Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp

29.05.2013 Views

151 PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO La classe Elyno-Seslerietea riunisce, come detto, le praterie carbonatiche, la cui permanenza è strettamente vincolata allo stato di alcalinità e, secondariamente, di aridità del suolo. Per effetto dell’attività radicale delle piante, della lisciviazione delle basi e degli apporti di ioni idrogeno da parte delle acque meteoriche, i substrati tendono spontaneamente ad acidificarsi, componendo così successioni dinamiche che gradualmente si allontanano dall’aspetto basifilo. L’evoluzione è però spesso impedita da regolari apporti di materiali solidi che, rinnovando continuamente lo strato superficiale del terreno, stabilizzano i popolamenti. Inoltre è molto lenta, tanto che la tesi primordiale che anche per queste praterie il climax fosse il Caricetum curvualae è stata da qualche tempo abbandonata, in favore di una posizione più realistica che assume il seslerieto come vegetazione matura. Le cenosi sono riconducibili a quattro alleanze: Caricion firmae, Seslerion variae, Caricion ferrugineae e Oxytropo-Elynion. Caricion firmae è la più pioniera, talvolta considerata come una semplice associazione del Seslerion, con il nome di Caricetum firmae (firmeto). Specifica dei suoli ancora molto grezzi e poveri di nutrienti e di sostanza organica, segue direttamente gli stadi a zolla aperte prodotti dall’azione colonizzatrice dei ghiaioni calcarei da parte principalmente di Dryas octopetala e in seconda battuta di salici, sassifraghe e silene. Carex firma ne è l’elemento peculiare, con i suoi cuscinetti molto compatti, poggiati direttamente sulla roccia a comporre talvolta caratteristiche strutture a scala. Componenti fedeli, ma già meno frugali delle specie pioniere succitate, sono: Anthyllis vulneraria ssp. alpestris, Astragalus australis, Festuca quadriflora, Genziana clusii, Helianthemum oelandicum, Minuartia verna e altre. Nelle stazioni più esposte e ventose si può impostare una variante a Carex rupestris, dallo sviluppo per altro sempre modesto e frammentato. Seslerion variae 14 rappresenta la prateria per antonomasia delle matrici carbonatiche alpiche. I rigogliosi popolamenti ricoprono siti pianeggianti, soleggiati, ben protetti dalla coltre nevosa e sufficientemente forniti di acqua, tutte situazioni propizie alla maturazione e all’approfondimento del terreno. Il corteggio floristico ne trae grande giovamento, tanto da risultare tra i più ricchi nell’ambito delle praterie alpine e diversificare numerose forme, facies e varianti, variamente affrancate dalle strette condizioni di alcalinità del suolo. Le due specie principali ne esprimono bene le prerogative ecologiche: Sesleria varia è entità calcofila, mentre Carex sempervirens è indifferente al substrato, ricorrendo comunemente anche nelle comunità silicicole. Sempre nutrito è il contingente di leguminose, prezioso per innalzare il valore foraggero della biomassa. Frequentemente soggetti a fenomeni di soliflusso, evidenziati dalla conformazione a gradini del cotico lungo le curve di livello, i seslerieti possono scendere fin nella parte inferiore della fascia boreale, tra le pinete meno chiuse o a contatto con le praterie xerotermofile di Brometalia, maifesatndo in tal caso un aspetto di transizione accreditato da alcuni come alleanza a sé (Seslerio-Bromion). All’innalzarsi della disponibilità idrica, quindi soprattutto con climi piovosi e in siti depressi, conche, canaloni e versanti esposti a settentrione, il seslerieto è vicariato da Caricion ferrugineae. Questa prateria ha condizioni edafiche più mature, che ne giustificano la maggior dotazione in elementi acidofili e una mesofilia più pronunciata. Può penetrare profondamente nel dominio della vegetazione forestale, ma in tale evenienza 14 L’alleanza è nota anche come Seslerion albicans, albicantis o coerulea, dai sinonimi con cui è conosciuta Sesleria varia, la specie identificativa del taxon.

