Ne’giorni 7, 8,e 9 giugno vi aveva rappresentato<br />
Volti e Maschere e con ottimo successo: con i soliti<br />
applausi; con le solite chiamate al proscenio. Sicché<br />
migliore occasione non si poteva presentare al<br />
nostro autore per porre in iscena la sua nuova com-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXIV<br />
me<strong>di</strong>a; e senza indugio ne consegnava al Pezzana <strong>il</strong><br />
manoscritto, proprio senz’averlo nemmen corretto,<br />
senza verlo fatto leggere ad anima viva, pur riputando<br />
questa sua comme<strong>di</strong>a migliore <strong>di</strong> Volti e Maschere:<br />
lo spronava a far presto <strong>il</strong> bisogno, la necessità <strong>di</strong><br />
guadagnare qualcosa per vivere! E sotto questi auspici<br />
<strong>il</strong> 9 se ne incominciarono le prove; e come pe’ Volti<br />
e Maschere, così per l’Amore si dovettero adoprar<br />
le forbici, onde ridurre <strong>il</strong> lavoro ne’ limiti delle esigenze<br />
teatrali; ché <strong>di</strong> soverchia lunghezza peccaron<br />
sempre gli scritti tutti del nostro amico, perché oltremodo<br />
fecondo d’idee e <strong>di</strong> pensieri e fac<strong>il</strong>e <strong>di</strong> parola<br />
, perché nemico del correggere e poco paziente<br />
nell’usar della lima! E i tagli che vi furon fatti così ad<br />
aocchio e croce, riuscirono com’era naturale in massima<br />
parte vere e proprie storpiature a danno della<br />
chiarezza e dell’effetto: si tagliava, si tagliava per accorciare,<br />
né <strong>il</strong> tempo corto consentiva <strong>di</strong> correggere e<br />
rifare; quin<strong>di</strong> guastata nella giusta proporzione delle<br />
sue parti, l’opera dové molto perdere dei suoi pregi<br />
artistici. E in tal modo fu rappresentata la sera del 15<br />
giugno in Firenze, con grande aspettazione, con un<br />
teatro affollatissimo <strong>di</strong> pubblico scelto, ove br<strong>il</strong>lavano<br />
i più noti letterati e i più noti rappresentanti della<br />
stampa giornalistica.<br />
Nonostante però i tagli fatti la comme<strong>di</strong>a riuscì<br />
assai lunga; se ne cominciò la rappresentazione alle<br />
otto <strong>di</strong> sera e finì dopo la mezzanotte. Pure<br />
l’attenzione del pubblico non si stancò mai; si mantenne<br />
vivissima fino all’ultimo, né mancarono gli applausi<br />
e le chiamate al proscenio. La comme<strong>di</strong>a fu ripetuta<br />
<strong>il</strong> giorno dopo, ma in generale non piacque e <strong>il</strong><br />
successo non fu pari alla prima. I giornali tutti per altro<br />
ne parlarono e con serietà, e le critiche fatte torna-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXV<br />
rono a grande onore del giovane nostro poeta. Tanto<br />
che se non mi fossi proposto <strong>di</strong> dar qui soltanto un<br />
cenno delle opere e<strong>di</strong>te e ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi, riserbandomi<br />
a fare un’estesa bibliografia in<br />
un’appen<strong>di</strong>ce a parte, mi cadrebbe in acconcio <strong>il</strong> ricordare<br />
e trascrivere molti brani <strong>di</strong> rassegne pubblicate<br />
in prova <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>co, non che <strong>il</strong> <strong>di</strong>mostrare<br />
come ei non sdegnasse questa critica, anzi ne accogliesse<br />
gli appunti fatti con deferenza propria <strong>di</strong> chi<br />
sa <strong>di</strong> valere qualcosa, ed ha la coscienza <strong>di</strong> poter far<br />
meglio, ammaestrato dall’esperienza e dallo stu<strong>di</strong>o<br />
continuo. L’appunto principale che gli venne fatto fu<br />
quello <strong>di</strong> aver riprodotto nella donna, con una certa<br />
compiacenza da Mefistofele, gli angeli decaduti piuttosto<br />
che quelli incontaminati, ciò che a mio credere<br />
non è tutto vero, come egli stesso prese a <strong>di</strong>mostrare<br />
<strong>di</strong>fendendosi in una prefazione a me <strong>di</strong>retta e che aveva<br />
in animo <strong>di</strong> stampare insiem con la comme<strong>di</strong>a<br />
rimasta poi ine<strong>di</strong>ta. Vi sono è vero in questo suo lavoro<br />
drammatico delle scene che ti rappresentano la<br />
Società al nudo, scene come <strong>di</strong>ssi piene <strong>di</strong> ar<strong>di</strong>menti,<br />
ma son anche scritte con sì squisita arte da apparire<br />
opera non <strong>di</strong> un giovane, ma <strong>di</strong> un provetto e grande<br />
scrittore. Ciò che fe’ <strong>di</strong>re nell’appen<strong>di</strong>ce del giornale<br />
l’ « Opinione » al severo D’Arcais: lo Strocchi corre<br />
sempre sul f<strong>il</strong>o <strong>di</strong> un rasoio e non si taglia mai!..<br />
Un gran dolore lo colpì in questi giorni « e tanto<br />
più grande » egli <strong>di</strong>ce « che seppellito nel cuore, nessuno<br />
lo conoscerà mai, tranne coloro che me lo cagionarono».<br />
E dovett’essere grande davvero, perché<br />
tornato in <strong>Lucca</strong> <strong>il</strong> 23 luglio oh! com’era cambiato;<br />
avresti detto che fosse venuto meno in lui perfino<br />
quell’entusiasmo per la patria, per la libertà e per<br />
l’arte che formava tanta parte <strong>di</strong> sé, e che sempre a-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXVI<br />
vevalo reso superiore alle molte traversie della vita.<br />
Così, a chi non sapeva darsi ragione <strong>di</strong> cotesto suo<br />
improvviso abbattimento morale, a chi ripensando<br />
alle recenti festose accoglienze che da’ numerosi amici<br />
erangli state fatte al suo ritorno dalla Francia,<br />
non che agli applausi, a’ trionfi recentissimi ottenuti<br />
su le scene del teatro <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, <strong>di</strong> Pisa, <strong>di</strong> Firenze co’<br />
suoi Volti e Maschere, a chi lo interrogava su la cagione<br />
<strong>di</strong> cotesta sua tristezza, rispondeva: «che volete?..<br />
<strong>il</strong> dolore dell’anima uccide lo spirito!..»<br />
Né io alzerò ora quel fitto velo <strong>di</strong>etro del quale<br />
e’ volle che rimanesse celata a tutti la vera e principale<br />
cagione del suo immenso dolore; e <strong>di</strong>co principal<br />
cagione, perché ad inacerbire maggiormente la<br />
piaga del suo cuore contribuì allora e non poco anche<br />
un forte <strong>di</strong>singanno patito. Amava <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> una<br />
bella fanciulla e si sentiva felice; « era tanto tempo »<br />
<strong>di</strong>ceva « che <strong>il</strong> mio cuore sempre assorbito dalle<br />
gran<strong>di</strong> passioni dei patria, <strong>di</strong> libertà, aveva <strong>di</strong>menticato<br />
<strong>di</strong> battere solo per sé dolcemente!» Pure anche<br />
questa sua dolcezza eragli <strong>di</strong> tanto in tanto turbata dal<br />
segreto presentimento che quell’«angelo» non sarebbe<br />
stato suo. Difatti dopo un’ardente <strong>di</strong>chiarazione<br />
fattale, quella bella fanciulla si <strong>di</strong>sse pronta a qualunque<br />
sacrificio per lui, ma ad un patto; che tornasse a<br />
credere com’essa credeva; ché « tu pure » <strong>di</strong>cevagli «<br />
sei nato cattolico!..» Né per quanto egli si adoperasse<br />
per persuaderla che era vittima <strong>di</strong> un volgare pregiu<strong>di</strong>zio<br />
a nulla valsero le sue argomentazioni; e rispondeva:<br />
« e come potrei io amare un uomo che rinnega<br />
la sua fede? » Quell’anima vergine, non ancora sfiorata<br />
dal dubbio, si sentiva solo atterrita dall’idea <strong>di</strong><br />
doversi unire per sempre con chi non partecipava alle<br />
dolcezze del suo ideale, non <strong>di</strong>videva le sue aspira-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXVII<br />
zioni celesti, non si scaldava della stessa fede, con<br />
chi insomma aveva ben altro concetto della <strong>Vita</strong>; e<br />
senza più respinse la sua mano. Ma se la cieca fede<br />
rese irremovib<strong>il</strong>e dal suo proponimento l’onesta fanciulla<br />
, anche la pura ragione non tradì <strong>il</strong> nostro amico<br />
che posto così tra la coscienza e l’amore non titubò<br />
un solo istante. Sicché poi con una certa compiacenza<br />
scriveva: « Io sono stato degno della causa<br />
per la quale combatto e mi sono sentito forte, ho vinto.<br />
Ma ahimè a qual prezzo!.. Sono nato all’infelicità<br />
e devo sopportare fino in fondo <strong>il</strong> peso che spontaneamente<br />
ho assunto… Soffri, soffri, povero mio cuore!<br />
».<br />
Ora se allo strazio dell’anima sua per la malvagità<br />
degli uomini e l’avversità de’ tempi, aggiungi<br />
anche la sempre peggiorata con<strong>di</strong>zione finanziaria<br />
del povero padre suo, che da solo e con la sua industria<br />
più non bastava al sostentamento della famiglia;<br />
al crescente urgentissimo bisogno ch’e’ sente <strong>di</strong> dovere<br />
abbandonare la casa paterna per non essere più<br />
<strong>di</strong> aggravio a’suoi e campare del proprio lavoro, fac<strong>il</strong>mente<br />
comprenderai lo scoraggiamento in cui cadde,<br />
e come venuta meno in lui ogni fiducia <strong>di</strong> sé, <strong>di</strong>ffidasse<br />
delle sue forze così da non poter poi nemmeno<br />
corrispondere all’impegno che aveva assunto con<br />
Giuseppe Mazzini; <strong>di</strong> scrivere cioè per la Roma del<br />
Popolo, perio<strong>di</strong>co <strong>di</strong> molto valore, che pubblicavasi<br />
in Roma e che era non solo ispirato, ma scritto nella<br />
sua parte polemica da quel grande Atleta del pensiero<br />
italiano. « Tanto furono gravi le tristezze, scrive <strong>il</strong><br />
nostro amico, e la noia che mi vinsero per un anno,<br />
cioè finché quel giornale seguitò a pubblicarsi, che<br />
io, con tutto <strong>il</strong> desiderio che aveva <strong>di</strong> accon<strong>di</strong>scende-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXVIII<br />
re a ciò che da me bramava l’uomo che più abbia venerato<br />
sulla terra, non scrissi per quel giornale nulla 1 .<br />
1 Giuseppe Mazzini scrisse <strong>di</strong> questo tempo quattro lettere<br />
a <strong>Tito</strong> Strocchi. La prima non fu da lui ricevuta; le altre<br />
tre, rinvenute fra le sue carte, le trascrivo qui, perché ancora<br />
ine<strong>di</strong>te e perché, secondo quel ch’io penso, nulla dovrebbe<br />
rimanere sconosciuto per la storia <strong>di</strong> ciò che scrisse<br />
e operò quel grande intelletto. Poi <strong>di</strong> quanto onore non<br />
sono pel nostro amico, se da esse appren<strong>di</strong>amo che Giuseppe<br />
Mazzini reputavalo capace più <strong>di</strong> molti altri giovani<br />
e <strong>di</strong> cuore e <strong>di</strong> mente a scrivere pel suo giornale delle cose<br />
<strong>di</strong> Francia e della parte che vi ebbero gl’Italiani durante la<br />
guerra del 1870? – Eccole:<br />
"Fratello<br />
Vi mandai tempo fa una mia da M<strong>il</strong>ano: vi giunse? Io vi<br />
chiedeva un lavoro che probab<strong>il</strong>mente per ragioni <strong>di</strong>verse<br />
non potevate fare. Ma questo importa meno dell’altro motivo<br />
che m’indusse a scrivervi. Aveste la lettera? E se<br />
l’aveste,perché non mi rispondeste? Siamo com’eravamo<br />
prima o non siamo? Potrei se occorresse mai un giorno far<br />
calcolo su voi per le cose nostre? Questo è ciò che stimandovi<br />
come meritate, mi preme sapere.<br />
Quanto alla Roma del Popolo non ho bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi che<br />
s’anche non potete fare <strong>il</strong> lavoro in<strong>di</strong>catovi, sarò lieto se<br />
scriverete qualche cosa per essa. – Scrivetemi all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />
Sig. Raffaele Rosselli, Palazzo della Posta Livorno. Le lettere<br />
mi giungeranno dovunque io sarò.<br />
27. 6. 71<br />
Vostro sempre<br />
Gius.<br />
“Fratello<br />
Mi duole della lettera smarrita. Non vi era cosa, ch’io ricor<strong>di</strong>,<br />
compromettente. È tar<strong>di</strong> per ciò ch’io vi chiedo. Era un sunto,<br />
in parecchi articoli s’intende, della parte che ebbero
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXIX<br />
Sì, <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> ha ormai deciso <strong>di</strong> abbandonare<br />
<strong>Lucca</strong>, ché vivere in casa a spese <strong>di</strong> suo padre non<br />
vuol più, né potrebbe più. Ma dove andare? Che farà<br />
egli fuori <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>? Avendo finito <strong>il</strong> tempo necessario<br />
per le pratiche <strong>di</strong> avvocato, egli potrebbe dar<br />
l’esame, esercitare la professione; ma a lui occorrono<br />
gl’Italiani nelle cose <strong>di</strong> Francia per la Roma del Popolo. Era<br />
certo <strong>di</strong> averlo da voi scevro <strong>di</strong> entusiasmo per Francia e<br />
d’ire esagerate e scevro della cieca ammirazione per ogni<br />
starnuto <strong>di</strong> Garib. O per ogni colpo <strong>di</strong> fuc<strong>il</strong>e d’un italiano,<br />
ma colla debita lode al <strong>di</strong> lui genio e all’intrepidezza e capacità<br />
