Prati, pascoli e paesaggio alpino - SoZooAlp
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Fig. 7.1 Stratificazione altitudinale della vegetazione naturale nelle PRATI, Alpi PASCOLI (le E quote PAESAGGIO altimetriche ALPINO sono del tutto indicative, essendo soggette a variazioni anche notevoli in rapporto ai settori geografici e all'esposizione dei versanti ) Fig. 7.1 Stratificazione altitudinale della vegetazione naturale nelle Alpi (le quote altimetriche sono del tutto indicative, essendo soggette a variazioni anche notevoli in rapporto ai settori geografici e all’esposizione dei versanti) 2800 m 2400 m Fascia Nivale 1500 m Fascia Alpica 1000 m Fascia Boreale superiore 800 m 600 m Fascia Boreale Praterie discontinue e comunità di Licheni e Briofite Fascia Subatlantica Fascia Illirica montana e in una parte superiore dalla pecceta subalpina, che sfuma nelle foreste aperte di larice e cembro e quindi, attorno ai 2200 m, negli arbusteti di ericacee. La fascia alpica è l’areale delle praterie o tundre alpine, che possono spingersi fin verso i 2800 m. Nella fascia nivale, infine, la vegetazione si fa rada e frammentata, riducendosi alla sommità a popolamenti discontinui di briofite e tallofite. L’acclività e l’esposizione si pongono come fattori di ulteriore diversificazione nell’ambito delle varie formazioni bioclimatiche. L’acclività va anzitutto ad interferire con il regime idrico del suolo, favorendo la costituzione di climax edafici accanto ai climax climatici. È poi causa d’instabilità dei versanti: le colate di materiale roccioso eroso, le frane e le slavine alterano più o meno profondamente il manto vegetale e il suolo, bloccando le dinamiche progressive primarie o innescando dinamiche secondarie che, una volta superati stadi transitori, andranno a ricomporre il climax o sfoceranno in inedite vegetazioni di equilibrio (durevoli). Per quanto riguarda l’esposizione, essa è fonte di forti contrasti tra i versanti nei livelli d’irraggiamento, in particolare tra quelli rivolti a settentrione e quelli a meridione (questi ultimi ricevo 8-10 volte più luce). Ne 135 2200 m 1800 m Praterie chiuse e tundre Arbusteti di ericacee Foreste rade di larice e pino cembro Pecceta subalpina Pecceta montana Boschi di Faggio Fascia Medioeuropea Boschi misti di quercia e frassino Boscaglie di Orniello e Carpino nero
Fausto Gusmeroli deriva un’ulteriore accentuazione dell’eterogeneità pedoclimatica, con selezione di nuovi climax di tipo microclimatico. Il profilo altitudinale della vegetazione, così come la diffusione dei vari climax o stadi durevoli, varia naturalmente con l’orografia, il clima e la geologia del territorio. In ambito botanico e fitogeografico è usuale la distinzione per l’Italia tra Alpi occidentali e Alpi orientali ed entro i due massicci tra distretti esalpici, mesalpici ed endalpici. Il confine tra i settori occidentale e orientale segue la linea decorrente dal Passo dello Spluga al Lago di Como e ha un significato prevalentemente corologico, dato che separa gli areali di molte specie 4 . Dal punto di vista litologico si ha una netta prevalenza ad occidente delle rocce silicee e ad oriente di quelle carbonatiche, con di rimando una vegetazione a maggiore impronta acidofila nel primo caso, basifila nel secondo. La discriminante tra distretti è meno rigida e oggettiva ed è fissata essenzialmente dall’orografia e dal clima, precisamente da un gradiente crescente di altimetria e continentalità (o decrescente di oceanicità) procedendo dall’esterno all’interno della catena montuosa. I gradienti si riflettono soprattutto sulla stratificazione altimetrica, che risulta semplificata nelle situazioni estreme. Le zone esalpiche hanno fascia boreale molto ristretta e sporadica e sono prive della fascia nivale, mentre si arricchiscono della fascia mediterranea nella porzione meridionale delle Alpi occidentali (Alpi Liguri). Anche la fascia delle praterie naturali è normalmente ridotta, ma generosa di specie endemiche grazie alla permanenza nell’era del Pleistocene (Quaternario) di aree scoperte dai ghiacciai, dove trovarono rifugio antiche specie o se ne differenziarono di nuove. Per contro, abbondano le formazioni termofili e mesofile di latifoglie, specialmente della fascia collinare; solo nella parte più a est (Friuli e Veneto orientale) ricorrono popolamenti di conifere a Pinus nigra ssp. nigra (pino nero d’Austria). Nei distretti mesalpici ed endalpici la vegetazione