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Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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Fausto Gusmeroli<br />

importante la comunicazione. È essenzialmente il fitto e intricatissimo scambio di informazione<br />

tra le componenti ad assicurare ai viventi l’organizzazione, l’ordine, la stabilità<br />

e la capacità di sopravvivere e di reagire all’ambiente esterno: corredo genetico, reti<br />

neuronali, reti ecosistemiche e altro sono le strutture di base per tale comunicazione.<br />

Certo, la definizione e misurazione della complessità nei viventi non è impresa facile.<br />

Criteri di tipo quantitativo (dimensione del genoma, quantità di informazione contenuta,<br />

numero di geni, numero di tessuti diversi) si rivelano insufficienti o poco soddisfacenti.<br />

Più efficaci e coerenti sono i criteri di tipo semiquantitativo, quali il grado di autonomia,<br />

l’organizzazione sociale, la capacità di modificazione dell’ambiente esterno, la libertà<br />

delle risposte comportamentali e l’influenza del fenotipo sul genotipo, tutti aspetti che si<br />

acuiscono negli organismi più complessi e in massima misura nell’uomo.<br />

Questa complessità è il risultato di una storicità, ossia del fatto che gli organismi nascono,<br />

vivono e muoiono, come la vita stessa sulla terra è nata, si è evoluta e sta evolvendo.<br />

La complessità biologica è dunque riconducibile a due processi di base: l’ontogenesi,<br />

cioè la formazione dell’organismo da una semplice cellula (lo zigote), e la filogenesi, il<br />

lunghissimo percorso che dalle primordiali forme di vita procariote ha portato dapprima<br />

agli eucarioti unicellulari, poi alle sempre più articolate forme pluricellulari. Entrambi i<br />

processi poggiano su cambiamenti di struttura e/o organizzazione, di diversa consistenza,<br />

che si potrebbero considerare tutti, al limite, come proprietà emergenti, anche se il<br />

termine andrebbe di rigore riservato ai grandi mutamenti qualitativi che determinano<br />

variazioni brusche nel corso evolutivo.<br />

1.2. riduzionismo e olismo<br />

La complessità mal si presta ad essere indagata con il metodo classico riduzionista.<br />

Il riduzionismo, moderna traduzione epistemologica di quel pensiero scientifico deterministico<br />

o meccanicistico che ebbe come capostipiti Galileo e Newton e che trovò<br />

fondamento filosofico nella distinzione tra mente (res cogitans) e materia (res extensa)<br />

di Cartesio, poggia su due assunti ontologici: l’uniformità e la separabilità. Il primo<br />

sancisce l’equivalenza tra le parti e il tutto, per cui la conoscenza delle une è conoscenza<br />

dell’altro; il secondo ammette la possibilità di estrarre un’informazione svincolata dal<br />

contesto, ossia assume che la realtà possa essere descritta oggettivamente 2 . I paradigmi<br />

metodologici sono dunque la scomposizione e l’analisi: gli elementi vengono isolati e interpretati<br />

nella dinamica causa-effetto (da cui il termine determinismo), ciò che permette<br />

di speculare con chiarezza nel dettaglio, ma preclude una visione globale dei fenomeni.<br />

Già la teoria della relatività di Einstein del 1912 aveva posto la necessità di considerare<br />

non solo l’oggetto da indagare, ma anche le condizioni che rendono possibile<br />

l’osservazione. La teoria quantistica, con il principio d’indeterminazione di Heisenberg<br />

del 1927, sancì pure l’impossibilità di stabilire contemporaneamente la quantità di mo-<br />

2 Per Newton e gli scienziati di prima del novecento il mondo fisico era una macchina precisa e deterministica,<br />

dunque assolutamente prevedibile. Famosa rimane l’affermazione del grande fisico e matematico francese Pierre-<br />

Simon de Laplace: se ad un dato istante una suprema intelligenza conoscesse la posizione e la velocità di tutte le<br />

particelle dell’universo allora niente sarebbe ad essa incerto e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi<br />

occhi! Questa intelligenza è poi passata alla storia come “il demone di Laplace”.<br />

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