Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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29.05.2013 Views

49 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO di biodiversità. Un primo livello è la diversità suborganica o intraspecifica, ossia la molteplicità di genotipi e fenotipi degli individui entro la specie. Un secondo livello è quello organismico o tassonomico, che corrisponde alla varietà dei taxa (specie o altri ranghi) entro la comunità. Il terzo livello è quello ecologico o sintassonomico, vale a dire la diversità delle comunità entro l’ecosistema 32 . Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che gli elementi costitutivi di uno stesso livello possono avere analogo o differente significato funzionale per l’ecosistema, in relazione alla loro abbondanza relativa, alla strategia riproduttiva, a quella competitiva, ai legami con le altre componenti e altro ancora. Queste caratteristiche incidono sulla dinamica, la resilienza e l’omeostasi del sistema, ciò che giustificherebbe il raggruppamento degli elementi simili ed una modulazione, per altro non semplice, del loro valore biologico. La diversità va dunque considerata manifestazione sistemica, percepita non come mera numerosità di elementi componenti, ma piuttosto di quantità di informazione. La valutazione completa della biodiversità di un ecosistema è dunque impresa pressoché inaccessibile, per motivi pratici e teoretici, legati gli uni alla difficoltà di censire tutti gli organismi viventi, gli altri ad esprimere un giudizio di merito su di essi ed inglobare i diversi livelli sui quali si struttura la complessità biologica. Si è costretti pertanto a delle semplificazioni, circoscrivendo le osservazioni a uno o pochi aspetti rappresentativi dell’insieme più generale. Negli ecosistemi terrestri, tali aspetti sono normalmente quelli attinenti alla vegetazione. Questa, infatti, riunendo i produttori primari, strutturando e costituendo la gran parte della biomassa del sistema, governa in qualche modo la diversità animale ed è a sua volta governata dall’ambiente abiotico. Inoltre, quasi tutti i suoi elementi sono noti, quantomeno al livello di specie, e a differenza dagli animali, sono statici. Ad ogni modo, a qualsiasi livello e per qualsiasi componente, la biodiversità deve sempre essere considerata almeno come l’intreccio di due fattori: la ricchezza e la struttura. La ricchezza corrisponde alla numerosità degli elementi; la struttura è correlata alla loro abbondanza relativa, espressa come frequenza, biomassa, ricoprimento o altro. La diversità aumenta con il numero di elementi e con l’uniformità delle abbondanze, cioè con una ripartizione piatta o massimamente dispersa (equidistribuita o equiripartita), equivalente ad una disposizione prevalentemente casuale che, riducendo i rischi di sopraffazione da parte di alcuni elementi a danno di altri, garantisce stabilità 33 . La situazione peggiore da questo punto di vista si ha quando tutte le abbondanze, tranne una, sono rappresentate al minimo possibile. La struttura ottimale della diversità è dunque quella che nella termodinamica è considerata di massimo disordine o caos (assenza di struttura, ossia disposizione casuale degli oggetti), mentre la peggiore è quella che corrisponde alla massima strutturazione. Il disordine della biodiversità non è però di tipo termodina- 32 Si possono aggiungere anche altri livelli, come la diversità di ecosistemi in un paesaggio e la diversità di paesaggi su una scala spaziale più ampia. Un ulteriore e particolare livello di diversità è la diversità culturale dell’uomo, giustificata dall’enorme impatto che la specie umana ha su tutti gli ecosistemi. Ciò che si osserva è, infatti, uno stretto legame tra la diversità culturale e quella biologica (all’aumentare dell’una aumenta l’altra), frutto del fatto che, diversamente dagli altri viventi, che si adattano all’ambiente modificando sé stessi, l’uomo fonda la propria strategia adattativa sulla modificazione dell’ambiente. A tal proposito, alcuni qualificano gli ecosistemi come bioculturali invece che ecologici. 33 In natura, tale distribuzione è del tutto teorica. Non esiste comunità o ecosistema in cui le unità componenti abbiano la medesima abbondanza. Si riconoscono sempre elementi più o meno abbondanti o rari, distribuiti secondo caratteristici schemi (si veda nota 38).

