Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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29.05.2013 Views

173 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO nel caso delle formazioni erbacee alpine appare più significativo in relazione alla loro dislocazione nella fascia bioclimatica delle foreste, in particolare di resinose. La tutela del patrimonio faunistico avviene sia in virtù dell’offerta di foraggio, di cui, nonostante la competizione del bestiame domestico, beneficiano gli erbivori selvatici, sia del mantenimento di radure e boschi aperti, che costituiscono l’habitat di vari esponenti dell’avifauna tetraonide. Talune specie a rischio di estinzione, come la pernice bianca e il gallo cedrone, sembrano dipendere strettamente dalla presenza dei sistemi agro-pastorali. 9.3. La funzione ecologica La funzione ecologica dei prati e dei pascoli si esprime nel potenziamento della biodiversità ecosistemica e specifica. Lo spazio è arricchito di habitat seminaturali che, come già evidenziato nella prima parte, rimanendo in stato di oligo-mesotrofia manifestano una ricchezza specifica comparabile o superiore a quella degli ecosistemi originari 28 . Agenti determinanti sono soprattutto la fertilità del suolo e il regime dei prelievi, che modulano indirettamente anche le componenti animali e microbiche del sistema. Per avere effetti positivi sulla biodiversità le due variabili devono però combinarsi secondo criteri di proporzionalità, altrimenti generano, inesorabilmente, perdita di specie e squilibri, si tratti di sfruttamenti intensivi in cotici a scarsa fertilità o di utilizzazioni blande in ambiti fertili (si veda anche il paragrafo 12.3). Rispetto alla ricchezza specifica e, come tendenza, anche alla struttura della biodiversità, la situazione è rappresentabile con i modelli di Grime (Fig. 9.1). Per quanto attiene alla fertilità, nei substrati molto poveri appare determinante la competizione per i nutrienti, in particolare per l’azoto. Solo poche specie frugali, caratterizzate da un basso rapporto biomassa epigea/biomassa ipogea, possono vivere in queste condizioni. I cotici assumono di conseguenza un aspetto rado, aperto e poco lussureggiante. Al crescere della fertilità si insediano nuovi elementi, dapprima a carattere mesotrofo, successivamente sempre più esigenti e a forte sviluppo epigeo, che innalzano considerevolmente la ricchezza floristica e la biomassa. I cotici si fanno fitti e chiusi, i nutrienti cessano di essere i fattori di controllo e la competizione tra le specie diviene essenzialmente spaziale, orientata soprattutto alla ricerca della luce. Crescendo ancora la fertilità, gli elementi più vigorosi prendono decisamente il sopravvento, fino a soffocare gli altri e ridurre così la biodiversità ai livelli minimi. L’andamento unimodale della curva indica che sono possibili uguali ricchezze floristiche per differenti valori di fertilità. Le specie sono tuttavia diverse: più oligotrofiche, rare e vulnerabili nella parte sinistra della curva, più eutrofiche e ubiquitarie nella parte destra. La qualità della biodiversità è dunque superiore nei substrati poveri. Tra gli agenti della fertilità, il più importante è l’azoto che, in dose elevata, tende a favorire poche specie graminacee e dicotiledoni. Il potassio è scarsamente influente, mentre il fosforo, interferendo con le disponibilità azotate, può avere un’azione indiretta: se rimane su concentrazioni modeste, rallenta la mineralizzazione dell’humus e non stimola le leguminose e la loro attività azoto-fissatrice, limitando così la disponibilità di azoto (e la produttività) e preservando la ricchezza floristica; viceversa, in elevata quantità stimola l’eutrofizzazione. In tale 28 In Europa, le praterie dei substrati calcarei possono arrivare a contare più di 80 specie vegetali al m 2 .

Fig. 9.1 Fausto Gusmeroli Andamento della ricchezza specifica del manto erboso in funzione della fertilità del suolo (produttività) e dei livelli di prelievo (intensità del disturbo) (modificato da Grime) Fig. 9.1 Andamento della ricchezza specifica del manto erboso in funzione della fertilità del suolo (produttività) e dei livelli di prelievo (intensità del disturbo) (modificato da Grime) Fertilità del suolo circostanza risulta anche molto rallentato il ritorno a situazioni floristiche estensive, dato che, a differenza degli altri nutrienti, più mobili e asportati in quantità elevata con la biomassa aerea, il fosforo è poco solubile nel suolo e poco disponibile per le piante 29 . Anche nei riguardi delle asportazioni di fitomassa (perturbazioni), la diversità segue una funzione unimodale. Le praterie abbandonate o poco utilizzate tendono a banalizzarsi, perché si selezionano solo le specie capaci di accumulare biomassa al piede e di ricacciare attraverso il tappeto di residui organici. La stessa banalizzazione si osserva nelle situazioni intensamente perturbate, dove si mantengono unicamente le specie a rapido ricaccio (nel prato) o molto resistenti all’azione di calpestio, defogliazione e fertilizzazione organica (nel pascolo). La biodiversità è condizionata per altro anche dall’epoca e dalle modalità di intervento: in linea di massima, un utilizzo precoce risulta negativo, mentre uno tardivo ha effetti positivi. Circa le modalità di utilizzo il quadro è controverso. Il taglio sembra sortire esisti più favorevoli del pascolamento, almeno di quello intensivo, come l’affienamento in campo sembra essere migliore del pre-appassimento e dell’insilamento. Evidentemente, da un lato la pressione selettiva di pascolamento può risultare superiore a quella dello sfalcio, dall’altro la sosta e lavorazione in campo della fitomassa affienata, unitamente ad un taglio più tardivo, agevolano la dispersione dei semi. Un pascolamento estensivo crea invece condizioni di maggiore diversificazione, grazie alle eterogeneità che si vengono a formare nella copertura erbosa (struttura a mosaico). La situazione ottimale sembra essere l’abbinamento taglio-pascolamento, in cui nelle aperture del manto originate dal pascolamento possono germinare nuove specie provenienti dalla banca dei semi del suolo o trasportate dagli animali. Oltre alla fertilità e alle perturbazioni, anche altri fattori ecologici possono condizionare la biodiversità dei cotici, in particolare nelle situazioni estreme. Soprattutto eccessi 29 La concimazione, in special modo quella minerale, apportando azoto e fosforo è in linea di massima controproducente per la biodiversità. La fertilizzazione organica, quando non eccessiva, può invece rivelarsi positiva, perché oltre a diffondere semi, provoca facilmente dei vuoti nella copertura vegetale, dove possono germinare nuove specie (sotto il profilo produttivo le valutazioni potrebbero, naturalmente, essere diverse). 174 Livelli di prelievo