<strong>di</strong> sacrificio italiano. Avreste anche avuto campo <strong>di</strong> accennare<br />
alle piaghe della Francia e ai doveri dei nostri verso<br />
<strong>il</strong> loro paese che essi sembrano generalmente credere – e me<br />
lo provarono pur troppo in Gen. M<strong>il</strong>. e altrove prima del<br />
mio soggiorno in Gaeta – inferiore in fatto <strong>di</strong> elementi alla<br />
Francia mentr’io lo credo superiore ad essa pel popolo della<br />
città. Quando io vi richiedeva <strong>di</strong> questo lavoro non v’erano<br />
che i ragguagli <strong>di</strong> Beghelli e <strong>di</strong> Bizz. Le loro eterne colezioni,<br />
enumerazioni <strong>di</strong> sigari fumati, ed oggi v’è <strong>il</strong> lavoro della Mario<br />
più serio e quello del Socci che non ho veduto. Forse<br />
non sarebbe tar<strong>di</strong> se <strong>il</strong> lavoro si convertisse in una specie <strong>di</strong><br />
rivista <strong>di</strong> quei lavori, Di questo vedete voi. Ma quello o altro<br />
sarei lieto <strong>di</strong> vedere <strong>il</strong> nome vostro <strong>di</strong> tempo in tempo nella<br />
Pubblicazione fondata da me. Del resto era certo della vostra<br />
risposta. Ora ogni <strong>di</strong>scorso sarebbe prematuro: è necessario<br />
che sorga un’agitazione qualunque. Ma da una proposta<br />
papale <strong>di</strong> Francia, da una vigliaccheria del Governo o da<br />
altro può escire. Allora farò <strong>di</strong> parlarvi. Intanto tenete i giovani<br />
fermi al fine e raccolti in piccoli gruppi e possib<strong>il</strong>mente<br />
armati. Val meglio che infuriar a parole sul Comune come<br />
fanno taluni dei nostri. Sono lieto pei vostri trionfi. Saranno<br />
stampate le vostre Comme<strong>di</strong>e.<br />
Vostro sempre<br />
Gius
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXX<br />
per prepararvisi almeno tre o quattro mesi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o:<br />
dal giorno in cui prese la laurea non ha più aperto un<br />
libro <strong>di</strong> scienza legale! Frattanto <strong>il</strong> problema del come<br />
campare la vita durante questo tempo gli sta <strong>di</strong>nanzi<br />
minaccioso, terrib<strong>il</strong>e come la fame; sicché bisogna<br />
pur prendere un partito, bisogna decidersi. E <strong>il</strong><br />
9 <strong>di</strong> settembre ricevute dagli amici <strong>di</strong> Massa ducale<br />
trecento lire partiva da <strong>Lucca</strong> con la sorella Livia per<br />
Firenze deciso <strong>di</strong> prender ivi <strong>di</strong>mora, come <strong>di</strong>fatti ve<br />
la prese. Tanto che da quel giorno può <strong>di</strong>rsi ch’egli<br />
abbia vissuto quasi interamente fuori della sua città<br />
natale, lontano da’ suoi e sempre povero e infelice. «<br />
Se io avessi potuto essere avvocato in quei giorni, egli<br />
ci <strong>di</strong>ce, forse la mia sorte sarebbe stata <strong>di</strong>versa.<br />
Non aveva ancora provato i m<strong>il</strong>le imbarazzi del dover<br />
vivere senza risorse, avevo conoscenze, amicizie<br />
ed avrei potuto procurarmi in qualche città lavoro<br />
stab<strong>il</strong>e che ora sarebbe stab<strong>il</strong>issimo; ma costretto a<br />
lanciarmi in un avvenire ignoto consumai la mia energia,<br />
tutte le probab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> fortuna, nella forzata<br />
impotenza… Solo io so quanto fosse terrib<strong>il</strong>e questa<br />
circostanza che m’imponeva <strong>di</strong> partire, <strong>di</strong> avventurarmi<br />
in braccio all’incertezza, come un naufrago sopra<br />
una zattera col pane che gli possa bastare per due<br />
giorni. E poi?..»<br />
Presa istanza a Firenze, egli ben presto acquistò<br />
sulla gioventù democratica fiorentin quell’ascendente<br />
cui poteva giustamente ambire pel suo ingegno e pel<br />
suo noto patriottismo. E ch’egli allora prevalesse su<br />
molti fu la sua fortuna, perché non solo si mostrò<br />
sempre tra’ più attivi nell’efficace apostolato repubblicano,<br />
ma in <strong>di</strong>verse occasioni riuscì anche a trattenere<br />
le esorbitanze <strong>di</strong> coloro che invasata la mente<br />
delle nuove idee socialiste che avevano procurato alla
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXI<br />
Francia i tristi giorni della Comune, s’erano <strong>di</strong>staccati<br />
dal partito mazziniano. Il quale per essi rappresentava<br />
la moderazione della Repubblica; dacché lo stesso<br />
Mazzini con santo ardore, con forza d’argomentazioni<br />
e splendore <strong>di</strong> forma inarrivab<strong>il</strong>i aveva preso a combattere<br />
nella Roma del Popolo le teorie<br />
dell’Internazionale, reputando <strong>il</strong> grande italiano suo<br />
dovere, già che n’era in tempo, <strong>di</strong> far conoscere ai<br />
molti <strong>il</strong>lusi tutto l’inganno <strong>di</strong> quell’errore generoso, <strong>di</strong><br />
quell’eroismo sviato, perduto per deficienza nel fine,<br />
tutto <strong>il</strong> pericolo insomma che le loro medesime aspirazioni<br />
correvano gettandosi ad un tratto <strong>di</strong>etro una<br />
ban<strong>di</strong>era che non rappresentava altro che una materiale<br />
conquista <strong>di</strong> beni, <strong>di</strong> guadagno, altro che una nuova<br />
tirannia innalzata sulle rovine della vecchia tirannia;<br />
<strong>di</strong>etro una ban<strong>di</strong>era, un programma, che, com’egli <strong>di</strong>ce,<br />
se trionfasse « riuscirebbe egualmente funesto<br />
all’avvenire delle classi operaie e al Progresso generale,<br />
dal quale quell’avvenire non può scompagnarsi:<br />
tentando da un lato a separare la questione sociale dalla<br />
politica, ciò che vale sopprimere <strong>il</strong> campo sul quale<br />
potrebbe inalzarsi <strong>il</strong> nuovo e<strong>di</strong>fizio , dall’altro ad inaugurare<br />
un’insana guerra tra <strong>il</strong> lavoro e <strong>il</strong> capitale,<br />
mentre unica via a risolvere <strong>il</strong> problema è per noi<br />
l’associazione tra que’ due eterni elementi <strong>di</strong> produzione.»<br />
E <strong>il</strong> <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o sorto fu serio e doloroso in modo<br />
che per un momento parve proprio fosse riuscito a far<br />
quello che non era mai riuscito fare a’ moderati; a<br />
scindere vo’ <strong>di</strong>re, a <strong>di</strong>videre <strong>il</strong> partito repubblicano.<br />
Se non che <strong>il</strong> buon senso finì poi com’era naturale a<br />
trionfare nuovamente, e <strong>il</strong> partito repubblicano tornò<br />
ad essere unito e compatto: e mentre in Italia i principi<br />
dell’Internazionale non trovano buon terreno per
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXII<br />
esservi coltivati, le dottrine politiche e sociali <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Mazzini sono ancora <strong>il</strong> programma della gran<br />
maggioranza dei repubblicani;… e <strong>di</strong>co le dottrine<br />
politiche e sociali, perché purtroppo <strong>il</strong> numero <strong>di</strong> coloro<br />
che <strong>di</strong>ssentono dalle dottrine f<strong>il</strong>osofiche e religiose<br />
<strong>di</strong> Giuseppe Mazzini va ogni giorno <strong>di</strong> più aumentando.<br />
Peraltro s’ingannerebbe chi credesse cotesti<br />
repubblicani <strong>di</strong>ssidenti, seguaci <strong>di</strong> quel razionalismo<br />
scettico che non ha entusiasmi, né conosce virtù<br />
<strong>di</strong> sacrificio; scuola atea e realista! « Io non vorrei<br />
ammettere nessuno Id<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> nostro amico, nemmeno<br />
quello <strong>di</strong> Mazzini, ma neanche vorrei lo scetticismo<br />
dell’anima, poiché comprendo che dopo aver<br />
riso d’Id<strong>di</strong>o si riderà della patria e della virtù. Io vorrei<br />
combattere pel razionalismo, ma coll’ardore <strong>di</strong> un<br />
fanatico religioso; vorrei che la fede nella libertà, nella<br />
verità, nell’amore, nel bello riempisse la coscienza<br />
<strong>di</strong> tutti e fosse essa stessa la nuova religione ».<br />
In Firenze dunque <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> vive, se non lieto<br />
come avrebbe potuto, se si fosse trovato in migliore<br />
con<strong>di</strong>zione, certo un po’ meno peggio <strong>di</strong> quel che<br />
vivesse a <strong>Lucca</strong>. Dinanzi a que’ superbi monumenti<br />
che gli ricordano la potenza e la gloria del popolo<br />
fiorentino, che gli ispirano nell’anima alti sensi <strong>di</strong> libertà<br />
repubblicana, e’ si sente quasi <strong>di</strong>rei rinato a<br />
nuova vita, e <strong>il</strong> fuoco del suo apostolato, della sua fede<br />
si riaccende in lui; sicché lavora e spera… e spera<br />
anche in un migliore avvenire per sé e per la sua d<strong>il</strong>etta<br />
sorella. Frattanto stu<strong>di</strong>a per prepararsi all’esame<br />
<strong>di</strong> libero esercizio come avvocato, deciso ormai <strong>di</strong><br />
darlo appena può, e scrive per l’Italia Nuova, giornale<br />
passato al partito democratico quando <strong>il</strong> Bargoni,<br />
che n’era <strong>di</strong>rettore e proprietario, lo cedé per andare<br />
prefetto <strong>di</strong> Pavia; e da questo ritrae appena tanto da
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXIII<br />
campare miseramente. E così miseramente che invitato<br />
dagli amici <strong>di</strong> Carrara a recarsi colà per assistere<br />
la sera del 23 gennaio alla rappresentazione de’ suoi<br />
Volti e Maschere, già ripetuta per più sere in quel teatro<br />
dalla compagnia drammatica <strong>di</strong>retta da Luigi Pezzana,<br />
risponde <strong>di</strong> non poter aderire al cortese invito<br />
per più e <strong>di</strong>verse cagioni. Né ci sarebbe andato, se<br />
quegli amici, indovinando la cagion vera ed unica del<br />
suo non possumus, non gli avessero mandato in tempo<br />
<strong>il</strong> denaro necessario pel viaggio.!<br />
Ecco quello che sotto questa data trovo scritto in<br />
un suo taccuino e che ci rivela lo stato vero<br />
dell’animo suo: « 23 gennaio 1872, ore quattro pomeri<strong>di</strong>ane.-<br />
Anno passato a quest’ora le fuc<strong>il</strong>ate piovevano<br />
intorno a me, presso a Digione. Era una terrib<strong>il</strong>e<br />
posizione; i prussiani ci avevano circondati e ci<br />
minacciavano a pochi passi; io scaricava incessantemente<br />
la mia carabina e vedeva la morte cogliermi <strong>di</strong><br />
momento in momento. Più tar<strong>di</strong> la ban<strong>di</strong>era del 61°<br />
fu conquistata e tornai a Digione lieto, mangiai e<br />
dormii felice come quando fanciullo, mi addormentava<br />
nel grembo <strong>di</strong> mia madre. – Ed oggi? Ho molte<br />
ragioni <strong>di</strong> tristezza, ne avrei anche molte <strong>di</strong> conforto,<br />
<strong>di</strong> gioia, eppure vorrei esser là fra quelle tempeste <strong>di</strong><br />
piombo; e se vi fossi, chi sa? Forse cercherei la morte…-<br />
23 gennaio 72, ore otto. – Piove. Il vapore corre<br />
dall’Avenza a Carrara; piove <strong>di</strong>rottamente e l’acqua<br />
batte sui vetri del Wagon assai tristemente. Vado a<br />
passare una sera felice, eppure non sono allegro…<br />
Oh come rideva volentieri pochi anni or sono, ora<br />
non so più ridere…»<br />
Dopo aver assistito nel teatro <strong>di</strong> Carrara alla<br />
rappresentazione della sua comme<strong>di</strong>a, Volti e Maschere<br />
e riportato un nuovo trionfo drammatico, tor-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXIV<br />
na a Firenze ove gli viene partecipato che <strong>il</strong> presidente<br />
della Corte d’Appello <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong> gli ha accordato <strong>di</strong><br />
poter dare l’esame ne’ giorni 22 e 23 marzo. Sicché,<br />
ottenuto quello che aveva domandato e desiderato,<br />
deposta ogni altra cura, si dà a stu<strong>di</strong>are con maggiore<br />
assiduità per prepararsi meglio che può, sentendo urgente<br />
bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare avvocato nella speranza <strong>di</strong><br />
potere con l’esercizio della professione guadagnare<br />
almeno tanto da poter vivere. Ma ecco che anche in<br />
questo momento una nuova sventura lo coglie come<br />
coglie tutti i veri patrioti italiani. La morte <strong>di</strong> Giuseppe<br />
Mazzini avvenuta <strong>il</strong> 10 marzo a Pisa, dove nessuno<br />
o ben pochi sapevano che si trovasse ammalato<br />
da quasi due mesi, fu tal ferita pel suo cuore che lo<br />
<strong>di</strong>stolse da’ suoi stu<strong>di</strong> così, che l’esame gli arrivò addosso<br />
senza manco averci più pensato. Erano scorsi<br />
appena ventidue giorni ch’egli aveva ricevuto da<br />
Mazzini una lettera che vinceva ogni altra per opportunità<br />
<strong>di</strong> consiglio e calore <strong>di</strong> affetti 1 ; e ripensando a<br />
1 (1 <strong>di</strong> p. 7) Pubblico anche questa lettera essendo rimasta<br />
ine<strong>di</strong>ta come le altre due; poi perché, come <strong>di</strong>ssi, le lettere<br />
