Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp
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ttoposto a differenti regimi di defogliazione (da Gusmeroli et al., 1998) 207 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO Fig. 12.1 Produzioni medie annue di biomassa secca totali e per taglio in un prato di fondovalle alpino sottoposto a differenti regimi di defogliazione (da Gusmeroli et al., 1998) t ha -1 16 14 12 10 8 6 4 2 0 I anno II anno III anno A B C D A B C D A B C D Tesi I Taglio II Taglio III Taglio IV Taglio tipi di prato a diverso grado di intensificazione colturale (Fig. 12.5): prati estensivi, non fertilizzati ed utilizzati una volta l’anno o anche solo saltuariamente; prati poco intensivi, a blandi apporti fertilizzanti e prelievi appena più frequenti; prati semi-intensivi, caratterizzati da livelli medi delle due variabili; prati intensivi, ad apporti e ritmi di taglio elevati. Nel rispetto, ovviamente, dei limiti fissati dalle condizioni pedoclimatiche, queste quattro combinazioni, grazie al bilanciamento tra entrate e uscite, assicurano il buono stato e la stabilità dei cotici, anche in termini di ricchezza floristica, seppur relativamente al grado di intensificazione. Non così invece nel caso in cui le due variabili non siano coordinate. Se le fertilizzazioni sono scarse in rapporto agli sfruttamenti si ha una progressiva riduzione delle produzioni, accompagnata talvolta da una regressione delle buone foraggere in favore di elementi frugali di mediocre valore pabulare e dalla formazione di un feltro di radici nello strato superficiale, dove i resti organici incrementano la disponibilità di nutrienti. Se, viceversa, gli apporti sono eccessivi, si esasperano i fenomeni di competizione, ciò che innesca derive eutrofiche, con diradi della copertura e invasione di componenti nitro-ammoniacali. L’obiettivo della fertilizzazione è dunque assicurare una disponibilità di nutrienti sufficiente a compensare le asportazioni e le eventuali perdite (dispersioni in atmosfera e idrosfera, a carico essenzialmente dell’azoto), tenendo ovviamente conto degli eventuali apporti di materiali esterni (alimenti, lettiera, concimi), degli apporti meteorici, dei processi di mineralizzazione della sostanza organica del suolo e, per il solo azoto, della fissazione atmosferica attuata dalle leguminose attraverso la simbiosi rizobica (Fig.
Fausto Gusmeroli Fig. 12.2 Fig. 12.2 Qualità Qualità del del foraggio foraggio nel nel primo primo taglio taglio in in un un prato prato di di fondovalle fondovalle alpino alpino sottoposto sottoposto a differenti a differenti regimi di regimi defogliazione: di defogliazione: Tesi A più Tesi precoce, A più Tesi precoce, D più Tesi tradiva D più (da tradiva Gusmeroli (da Gusmeroli et al., 1998) et al., 1998) Tesi A Tesi B Tesi C Tesi D Fieni loc. Tesi A Tesi B Tesi C Tesi D Fieni loc. NDF 30 40 50 60 70 15 20 25 30 35 40 45 % sulla fibra grezza % sulla fibra grezza b d b c ab I anno PG 4 6 8 10 12 14 16 18 % sulla sostanza secca c a b b b b b a a a a 208 Tesi A Tesi B Tesi C Tesi D Fieni loc. Tesi A Tesi B Tesi C Tesi D Fieni loc. II anno d b b ADF UFL 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 unità / kg di sostanza secca d c a a c b b b b a a a a
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ttoposto a differenti regimi di defogliazione (da Gusmeroli et al., 1998)<br />
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PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO<br />
Fig. 12.1<br />
Produzioni medie annue di biomassa secca totali e per taglio in un prato di fondovalle <strong>alpino</strong> sottoposto<br />
a differenti regimi di defogliazione (da Gusmeroli et al., 1998)<br />
t ha -1<br />
16<br />
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I anno II anno III anno<br />
A B C D A B C D A B C D<br />
Tesi<br />
I Taglio II Taglio III Taglio IV Taglio<br />
tipi di prato a diverso grado di intensificazione colturale (Fig. 12.5): prati estensivi, non<br />
fertilizzati ed utilizzati una volta l’anno o anche solo saltuariamente; prati poco intensivi,<br />
a blandi apporti fertilizzanti e prelievi appena più frequenti; prati semi-intensivi,<br />
caratterizzati da livelli medi delle due variabili; prati intensivi, ad apporti e ritmi di taglio<br />
elevati. Nel rispetto, ovviamente, dei limiti fissati dalle condizioni pedoclimatiche,<br />
queste quattro combinazioni, grazie al bilanciamento tra entrate e uscite, assicurano il<br />
buono stato e la stabilità dei cotici, anche in termini di ricchezza floristica, seppur relativamente<br />
al grado di intensificazione. Non così invece nel caso in cui le due variabili<br />
non siano coordinate. Se le fertilizzazioni sono scarse in rapporto agli sfruttamenti si ha<br />
una progressiva riduzione delle produzioni, accompagnata talvolta da una regressione<br />
delle buone foraggere in favore di elementi frugali di mediocre valore pabulare e dalla<br />
formazione di un feltro di radici nello strato superficiale, dove i resti organici incrementano<br />
la disponibilità di nutrienti. Se, viceversa, gli apporti sono eccessivi, si esasperano<br />
i fenomeni di competizione, ciò che innesca derive eutrofiche, con diradi della copertura<br />
e invasione di componenti nitro-ammoniacali.<br />
L’obiettivo della fertilizzazione è dunque assicurare una disponibilità di nutrienti sufficiente<br />
a compensare le asportazioni e le eventuali perdite (dispersioni in atmosfera e<br />
idrosfera, a carico essenzialmente dell’azoto), tenendo ovviamente conto degli eventuali<br />
apporti di materiali esterni (alimenti, lettiera, concimi), degli apporti meteorici,<br />
dei processi di mineralizzazione della sostanza organica del suolo e, per il solo azoto,<br />
della fissazione atmosferica attuata dalle leguminose attraverso la simbiosi rizobica (Fig.