Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

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29.05.2013 Views

Popolamenti pascolivi in fase di rinaturalizzazione. 169 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO 38 39

Fausto Gusmeroli altitudine, pianeggianti o poco pendenti, dove facilmente si diffondono specie esotiche (un esempio emblematico è la robinia). L’aggressività di queste specie, unita alle buone condizioni ambientali, conducono a boschi monospecifici o con pochi elementi nemorali, la cui evoluzione verso stati di maggiore naturalità non è per nulla scontata. Nella vegetazione di tipo erbaceo che segue l’abbandono, specialmente dei pascoli, si possono riconoscere alcune associazioni peculiari che, pur essendo di per sé transitorie, possono essere stabilizzate da un blando utilizzo. Si possono ricordare i festuceti a Festuca paniculata, a F. melanopsis e a F. picturata, l’agrostieto ad Agrostis schraderana e il giuncheto a Juncus trifidus. Ad eccezione del festuceto a Festuca paniculata, che è cenosi strettamente boreale, queste compagini si selezionano di preferenza nella fascia alpica e nella parte estrema della fascia boreale superiore, su matrici preferibilmente, ma non esclusivamente, silicicole. 9. FUNzIoNI DEI PratI E DEI PasCoLI 9.1. I servizi ecosistemici Nel capitolo 3, trattando degli agroecosistemi, si era già avuto modo di rimarcare come prati permaneti e pascoli si distinguessero dalle colture agrarie per la multivalenza, ossia per abbinare alla funzione produttiva una serie di valenze di carattere extra-produttivo, assimilabili per molti aspetti a quelle degli ecosistemi naturali. Anche per essi si può dunque parlare di servizi ecosistemici, non molto diversi da quelli forniti dal bosco, sebbene da questo le praterie si discostino per la struttura semplificata, per la maggiore sensibilità ai fattori ambientali e antropici e la necessità di venire utilizzati tempestivamente e con continuità, pena la degradazione della biomassa e, nel tempo, l’involuzione. Rispetto al bosco hanno una minore capacità di fornire fibre, di intrappolare l’anidride carbonica, di trattenere l’acqua, di regolare il clima e di proteggere i versanti dall’erosione, ma hanno il vantaggio di una maggiore ricchezza floristica, plasticità ed effetto migliorativo sulla fertilità del suolo, oltre naturalmente a quello di produrre foraggio per il bestiame. Il funzionamento del cotico erboso si fonda, naturalmente, sull’utilizzazione dell’energia solare, dell’acqua e degli elementi nutritivi portati da pioggia, neve, microrganismi e piante, ai quali si aggiungono gli apporti umani attraverso le concimazioni e l’irrigazione. La sostanza organica prodotta può essere riciclata attraverso i residui vegetali o restituita indirettamente attraverso le deiezioni degli animali, in questo caso non necessariamente in modo equilibrato (dipende dal carico animale). Una parte dei nutrienti viene sottratta sottoforma di prodotti zootecnici o venatori. Un’altra parte, fortemente influenzata dalle modalità di gestione, è infine dispersa in atmosfera per volatilizzazione e nell’idrosfera per ruscellamento e percolazione. Per assolvere alla multivalenza, il cotico erboso presenta un assortimento di specie con diversa funzionalità. Specie a taglia elevata sono deputate essenzialmente alla produzione foraggera. Elementi con apparati aereo e radicale fitti, portamento prostrato o habitus a rosetta hanno invece un ruolo più antierosivo, essendo più adatti a smorzare l’impatto delle piogge battenti, trattenere per adesione l’acqua in eccesso, ridurre il ruscellamento, pacciamare e imbrigliare il suolo migliorandone la struttura e la portanza. 170

Fausto Gusmeroli<br />

altitudine, pianeggianti o poco pendenti, dove facilmente si diffondono specie esotiche<br />

(un esempio emblematico è la robinia). L’aggressività di queste specie, unita alle buone<br />

condizioni ambientali, conducono a boschi monospecifici o con pochi elementi nemorali,<br />

la cui evoluzione verso stati di maggiore naturalità non è per nulla scontata.<br />

Nella vegetazione di tipo erbaceo che segue l’abbandono, specialmente dei <strong>pascoli</strong>, si<br />

possono riconoscere alcune associazioni peculiari che, pur essendo di per sé transitorie,<br />

possono essere stabilizzate da un blando utilizzo. Si possono ricordare i festuceti a Festuca<br />

paniculata, a F. melanopsis e a F. picturata, l’agrostieto ad Agrostis schraderana<br />

e il giuncheto a Juncus trifidus. Ad eccezione del festuceto a Festuca paniculata, che è<br />

cenosi strettamente boreale, queste compagini si selezionano di preferenza nella fascia<br />

alpica e nella parte estrema della fascia boreale superiore, su matrici preferibilmente, ma<br />

non esclusivamente, silicicole.<br />

9. FUNzIoNI DEI PratI E DEI PasCoLI<br />

9.1. I servizi ecosistemici<br />

Nel capitolo 3, trattando degli agroecosistemi, si era già avuto modo di rimarcare<br />

come prati permaneti e <strong>pascoli</strong> si distinguessero dalle colture agrarie per la multivalenza,<br />

ossia per abbinare alla funzione produttiva una serie di valenze di carattere extra-produttivo,<br />

assimilabili per molti aspetti a quelle degli ecosistemi naturali. Anche per essi si<br />

può dunque parlare di servizi ecosistemici, non molto diversi da quelli forniti dal bosco,<br />

sebbene da questo le praterie si discostino per la struttura semplificata, per la maggiore<br />

sensibilità ai fattori ambientali e antropici e la necessità di venire utilizzati tempestivamente<br />

e con continuità, pena la degradazione della biomassa e, nel tempo, l’involuzione.<br />

Rispetto al bosco hanno una minore capacità di fornire fibre, di intrappolare l’anidride<br />

carbonica, di trattenere l’acqua, di regolare il clima e di proteggere i versanti dall’erosione,<br />

ma hanno il vantaggio di una maggiore ricchezza floristica, plasticità ed effetto<br />

migliorativo sulla fertilità del suolo, oltre naturalmente a quello di produrre foraggio per<br />

il bestiame.<br />

Il funzionamento del cotico erboso si fonda, naturalmente, sull’utilizzazione dell’energia<br />

solare, dell’acqua e degli elementi nutritivi portati da pioggia, neve, microrganismi<br />

e piante, ai quali si aggiungono gli apporti umani attraverso le concimazioni e l’irrigazione.<br />

La sostanza organica prodotta può essere riciclata attraverso i residui vegetali<br />

o restituita indirettamente attraverso le deiezioni degli animali, in questo caso non necessariamente<br />

in modo equilibrato (dipende dal carico animale). Una parte dei nutrienti<br />

viene sottratta sottoforma di prodotti zootecnici o venatori. Un’altra parte, fortemente<br />

influenzata dalle modalità di gestione, è infine dispersa in atmosfera per volatilizzazione<br />

e nell’idrosfera per ruscellamento e percolazione.<br />

Per assolvere alla multivalenza, il cotico erboso presenta un assortimento di specie<br />

con diversa funzionalità. Specie a taglia elevata sono deputate essenzialmente alla produzione<br />

foraggera. Elementi con apparati aereo e radicale fitti, portamento prostrato o<br />

habitus a rosetta hanno invece un ruolo più antierosivo, essendo più adatti a smorzare<br />

l’impatto delle piogge battenti, trattenere per adesione l’acqua in eccesso, ridurre il ruscellamento,<br />

pacciamare e imbrigliare il suolo migliorandone la struttura e la portanza.<br />

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