scritte da Giuseppe Mazzini a <strong>Tito</strong> Strocchi non vadano<br />
perdute per la storia politica d’Italia, quando sarà scritta con<br />
animo veramente scevro da spirito partigiano; <strong>il</strong> che non sarà<br />
tanto presto per l’umor de’ tempi che corrono.<br />
“Fratello,<br />
Ricaduto malato non posso scrivervi a lungo; ma mi<br />
fu cara la vostra e vi ritengo sempre come uno dei migliori e<br />
più fedeli repubblicani che abbiamo. Se, scossi come Lazzaro<br />
dal sepolcro – non ci vuol meno – gl’Italiani accennassero<br />
a cosa degna e vedessi ognora possib<strong>il</strong>e, non <strong>di</strong>menticherei<br />
certo voi.- Voi già sapete la mia opinione sul congresso proposto:<br />
riuscirà <strong>di</strong> scandalo e danno. Quanto ai principii sapete
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXV<br />
quella e al desiderio ivi nuovamente espresso <strong>di</strong> veder<br />
pubblicato nella Roma del Popolo qualche suo<br />
scritto se ne rammarica e ne sente <strong>il</strong> rimorso. «Egli è<br />
morto, <strong>di</strong>ce, «desiderando da me una cosa che io non<br />
ho fatto! Ed avrei data la mia vita per lui.» Tanto che<br />
a sfogo dell’anima sua addolorata scrisse poi sulla<br />
perché: ogni insana parola pronunziata sarà arme agli avversi<br />
che la <strong>di</strong>ranno espressione del partito a impaurire gl’ ignari.<br />
Quanto all’azione, non può produrre risultati. Quanto<br />
all’unione non v’è che l’azione che possa darla. In me, non<br />
vedo che una via. Garibal<strong>di</strong>ni o non Garibal<strong>di</strong>ni dovrebbero<br />
lasciare in pace l’in<strong>di</strong>viduo, unirsi nel programma repubblicano,<br />
prepararsi seriamente con un or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> nuclei ed<br />
atti a cogliere l’opportunità <strong>di</strong> un’agitazione popolare che<br />
potrebbero cercare <strong>di</strong> suscitare o che sorgerà impreveduta.<br />
Allora avrete, non <strong>di</strong>co me – non v’è bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo – ma<br />
Garib. E nell’azione saremo uniti. Fin là non congressi, né<br />
troppe ciarle, ma apostolato con tutti i nuclei d’operai coi<br />
quali ciascuno <strong>di</strong> noi può avere contatto e far loro intendere<br />
ragione sulla questione politica. – Ma questo è affare <strong>di</strong> coscienze.<br />
– Voi l’avete e retta. Solamente, in ogni caso, riconsigliatevi<br />
sempre con essa. Voi non potevate attendere al lavoro<br />
che io vi aveva suggerito per la Roma del Popolo, ma sarei<br />
stato lieto se aveste anche per una volta sola, o con altri<br />
vostri lavori scritto qualche cosa per essa. Avrei desiderato<br />
che le sue colonne avessero raccolto <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> tutti i buoni<br />
e capaci. Farete quello che Dio v’ispira. Io non voglio insistere.<br />
Le determinazioni hanno ad essere spontanee.- Io lavoro<br />
– a modo mio. Se mai venissi a capo <strong>di</strong> cosa che abbia<br />
importanza e probab<strong>il</strong>ità chiamerei all’azione quei che stimo<br />
e voi siete fra quelli. Se no, farà presto o tar<strong>di</strong> chi rimarrà.<br />
Sono sfasciato, assalito in ogni parte del mio organismo; ma<br />
finché vivo abbiatemi qual mio conoscente e fratello.»<br />
GIUS. MAZZINI<br />
16. 2. 72.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXVI<br />
morte del grande italiano pagine eloquentissime che<br />
vorrei qui tutte pubblicare, essendo rimaste ine<strong>di</strong>te,<br />
se non temessi <strong>di</strong> d<strong>il</strong>ungarmi troppo, avendo già e <strong>di</strong><br />
molto oltrepassato i limiti che mi erano stati assegnati.<br />
Pure non posso non trascriver quella pagina nella<br />
quale e’ ci descrive <strong>il</strong> momento quando in Pisa si<br />
trovò <strong>di</strong>nanzi alla salma <strong>di</strong> lui, pagina che non ho potuto<br />
leggere senza lagrime, convinto <strong>di</strong> far cosa grata<br />
a quanti tennero Giuseppe Mazzini in quell’alto concetto<br />
che meritava, e serbano anche oggi venerata<br />
memoria <strong>di</strong> lui, che tutta la vita spese pel bene della<br />
patria e dell’umanità. « Era la prima volta, scrive <strong>Tito</strong><br />
Strocchi, ch’io lo vedeva e lo vedeva morto!... Entrai…<br />
non <strong>di</strong>rò quello che provai; tutto <strong>il</strong> sangue mi<br />
rifluiva al cuore ed i miei occhi erano fissi su lui…<br />
Avrei voluto baciarlo; esser solo con quel cadavere,<br />
senza tutti quelli che sospingevano, che volevano<br />
passare… Oh fra tutti costoro v’è uno che l’abbia<br />
amato come me e che come me ne serbi nell’anima le<br />
reliquie della memoria?.. Egli era steso sopra un lettuccio,<br />
pallido e severo, come cosa immortale; la<br />
barba bianca, la fronte… oh la fronte maestosa come<br />
un tempio <strong>di</strong> granito. Si vedeva che colà aveva abitato<br />
<strong>il</strong> genio, ed i suoi occhi erano chiusi ad un sonno<br />
che non ha mattina. Era coperto da un modesto scialle<br />
bianco e nero a strisce, che mi <strong>di</strong>ssero avesse portato<br />
in vita e su quello scialle avevano attaccato un<br />
piccolo nastro coi tre colori d’Italia: i suoi tre colori.<br />
Io credeva che Egli non dovesse morir mai!... Che<br />
cosa potrei <strong>di</strong>re io? – Io lo guardava e non aveva pure<br />
<strong>il</strong> coraggio <strong>di</strong> guardarlo. Mi parve che fosse l’Italia<br />
morta; la patria nel sepolcro. E quella mano ora fredda<br />
ed immota aveva ventidue giorni prima scritto una
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXVII<br />
lettera a me, scritto <strong>il</strong> mio nome… Che cosa avrà Egli<br />
pensato <strong>di</strong> me?... Mi avrà amato, sarà stato convinto<br />
dell’amore ch’io gli portava, avrà creduto ch’io<br />
volessi qualche cosa <strong>di</strong> più <strong>di</strong> altri?... - Sì, egli me lo<br />
<strong>di</strong>sse… Uscii dalla stanza. Ora lo rivedrei contemplandolo<br />
a lungo, allora non potei. Mi doleva <strong>il</strong> cuore<br />
come duol la testa se prende l’emicrania…»<br />
Spunta <strong>il</strong> sole del 22 marzo, ed ecco finalmente<br />
<strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> alla prova… non del fuoco, ma della<br />
dabbenaggine umana, per mostrare urbi et orbi<br />
ch’egli è proprio degno degnissimo <strong>di</strong> vestire la toga<br />
dell’avvocato, e capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto offeso,<br />
nell’interesse del privato citta<strong>di</strong>no e della società.<br />
L’esame… questa gran pietra del paragone per assaggiare<br />
gli uomini e vedere se sono dotti o ciuchi!...<br />
Quand’io penso agli esami e al tono con cui si danno,<br />
principiando dalle scuole elementari comunali per salir<br />
su su fino alla laurea dottorale nelle università regie,<br />
mi vien proprio da ridere, o per essere più sincero<br />
<strong>di</strong>rò mi fa quasi ira. Perché, e per l’esperienza fatta<br />
da me e per quella fatta da altri ho dovuto convincermi<br />
che, se gli esami sono sempre una superfluità,<br />
una cosa inut<strong>il</strong>e, spesso son anche un inganno, una<br />
mistificazione. L’esame poi che si dà a’ dottori in<br />
legge, appena fatte le pratiche, per poter liberamente<br />
esercitare la professione d’avvocato o <strong>di</strong> procuratore,<br />
è cosa davvero ri<strong>di</strong>cola se non indecorosa per la<br />
commissione esaminatrice e per <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dato che, fatte<br />
rarissime eccezioni, dalle quali generalmente non<br />
riescono i migliori professionati, non torna scolare<br />
per nulla; memore del passato egli ribatte la vecchia<br />
via… pur <strong>di</strong> andare innanzi e conseguire lo scopo,<br />
pur <strong>di</strong> raggiungere la meta.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXVIII<br />
Volete aver la prova <strong>di</strong> quanto asserisco? U<strong>di</strong>to<br />
<strong>il</strong> nostro amico, e ab uno <strong>di</strong>sce omnes. « Non sono<br />
più scolare, egli <strong>di</strong>ce, ma tale <strong>di</strong>venta ogni uomo che<br />
debba prendere un esame; quin<strong>di</strong> si procura ogni<br />
mezzo perché gli esami scritti non debbano essere<br />
che una mistificazione. Così fanno tutti, così faccio<br />
io. - Il 22 vado al Palazzo ov’è la Corte; mi rinchiudono<br />
in una stanza. Il Cancelliere mi riceve, un giu<strong>di</strong>ce<br />
mi presenta le due tesi, civ<strong>il</strong>e e criminale da<br />
sciogliere durante la giornata, quin<strong>di</strong> sono lasciato<br />
solo e la porta è ben guardata. Io copio le tesi sopra<br />
due piccoli pezzi <strong>di</strong> carta ed aspetto che <strong>il</strong> cameriere<br />
<strong>di</strong> casa mi porti una bistecca per colazione. Sembra<br />
che quella bistecca debba darmi l’ispirazione. Intanto<br />
ho tratto <strong>di</strong> tasca un coltello… Per far che? Si <strong>di</strong>rebbe<br />
che io <strong>di</strong>sperato volessi uccidermi. Oh!... È un coltello<br />
da tavola. Il manico si svita dalla lama ed è vuoto<br />
nell’interno. Entro quel vano pongo le due tesi, poi<br />
ripongo <strong>il</strong> manico al suo posto, <strong>di</strong>voro la bistecca, poi<br />
al cameriere cui ho detto <strong>di</strong> aspettare or<strong>di</strong>no che porti<br />
via i piatti, le posate e soprattutto quel prezioso coltello.<br />
Poi passano le ore, fumo, leggo, scarabocchio<br />
della carta, mi provo a risolvere da me la tesi penale,<br />
ma aspetto con impazienza l’ora del desinare… e non<br />
ho fame.<br />
- Ebbene? Dice un Vice Cancelliere entrando,<br />
lo**, un uomo rosso <strong>di</strong> pelo come una carota, tutto<br />
gent<strong>il</strong>e e manieroso.<br />
- Eh, è quasi fatto. Aspetto <strong>di</strong> aver desinato per<br />
dar l’ultima mano!<br />
« Alle quattro giunge <strong>il</strong> pranzo; io non guardo se<br />
vi siano carni, guardo se vi sia un coltello. Son solo;<br />
prendo <strong>il</strong> coltello, lo svito, traggo due fogliolini in
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXXXIX<br />
cui le tesi sono scritte, ripongo su quel tavolo <strong>il</strong> primo<br />
coltello, e quello misterioso rimetto in tasca.<br />
Quin<strong>di</strong> le copio, ed ecco fatto…»<br />
Le due tesi, com’era naturale, furono approvate<br />
e <strong>il</strong> 23 <strong>il</strong> nostro amico vestito <strong>di</strong> nero, frack e cravatta<br />
bianca come un invitato a Corte… o come un cameriere,<br />
si presenta per dare <strong>il</strong> suo esame orale. « Tremava<br />
come una foglia, egli racconta. Temevo che<br />
quei signori coi quali avevo avuto che fare qualche<br />
volta, ma in molto <strong>di</strong>fferente relazione, si volessero<br />
mostrare severi verso lo scapigliato repubblicano che<br />
si trovava allora sotto le loro unghie e mi potevano<br />
imporre la um<strong>il</strong>iazione <strong>di</strong> un rigetto. Essi avrebbero<br />
potuto fac<strong>il</strong>mente imbrogliarmi con interrogazioni<br />
equivoche e costringermi al s<strong>il</strong>enzio con interrogazioni<br />
<strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>i… Ma furono, debbo confessarlo, gent<strong>il</strong>issimi,<br />
e parve avessero compreso che in quegli anni<br />
<strong>di</strong> pratiche, io non aveva potuto stu<strong>di</strong>ar tanto fra le<br />
campagne, le carceri, eccetera. M’interrogarono; risposi<br />
<strong>di</strong>scretamente ed eccomi avvocato!»<br />
<strong>Tito</strong> Strocchi è avvocato, ma la sua via crucis<br />
non è ancora ultimata: a ogni passo ch’egli fa, sempre<br />
un nuovo ostacolo gli si para <strong>di</strong>nanzi, principalissimo<br />
la sua povertà e quella della sua famiglia. No,<br />
non ha proprio modo <strong>di</strong> pagar subito la tassa governativa<br />
richiesta per poter essere iscritto sull’albo degli<br />
avvocati esercenti!.. Ma se a lui per la mancanza<br />
<strong>di</strong> poche lire è ora conteso <strong>di</strong> potersi presentare come<br />
avvocato <strong>di</strong>nanzi al pubblico <strong>di</strong> un Assise, egli può<br />
bene presentarsi come poeta <strong>di</strong>nanzi a quello <strong>di</strong> un<br />
teatro, ed esservi applau<strong>di</strong>to. Al teatro Pantera si trova<br />
la compagnia drammatica <strong>di</strong>retta dall’artista Pietriboni.<br />
Un amico glielo presenta, pregandolo <strong>di</strong> dargli<br />
qualche sua poesia, avendo egli <strong>di</strong>visato <strong>di</strong> chiu-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXL<br />
dere le sue recite con una declamazione. Ma come<br />
fare? Il nostro <strong>Tito</strong> ha lasciate tutte le sue carte a Firenze;<br />
<strong>il</strong> tempo per poter scrivere qualche cosa <strong>di</strong><br />
nuovo è troppo breve, la poesia dovrebbe esser consegnata<br />
per la mattina seguente. E… <strong>il</strong> soggetto? …<br />
Pensa un po’ <strong>il</strong> nostro poeta, poi dà la sua parola. Egli<br />
aveva più volte me<strong>di</strong>tato un soggetto per farne un<br />
