Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp
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167 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO terrotta da poche altre specie nitrofile, in particolare il senecio alpino (Senecio cordatus), lo spinacio selvatico (Chenpodium bonus-henricus), il cirsio (Cirsium spinosissimum) e l’aconito (Aconitus napellus ssp. vulgare). Sporadicamente, queste componenti possono prendere il sopravvento, formando associazioni caratteristiche, ma di estensione sempre molto modesta. La più diffusa è il Poo supinae-Chenopodietum boni-henrici, che ricorre nelle immediate adiacenze dei muri delle malghe, nei siti calpestati. Con lo spinacio selvatico si ritrovano di norma Alchemilla gr. vulgaris, Capsella bursa-pastoris, Urtica dioica e Poa supina. Nei siti molto calpestati, le componenti legate a questo tipo di disturbo hanno il sopravvento su quelle più espressamente nitrofile. Le relative comunità sono pertanto inquadrate dalla maggior parte dei fitosociologi nella classe di Plantaginetea, nell’alleanza Alchemillo-Poion supinae (Ellmauer, Mucina et al) o Polygonion aviculare (Ellembereg e Oberdorfer). Molti le aggregano in un’unica associazione, l’Alchemillo- Poetum supinae, posta comunemente nell’alleanza del Polygonion avicularis. Alle quote inferiori, i popolamenti dei riposi sono collegabili all’alleanza di Arction, soprattutto alle associazioni Arctio-Artemisietum vulgaris e Balloto foetidae-Arctietum minoris. D’aspetto ancor più lussureggiante, sono caratterizzate soprattutto da elementi annuali o biennali, tra i quali non pochi di interesse alimentare e farmacopeico (Arctium spp, Melissa officinalis, Phytolacca americana, Tanacetum partenium e altre). Il loro areale tende però ad essere molto frammentato, confondendosi spesso con quello delle comunità ruderali. 8.5. abbandono e rinaturalizzazione Con lo spopolamento della montagna e il declino della pratica alpicolturale di questi ultimi decenni, molte superfici prative e pascolive sono state dismesse, andando incontro a processi di rinaturalizzazione per certi aspetti inediti. Da una visuale formazionistica si possono individuare tre schemi dinamici fondamentali, in funzione della vegetazione potenziale naturale (Fig. 8.3). Dove questa è di tipo erbaceo, come nella fascia alpica, l’evoluzione consiste nel semplice arretramento del contingente floristico zoogeno a vantaggio di quello erbaceo naturale. Dove, invece, la vegetazione potenziale è più strutturata, come nelle fasce sottostanti, le successioni sono più articolate, transitando dapprima attraverso aggruppamenti erbacei spontaneizzati, cui seguono le formazioni arbustive ed eventualmente le arboree. Nella fase erbacea, i mutamenti floristici sono maggiormente evidenti nei substrati umidi e fertili e alle quote inferiori, dove il fattore antropico prevaleva sui fattori pedologici nel fissare le caratteristiche dei cotici. Favorite dalla competizione per la luce, si espandono specie erbacee a portamento elevato e foglie inclinate, a scapito di quelle di taglia più ridotta e foglie orizzontali. Nelle matrici più secche e magre, invece, le comunità sono condizionate principalmente dai fattori edafici e dunque la sospensione del disturbo e la competizione per la luce avranno meno ripercussioni sulle fitocenosi, le quali continueranno ad essere costituite da individui di bassa o media taglia. L’eventuale successiva invasione delle piante arbustive ed arboree, unita al continuo accumulo di una lettiera scarsamente decomponibile, imporrà in tutte le situazioni nuovi equilibri nello strato erbaceo, con arretramento delle specie eliofile ed avanzamento di quelle sciafile ed oligotrofiche. La dinamica è accompagnata da una semplificazione comples-
Fig. 8.3 Schemi dinamici secondari dei prati e dei pascoli Fausto Gusmeroli Fig. 8.3 Schemi dinamici secondari dei prati e dei pascoli Dominio delle praterie Stadi erbacei Praterie naturali Dominio degli arbusteti Stadi erbacei Stadi erbacei inarbustiti Arbusteti siva, molto pronunciata nelle situazioni estreme. Gli strati superiori tenderanno, a loro volta, ad essere dominati da poche entità specializzate, secondo quegli equilibri fissati dalle condizioni edafiche e climatiche di cui al capitolo precedente. Nella fascia boreale sono soprattutto specie sempreverdi aghifoglie, con rapporto radici/gemme alto e stabile, ridotta attitudine fotosintetica, indice di crescita basso e continuo della biomassa, caratteri che testimoniano l’adattabilità alla