Fausto Gusmeroli ha bisogno di norma di pratiche agronomiche per mantenersi. Specie dominanti sono Carex ferruginea, Festuca violacea e Calamagrostis varia, dalle cui combinazioni dipende l’affermazione di differenti facies. Nelle stazioni più esposte e ventose, dove si riduce la protezione della coltre nevosa, il seslerieto è invece sostituito dall’Oxytropo-Elynion (elineto), espressione ancora di un terreno evoluto, ma in condizioni microclimatiche più severe, spiccatamente continentali. Componente peculiare è Elyna myosuroides, ciperacea resistentissima al gelo e indifferente all’acidità della matrice (è la specie erbacee alpina in assoluto più adattabile da questo punto di vista). Partecipano alla cenosi licheni e piante erbacee basse, alcune di particolare interesse naturalistico: la stella alpina (Leontopodium alpinum), il garofano dei ghiacciai (Dianthus glacialis) e la gramignola alpina (Chamorchis alpina). L’elineto ha distribuzione frammentaria ed ecologia comprabile al microarbusteto ad azalea nana dei suoli silicatici, fatto salvo una maggiore predilezione per substrati più maturi e altimetrie superiori. Nella successione basifila, può derivare direttamente dallo stadio pioniero a Dryas octopetala o dal firmeto, mentre la sua evoluzione verso il seslerieto può essere impedita dalle condizioni climatiche estreme determinate dal vento, in particolare sulle cenge e creste. L’ampia adattabilità edafica lo mette per altro in contatto anche con le formazioni silicatiche, soprattutto curvuleti e loiseleurieti, con reciproche contaminazioni. Tra le praterie naturali minori meritano un cenno le formazioni aride e termofili della classe di Festuco-Brometea. Esse ricoprono stazioni carbonatiche di bassa quota, calde e soleggiate, normalmente di modesta superficie, ma spesso ampliate dall’uomo attraverso il pascolamento e gli incendi. In relazione alle condizioni climatiche si distinguono due ordini, Festucetalia valesiacae e Brometalia erecti, l’uno proprio dei distretti a clima continentale, l’altro di quelli a clima più oceanico e mediterraneo. 8. IL PaEsaggIo aNtroPICo 8.1. tipi di agroecosistemi Quando l’uomo si insediò nelle Alpi, solo le praterie naturali al di sopra della vegetazione legnosa si prestavano ad un uso produttivo immediato come pascolo. I fondovalle erano paludosi e i versanti delle montagne ricoperti fino alle alte quote da fitti boschi, spesso impenetrabili. Per creare condizioni vivibili, l’uomo dovette modificare profondamente gli ecosistemi, sostituendo la copertura vegetale naturale con specie e vegetazioni adatte alle proprie esigenze attraverso vaste opere di disboscamento, dissodamento e bonifica. I vincoli topografici e la variabilità ecologica legata all’altimetria e all’esposizione imponevano un’organizzazione degli spazi molto oculata e finemente articolata e una forte diversificazione negli indirizzi colturali e nelle soluzioni tecniche. In ogni caso, molta energia e molte risorse dovevano essere riservate agli interventi di stabilizzazione dei versanti (terrazzamenti, rinsaldamenti dei cotici, regimazione delle acque di scorrimento e così via), resi precari dalla distruzione della copertura legnosa. Anche la vegetazione antropica, nelle Alpi, riflette dunque il carattere di spiccata variabilità propria della vegetazione naturale. Anche in essa si può pertanto riconoscere una stratificazione altimetrica, seppur attenuata dall’effetto uniformante delle pratiche gestionali. 152