dramma: Sampiero d’Ornano, colpito da quella bella<br />
figura corsa che sacrifica alla patria <strong>il</strong> suo stesso amore<br />
coniugale. Questo <strong>il</strong> soggetto; e in poche ore la<br />
poesia è scritta. Sicché la sera del 25 gli applausi<br />
scoppiarono fragorosi dal pubblico numeroso, e <strong>il</strong><br />
nostro avvocato poeta dové presentarsi sul palco scenico,<br />
quello stesso su cui si presentò la prima volta<br />
come autore drammatico co’ suoi Volti e Maschere.<br />
E, essendo in <strong>Lucca</strong> e godendo qualche giorno<br />
<strong>di</strong> tranqu<strong>il</strong>lità, scrisse anche una nuova comme<strong>di</strong>a<br />
che intitolò Maria. Narrai ch’egli fu costretto a rinunziare<br />
alla mano <strong>di</strong> una bella fanciulla della quale<br />
era perdutamente innamorato, piuttosto che tra<strong>di</strong>re la<br />
propria coscienza, ponendo essa per con<strong>di</strong>zione al<br />
matrimonio ch’e’ tornasse alla religione cattolica apostolica<br />
romana. Ebbene, da ciò <strong>il</strong> nostro poeta trasse<br />
l’argomento della sua comme<strong>di</strong>a; nella quale purtroppo<br />
<strong>il</strong> concetto, la tesi, <strong>di</strong>rò così, vince l’intreccio<br />
semplicissimo. « Non era tanto una comme<strong>di</strong>a che io<br />
volevo presentare, egli <strong>di</strong>ce, quanto la <strong>di</strong>mostrazione<br />
<strong>di</strong> una massima, quella cioè che l’onore, forte<br />
nell’anima <strong>di</strong> un giovane libero, è veramente più onesto<br />
<strong>di</strong> ciò che si chiama religione, poiché questa ha<br />
dei pregiu<strong>di</strong>zi, ma non fortifica i principii, quello invece<br />
ha tutto <strong>il</strong> suo fondamento sulla verità e<br />
l’onestà.» Maria è scritta in versi martelliani, e i colori<br />
smaglianti della poesia danno a’ suoi due atti
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLI<br />
quel non so che <strong>di</strong> piacevole e <strong>di</strong> attraente, che pel<br />
fatto e l’intreccio così semplici non avrebbe forse altrimenti<br />
potuto avere. Provò poi tanto piacere nello<br />
scriverla che in soli cinque giorni l’ebbe compiuta. «<br />
Io scriveva quelle scene, e’ <strong>di</strong>ce, con passione, perché<br />
quelli affetti sentiva in me. Ricordo che nello<br />
scrivere le due scene d’amore, quella del primo atto<br />
in cui è Oberto che soffre, e quella del secondo in cui<br />
è Maria che piange, io era agitato, ispirato, e parevami<br />
<strong>di</strong> aver la febbre. Non ricordo <strong>di</strong> aver mai scritto<br />
cosa alcuna prendendo tanta e così sincera parte al<br />
soggetto. Mi pareva che fosse vero.»Difatti in cotesta<br />
comme<strong>di</strong>a, anche leggendola – perché non fu mai<br />
rappresentata ch’io sappia – , tu trovi due pregi principalmente:<br />
la passione cal<strong>di</strong>ssima, che è azione<br />
drammatica per eccellenza; la virtù che rifulge e<br />
trionfa come stella, che è morale educativa – mezzo<br />
quella e fine questa dell’arte.<br />
Verso la metà d’apr<strong>il</strong>e tornò a Firenze, ma per<br />
pochi giorni, perché <strong>il</strong> 29 parte per Roma con incarico<br />
ricevuto da persona cui premeva regolare in quella<br />
città alcune sue faccende. E parte avendo in animo <strong>di</strong><br />
rimanervi anche più del necessario per sod<strong>di</strong>sfare<br />
all’impegno preso, lavorando, ove necessità lo stringa,<br />
nell’ Italia Nuova che là ancora si pubblicava.<br />
Roma! Qual fortunata occasione per lui, qual gioia <strong>il</strong><br />
poter rivedere l’eterna città non più prigioniero in<br />
mezzo alle schiere francesi e pontificie, come dopo la<br />
battaglia <strong>di</strong> Mentana, ma libero per liberamente poterne<br />
ammirare tutte le meraviglie!.. Sicché come rapito<br />
alla magica parola <strong>di</strong> Roma mentre vi è a poca<br />
<strong>di</strong>stanza, prende <strong>il</strong> suo taccuino e scrive: «Roma, io<br />
non scriverò qui l’inno che mi sento traboccare dal<br />
petto. Che cosa dovrei <strong>di</strong>re io che fosse degno della
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLII<br />
tua grandezza? Su queste pagine le mie parole ti ho<br />
già rivolte, quando soldato per la tua libertà, io era<br />
sotto le tue mura e contemplava scint<strong>il</strong>lare ai raggi<br />
del sole la cupola <strong>di</strong> san Pietro. Meglio <strong>di</strong> allora non<br />
potrei parlare, perché quel fuoco che sentiva<br />
nell’anima, stando appoggiato al mio fuc<strong>il</strong>e, non potrei<br />
avere adesso. Allora io era presto a vederti pagando<br />
colla mia vita tal sorte, ora vi sono giunto pagando<br />
con pochi franchi un biglietto della ferrovia.»<br />
E l’entusiasmo aumenta in lui col volger de’ giorni,<br />
colpito ogn’ora più dalla magnificenza <strong>di</strong> que’ monumenti,<br />
che narrano da secoli e po’ secoli la storia<br />
<strong>di</strong> due civ<strong>il</strong>tà, la pagana e la cristiana.<br />
Trovandosi in Roma, e adunatosi ivi nella prima<br />
quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> maggio <strong>il</strong> Congresso della Massoneria<br />
italiana per essere Costituente all’invocate riforme, e<br />
all’istituzione <strong>di</strong> un solo Grand’Oriente, egli<br />
v’interviene quale rappresentante delegato della Loggia<br />
Dante e Unità <strong>di</strong> Catania. Ma non ne resta contento:<br />
egli avrebbe voluto vedere la Massoneria farsi<br />
una buona volta associazione politica, ed essa invece<br />
si ostina a voler rimanere estranea alla politica, adottando<br />
la massima, né politica né religione; programma<br />
puramente negativo, che doveva poi <strong>di</strong> necessità<br />
ridurla all’impotenza, come tutte le istituzioni che<br />
non vanno più collo spirito de’ tempi, che progre<strong>di</strong>scono,<br />
pe’ vecchi pregiu<strong>di</strong>zi de’ suoi sacerdoti che<br />
come tutti i preti <strong>di</strong> tutte le sètte religiose tengono<br />
all’immutab<strong>il</strong>ità del dogma. La beneficenza,<br />
l’istruzione, <strong>il</strong> progresso, la libertà astrattamente considerata,<br />
in<strong>di</strong>pendentemente da una forma politica<br />
sono bellissime cose, non lo nego, ma non saranno<br />
mai così efficaci da riparare al male che ci travaglia.<br />
In tempi come i nostri, ove la lotta è viva e incessan-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLIII<br />
te, bisogna combattere per vincere; e nulla oggi agita<br />
<strong>il</strong> mondo più della questione religiosa, politica e sociale:<br />
<strong>il</strong> secolo nostro eminentemente democratico,<br />
non mira che alla soluzione <strong>di</strong> questi gran<strong>di</strong> principii;<br />
<strong>il</strong> problema della riforma è complesso. Sicché ogni<br />
istituzione che non sia <strong>di</strong> spiriti retrogra<strong>di</strong>, deve necessariamente<br />
concorrervi e con tutte le sue forze.<br />
Avanti, avanti sempre se non si vuol perdere <strong>il</strong> tempo<br />
in inut<strong>il</strong>i e vane apparenze!...<br />
Non avendo altro da fare in Roma, né sapendo<br />
come procurarsi i mezzi necessari per rimanervi più<br />
lungamente, perché anche la speranza <strong>di</strong> lavorare per<br />
l’Italia Nuova era svanita, conducendo quel giornale<br />
vita così stentata da prevederne prossima la morte, <strong>il</strong><br />
17 maggio ritorna a Firenze. E vi giunge in tempo<br />
per poter prender parte all’adunanza de’ rappresentanti<br />
della Democrazia toscana ivi convocati sotto la<br />
presidenza <strong>di</strong> Federigo Campanella, allo scopo <strong>di</strong><br />
formare <strong>il</strong> fascio <strong>di</strong> tutte le associazioni democratiche<br />
della Toscana, come già in Romagna s’era formato<br />
quello delle società romagnole. E fu in<br />
quest’occasione anzi, come già accennai, ch’egli da<br />
convinto seguace delle dottrine politiche e sociali <strong>di</strong><br />
Giuseppe Mazzini seppe tener testa ad una minoranza<br />
<strong>di</strong> seguaci delle teorie internazionalistiche che si opponevano<br />
all’adozione <strong>di</strong> un programma informato a’<br />
principi della vecchia scuola repubblicana d’Italia:<br />
tanto da meritarsi <strong>il</strong> plauso non solo del venerando<br />
Maurizio Quadrio, del quale e’ <strong>di</strong>ce « avrebbe voluto<br />
darmi l’anima sua per comunicarmi la sua fede », ma<br />
anche della grande maggioranza de’ convenuti, che<br />
lo elessero poi a far parte della commissione <strong>di</strong>rettiva<br />
permanente.
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLIV<br />
Ed è in Firenze che <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>, sebbene si<br />
trovi nella più sconfortante povertà, riprende<br />
l’argomento del Sampiero d’Ornano e ci scrive su un<br />
dramma in cinque atti e in versi; quadro <strong>di</strong>pinto a forti<br />
tinte, dove la verità storica de’ fatti è spesso sacrificata<br />
all’effetto drammatico, ma pur tale che ti rivela<br />
<strong>il</strong> potente ingegno del giovane poeta, meglio forse <strong>di</strong><br />
tutti gli altri suoi lavori drammatici. Il 3 d’agosto<br />
l’aveva compiuto, e nell’ottobre cercò <strong>di</strong> farlo rappresentare;<br />
ma non gli riuscì, quantunque uno de’ capocomici<br />
più intelligenti d’Italia gli lodasse <strong>il</strong> lavoro<br />
e lo giu<strong>di</strong>casse <strong>di</strong> sicuro effetto per la scena, se rappresentato<br />
da un buon attore. Sicché anche questo<br />
componimento del nostro amico rimase per molto<br />
tempo, come vedremo, fra le sue carte, aspettando <strong>di</strong><br />
uscire alla luce <strong>di</strong> un qualche teatro, quando, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
da ogni merito artistico e letterario,<br />
piacerà ad un capocomico <strong>di</strong> empire la sua cassetta <strong>di</strong><br />
biglietti, sfruttando <strong>il</strong> nome dell’autore; e più che <strong>il</strong><br />
nome suo <strong>di</strong> scrittore, quello <strong>di</strong> uomo politico, <strong>di</strong> garibal<strong>di</strong>no.<br />
Così volgono i tempi per l’arte in Italia,<br />
così va innanzi e prospera <strong>il</strong> nostro Teatro drammatico.<br />
No, non è mai o quasi mai <strong>il</strong> merito intrinseco<br />
dell’opera tua che ti fa largo, ma è l’orpello del tuo<br />
nome, se per un verso o per l’altro ti sei acquistata un<br />
po’ <strong>di</strong> fama!...<br />
È detto popolare, ed è anche una verità fisiologica,<br />
che <strong>di</strong> poco si vive, ma non si vive <strong>di</strong> nulla! E <strong>il</strong><br />
nostro amico avrebbe dovuto col fatto <strong>di</strong>mostrare <strong>il</strong><br />
contrario, cioè <strong>di</strong> poter vivere anche con nulla, per<br />
rimanere più a lungo tempo in Firenze; tutto ha tentato<br />
per fare qualche cosa e campare lavorando, e tutto<br />
ha esaurito, mezzi e speranze!... Un bel giorno si trova<br />
possessore <strong>di</strong> cinquanta lire, guadagnate traducen-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLV<br />
do per incarico avuto da Federigo Campanella un<br />
lungo articolo <strong>di</strong> Giuseppe Mazzini scritto in francese,<br />
e <strong>di</strong> queste si giova per tornare a <strong>Lucca</strong>. Quivi però<br />
non vuol vivere <strong>di</strong>soccupato e va a’ Bagni <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>,<br />
invitato dagli amici, ma più attrattovi dall’amore.<br />
Poiché è da sapersi che fino dal giugno, per una fortunata<br />
occasione, aveva là rinvenuta la donna del suo<br />
cuore, colei che sarebbe stata indubbiamente la sua<br />
sposa, se la morte non l’avesse colto prima <strong>di</strong> essersi<br />
fatta una comoda posizione. La vide per la prima volta<br />
<strong>il</strong> 27 giugno, e da quel giorno l’amò; e così schiettamente<br />
e serenamente l’amò, ch’io credo <strong>di</strong> non<br />
peccare d’in<strong>di</strong>screzione riportando queste pagine delle<br />
sue memorie che sono a un tempo lo specchio fedele<br />
dell’animo suo, della nob<strong>il</strong>tà e santità de’ suoi<br />
affetti.<br />
«X***, ormai <strong>il</strong> tuo nome è pronunziato, e per la<br />
prima volta è segnato su queste memorie. È questa la<br />
prima volta ch’io ti vedo, eppure quanto questo giorno,<br />
quest’ora ha influito sulla nostra vita. La tua dolcezza,<br />
la tua modestia e <strong>il</strong> tuo volto gent<strong>il</strong>e mi piacquero<br />
e teneramente mi scolpirono nel cuore la immagine<br />
<strong>di</strong> una sposa casta, affezionata, buona, dolce<br />
sollievo alle amarezze della vita, ai tormenti e alle<br />
lagrime della passione e della lotta. Tu mi sembrasti<br />
una mammola nascosta fra le erbe del prato, un as<strong>il</strong>o<br />
s<strong>il</strong>enzioso e tranqu<strong>il</strong>lo, un palpito felice e sicuro, un<br />
seno amoroso su cui avrei potuto quietare i miei affanni.<br />