Fausto Gusmeroli mico, ma informativo (genetico) e non contraddice quanto sostenuto fino ad ora circa la dinamica degli ecosistemi e la coincidenza tra ordine, complessità e diversità, ma consente piuttosto di esplicitarle meglio. È ormai ampiamente dimostrato come la componente di ricchezza della biodiversità sia il risultato del processo evolutivo e storico: essa è dunque il vero attrattore dei sistemi ecologici. La struttura della biodiversità è invece fissata dalle condizioni ambientali, in particolare, come già visto, dalla disponibilità di risorse. Il suo aumento spinge la dinamica del sistema verso la crescita quantitativa, con uno sbilanciamento dei rapporti tra le unità costitutive, ossia una diminuzione di biodiversita strutturale (e oltre certi limiti, come si vedrà, anche di ricchezza). Essendo un’espressione di ordine/disordine, la diversità, biologica o di altra natura, può essere misurata in termini di entropia o informazione. Ovviamente, il diverso concetto di struttura fa sì che vi sia una relazione di proporzione diretta tra biodiversità ed entropia. Tra le formule più utilizzate vi sono quelle derivate dalle espressioni generalizzate di ordine α di Rényi (1961): n n Hα = [1/(1-α)] log ∑ pi α e Iα = [1/(α-1)] log ∑ pi α / qi α-1 i=1 i=1 dove: α = ordine dell’entropia (H) o dell’informazione (I) n = numero di elementi pi e qi = frequenze relative degli elementi di due distribuzioni ordinate allo stesso modo e con identici totali (∑pi =∑qi) Le formule più interessanti sono: 1. Entropia di ordine zero: H0 = H max = log n È una misura della diversità in termini di ricchezza e rappresenta il picco potenziale di entropia, ossia lo stato di massimo disordine termodinamico, in cui gli elementi sono presenti tutti con la minima abbondanza relativa (nel caso di una comunità biotica potrebbero essere tante specie quanti sono gli individui della comunità intera). n 2. Entropia di ordine uno: H1 = - ∑ pi log pi i=1 È l’indice di Shannon-Wiever, che può anche essere derivato dalla formula di Boltzmann già illustrata. pi rappresenta l’abbondanza relativa, coincidente con la probabilità di incontrare l’iesimo elemento. L’indice è una misura di disordine termodinamico, condizionato sia dalla ricchezza, sia dalla struttura. Si tratta dunque di un indicatore di diversità globale, che assume valore minimo pari a zero con un solo elemento e aumenta con la ricchezza e la dispersione della distribuzione. n 3. Entropia di ordine due: H2 = - log ∑ pi 2 È il logaritmo negativo dell’indice di Simpson. Simile al precedente, seppur meno popolare, misura anch’esso il disordine del sistema valutando la probabilità che due individui estratti a caso da un campione appartengano alla stessa categoria. Varia in rapporto alle due componenti della diversità, ma entro il dominio 0-1 e soprattutto in funzione della prevalenza di una o poche specie e poco alla ricchezza. Ciò ne fa sostanzialmente 50 i=1

Fausto Gusmeroli<br />

mico, ma informativo (genetico) e non contraddice quanto sostenuto fino ad ora circa la<br />

dinamica degli ecosistemi e la coincidenza tra ordine, complessità e diversità, ma consente<br />

piuttosto di esplicitarle meglio. È ormai ampiamente dimostrato come la componente<br />

di ricchezza della biodiversità sia il risultato del processo evolutivo e storico: essa<br />

è dunque il vero attrattore dei sistemi ecologici. La struttura della biodiversità è invece<br />

fissata dalle condizioni ambientali, in particolare, come già visto, dalla disponibilità di<br />

risorse. Il suo aumento spinge la dinamica del sistema verso la crescita quantitativa, con<br />

uno sbilanciamento dei rapporti tra le unità costitutive, ossia una diminuzione di biodiversita<br />

strutturale (e oltre certi limiti, come si vedrà, anche di ricchezza).<br />

Essendo un’espressione di ordine/disordine, la diversità, biologica o di altra natura,<br />

può essere misurata in termini di entropia o informazione. Ovviamente, il diverso concetto<br />

di struttura fa sì che vi sia una relazione di proporzione diretta tra biodiversità ed<br />

entropia. Tra le formule più utilizzate vi sono quelle derivate dalle espressioni generalizzate<br />

di ordine α di Rényi (1961):<br />

n n<br />

Hα = [1/(1-α)] log ∑ pi α e Iα = [1/(α-1)] log ∑ pi α / qi α-1<br />

i=1 i=1<br />

dove: α = ordine dell’entropia (H) o dell’informazione (I)<br />

n = numero di elementi<br />

pi e qi = frequenze relative degli elementi di due distribuzioni ordinate<br />

allo stesso modo e con identici totali (∑pi =∑qi)<br />

Le formule più interessanti sono:<br />

1. Entropia di ordine zero: H0 = H max = log n<br />

È una misura della diversità in termini di ricchezza e rappresenta il picco potenziale<br />

di entropia, ossia lo stato di massimo disordine termodinamico, in cui gli elementi sono<br />

presenti tutti con la minima abbondanza relativa (nel caso di una comunità biotica potrebbero<br />

essere tante specie quanti sono gli individui della comunità intera).<br />

n<br />

2. Entropia di ordine uno: H1 = - ∑ pi log pi<br />

i=1<br />

È l’indice di Shannon-Wiever, che può anche essere derivato dalla formula di<br />

Boltzmann già illustrata. pi rappresenta l’abbondanza relativa, coincidente con la probabilità<br />

di incontrare l’iesimo elemento. L’indice è una misura di disordine termodinamico,<br />

condizionato sia dalla ricchezza, sia dalla struttura. Si tratta dunque di un indicatore di<br />

diversità globale, che assume valore minimo pari a zero con un solo elemento e aumenta<br />

con la ricchezza e la dispersione della distribuzione.<br />

n<br />

3. Entropia di ordine due: H2 = - log ∑ pi 2<br />

È il logaritmo negativo dell’indice di Simpson. Simile al precedente, seppur meno<br />

popolare, misura anch’esso il disordine del sistema valutando la probabilità che due individui<br />

estratti a caso da un campione appartengano alla stessa categoria. Varia in rapporto<br />

alle due componenti della diversità, ma entro il dominio 0-1 e soprattutto in funzione<br />

della prevalenza di una o poche specie e poco alla ricchezza. Ciò ne fa sostanzialmente<br />

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