Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp
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Introduzione<br />
13<br />
PRATI, PASCOLI E PAESAGGIO ALPINO<br />
<strong>Prati</strong> e <strong>pascoli</strong>, con i loro 50 milioni di km 2 , rappresentano i due quinti delle terre<br />
emerse, una superficie quattro volte più ampia delle terre coltivate, che sostiene la<br />
maggior parte dei tre miliardi e trecento milioni di ruminanti domestici e che costituisce,<br />
dopo le foreste, il principale magazzino di stoccaggio del carbonio (35% del totale<br />
inglobato negli ecosistemi terrestri, contro quasi il 40% delle foreste e il 17% delle<br />
colture agrarie). Queste praterie insistono soprattutto nelle aree in pendio e marginali,<br />
spesso semiaride, precluse alle colture. La loro utilizzazione attraverso le pratiche agropastorali<br />
è strettamente legata all’ecologia e alla cultura storica del luoghi. Nelle Alpi<br />
costituiscono la componente territoriale fondamentale del sistema alpicolturale, ossia<br />
del modello di gestione dello spazio improntato all’allevamento del bestiame secondo il<br />
criterio del nomadismo verticale e più marginalmente del nomadismo orizzontale.<br />
Le origini dell’agricoltura risalgono al neolitico, quando, con la domesticazione delle<br />
prime specie animali e vegetali, l’uomo da cacciatore e raccoglitore divenne allevatore<br />
e agricoltore. Fu un processo straordinario, che cambiò radicalmente la struttura sociale<br />
e il rapporto dell’uomo con la natura. Le piccole bande nomadi lasciarono il posto alle<br />
comunità rurali e si consolidò quel processo di manipolazione consapevole dell’ambiente<br />
che è uno dei tratti distintivi della specie umana, la sua strategia di adattamento.<br />
Gli storici collocano l’evento 10.500 anni fa, nella cosiddetta Mezzaluna fertile (Medio<br />
Oriente), ma ad esso altri simili ne seguirono in molte altre località del pianeta. 2.500<br />
anni dopo le società agricole occupavano le pianure Europee e nonostante a quell’epoca<br />
le Alpi dovessero apparire minacciose e inospitali, coperte com’erano da fitti boschi e<br />
battute dalla violenza della natura, iniziò anche la penetrazione di pastori nomadi, alla<br />
ricerca di <strong>pascoli</strong> estivi per le greggi, di cui le terre alte erano ricchissime. Pochi secoli<br />
dopo furono stabiliti i primi insediamenti permanenti di bassa quota e, con essi, le forme<br />
primordiali d’allevamento stabulato e di coltivazione dei campi. Le condizioni ambientali<br />
più difficili imposero, naturalmente, l’adozione di soluzioni tecniche e organizzative<br />
particolari. L’alpicoltura si prospettò quindi da subito come la migliore forma di adattamento<br />
della nuova ruralità al territorio montano.<br />
La colonizzazione delle Alpi procedette dunque con un duplice dinamismo: dall’alto,<br />
attraverso lo sfruttamento transumante delle ampie e fertili praterie naturali, e dal basso,<br />
con la costituzione di nuclei insediativi endogeni. L’agricoltura vera e propria, dovendo<br />
confrontarsi con un ambiente avverso, non conobbe tuttavia mai, se non in comprensori<br />
e momenti circoscritti, un vero e proprio sviluppo, rimanendo attività di sussistenza<br />
in regime autarchico. L’alpicoltura, invece, si diffuse e si consolidò con il passare dei<br />
secoli. Dapprima convisse con la transumanza esoalpina, poi la sostituì in larga parte,<br />
assumendo una crescente dimensione mercantile. Già in epoca romana, la sua vitalità è<br />
ben documentata. Strabone (64 a.C.-19 d.C.) segnala che le popolazioni alpine usavano<br />
scambiare resina, pece, miele e cacio per avere cereali e vino. Nella Naturalis historia,<br />
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) annota, da parte sua, come nelle Alpi, oltre alla coltivazione<br />
di un tipo di grano adatto alle alte quote e diversi aratri, vi fossero vacche piccole,<br />
ma che davano molto latte. Nei secoli seguenti si alterneranno momenti di maggiore e<br />
minore fortuna legati alle vicende più generali del continente, finché, nel basso medioevo,<br />
con l’invenzione della falce fienaia e la progressiva sostituzione dell’allevamento<br />
ovi-caprino con quello bovino, prenderà definitivamente corpo quel mondo rurale che