– Non eri la bruna innamorata dai palpiti ardenti,<br />
presso cui si cerca l’amore e la voluttà, la passione<br />
coi suoi delirii, i suoi vaneggiamenti, le sue ebbrezze<br />
e i suoi <strong>di</strong>singanni e la sua stanchezza; non eri<br />
la vampa che incen<strong>di</strong>a, la rosa che inebria col suo<br />
profumo, <strong>il</strong> cuore che si rompe alla piena <strong>di</strong> un affet-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLVI<br />
to irrompente. Un tuo rifiuto non mi avrebbe fatto<br />
impazzire o non mi avrebbe determinato a uccidermi,<br />
ma mi sarei tristamente volto verso <strong>di</strong> te nel vederti<br />
allontanare, come <strong>il</strong> pellegrino stanco che si rigetta<br />
dall’ombra <strong>di</strong> un palmizio sotto cui ha sperato riposo<br />
e ristoro. Tu eri la quiete dopo la lotta, l’amore sereno,<br />
onesto, lieto <strong>di</strong> se stesso, come raggio <strong>di</strong> sole<br />
dell’alba; tu, la sposa onesta madre <strong>di</strong> figli, la sorella<br />
dolce, <strong>il</strong> conforto alla noia ed al dolore, <strong>il</strong> bacio che<br />
rinfresca la fronte e l’anima, <strong>il</strong> seno fido, <strong>il</strong> sorriso<br />
dell’innocenza, tutto ciò che è vero, che è santo e vero<br />
sulla terra, tutto ciò non seduce, ma persuade, che<br />
non inganna giammai, che non ubriaca, ma consola.<br />
Né allora, né tutte le altre volte che io t’ho veduta, <strong>il</strong><br />
meno casto pensiero mi ha fatto nascere la tua gioventù<br />
e la tua bellezza; io non ho veduto in te che<br />
l’amante fidanzata, l’amante che dovrà essere sposa.<br />
E sarei geloso <strong>di</strong> me come <strong>di</strong> altri….X**, tu leggerai<br />
queste pagine; tu sola a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> tutti, le leggerai<br />
intere, poiché io non ho cosa alcuna a nasconderti.<br />
Un giorno, se la morte non ci colpisce, tu sarai mia<br />
sposa ed io ti racconterò tutti gli affanni della mia vita,<br />
e ti <strong>di</strong>rò quanto fosse dolce la speranza che mi<br />
scese nel cuore, quando io guardandoti sentii quel<br />
pensiero. Tu sarai allora sicura del mio amore e meglio<br />
che in queste pagine lo cercherai nel mio affetto,<br />
nella mia tenerezza verso <strong>di</strong> te. – Io da quel giorno ti<br />
ho amata e questo amore è andato sempre crescendo<br />
come cosa naturale; io t’amerò sempre…»<br />
Rimase a’ Bagni <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong> fino alla metà <strong>di</strong> novembre,<br />
quando, pensando seriamente al modo come<br />
mettersi in regola per esercitare la professione, tornò<br />
in <strong>Lucca</strong>. Ma ecco ch’ivi <strong>di</strong> lì a pochi giorni lo colpisce<br />
una nuova sventura, e ahi! Come tremenda. Ugo,
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLVII<br />
uno de’ suoi fratelli minori, Ugo da lui amato tanto<br />
per la dolcezza dell’animo e la vivacità dell’ingegno,<br />
muore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciannove anni consunto da tisi. Chi vide <strong>il</strong><br />
nostro <strong>Tito</strong> in que’ giorni oh, non può aver <strong>di</strong>menticato<br />
l’immenso suo dolore: una cupa tristezza pareva<br />
che gli pesasse sull’anima sì, da far temere e fortemente<br />
del suo avvenire. Non poteva darsi pace; non<br />
gli pareva possib<strong>il</strong>e che Ugo così giovane fosse morto!<br />
Tanto che anche dopo molto tempo così scriveva<br />
<strong>di</strong> lui:«E mi sembra impossib<strong>il</strong>e, quando ci penso,<br />
che egli sia morto; mi sembra che ciò non possa essere.<br />
– E non so sopportare <strong>il</strong> dolore che mi penetra <strong>il</strong><br />
cervello quando penso a lui, quando io evoco la sua<br />
immagine, la sua figura e mi sembra <strong>di</strong> sentirlo parlare,<br />
ridere, scherzare… Io non potrei respirare a pensarvi<br />
lungamente, e nello scrivere queste righe mi<br />
sembra che mi dolga la testa. Feci stampare alcuni<br />
suoi versi, come ricordo <strong>di</strong> lui; e spesso guardo i suoi<br />
fogli, i suoi appunti, lavori giovan<strong>il</strong>i, ma che facevano<br />
conoscere quanto sarebbe <strong>di</strong>ventato robusto <strong>il</strong> suo<br />
ingegno col tempo e colla istruzione, ed ogni volta<br />
che vedo quelle pagine scritte da lui, que’ progetti <strong>di</strong><br />
lavori, <strong>di</strong> romanzi, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e che la morte troncò,<br />
oh lo ripeto, mi sembra impossib<strong>il</strong>e che egli sia morto<br />
e mi viene da piangere. Ugo, fratello mio, sei tu<br />
proprio nulla? Oh purtroppo, io non ti vedrò più. Ho<br />
<strong>di</strong>menticato mia madre, perché era troppo fanciullo<br />
quando elle morì, ma te non <strong>di</strong>menticherò mai. Io avrei<br />
dovuto morire prima <strong>di</strong> te.» E a queste meste parole,<br />
succedono pagine <strong>di</strong> fuoco: egli delira e …<br />
spossato grida: « abbiate compassione <strong>di</strong> me! »<br />
L’anno 1872 passò dunque pel nostro <strong>Tito</strong> triste<br />
come i precedenti. E <strong>il</strong> nuovo anno? In Spagna ferve<br />
la guerra fra la Repubblica e don Carlos: dapprima e’
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLVIII<br />
vuole andarvi per arruolarsi nelle truppe repubblicane,<br />
ma poi si trattiene pensando che la Spagna può<br />
fare anche senza <strong>di</strong> lui, e ch’egli non deve buttarsi<br />
così allo sbaraglio in ogni avventura. E poiché G. P.<br />
<strong>di</strong> Collo<strong>di</strong>, un brav’uomo, un vecchio patriota amico<br />
suo e della famiglia gli è stato garante con la sua firma<br />
ad una cambiale <strong>di</strong> quattrocento lire, paga la tassa<br />
per poter esercitare la professione, fa tutte le altre<br />
spese <strong>di</strong> cui non può fare a meno avendo bisogno <strong>di</strong><br />
tutto, e finalmente eccolo iscritto sull’albo degli avvocati<br />
esercenti del collegio <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>. <strong>Lucca</strong> per altro<br />
non è la città ov’egli possa farsi una clientela; le sue<br />
opinioni religiose e politiche vi son troppo note, e i<br />
moderati consorti ai clericali che in lui sanno <strong>di</strong> avere<br />
l’avversario più fiero e temuto non lascerebbero certo<br />
passare occasione per troncargli la sua carriera: gente<br />
siffatta non perdona mai. Bisogna proprio che parta<br />
da <strong>Lucca</strong>, se vuole esercitare la sua professione; e<br />
dopo avervi pensato su, decide <strong>di</strong> andare a stab<strong>il</strong>irsi a<br />
Bologna, città grande e <strong>di</strong> spiriti democratici. Si rivolge<br />
allora ad un suo amico <strong>di</strong> là; gli <strong>di</strong>ce che ha bisogno,<br />
lui avvocato novellino, <strong>di</strong> essere collocato in<br />
uno stu<strong>di</strong>o de’ più accre<strong>di</strong>tati, ove oltre farvi pratica<br />
possa trovarvi modo <strong>di</strong> guadagnare qual cosa per vivere,<br />
essendo sprovvisto <strong>di</strong> mezzi: e <strong>di</strong>fatti prima del<br />
15 maggio noi lo troviamo a Bologna collocato nello<br />
stu<strong>di</strong>o del valoroso avvocato Aristide Venturini. Il 9<br />
maggio indossa per la prima volta la toga<br />
dell’avvocato <strong>di</strong>fensore <strong>di</strong>nanzi al tribunale Correzionale<br />
<strong>di</strong> Bologna, timido come un agnello, incerto<br />
<strong>di</strong> sé, tutto pauroso, tremante. « Era molto commosso,<br />
egli <strong>di</strong>ce, e tremava quasi. Io non sapeva ciò che<br />
poteva valere, non conosceva le mie forze, mi esponeva<br />
per la prima volta ad una lotta sconosciuta, sen-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CXLIX<br />
za sapere come avrei potuto resistere…Non aveva la<br />
più piccola cognizione della pratica, della procedura,<br />
delle regole con cui si tengono e si <strong>di</strong>rigono i <strong>di</strong>battimenti.<br />
Non aveva mai, veramente mai assistito<br />
all’intero svolgimento <strong>di</strong> una causa, né <strong>di</strong> Pretura, né<br />
<strong>di</strong> Tribunale, Né <strong>di</strong> Corte. Non sapeva come s’ interrogassero<br />
i testimoni, non come si facessero requisitorie<br />
dal pubblico Ministero, né come si rispondesse<br />
all’avvocato. Mi gettava ad occhi chiusi in un abisso<br />
ignorato; ma contava un po’ sul mio coraggio, sebbene<br />
me lo sentissi mancare.» Quale <strong>di</strong>fferenza fra<br />
lui ricco d’ingegno e <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione e tanto fac<strong>il</strong>e parlatore,<br />
fra lui <strong>di</strong>co e tant’altri presuntuosi che allontanati<br />
un po’ dalle pratiche forensi, lavoro <strong>di</strong> ogni giorno,<br />
non sanno un’acca <strong>di</strong> quanto abbella lo spirito e<br />
arricchisce la mente, ari<strong>di</strong> come spugne, ma gonfi<br />
come aerostati inalzati in tempo <strong>di</strong> fiera!..<br />
E a questa prima causa, tennero <strong>di</strong>etro altre:<br />
guadagnava poco, spesse volte nulla, ma vi trovava<br />
sod<strong>di</strong>sfazione: era contento. Se non che poi, ripensando<br />
a’ casi suoi, alla realtà delle cose, alla sua povertà,<br />
usciva in queste parole: «Ma io forse sono<br />
condannato ad esser vittima <strong>di</strong> una eterna <strong>il</strong>lusione; la<br />
mia fantasia, o meglio l’anima mia ama ingannarsi e<br />
tutto vela colla rosea <strong>il</strong>lusione <strong>di</strong> una nube <strong>di</strong>etro a<br />
cui le misere cose traspariscono leggiadramente ridenti,<br />
ed io corro <strong>di</strong>etro a questi vaghi fantasmi creati<br />
dalla mia stessa immaginazione e non raggiungo mai<br />
cosa che abbia vera sostanza e produca un vero interesse.<br />
Io porto con me i miei sogni, li spargo dovunque<br />
mi trovi e amo essere circondato da essi. Come<br />
un pellegrino o un soldato che seco trasportano la<br />
propria tenda e dovunque si arrestano per riposarsi, o<br />
in un deserto, o sul piano <strong>di</strong> una rupe, fra le brume o
VITA DI T. STROCCHI<br />
CL<br />
sotto i raggi dei tropici, quella stessa tenda si alzano<br />
e sotto <strong>di</strong> essa si riparano, così io dovunque vado, in<br />
qualunque circostanza mi trovi, traggo fuori la mia<br />
tavolozza <strong>di</strong> vivi colori, <strong>il</strong> forziere in cui tengo tutti i<br />
falsi <strong>di</strong>amanti delle mie <strong>il</strong>lusioni, <strong>il</strong> turibolo su cui<br />
brucio gl’incensi dai profumi inebrianti, e <strong>il</strong> deserto,<br />
le steppe, la nu<strong>di</strong>tà, la miseria, la prosaica realtà, tutto<br />
sotto <strong>il</strong> pennello della mia fantasia cambia <strong>di</strong> aspetto,<br />
assume forme e pare cosa bella. Così nel viaggio <strong>di</strong><br />
Caterina <strong>di</strong> Russia <strong>il</strong> suo amante Potonkin le allietava<br />
la ster<strong>il</strong>e via, inalzando sul suo passaggio dorati castelli<br />
<strong>di</strong> cartone. E tutto ciò non giova ad altro che a<br />
perpetuare in me la favola <strong>di</strong> Ipsione che abbraccia<br />
eternamente delle nuvole… Io vorrei essere un avvocato<br />
onesto; <strong>il</strong> <strong>di</strong>fensore del <strong>di</strong>ritto e della giustizia<br />
conculcata, l’oppositore della violenza e del tranello,<br />
soldato nel foro come sul campo. E tutte queste non<br />
sono povere <strong>il</strong>lusioni che faranno sì ch’io non riesca<br />
a nulla?»<br />
Difatti se <strong>il</strong> povero nostro amico presto si meritò<br />
le simpatie <strong>di</strong> molti degli uomini più chiari in Bologna;<br />
e con ciò la sorveglianza della Polizia com’era<br />
naturale! Se frequentando la migliore società, in casa<br />
dell’ex colonnello garibal<strong>di</strong>no Pais, allora <strong>di</strong>rettore<br />
del giornale La Voce del Popolo, impara a conoscere<br />
<strong>il</strong> fiore della democrazia bolognese con l’<strong>il</strong>lustre poeta<br />
Giosuè Carducci; e se incoraggiato dall’avvocato<br />
Venturini che in lui più <strong>di</strong> un maestro ha trovato un<br />
amico, ogni giorno s’avanza nelle pratiche avvocatesche<br />
e <strong>di</strong>fende cause penali, facendo mostra del suo<br />
bell’ingegno, anche i mesi trascorrono, e dato fondo<br />
a’ pochi denari che aveva portati da casa, comincia<br />
ad accorgersi che co’ pochissimi sol<strong>di</strong> che guadagna,<br />
e che non sempre guadagna, non può vivere. «Con-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLI<br />
sumai presti, scrive, quei pochi franchi che poteva<br />
avere e quelli che qualche amico durante quel tempo<br />
mi prestò. Io mi era troppo avventurato venendo a<br />
Bologna senza una posizione certa. Era avvocato, ma<br />
chi lo sapeva? A Bologna troppi avvocati v’erano e<br />
conosciuti, e molti valentissimi. Io pure avrei potuto<br />
farmi una clientela, ma mi sarebbe stato necessario<br />
un anno o due anni prima <strong>di</strong> averla, e frattanto come<br />