Fausto Gusmeroli<br />

ha bisogno di norma di pratiche agronomiche per mantenersi. Specie dominanti sono Carex<br />

ferruginea, Festuca violacea e Calamagrostis varia, dalle cui combinazioni dipende<br />

l’affermazione di differenti facies. Nelle stazioni più esposte e ventose, dove si riduce<br />

la protezione della coltre nevosa, il seslerieto è invece sostituito dall’Oxytropo-Elynion<br />

(elineto), espressione ancora di un terreno evoluto, ma in condizioni microclimatiche<br />

più severe, spiccatamente continentali. Componente peculiare è Elyna myosuroides, ciperacea<br />

resistentissima al gelo e indifferente all’acidità della matrice (è la specie erbacee<br />

alpina in assoluto più adattabile da questo punto di vista). Partecipano alla cenosi licheni<br />

e piante erbacee basse, alcune di particolare interesse naturalistico: la stella alpina (Leontopodium<br />

alpinum), il garofano dei ghiacciai (Dianthus glacialis) e la gramignola alpina<br />

(Chamorchis alpina). L’elineto ha distribuzione frammentaria ed ecologia comprabile al<br />

microarbusteto ad azalea nana dei suoli silicatici, fatto salvo una maggiore predilezione<br />

per substrati più maturi e altimetrie superiori. Nella successione basifila, può derivare<br />

direttamente dallo stadio pioniero a Dryas octopetala o dal firmeto, mentre la sua<br />

evoluzione verso il seslerieto può essere impedita dalle condizioni climatiche estreme<br />

determinate dal vento, in particolare sulle cenge e creste. L’ampia adattabilità edafica<br />

lo mette per altro in contatto anche con le formazioni silicatiche, soprattutto curvuleti e<br />

loiseleurieti, con reciproche contaminazioni.<br />

Tra le praterie naturali minori meritano un cenno le formazioni aride e termofili della<br />

classe di Festuco-Brometea. Esse ricoprono stazioni carbonatiche di bassa quota, calde e<br />

soleggiate, normalmente di modesta superficie, ma spesso ampliate dall’uomo attraverso<br />

il pascolamento e gli incendi. In relazione alle condizioni climatiche si distinguono due<br />

ordini, Festucetalia valesiacae e Brometalia erecti, l’uno proprio dei distretti a clima<br />

continentale, l’altro di quelli a clima più oceanico e mediterraneo.<br />

8. IL PaEsaggIo aNtroPICo<br />

8.1. tipi di agroecosistemi<br />

Quando l’uomo si insediò nelle Alpi, solo le praterie naturali al di sopra della vegetazione<br />

legnosa si prestavano ad un uso produttivo immediato come pascolo. I fondovalle<br />

erano paludosi e i versanti delle montagne ricoperti fino alle alte quote da fitti<br />

boschi, spesso impenetrabili. Per creare condizioni vivibili, l’uomo dovette modificare<br />

profondamente gli ecosistemi, sostituendo la copertura vegetale naturale con specie e<br />

vegetazioni adatte alle proprie esigenze attraverso vaste opere di disboscamento, dissodamento<br />

e bonifica. I vincoli topografici e la variabilità ecologica legata all’altimetria<br />

e all’esposizione imponevano un’organizzazione degli spazi molto oculata e finemente<br />

articolata e una forte diversificazione negli indirizzi colturali e nelle soluzioni tecniche.<br />

In ogni caso, molta energia e molte risorse dovevano essere riservate agli interventi di<br />

stabilizzazione dei versanti (terrazzamenti, rinsaldamenti dei cotici, regimazione delle<br />

acque di scorrimento e così via), resi precari dalla distruzione della copertura legnosa.<br />

Anche la vegetazione antropica, nelle Alpi, riflette dunque il carattere di spiccata<br />

variabilità propria della vegetazione naturale. Anche in essa si può pertanto riconoscere<br />

una stratificazione altimetrica, seppur attenuata dall’effetto uniformante delle pratiche<br />

gestionali.<br />

152

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!