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Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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Fausto Gusmeroli<br />

Tab. 4.1<br />

Tab. Comunità 4.1 fisionomiche più comuni delle Alpi italiane<br />

Comunità fisionomiche più comuni delle Alpi italiane<br />

Foresta di latifoglie decidue<br />

Comunità arboree a foglie caduche della fascia submontana e montana<br />

Foresta boreale di coniofere o Taiga<br />

Formazione di conifere delle zone a clima continentale, nella fascia subalpina<br />

Brughiera<br />

Popolamento di arbusti di piccola taglia, generalmente di ericacee nelle zone a clima<br />

continentale della fascia alpina, di ericacee e ginestre in quelle a clima più atlantico<br />

Megaforbie<br />

Comunità di erbe nitrofile delle schiarite boschive nella fascia montana e subalpina<br />

Prateria o Tundra<br />

Formazione erbacea a larga prevalenza di emicriptofite nelle zone a clima<br />

continentale della fascia subalpina e alpina.<br />

sizione floristica determinata, in cui certi elementi quasi esclusivi (specie caratteristiche)<br />

rivelano con la loro presenza un’ecologia particolare ed autonoma. Più modernamente,<br />

l’associazione è intesa come entità dalla composizione floristica statisticamente ripetitiva<br />

espressa non tanto da specie caratteristiche, quanto da un complesso di più generiche<br />

specie preferenziali, cui vengono a corrispondere puntuali aspetti strutturali, ecologici<br />

e di qualità dei rapporti con altre comunità. Questa concezione più flessibile, favorita<br />

dallo sviluppo dei metodi di elaborazione numerica, riserva priorità alla significatività<br />

statistica dell’uniformità floristica, la quale dipende dall’insieme delle specie più che da<br />

elementi esclusivi. In ogni caso, una data associazione è legata a una determinata nicchia<br />

ecologica e costituendo un sistema ad elevata omeostasi riesce, entro certi limiti, a bilanciare<br />

le variazioni dei fattori ambientali. Quando questi limiti sono superati si trasforma<br />

in un’altra associazione, rispondendo così con una certa discontinuità alle variazioni<br />

anche graduali dell’ambiente.<br />

Sebbene l’associazione sia un’entità più dettagliata e omogenea della formazione,<br />

in essa si riconoscono ancora sottounità, denominate popolamenti elementari. Si tratta<br />

di segmenti di vegetazione a maggiore uniformità floristica ed ecologica, il cui assemblaggio<br />

nell’associazione avviene con criterio statistico. Lo studio dei sistemi vegetali<br />

rimanda dunque all’osservazione dei popolamenti elementari (o di entità funzionali,<br />

secondo la scuola anglofona). L’osservazione di tutte le unità è pressoché impossibile,<br />

non solo nei sistemi di tipo continuo, come possono essere le praterie, dove le unità sono<br />

potenzialmente infinite, ma anche nei sistemi di tipo discreto, come le foreste, dove<br />

potrebbero, almeno in certi studi, coincidere con le singole piante ed essere così finite.<br />

S’impone allora sempre il campionamento, il quale, come sarà illustrato nel paragrafo<br />

seguente, si differenzia secondo l’approccio metodologico. È utile qui anticipare l’aspetto<br />

relativo al posizionamento. Nel metodo fitosociologico il campionamento è preceduto<br />

dal riconoscimento in campo dei diversi tipi di vegetazione o situazioni ambientali, che<br />

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