avrei io vissuto? Chi mi avrebbe data la forza <strong>di</strong><br />
sciogliermi dalle spire della miseria? Lavorava trattando<br />
qualche causa, lavorava pel giornale La Voce<br />
del Popolo, scriveva articoli e appen<strong>di</strong>ci, ma nessuno<br />
mi dava un soldo, né io sapeva più donde avrei potuto<br />
levar denari.» E per lui ricominciavano i giorni tristi,<br />
se pure eran mai finiti!... «Tristi giorni, continua a<br />
<strong>di</strong>re, in cui tutto <strong>di</strong>venta cupo e doloroso, in cui l’idea<br />
del suici<strong>di</strong>o si affaccia alla mente, spontanea come la<br />
soluzione naturale <strong>di</strong> un intrigo fasti<strong>di</strong>oso. Aver voglia<br />
<strong>di</strong> lavorare e non trovare! Essere istruiti, avvocati,<br />
pieni <strong>di</strong> volontà e non poter guadagnare ciò che<br />
guadagna un calzolaio, un muratore! Io non sapeva a<br />
qual <strong>di</strong>avolo votarmi.»<br />
Una inattesa circostanza però venne a toglierlo<br />
da tanto imbarazzo. Alcuni suoi amici <strong>di</strong> Massa-<br />
Carrara avevano fino dal primo anno fondato colà un<br />
giornale <strong>di</strong> principii democratici, come sono generalmente<br />
in Italia tutti que’ piccoli perio<strong>di</strong>ci che si<br />
pubblicano nelle città capo luogo <strong>di</strong> provincia, e che<br />
meglio assai de’ giornali <strong>di</strong> gran formato rispondono<br />
al sentimento e a’ bisogni delle popolazioni, non essendo<br />
né sussi<strong>di</strong>ati dal governo in nessun modo, né<br />
sempre <strong>di</strong>pendenti da uomini politici che spesso subor<strong>di</strong>nano<br />
l’interesse pubblico all’interesse del proprio<br />
partito, quando non se ne servono come un mez-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLII<br />
zo efficace per avvantaggiare se stessi nel proprio<br />
tornaconto. Si chiamava <strong>il</strong> Corriere della provincia<br />
<strong>di</strong> Massa; e pregato vi aveva già scritto qualche articolo<br />
contro un altro perio<strong>di</strong>co apertamente clericale,<br />
che da poco tempo era pur nato colà. Dimodochè<br />
scrivendo appunto in que’ giorni <strong>di</strong> angustie per lui,<br />
prese occasione per far conoscere a quegli amici<br />
l’incertezza della sua con<strong>di</strong>zione; e n’ebbe in risposta,<br />
che si recasse a Massa, dov’era molto da fare per<br />
gli avvocati, dove avrebbe presto potuto farsi una<br />
clientela, essendo città piccola, e dove avrebbe anche<br />
<strong>di</strong>retto <strong>il</strong> loro giornale, pensando essi al suo mantenimento,<br />
finché da sé non avesse guadagnato <strong>il</strong> necessario<br />
per vivere convenientemente. Pensate se se<br />
lo fece ripetere due volte! Abbandonava è vero Bologna<br />
per Massa, abbandonava quel centro <strong>di</strong> vita intellettuale<br />
e politica per ritirarsi in quel piccolo paese<br />
appiattato fra’ monti; ma in quel momento era egli<br />
libero <strong>di</strong> scegliere?... Sicché ricevuti i denari pel viaggio,<br />
un bel giorno parte senza <strong>di</strong>r nulla ad anima<br />
viva; troppo lo imbarazzava <strong>il</strong> dover manifestare altrui<br />
la sua deplorevole con<strong>di</strong>zione. Era <strong>il</strong> 22 <strong>di</strong> luglio.<br />
Due cose principalmente adunque s’era proposto<br />
<strong>di</strong> fare <strong>il</strong> nostro amico in Massa: esercitare la professione,<br />
e <strong>di</strong>rigere <strong>il</strong> giornale. – Ora che cosa fosse un<br />
giornale per <strong>Tito</strong> Strocchi lo sappiamo, un campo aperto<br />
dove poter combattere in pro della libertà e del<br />
progresso, un’arma per ferire a morte i nemici della<br />
verità e della giustizia; e con che ardore e’ si ponesse<br />
all’opera, lascio considerarlo. Nemico com’era de’<br />
mezzi termini, e volendo togliere ogni possib<strong>il</strong>e equivoco,<br />
al vecchio programma ne sostituisce uno<br />
nuovo, e <strong>il</strong> Corriere <strong>di</strong>viene apertamente repubblicano;<br />
poi impegna subito polemica viva e a fondo con-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLIII<br />
tro l’Apuano, giornale moderato e semiufficiale della<br />
provincia <strong>di</strong> Massa, e contro l’Operaio cattolico. E<br />
amici e nemici cercano e leggono <strong>il</strong> Corriere, e tutti<br />
van d’accordo nel riconoscerlo pel meglio fatto, e<br />
scritto con spirito e condotto da mano maestra. Quale<br />
o<strong>di</strong>o però concepissero contro <strong>di</strong> lui i clericali <strong>di</strong><br />
Massa è impossib<strong>il</strong>e <strong>di</strong>re, pari e forse superiore a<br />
quello dei clericali <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>. Né si risparmiano i<br />
moderati consorti, che cercano <strong>di</strong> metterlo ogni dì più<br />
in mala vista presso le pubbliche autorità; le quali già<br />
stanno sull’avviso, non potendo <strong>di</strong>ssimularsi<br />
l’incremento che in Massa e ne’ paesi vicini ha presto<br />
<strong>il</strong> partito repubblicano, mercé la sua instancab<strong>il</strong>e operosità.<br />
Ma se tutto ciò piaceva alla sua indole battagliera<br />
e, <strong>di</strong>ciamolo pure, giovava alla causa della libertà e<br />
della democrazia, non giovava certo a’ suoi interessi;<br />
poiché non era in tal modo ch’ e’ poteva sperare <strong>di</strong><br />
farsi come avvocato, una larga clientela. Pure la parte<br />
più liberale del paese lo stima e lo ama così, che<br />
qualche cosa fa anche in professione e più si ripromette<br />
fare per l’avvenire. Dimodochè, se non può<br />
<strong>di</strong>rsi contento, <strong>il</strong> suo amor proprio è sod<strong>di</strong>sfatto. «Insomma,<br />
scrivevami nel febbraio 1874, se non sono<br />
contentissimo, sono almeno sulla via <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarlo.<br />
Le incertezze tremende sono terminate, non ho più a<br />
temere la fame, sono sulla strada dell’agiatezza, <strong>il</strong> lavoro<br />
mi sorride come un buono e vecchio amicone,<br />
dormo saporitamente, mangio con appetito, ho già da<br />
molti mesi perduto l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> bevere liquori, sto<br />
bene e comincio a pensare: finalmente ho un’ora <strong>di</strong><br />
pace.»<br />
Povero amico, egli se lo credeva; ma poi non<br />
doveva essere così!... Perché ora che ha trovato lavo-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLIV<br />
ro, ora che ha bisogno <strong>di</strong> salute per lavorare, ecco che<br />
si ammala gravemente. È l’alba del 17 marzo quando<br />
si sente per la prima volta al lato sinistro del petto un<br />
acuto dolore che gl’impe<strong>di</strong>sce perfino <strong>di</strong> respirare; e<br />
quando un rauco rantolo doloroso lo affanna , e le<br />
mani e i pie<strong>di</strong> gli si agghiacciano e gli<br />
s’intorpi<strong>di</strong>scono da parergli a momenti <strong>di</strong> dover morire!...<br />
I me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>agnosticarono, o vollero pietosamente<br />
dargli a credere, che fosse un principio <strong>di</strong> avvelenamento<br />
prodotto dalla nicotina per troppo fumare.<br />
E se curato, <strong>di</strong> lì a sette od otto giorni poté alzarsi<br />
dal letto e uscir anche <strong>di</strong> casa, perché lo volle, presto<br />
ricadde giù e con tali sintomi che quegli stessi amici<br />
che gli erano stati pro<strong>di</strong>ghi delle più affettuose cure,<br />
lo consigliano <strong>di</strong> andare a Firenze ed entrare<br />
all’Ospedale, ove può esservi curato da buoni me<strong>di</strong>ci.<br />
Frattanto, scherno del destino! Al teatro <strong>di</strong> Massa<br />
recitava dal primo <strong>di</strong> quaresima la compagnia<br />
drammatica Arnous-Tollo; e pregato <strong>di</strong> dar loro qualche<br />
cosa, aveva dato <strong>il</strong> Sampiero. Il 30 era <strong>il</strong> giorno<br />
della recita, e sebbene ammalato volle ad ogni costo<br />
assistervi; e come si trovasse poi là fra le scene <strong>di</strong><br />
quel teatro affollatissimo, un po’ per l’emozione e un<br />
po’ per la febbre che aveva, ognuno può indovinarlo<br />
senza ch’io lo <strong>di</strong>ca. Basta ricordare che, reggendosi<br />
appena su’ pie<strong>di</strong>, a stento potè presentarsi al proscenio,<br />
chiamatovi da ripetuti e calorosi applausi. Il<br />
giorno dopo infatti decise <strong>di</strong> andare a Firenze, e <strong>il</strong> 3<br />
apr<strong>il</strong>e sul far della sera entrava all’Ospedale <strong>di</strong> Santa<br />
Maria Nuova, <strong>di</strong>cendo come De Musset; m’y vo<strong>il</strong>à –<br />
eccomivi!...<br />
Malato <strong>di</strong> pleurite sinistra, con versamento, vi<br />
rimase fin quasi alla metà <strong>di</strong> maggio, quando tornò a<br />
Massa per darsi nuovamente alle sue occupazioni <strong>di</strong>
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLV<br />
avvocato e <strong>di</strong> giornalista. Però la sofferta malattia e<br />
la lunga assenza furono a lui <strong>di</strong> molto danno: aveva<br />
allora principiato a farsi un po’ <strong>di</strong> clientela, e quasi<br />
dovè tornare da capo nel lungo noviziato! Dimodoché<br />
scoraggiato, pensa <strong>di</strong> abbandonare Massa e <strong>di</strong><br />
andare a Roma, sperando <strong>di</strong> trovar la miglior fortuna.<br />
La quale idea, sebbene lungamente vagheggiata non<br />
poté poi secondare, sconsigliatovi da persona autorevole<br />
e amica, che nell’apr<strong>il</strong>e del 1875 scrivevagli:<br />
«Credo che vi siate fatto una pericolosa <strong>il</strong>lusione su<br />
Roma. In questa città non v’ha probab<strong>il</strong> fortuna che<br />
pei farabutti e i cavalieri d’industria. Gli uomini onesti<br />
del vostro stampo o ne scappano o vi muoiono <strong>di</strong><br />
fame. L’ingegno non giova a nulla, la probità vi è <strong>di</strong><br />
danno. Il giornalismo o poverissimo o venduto. Gli<br />
avvocati più numerosi dei clienti e costretti a mangiarsi<br />
fra loro…« Parole che rivelano un animo esacerbato<br />
quanto e forse più del suo, per non pochi <strong>di</strong>singanni<br />
patiti; ma pur vere, per chi nato repubblicano<br />
fosse stato costretto a vivere allora in Roma. Sicché<br />
rassegnato a portare la sua croce se ne rimane per<br />
altri due anni in Massa, dove sempre malaticcio e tutto<br />
modesto lo ve<strong>di</strong>amo esercitare la professione per<br />
vivere, e scrivere <strong>di</strong> tanto in tanto qualche articolo <strong>di</strong><br />
critica letteraria, qualche comme<strong>di</strong>a o racconto, lavori<br />
tutti che ad altri meno modesti <strong>di</strong> lui e non tanto<br />
sfortunati come lui, avrebbero non solo accresciuta la<br />
fama, ma dato modo <strong>di</strong> vivere agiatamente.<br />
Difatti, è verso la metà del 1876 ch’e’ riprende<br />
in mano, Una pagina de’ miei ricor<strong>di</strong>, 1867, pubblicata<br />
nell’appen<strong>di</strong>ce del perio<strong>di</strong>co lucchese Il Serchio,<br />
durante <strong>il</strong> 1869; e aggiungendovi i ricor<strong>di</strong> del 1870-<br />
71, la rifonde così da comporne un libro che dobbiam<br />
dolerci non sia stato ancora pubblicato; perché alla
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLVI<br />
verità storica de’ fatti ivi narrati, i colori smaglianti<br />
della sua fantasia e l’intreccio e la passione del romanzo<br />
non tolgono, ma accrescono evidenza ed efficacia.<br />
L’amor <strong>di</strong> patria e <strong>il</strong> sacrificio per la libertà, la<br />
vita nuova e <strong>il</strong> vecchio mondo, la reazione e <strong>il</strong> progresso<br />
vi sono simboleggiati con caratteri così intieri,<br />
veri e parlanti che <strong>il</strong> lettore si scalda con essi, <strong>di</strong>viene,<br />
si fa quasi <strong>di</strong>rei, attore del dramma. L’opera è<br />
<strong>di</strong>visa in due parti: Patria, 1867; Libertà, 1870-71, e<br />
porta la de<strong>di</strong>ca a Giuseppe Mazzini. È da credersi che<br />
scrivesse <strong>di</strong> questo tempo, e certo prima del marzo<br />
1877, anche la comme<strong>di</strong>a Amore e Lavoro in quattro<br />
atti; la quale vorremmo pur vedere rappresentata, perocchè,<br />
oltre ad essere condotta con quell’arte che gli<br />
era fam<strong>il</strong>iare, <strong>di</strong> saper cioè intrecciare i fatti e svolgere<br />
l’azione per modo da interessare sempre <strong>il</strong> pubblico,<br />
vi sono figure fra que’ personaggi che se non si<br />
possono <strong>di</strong>re caratteri interamente nuovi per teatro<br />
italiano, certo vanno co’ meglio indovinati e resi; nob<strong>il</strong>issimo<br />
poi n’è <strong>il</strong> fine.<br />
Lavora, scrive <strong>il</strong> nostro povero amico, ma non<br />
gli giova; non può liberarsi dalla miseria! E quasi ciò<br />
non basti, sente che la sua salute si logora ogni giorno.<br />
Pure e’ fa <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per tener celata a’ più la sua<br />