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PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO<br />

nel caso delle formazioni erbacee alpine appare più significativo in relazione alla loro<br />

dislocazione nella fascia bioclimatica delle foreste, in particolare di resinose. La tutela<br />

del patrimonio faunistico avviene sia in virtù dell’offerta di foraggio, di cui, nonostante<br />

la competizione del bestiame domestico, beneficiano gli erbivori selvatici, sia del mantenimento<br />

di radure e boschi aperti, che costituiscono l’habitat di vari esponenti dell’avifauna<br />

tetraonide. Talune specie a rischio di estinzione, come la pernice bianca e il gallo<br />

cedrone, sembrano dipendere strettamente dalla presenza dei sistemi agro-pastorali.<br />

9.3. La funzione ecologica<br />

La funzione ecologica dei prati e dei <strong>pascoli</strong> si esprime nel potenziamento della biodiversità<br />

ecosistemica e specifica. Lo spazio è arricchito di habitat seminaturali che, come<br />

già evidenziato nella prima parte, rimanendo in stato di oligo-mesotrofia manifestano<br />

una ricchezza specifica comparabile o superiore a quella degli ecosistemi originari 28 .<br />

Agenti determinanti sono soprattutto la fertilità del suolo e il regime dei prelievi, che modulano<br />

indirettamente anche le componenti animali e microbiche del sistema. Per avere<br />

effetti positivi sulla biodiversità le due variabili devono però combinarsi secondo criteri<br />

di proporzionalità, altrimenti generano, inesorabilmente, perdita di specie e squilibri, si<br />

tratti di sfruttamenti intensivi in cotici a scarsa fertilità o di utilizzazioni blande in ambiti<br />

fertili (si veda anche il paragrafo 12.3). Rispetto alla ricchezza specifica e, come tendenza,<br />

anche alla struttura della biodiversità, la situazione è rappresentabile con i modelli<br />

di Grime (Fig. 9.1). Per quanto attiene alla fertilità, nei substrati molto poveri appare<br />

determinante la competizione per i nutrienti, in particolare per l’azoto. Solo poche specie<br />

frugali, caratterizzate da un basso rapporto biomassa epigea/biomassa ipogea, possono<br />

vivere in queste condizioni. I cotici assumono di conseguenza un aspetto rado, aperto e<br />

poco lussureggiante. Al crescere della fertilità si insediano nuovi elementi, dapprima a<br />

carattere mesotrofo, successivamente sempre più esigenti e a forte sviluppo epigeo, che<br />

innalzano considerevolmente la ricchezza floristica e la biomassa. I cotici si fanno fitti<br />

e chiusi, i nutrienti cessano di essere i fattori di controllo e la competizione tra le specie<br />

diviene essenzialmente spaziale, orientata soprattutto alla ricerca della luce. Crescendo<br />

ancora la fertilità, gli elementi più vigorosi prendono decisamente il sopravvento, fino a<br />

soffocare gli altri e ridurre così la biodiversità ai livelli minimi. L’andamento unimodale<br />

della curva indica che sono possibili uguali ricchezze floristiche per differenti valori<br />

di fertilità. Le specie sono tuttavia diverse: più oligotrofiche, rare e vulnerabili nella<br />

parte sinistra della curva, più eutrofiche e ubiquitarie nella parte destra. La qualità della<br />

biodiversità è dunque superiore nei substrati poveri. Tra gli agenti della fertilità, il più<br />

importante è l’azoto che, in dose elevata, tende a favorire poche specie graminacee e<br />

dicotiledoni. Il potassio è scarsamente influente, mentre il fosforo, interferendo con le<br />

disponibilità azotate, può avere un’azione indiretta: se rimane su concentrazioni modeste,<br />

rallenta la mineralizzazione dell’humus e non stimola le leguminose e la loro attività<br />

azoto-fissatrice, limitando così la disponibilità di azoto (e la produttività) e preservando<br />

la ricchezza floristica; viceversa, in elevata quantità stimola l’eutrofizzazione. In tale<br />

28 In Europa, le praterie dei substrati calcarei possono arrivare a contare più di 80 specie vegetali al m 2 .

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