scarsità di nutrienti e l’elevata capacità di sfruttamento degli stessi. Nelle fasce inferiori saranno invece le latifoglie decidue, con caratteri opposti ai precedenti, a testimoniare condizioni pedoclimatiche più favorevoli. Al fattore luce, determinante nei primi stadi dell’abbandono, si sovrappone, dunque, la disponibilità di nutrienti, che diviene vieppiù importante in parallelo al rallentamento della velocità di degradazione di una lettiera sempre più fibrosa, lignificata e acidificata negli strati superficiali. Come già affermato nella prima parte, le dinamiche secondarie possono condurre al ripristino delle comunità naturali originarie o alla proposizione di compagini inedite. Il primo esito è probabile nelle stazioni in cui le condizioni climatiche molto severe prevalgono in termini ecologici sulle condizioni edafiche, vale a dire nei siti acclivi e in quota, contraddistinti da forti vincoli e scarse risorse materiali. Ovviamente, nelle cenosi più degradate, come quelle in cui una marcata acidificazione e costipazione del terreno determina una larga dominanza di Nardus stricta, il ritorno allo stato originario potrebbe essere molto lento. Altrettanto blanda, ma ancora orientata al completo recupero della naturalità primigenia, è l’evoluzione delle compagini nitrofile delle fasce alpica e boreale, nonostante qui le risorse materiali (azoto) siano abbondanti. La costituzione di nuove comunità è invece una possibilità tutt’altro che remota nelle stazioni dei substrati fertili a clima più favorevole, dunque con deboli costrizioni. Si tratta delle aree di modesta 168 Dominio delle foreste Stadi erbacei Stadi erbacei inarbustiti Arbusteti Foreste
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Fig. 8.3<br />
Schemi dinamici secondari dei prati e dei <strong>pascoli</strong><br />
Fausto Gusmeroli<br />
Fig. 8.3<br />
Schemi dinamici secondari dei prati e dei <strong>pascoli</strong><br />
Dominio delle praterie<br />
Stadi erbacei<br />
Praterie naturali<br />
Dominio degli arbusteti<br />
Stadi erbacei<br />
Stadi erbacei inarbustiti<br />
Arbusteti<br />
siva, molto pronunciata nelle situazioni estreme. Gli strati superiori tenderanno, a loro<br />
volta, ad essere dominati da poche entità specializzate, secondo quegli equilibri fissati<br />
dalle condizioni edafiche e climatiche di cui al capitolo precedente. Nella fascia boreale<br />
sono soprattutto specie sempreverdi aghifoglie, con rapporto radici/gemme alto e stabile,<br />
ridotta attitudine fotosintetica, indice di crescita basso e continuo della biomassa,<br />
caratteri che testimoniano l’adattabilità alla scarsità di nutrienti e l’elevata capacità di<br />
sfruttamento degli stessi. Nelle fasce inferiori saranno invece le latifoglie decidue, con<br />
caratteri opposti ai precedenti, a testimoniare condizioni pedoclimatiche più favorevoli.<br />
Al fattore luce, determinante nei primi stadi dell’abbandono, si sovrappone, dunque, la<br />
disponibilità di nutrienti, che diviene vieppiù importante in parallelo al rallentamento<br />
della velocità di degradazione di una lettiera sempre più fibrosa, lignificata e acidificata<br />
negli strati superficiali.<br />
Come già affermato nella prima parte, le dinamiche secondarie possono condurre al<br />
ripristino delle comunità naturali originarie o alla proposizione di compagini inedite.<br />
Il primo esito è probabile nelle stazioni in cui le condizioni climatiche molto severe<br />
prevalgono in termini ecologici sulle condizioni edafiche, vale a dire nei siti acclivi e in<br />
quota, contraddistinti da forti vincoli e scarse risorse materiali. Ovviamente, nelle cenosi<br />
più degradate, come quelle in cui una marcata acidificazione e costipazione del terreno<br />
determina una larga dominanza di Nardus stricta, il ritorno allo stato originario potrebbe<br />
essere molto lento. Altrettanto blanda, ma ancora orientata al completo recupero della<br />
naturalità primigenia, è l’evoluzione delle compagini nitrofile delle fasce alpica e boreale,<br />
nonostante qui le risorse materiali (azoto) siano abbondanti. La costituzione di nuove<br />
comunità è invece una possibilità tutt’altro che remota nelle stazioni dei substrati fertili<br />
a clima più favorevole, dunque con deboli costrizioni. Si tratta delle aree di modesta<br />
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Dominio delle foreste<br />
Stadi erbacei<br />
Stadi erbacei inarbustiti<br />
Arbusteti<br />
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