triste con<strong>di</strong>zione, e lotta, lotta con una abnegazione<br />
che non ha esempio, o se ne ha, son ben pochi ne’<br />
giorni che corrono! e a’ sacrifizi passati ne aggiunge<br />
ognora <strong>di</strong> nuovi, senza perdersi mai. A qualcuno de’<br />
più intimi amici peraltro cotesta sua con<strong>di</strong>zione è<br />
nota, né manca chi s’adopra con amore e costanza in<br />
favor suo; tanto che la Direzione del Dovere, giornale<br />
repubblicano mazziniano che si pubblica in Roma, è<br />
lieta <strong>di</strong> potergli conferire nel marzo 1877 l’ufficio <strong>di</strong><br />
suo corrispondente da Genova con l’onorario <strong>di</strong> ot-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLVII<br />
tanta lire al mese, le quali sono una vera provvidenza<br />
per lui. Sicché verso la metà d’apr<strong>il</strong>e, egli lascia<br />
Massa e va a Genova, da dove poi scrisse pel Dovere<br />
non solo delle corrispondenze, ma anche qualche<br />
racconto. E i suoi racconti son così gra<strong>di</strong>ti che da<br />
quella Direzione non solo si preferiscono per la pubblicazione<br />
ad altri <strong>di</strong> scrittori forestieri, ma gli si propone<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire <strong>il</strong> numero delle corrispondenze e <strong>di</strong><br />
mandar più puntate per l’appen<strong>di</strong>ce. Il 19 luglio 1877<br />
così scrivevagli da Roma G. Nathan, uno de’ fondatori<br />
e <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong> quel giornale: «Come avrete già visto<br />
annunziato nel Dovere domani cominceremo a<br />
pubblicare in appen<strong>di</strong>ce <strong>il</strong> romanzetto da voi spe<strong>di</strong>tomi.<br />
Da ciò capirete che se prima credevamo bene<br />
rimandarlo ancora per qualche tempo, adesso che<br />
l’abbiamo letto ci siamo convinti che è molto migliore<br />
<strong>di</strong> altri lavori <strong>di</strong> second’or<strong>di</strong>ne, tradotti da lingue<br />
straniere. Accettate insieme alle mie congratulazioni i<br />
sensi della più alta stima e considerazione.»<br />
E i racconti <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi scritti pel Dovere<br />
sono: Alcuni versi <strong>di</strong> Virg<strong>il</strong>io, Una passeggiata a<br />
Gavinana, lavori dettati con tutta quella serenità<br />
d’animo, elevatezza <strong>di</strong> concetti e semplicità ed eleganza<br />
<strong>di</strong> forma, propria <strong>di</strong> coloro che non fanno<br />
dell’arte per l’arte, ma si stu<strong>di</strong>ano e vogliono d<strong>il</strong>ettando,<br />
educare la mente e affezionare <strong>il</strong> cuore <strong>di</strong> chi<br />
legge ad una santa causa, quella della patria e della<br />
libertà. Col primo racconto e’ ci fa rivivere in Firenze<br />
a’tempi del giovane Cosimo; vasta tela per <strong>di</strong>segnarvi<br />
e <strong>di</strong>pingervi su uomini e cose da dare l’intreccio ad<br />
un romanzo: amori, avventure, tra<strong>di</strong>menti e scelleratezze<br />
d’ogni sorta, fremiti <strong>di</strong> libertà, d’o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> vendetta;<br />
carceri, patiboli e quanto altro poteva far corredo<br />
ad uno de’ minori Me<strong>di</strong>ci che signoreggia su
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLVIII<br />
tutto un popolo fatto sud<strong>di</strong>to e servo! E col secondo<br />
ci ricorda gli eroici sforzi fatti da’ Fiorentini in <strong>di</strong>fesa<br />
della gloriosa repubblica, quando un Papa e un<br />
Imperatore insiem collegati nell’infamia, vollero in<br />
lei vedere spento anche l’ultimo raggio della libertà<br />
de’ nostri Comuni. Non è storia quella narrata dal nostro<br />
amico, ma in que’ suoi personaggi che si muovono,<br />
in que’ fatti che s’intrecciano, c’è la vita, la<br />
passione tutta <strong>di</strong> quel tempo, e basta. «Sono ombre,<br />
egli <strong>di</strong>ce, quando volge alla fine del suo primo racconto,<br />
sono ombre che passano. Io come ombre le ho<br />
<strong>di</strong>segnate e come ombre scompaiono. Ombre che ebbero<br />
anima sensib<strong>il</strong>e alla truce realtà del dolore, che<br />
piansero, sanguinarono dalle ferite del corpo e da<br />
quelle del cuore e scomparvero nella cenere dei miseri<br />
senza nome e senza memoria. La storia dei gran<strong>di</strong><br />
fatti <strong>il</strong> lettore ricerchi nelle gran<strong>di</strong> pagine dei nostri<br />
scrittori; io l’ho appresa in quelle e ho tremato leggendola;<br />
ora in quei gran<strong>di</strong> sepolcri raccolgo un pugno<br />
<strong>di</strong> cenere e su quella piango e male<strong>di</strong>co, pianti e<br />
male<strong>di</strong>zioni che saranno cenere fra poco.»<br />
Presa stab<strong>il</strong>e <strong>di</strong>mora in Genova. Egli nel luglio<br />
1877 intraprese insiem con altri patriotti la pubblicazione<br />
<strong>di</strong> un nuovo perio<strong>di</strong>co, Lo Squ<strong>il</strong>lo,<br />
nell’inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere <strong>il</strong> partito mazziniano,<br />
vivamente attaccato e ne’ principii e nelle persone da<br />
un gruppo <strong>di</strong> repubblicani <strong>di</strong>ssidenti che avevano Il<br />
Popolo per loro organo <strong>di</strong> pubblicità. E la polemica<br />
che s’impegnò fra’ due giornali fu così ardente, che<br />
come accade d’or<strong>di</strong>nario, la passione politica li fe’<br />
scendere a personalità, da procedere senza freno <strong>di</strong><br />
sorta nella <strong>di</strong>scussione. Sicché poi se n’ebbe a lamentare<br />
una serie <strong>di</strong> fatti dolorosi, che valsero ad inasprire<br />
sempre più gli animi, e si vide per fino <strong>il</strong> brutto
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLIX<br />
spettacolo d’esser portati innanzi come vess<strong>il</strong>lo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a fra’ repubblicani d’Italia, i due nomi immortali<br />
<strong>di</strong> Mazzini e Garibal<strong>di</strong>. Di guisa che <strong>il</strong> nostro<br />
amico tanto se ne accuorò e tanto ne soffrì, che la sua<br />
salute, già molto deperita per la prima malattia, toccò<br />
<strong>di</strong> que’ giorni sì forte scossa ch’e’ dové finire<br />
coll’andare nuovamente all’ospedale; dove tra’ malati<br />
<strong>di</strong> tisi, senza denaro e senza conforti, quasi abbandonato<br />
come un pezzente, <strong>di</strong>sperando <strong>di</strong> guarire, rimase<br />
più <strong>di</strong> quattro mesi, fino al 20 d’apr<strong>il</strong>e. Ma allora<br />
l’associazione Giuseppe Mazzini <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, della<br />
quale egli era presidente onorario, saputo della sua<br />
malattia e della mancatagli assistenza, con lodevole<br />
pensiero provvedeva, perché fosse condotto a <strong>Lucca</strong>.<br />
Il 21 apr<strong>il</strong>e corsi a salutarlo all’albergo della<br />
Campana dove lo avevano messo, e lo trovai così<br />
sfinito dalla lunga malattia e più, credo, dalle inenarrab<strong>il</strong>i<br />
sofferenze morali patite in que’ lunghi mesi <strong>di</strong><br />
ospedale a Genova, che appena ebbi fiato <strong>di</strong> chiedergli<br />
come stava. Un nuvolo <strong>di</strong> amici, tutti lieti, sod<strong>di</strong>sfatti<br />
che <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong> fosse tornato tra noi, erano lì<br />
intorno al suo letto, chi in pie<strong>di</strong>, chi a sedere, e tutti<br />
animati da un sentimento <strong>di</strong> benevolenza verso <strong>di</strong> lui;<br />
era una gara per volerlo soccorrere, tutti avrebbero<br />
voluto ridonargli la salute e la pace. Il giorno dopo fu<br />
condotto in casa del bravo giovane A. M. che spontaneamente,<br />
col cuore in mano, avevagli detto: «<br />
Frattanto vieni in casa mia, poi vedremo quel che sarà<br />
da farsi.» E in casa del generoso amico rimase fino<br />
al 30 maggio, giorno in cui e per consiglio de’ me<strong>di</strong>ci<br />
e con piena sua sod<strong>di</strong>sfazione, desideroso <strong>di</strong> guarire,<br />
<strong>di</strong> poter vivere dell’altro, veniva condotto<br />
all’ospedale <strong>di</strong> san Luca, in una camera riservata, essendosi<br />
a tutto provveduto mercé una sottoscrizione
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLX<br />
<strong>di</strong> amici e <strong>di</strong> altre rispettab<strong>il</strong>i persone che s’erano obbligate<br />
<strong>di</strong> pagare un tanto al mese, finché non fosse<br />
guarito. E poi bisognava vedere con quanta sollecitu<strong>di</strong>ne<br />
e con quanto amore gli amici corressero ogni<br />
giorno e in ogni ora là nella sua camera per tenergli<br />
compagnia, per servirlo <strong>di</strong> tutto quanto abbisognasse;<br />
sicché <strong>il</strong> regalarlo <strong>di</strong> qualche cosa era <strong>di</strong>venuto quasi<br />
<strong>di</strong>rei un dovere per tutti. Era cosa che commuoveva,<br />
che recava piacere,che incoraggiava, perché faceva<br />
pensare non esser l’egoismo un vizio comune, ma<br />
una rara eccezione, specialmente ne’ giovani. Oh sì,<br />
la gioventù operaia principalmente, sebbene cresca<br />
fra mezzo allo scetticismo delle classi priv<strong>il</strong>egiate,<br />
vive anche oggi <strong>di</strong> amore, <strong>di</strong> f<strong>il</strong>antropia ed è capace<br />
<strong>di</strong> far sacrifizi immensi in sollievo <strong>di</strong> chi soffre.<br />
L’epulone forse ti ricuserà una lira per un che chiede<br />
misericor<strong>di</strong>a per grazia <strong>di</strong> Dio, l’uomo del popolo no;<br />
egli che pur suda per vivere lavorando da mattino a<br />
sera, non nega mai <strong>il</strong> suo soldo al più miserab<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />
lui. E grazie sieno rese a voi, o giovani amici personali<br />
e <strong>di</strong> fede del povero <strong>Tito</strong>, a voi che per mercé<br />
vostra egli poté esser curato, e riacquistare, per poco<br />
è vero! Un po’ <strong>di</strong> salute e con essa quella fiducia nelle<br />
giovani sue forze, che purtroppo aveva dovuto<br />
perdere quando s’era trovato solo e nella più squallida<br />
miseria nell’ospedale <strong>di</strong> Genova.<br />
E al riaversi delle sue forze morali e fisiche là<br />
nello Spedale <strong>di</strong> san Luca, in lui si risvegliò anche <strong>il</strong><br />
desiderio , la bramosia <strong>di</strong> lavorare. Sicché non appena<br />
poté, e gli fu permesso alzarsi dal letto, eccolo che<br />
passa più ore del giorno al tavolino scrivendo. Poco<br />
prima <strong>di</strong> ammalarsi in Genova, <strong>il</strong> nostro amico s’era<br />
messo a scrivere un altro racconto, Lucrezia Buonvisi,<br />
invogliatosi <strong>di</strong> scrivere su tal soggetto, dopo <strong>di</strong>
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXI<br />
aver letto la storia <strong>di</strong> cotesta donna lucchese, tanto<br />
colpevole e tanto infelice, raccontata su’ documenti<br />
del chiarissimo signor Bongi; e ora lavorava, lavorava<br />
per completarlo, e con tanto piacere , con sì dolce<br />
sod<strong>di</strong>sfazione che parmi proprio ne scrivesse fin<br />
l’ultima pagina nell’Ospedale <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, e non senza<br />
speranza <strong>di</strong> vederlo presto pubblicato. Valendosi de’<br />
fatti storici narrati dal sig. Bongi, egli riuscì a tessere<br />
un racconto così ricco e vario nella sua unità<br />
d’azione, per episo<strong>di</strong> e avventure romanzesche <strong>di</strong><br />
quel secolo XVI, secolo tristo, che giusta<br />
l’espressione <strong>di</strong> Cesare Balbo, fu un elegantissimo<br />
baccanale <strong>di</strong> cultura fra le pugnalate e i veleni, che a<br />
malincuore tu ne interrompi la lettura e vorresti andar<br />
fino in fondo tutto d’un fiato, tanto ti riesce piacevole<br />
e interessante: vi sono delle pagine stupende, vi sono<br />
de’ caratteri così scolpiti, degni davvero de’ migliori<br />
nostri scrittori. Qualcuno forse, non molto addentro<br />
nella storia scandalosa de’ monasteri in quel secolo,<br />
leggendo <strong>il</strong> libro dello Strocchi griderà esagerate per<br />
ispirito d’incredulità nell’autore certe scene della vita<br />
del chiostro, certe brutture morali appena più immaginab<strong>il</strong>i<br />
a’ giorni nostri, che pure da certi piagnoni si<br />
vogliono così corrotti da vedervi <strong>il</strong> finimondo. Ma<br />
ove si faccia ragione al romanziere che usa l’arte <strong>di</strong><br />
riavvicinare e intrecciare insieme più fatti. Di riunire<br />
e aggruppare più personaggi in un dato luogo e in un<br />
dato momento per rappresentarci in un quadro a<br />
gran<strong>di</strong> linee i costumi, gli usi e le tendenze tutte <strong>di</strong><br />
una società, o <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong> quella durante lo svolgersi<br />
<strong>di</strong> un periodo storico, si dovrà riconoscere che<br />
nella Lucrezia Buonvisi del nostro autore non c’è nulla<br />
che non sia stato stu<strong>di</strong>ato e reso con quella rettitu<strong>di</strong>ne<br />
