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Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO<br />

È dunque un alto rapporto tra biomassa fotosinteticamente attiva e biomassa complessiva<br />

a caratterizzare gli agroecosistemi. L’aspetto è particolarmente evidente nelle<br />

colture annuali, dove a fronte di una biomassa enormemente inferiore a quella di un<br />

bosco (1/20-1/30 di un popolamento di latifoglie), quasi tutta la componente epigea è<br />

attiva (nel bosco solo il 2-4%). Di conseguenza, la produttività risulta decisamente superiore,<br />

mentre la produzione netta è comparabile a quella degli stadi giovanili degli<br />

ecosistemi forestali 44 . Ciò si spiega con le perdite di respirazione estremamente ridotte,<br />

negli autotrofi quanto negli eterotrofi, che consente di utilizzare buona parte dell’energia<br />

fissata con la fotosintesi per l’incremento della materia organica (3/4 circa della PPL nelle<br />

colture annuali, contro 1/4 in un bosco giovane). La diversità dei valori assunti dai parametri<br />

quantitativi, biomassa e produttività in particolare, negli agroecosistemi rispetto<br />

ai sistemi naturali può essere utilizzata per apprezzare il grado di antropizzazione di un<br />

territorio. Bassi valori di biomassa e alti di produttività indicano situazioni nelle quali<br />

i sistemi agricoli, e soprattutto le colture annuali, sovrastano gli ecosistemi forestali.<br />

Questo è quanto emerge ad esempio per l’Italia, in cui i valori dei due parametri si scostano<br />

ampiamente dalle medie mondiali (per la produttività 19% contro 6%), segnalando<br />

un’intensa antropizzazione che espone il paese a gravi pericoli.<br />

Il mutamento di strategia degli agroecosistemi, dalla massimizzazione dei valori di<br />

diversità e di biomassa per unità di flusso energetico a una funzionale ai bisogni dell’uomo,<br />

impone una semplificazione più o meno spinta del sistema. Laddove il flusso energetico<br />

si mantiene entro determinate soglie, si raggiunge uno stato di equilibrio detto<br />

disclimax, che assicura stabilità nel tempo. Dove invece il flusso energetico ausiliario<br />

diviene eccessivo, si innesca un processo di degrado incontrollabile, che va a scompaginare<br />

l’organizzazione del sistema, distruggendone l’omeostasi e la resilienza. Si ha<br />

il tal modo la regressione ad una condizione primitiva o l’emersione di comportamenti<br />

caotici imprevedibili, con crollo della produzione e comparsa di gravi e spesso irrimediabili<br />

costrizioni. Per conservare la loro funzionalità, gli agroecosistemi devono dunque<br />

mantenersi in una condizione di equilibrio dinamico compresa tra uno stato di disturbo<br />

minimale e uno di disturbo massimale, oltre il quale si ha il passaggio allo stato degenerativo.<br />

In relazione ai livelli di produttività, i tre stati possono essere definiti rispettivamente<br />

mesotrofico, eutrofico e distrofico. La dinamica può allora essere schematizzata<br />

nel seguente modo:<br />

dal livello di energia termica (temperature) e dalle disponibilità idriche. Di conseguenza anche la produzione e la<br />

produttività dipendono in prima istanza da esse e solo in subordine dalle disponibilità di nutrienti. Il fatto che i<br />

nutrienti rappresentino solitamente il fattore limitante la crescita degli ecosistemi, specialmente nel caso dell’azoto,<br />

è dovuto, come più volte ribadito, alla loro scarsa diffusione in natura.<br />

44 Nella foresta tropicale pluviale la produzione netta di fitomassa è di 22 t ha -1 anno -1 , mentre in un bosco<br />

di latifoglie è di 14-15. Le colture agrarie possono avvicinarsi a questi livelli in virtù di una maggiore efficienza<br />

fotosintetica (piante a ciclo C4), minori perdite di respirazione e soprattutto dell’azione di ottimizzazione delle<br />

disponibilità idriche, termiche e di nutrienti operata dall’uomo. In termini di quantità di clorofilla, infatti, i sistemi<br />

forestali registrano valori nettamente superiori: 2200-3100 mg/m 2 , contro 1400-2000 delle colture erbacee e 700-<br />

1000 dei prati e <strong>pascoli</strong>. In termini di LAI (Leaf Area Index), indicatore usato per stimare le potenzialità fotosintetiche<br />

della vegetazione attraverso la misura dell’area fogliare per unità di superficie del terreno, si danno valori attorno<br />

a 16 nelle foreste tropicali pluviali, 10-12 nei boschi di latifoglie, 6-8 nelle colture agrarie e 3-4 nei prati e <strong>pascoli</strong>.

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