29.05.2013 Views

Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

177<br />

PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO<br />

stabilità temporale della produzione, autentica espressione della sostenibilità ecologica<br />

del sistema. Il carattere è diretta conseguenza del massiccio trasferimento al suolo dell’energia,<br />

che si traduce in un accumulo di fertilità sottoforma di sostanza organica. Negli<br />

ordinamenti agricoli tradizionali, il prato era inserito negli avvicendamenti proprio con<br />

l’intento di ristabilire la fertilità del terreno, depauperata dai seminativi annuali. Naturalmente,<br />

il rapporto tra l’energia asportata con il raccolto, destinata al sostentamento degli<br />

animali domestici, e l’energia rilasciata al suolo, destinata ad alimentare la ricca comunità<br />

biotica naturale (nematodi, collemboli, acari, lombrichi e soprattutto microrganismi),<br />

varia con le modalità di gestione dei cotici. Utilizzazioni più intensive tendono a spostare<br />

il rapporto verso i raccolti, mentre utilizzazioni estensive privilegiano l’accumulo<br />

nel sistema. In ogni modo, la quota destinata al suolo rimane, come detto, largamente<br />

preponderante. Una griglia di ripartizione dell’energia fotosintetizzata tra le componenti<br />

biotiche del sistema è rappresentata in figura 9.2.<br />

Da un punto vista prettamente energetico, la trasformazione della produzione primaria<br />

vegetale in produzione secondaria animale appare priva di senso. Essa comporta<br />

infatti un’ingente dissipazione di energia: 85-90% per la trasformazione in carne, 70-<br />

80% in latte. In realtà, il processo ha una grande rilevanza per l’incremento delle risorse<br />

alimentari dell’umanità, poiché, come già evidenziato, i sistemi foraggeri rappresentano<br />

il solo modo per ricavare alimenti dalle aree precluse alle coltivazioni agrarie. Grazie<br />

alla mediazione dei ruminanti, la cellulosa, indigeribile all’uomo, viene resa utilizzabile<br />

e ciò rappresenta senz’altro il valore fondamentale dei sistemi foraggeri. In più si deve<br />

considerare la trasformazione di principi nutritivi poco nobili in principi di alto significato<br />

biologico per la nutrizione umana (es. le proteine). Lo scenario cambia radicalmente<br />

laddove, come nei moderni allevamenti specializzati, ai ruminanti vengano destinati i seminativi,<br />

non rispettando di fatto la loro nicchia trofica naturale. La scelta è imposta dalle<br />

elevate prestazioni degli animali selezionati, che richiedono diete molto concentrate. I<br />

cereali, i legumi e altri prodotti dell’agricoltura possono così arrivare a costituire anche<br />

l’80% e oltre della razione, in buona misura sottoforma di prodotto nobile concentrato.<br />

In tali circostanze, la trasformazione della biomassa vegetale in animale è realmente un<br />

controsenso che, su scala globale, si risolve in un ingente spreco di risorse: basti pensare<br />

che interessa oggi circa un terzo della produzione mondiale di cereali! L’abnorme biomassa<br />

animale 33 ha inoltre un forte impatto sull’ambiente, causa l’ulteriore dissipazione<br />

di energia, le dispersioni di inquinanti e gli elevati consumi di acqua e altri beni imposti<br />

dall’allevamento 34 . La produzione di alimenti zootecnici andrebbe dunque circoscritta<br />

alle aree marginali, dove non esistono concrete alternative ai sistemi foraggeri, mentre le<br />

aree coltivabili andrebbero riservate prioritariamente alla produzione diretta di alimenti<br />

33 La biomassa dei bovini è praticamente analoga a quella umana, mentre quella degli altri ruminanti domestici<br />

è circa un decimo. Il complesso degli animali d’allevamento ha una biomassa quasi doppia di quella umana. Vere e<br />

proprie megalopoli zootecniche circondano così le megalopoli dell’uomo.<br />

34 Negli allevamenti bovini da carne specializzati, la resa dell’energia immessa artificialmente nel sistema per<br />

produrre 1 kg di carne è di 1:54.<br />

Per quanto riguarda le emissioni di CO2, negli allevamenti intensivi sono pari a10 kg per kg di carne prodotta, mentre<br />

sono di 1 kg per kg di prodotto nella coltivazione tradizionale di mais. Anche le emissioni di metano, responsabili<br />

attualmente per una quota del 15-20% dell’effetto serra, oltre che della distruzione della fascia stratosferica di ozono,<br />

derivano per un buon 60% dall’attività di allevamento.<br />

Circa il consumo di acqua, per produrre 1 kg di proteine animali occorrono quantitativi superiori di quindici volte<br />

rispetto alla produzione di 1 kg di proteine vegetali (Pimentel e Pimentel, 1979).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!