d’animo, serenità e squisitezza <strong>di</strong> spirito propria
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXII<br />
del vero artista, che non sa mentire a se stesso, né<br />
vuol mentire altrui. Trasportatosi egli in mezzo al patriziato<br />
lucchese del secolo XVI, così vago <strong>di</strong> avventure<br />
amorose e tanto <strong>di</strong>viso da fazioni politiche e più<br />
da vecchi o<strong>di</strong>i <strong>di</strong> casate e <strong>di</strong> famiglia, un bel giorno lo<br />
ve<strong>di</strong>amo entrare in compagnia del signor Bongi nel<br />
monastero <strong>di</strong> santa Chiara e là trovata la bella Lucrezia<br />
Malpigli, vedova <strong>di</strong> Lelio Buonvisi, le si avvicina<br />
e la interroga…, e dalle interrotte sue frasi, dall’alito<br />
affannoso, dal fuoco de’ suoi occhi, egli ne indovina<br />
lo strazio dell’anima, e con lei male<strong>di</strong>ce al secolo tristo.<br />
Vede frattanto sf<strong>il</strong>argli <strong>di</strong>nanzi le altre suore tutte.<br />
Le guarda, le fissa, e da que’ corpi gent<strong>il</strong>i da cui<br />
spira la nob<strong>il</strong>tà del lignaggio, sente <strong>il</strong> calore della<br />
passione che le rode e le consuma, e colto da sdegno<br />
e da compassione è costretto a piangere con la infelice<br />
e gent<strong>il</strong>e Orizia Ortucci. E si fa triste alla vista <strong>di</strong><br />
tante anime dannate al chiostro dall’avarizia <strong>di</strong> padri<br />
snaturati, dall’orgoglio <strong>di</strong> un patriziato corrotto e dal<br />
falso concetto che in que’ secoli, più che in questo<br />
nostro, si aveva della vita cristiana: vide quelle giovani<br />
creature che si consumavano in una forzata castità,<br />
mentre eran nate per amare ed essere amate e<br />
con la fantasia calda da tutte quelle memorie del<br />
tempo, lui artista fac<strong>il</strong>e e sincero, <strong>di</strong>segna con mano<br />
sicura e colorisce co’ più bei colori della sua tavolozza<br />
tutto quanto ha veduto coll’eru<strong>di</strong>to compagno e<br />
intraveduto col suo genio; e compìta così l’opera sua;<br />
sicuro <strong>di</strong> non aver fatto cosa indegna <strong>di</strong> sé e del proprio<br />
paese, l’abbandona volentieri alla critica.<br />
Uscito che fu dall’Ospedale <strong>il</strong> 2 luglio, si recò a’<br />
Bagni <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong> dall’amico S., dove rimase, sussi<strong>di</strong>ato<br />
sempre dagli amici, fino al 6 ottobre. E là, a<br />
quell’aria così pura e balsamica durante la state, e <strong>di</strong>-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXIII<br />
stratto dall’incantevole vista <strong>di</strong> quelle amene e pittoresche<br />
vallate, vivendo tutto ne’ ricor<strong>di</strong> de’ suoi tempi<br />
<strong>di</strong> giovinezza, fra mezzo a quella gente che lo ama,<br />
e presso la sua adorata fanciulla, e’ si sentì tornato a<br />
nuova vita: si credeva guarito; lo credevamo noi tutti.<br />
Sicché decise non partir più da <strong>Lucca</strong>, pensava come<br />
esercitarvi la professione, e già sognava una meritata<br />
tregua a’ lunghi dolori. Ma la sua malattia era <strong>di</strong>venuta<br />
ormai incurab<strong>il</strong>e, e passò poco tempo che si ributtò<br />
giù per non riaversi: allora furono mesi <strong>di</strong> speranze<br />
e <strong>di</strong> rassegnazione, lunghi giorni <strong>di</strong> tristezza e<br />
<strong>di</strong> abbandono, però senza proferir mai un lamento, un<br />
rammarico, senza far mai un rimprovero a nessuno.<br />
Oh! ricordo quel giorno in cui gli <strong>di</strong>ssi se amava <strong>di</strong><br />
vedere suo padre, <strong>il</strong> buon vecchio Stefano, che viveva<br />
in Firenze costrettovi dall’arte sua. Egli impallidì,<br />
e una lagrima br<strong>il</strong>lò ne’ suoi occhi; sentiva <strong>di</strong> non aver<br />
forza bastante per riceverlo in quella con<strong>di</strong>zione,<br />
e pregò me, gli amici tutti, si raccomandò a sua sorella<br />
che da più giorni trovavasi presso <strong>di</strong> lui, perché<br />
nulla scrivessero al babbo!... E bisognò prometter tutto,<br />
tutto, mentre si sapeva che suo padre era per via, e<br />
fin quando si trovava lì nell’anticamera tutto in lagrime!<br />
Ma <strong>il</strong> buon vecchio voleva vederlo, voleva<br />
abbracciarlo, baciarlo almen per l’ultima volta e<br />
d’improvviso entrò nella sua camera. Lo vide e …<br />
No, la mia penna non può descrivere una scena come<br />
questa. E potess’ io tralasciare <strong>di</strong> descrivere altre<br />
scene <strong>di</strong> cui mi trovai testimone in que’ giorni; non<br />
per ché, ripensando a quelle, l’animo mio si senta<br />
commosso come al ricordo de la piena degli affetti<br />
che vi<strong>di</strong> prorompere dal cuore <strong>di</strong> quel padre infelice<br />
presso <strong>il</strong> figlio morente, ma perché <strong>di</strong> certe brutture,<br />
ove non fossi costretto a scrivere per ufficio <strong>di</strong> stori-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXIV<br />
co, vorrei fosse perfino cancellata ogni memoria per<br />
onore del mio paese e de’ miei contemporanei.<br />
Era <strong>il</strong> giorno…, non importa ch’io ricor<strong>di</strong> la data<br />
quando mi si venne a chiamare; perché mi recassi a<br />
casa <strong>di</strong> <strong>Tito</strong>. Non perdo un momento, ci volo; e appena<br />
entrato mi trovo <strong>di</strong>nanzi all’<strong>il</strong>lustrissimo signor<br />
Ispettore <strong>di</strong> Pubblica Sicurezza che in compagnia <strong>di</strong><br />
un suo Delegato mi attendeva. Il signor Ispettore mi<br />
<strong>di</strong>ce che per dovere <strong>di</strong> ufficio era costretto a perquisire<br />
la camera del signor avvocato Strocchi, dolentissimo<br />
del resto <strong>di</strong> dover arrecare <strong>di</strong>sturbo al mio povero<br />
amico che sapeva trovarsi così gravemente ammalato<br />
da dover temere della sua vita. Rimasi come<br />
fulminato; e se la nota cortesia del signor Ispettore e<br />
<strong>il</strong> pensiero ch’egli si trovava costretto a compiere<br />
quell’atto, e in quel momento! per or<strong>di</strong>ne della Procura<br />
Generale, non mi avessero trattenuto, mi sarei<br />
opposto a tanta infamia. Avvertii l’amico della visita,<br />
inaspettata quanto importuna, e mi rispose: «Che<br />
passi!». Introdussi i due signori; aprii io <strong>il</strong> cassettone,<br />
unico mob<strong>il</strong>e che trovavasi in quella modesta cameretta,<br />
e feci veder loro le carte tutte che appartenevano<br />
a <strong>Tito</strong> Strocchi. Non vi furon trovati sebben ricordo<br />
che pochi manifesti a stampa del Comitato <strong>di</strong>rettivo<br />
della Consociazione Repubblicana Toscana, <strong>di</strong> cui<br />
egli era membro, copie che furon sequestrate; e steso<br />
<strong>il</strong> relativo verbale ch’io pure dovetti firmare come testimone,<br />
que’ signori se ne andarono, scusandosi<br />
presso l’amico mio <strong>di</strong> quella loro visita inaspettata.<br />
L’accaduto peraltro <strong>di</strong>sturbò non poco <strong>il</strong> nostro <strong>Tito</strong>,<br />
perché in quel momento si trovava così aggravato dal<br />
male che ogni più lieve emozione poteva essergli fatale.<br />
Ma che cos’è la vita <strong>di</strong> un povero citta<strong>di</strong>no, <strong>di</strong>nanzi<br />
all’or<strong>di</strong>ne pubblico? Si può bene da un Procu-
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXV<br />
ratore Generale far entrare nella camera <strong>di</strong> un moribondo<br />
nella speranza <strong>di</strong> sorprendervi un segreto che<br />
può salvare la Monarchia da un imminente pericolo,<br />
o la Repubblica se <strong>il</strong> pericolo è per la Repubblica.<br />
Dinanzi alla Ragion <strong>di</strong> Stato, nel momento del fervore<br />
<strong>di</strong> un processo politico, ogni convenienza va messa<br />
da parte, ogni riguardo sparisce; avanti, avanti<br />
sempre, accada quel che vuole accadere! Anzi, quanto<br />
più gli officiali pubblici sono civ<strong>il</strong>i, le istituzioni<br />
sono liberali, convien essere barbari, spietati; <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto<br />
della maggioranza copre tutto, giustifica, legittima<br />
tutto… Oh libertà, santa libertà invocata dagli spiriti<br />
magni che per te soffrirono e morirono nelle carceri e<br />
su’ patiboli, come gli uomini del giorno dopo <strong>il</strong> trionfo<br />
ti rendono spesso menzognera!...<br />
Nelle prime ore della notte del 12 giugno 1879,<br />
<strong>il</strong> povero nostro amico sentendosi morire, chiama<br />
presso <strong>di</strong> sé la sorella Livia e <strong>il</strong> fratello Enea, e dopo<br />
<strong>di</strong> aver dato loro un bacio… e detto: «salutate babbo!»<br />
spirò, nulla chiedendo al mondo che lasciava,<br />
nulla all’eternità cui non credeva.<br />
Lui morto, l’Autorità Municipale non vuol permettere<br />
che sia data alla salma del chiaro citta<strong>di</strong>no<br />
onorata sepoltura nel cimitero monumentale del Comune.<br />
È là fuori del recinto architettonico del cimitero<br />
comune, in un piccolo spazio <strong>di</strong> terreno abbandonato<br />
e deserto, da poco tempo improvvisato – quasi<br />
campo scellerato – a cimitero de’ così detti liberi<br />
pensatori, che dev’essere sepolta la salma<br />
dell’avvocato <strong>Tito</strong> Strocchi!... Ma a tanto sconcio,<br />
degno de’ più bassi tempi dell’intolleranza cattolica,<br />
e contrario non solo allo spirito moderno, ma allo<br />
spirito delle vigenti leggi, si oppone energicamente
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXVI<br />
l’Autorità prefettizia, riscuotendo <strong>il</strong> plauso <strong>di</strong> tutti coloro<br />
che lo spirito <strong>di</strong> setta non ha reso ciechi<br />
d’intelletto, e che pensano <strong>di</strong> doversi le virtù civ<strong>il</strong>i <strong>di</strong><br />
un citta<strong>di</strong>no onorar sempre, in<strong>di</strong>pendentemente dalle<br />
sue credenze religiose, nulla essendovi al mondo <strong>di</strong><br />
più sacro e inviolab<strong>il</strong>e della coscienza umana.<br />
Così malgrado l’interdetto dell’Autorità municipale,<br />
i funebri resi alla salma del nostro amico, riuscirono<br />
degni <strong>di</strong> lui; <strong>di</strong> lui che aveva onorato la patria<br />
su’ campi <strong>di</strong> battaglia col suo eroismo, e ne’ libri col<br />
suo bello ingegno. Oltre alle Associazioni liberali<br />
lucchesi e le rappresentanze della Democrazia <strong>di</strong> tutta<br />
la Toscana e <strong>di</strong> molte altre parti d’Italia, seguì <strong>il</strong> feretro<br />
fino al Cimitero un numero considerevole <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni;<br />
e commoventissimo fu <strong>il</strong> momento in cui alcuni<br />
de’ più intimi amici del nostro <strong>Tito</strong> calaron giù<br />
nella fossa con amorosa cura la cassa che ne racchiudeva<br />
<strong>il</strong> corpo. Piansi d’angoscia… e avrei voluto che<br />
lì insiem con me fossero stati quanti si contendono <strong>il</strong><br />
priv<strong>il</strong>egio fin nella tomba, perché avrei gridato loro:<br />
«O gente superba che cre<strong>di</strong> d’esserti fatta una privativa<br />
anche del cielo, prostrati e taci; <strong>di</strong>nanzi ad una<br />
tomba non c’è che Dio, giu<strong>di</strong>ce!»<br />
Son ora trascorsi trenta mesi da quel giorno, e<br />
ancora tutto vivo n’è <strong>il</strong> doloroso ricordo nella mia<br />
mente… Oh! come sarei sod<strong>di</strong>sfatto se lo scrivere la<br />
<strong>Vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Tito</strong> Strocchi, se con questa mia fatica avessi<br />
anch’io, per una piccolissima parte, potuto contribuire<br />
perché là su quelle poche zolle <strong>di</strong> terra a lui contese<br />
nel Cimitero <strong>di</strong> <strong>Lucca</strong>, sorga un modesto monumento<br />
che ne ricor<strong>di</strong> <strong>il</strong> nome e le virtù.<br />
Povero <strong>Tito</strong>… non avevi che trentatre anni.<br />
12 <strong>di</strong>cembre 1881
VITA DI T. STROCCHI<br />
NOTA<br />
___________<br />
CLXVII<br />
Fin da quando incominciai a scrivere la <strong>Vita</strong> <strong>di</strong> <strong>Tito</strong><br />
Strocchi, pensai <strong>di</strong> farla seguire da un’Appen<strong>di</strong>ce bibliografica<br />
su le sue opere e<strong>di</strong>te e ine<strong>di</strong>te, e più particolarmente<br />
su le sue poesie liriche, delle quali nulla<br />
<strong>di</strong>ssi della <strong>Vita</strong> per non intralciare <strong>di</strong> troppo <strong>il</strong> corso<br />
naturale <strong>di</strong> essa. L’urgenza <strong>di</strong> questa pubblicazione<br />
peraltro mi obbliga oggi <strong>di</strong> dar corso alla povera opera<br />
mia, sebbene non completata com’era mio inten<strong>di</strong>mento;<br />
ma, ove ciò altri non scriva prima <strong>di</strong> me e<br />
con quella competenza ch’io certo non ho, manterrò<br />
la promessa che mi son fatta
VITA DI T. STROCCHI<br />
CLXVIII