assume un aspetto più boreale, con le foreste di latifoglie che lasciano progressivamente il posto a quelle di conifere e una maggiore estensione della fascia alpina, sormontata ora dalla fascia nivale. Nella zona mesalpica sono tipici i boschi misti di latifoglie e aghifoglie, a dominanza soprattutto di faggio (Fagus sylvatica) e abete bianco (Abies alba), meno frequentemente abete rosso (Picea excelsa) e pino silvestre (Pinus sylvestris). Nel settore endalpico le comunità si riducono alle sole resinose, con abete rosso, pino silvestre, larice (Larix decidua) e pino cembro (Pinus cembra), secondo le zone e la quota. Il margine occidentale è meno vocato per l’abete rosso, che si rinviene solo sporadicamente, mentre nelle stazioni più aride delle quote superiori il pino uncinato (Pinus mugo ssp. uncinata) sostituisce il pino silvestre. Il mosaico vegetazionale per le Alpi italiane è configurato nel prospetto di tabella 7.1 e nello schema sintassonomico di tabella 7.2. Il sistema è in realtà assai più complesso di quanto qui rappresentato, dato che oltre alle comunità mature o stabili indicate, comprende le cenosi pioniere o poco stabili delle radure forestali, orletti, rocce, ghiaioni, rupi, zone umide e così via, la cui descrizione supera gli scopi della trattazione. Allo stesso modo sono ignorate le entità di significato locale, che avrebbero spostato troppo il tiro dalla visione sistemica a quella di dettaglio. Il livello sintassonomico è mantenuto al rango di alleanza, ove si ha di norma una buona concordanza tra i fitosociologi e la 4 Questa separazione è dovuta alla cosiddetta “lacuna floristica” del Canton Ticino, risultato delle particolari condizioni orografiche e climatiche di questo territorio, ossia rilievi e crinali spartiacque di bassa quota e spiccata oceanicità del clima. 136
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Fig. 7.1<br />
Stratificazione altitudinale della vegetazione naturale nelle PRATI, Alpi PASCOLI (le E quote PAESAGGIO altimetriche<br />
ALPINO<br />
sono del tutto indicative, essendo soggette a variazioni anche notevoli in rapporto<br />
ai settori geografici e all'esposizione dei versanti )<br />
Fig. 7.1<br />
Stratificazione altitudinale della vegetazione naturale nelle Alpi (le quote altimetriche sono del tutto<br />
indicative, essendo soggette a variazioni anche notevoli in rapporto ai settori geografici e all’esposizione<br />
dei versanti)<br />
2800 m<br />
2400 m<br />
Fascia Nivale<br />
1500 m<br />
Fascia Alpica<br />
1000 m<br />
Fascia Boreale<br />
superiore<br />
800 m<br />
600 m<br />
Fascia Boreale<br />
Praterie discontinue e comunità di Licheni e Briofite<br />
Fascia Subatlantica<br />
Fascia Illirica<br />
montana e in una parte superiore dalla pecceta subalpina, che sfuma nelle foreste aperte<br />
di larice e cembro e quindi, attorno ai 2200 m, negli arbusteti di ericacee. La fascia alpica<br />
è l’areale delle praterie o tundre alpine, che possono spingersi fin verso i 2800 m. Nella<br />
fascia nivale, infine, la vegetazione si fa rada e frammentata, riducendosi alla sommità a<br />
popolamenti discontinui di briofite e tallofite.<br />
L’acclività e l’esposizione si pongono come fattori di ulteriore diversificazione<br />
nell’ambito delle varie formazioni bioclimatiche. L’acclività va anzitutto ad interferire<br />
con il regime idrico del suolo, favorendo la costituzione di climax edafici accanto ai<br />
climax climatici. È poi causa d’instabilità dei versanti: le colate di materiale roccioso<br />
eroso, le frane e le slavine alterano più o meno profondamente il manto vegetale e il<br />
suolo, bloccando le dinamiche progressive primarie o innescando dinamiche secondarie<br />
che, una volta superati stadi transitori, andranno a ricomporre il climax o sfoceranno in<br />
inedite vegetazioni di equilibrio (durevoli). Per quanto riguarda l’esposizione, essa è<br />
fonte di forti contrasti tra i versanti nei livelli d’irraggiamento, in particolare tra quelli<br />
rivolti a settentrione e quelli a meridione (questi ultimi ricevo 8-10 volte più luce). Ne<br />
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2200 m<br />
1800 m<br />
Praterie chiuse e tundre<br />
Arbusteti di ericacee<br />
Foreste rade di larice e pino cembro<br />
Pecceta subalpina<br />
Pecceta montana<br />
Boschi di Faggio<br />
Fascia Medioeuropea Boschi misti di quercia e frassino<br />
Boscaglie di Orniello e Carpino nero