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di Pomponio Amidano, <strong>Parmense</strong>, come parimenti al lato destro della cappella <strong>il</strong><br />

quadro figurante San Diego, dip<strong>in</strong>tura stimab<strong>il</strong>e dell’anzidetto Autore”. Anche<br />

Romani (1828-30, VIII, pp. 170-171), <strong>il</strong>lustrando la chiesa delle Clarisse e citando<br />

un manoscritto anonimo del 1623, si esprimeva <strong>in</strong> modo analogo: “Vi sono due<br />

tavole del Rondano (altri dicono di Pomponio Amidano) parmigiano: una all’altar<br />

maggiore (rappresentante la natività di G.C. e s. Chiara) e l’altra alla cappella<br />

degli Araldi (rappresentante s. Diego), alla qual capella è annesso un beneficio<br />

di 200 scudi annui di giuspatronato degli Araldi suddetti”. Le citate descrizioni<br />

sembrerebbero <strong>in</strong> realtà poco <strong>per</strong>t<strong>in</strong>enti al nostro dip<strong>in</strong>to, <strong>in</strong> cui è stata sempre<br />

riconosciuta una Sacra Famiglia con i Santi Antonio, Chiara e Francesca Romana<br />

(Frisoni 1986, p. 82; Bocchi 1987, p. 33; Riccom<strong>in</strong>i 1988, p. 140; Còccioli Mastroviti<br />

1989, p. 614; Frisoni 1992; Riccom<strong>in</strong>i 1999, p. 80; id. 1999a, p. 58; Tanzi<br />

1999a; Crispo 2000, p. 182). Il fatto trova <strong>per</strong>ò un’esauriente spiegazione nella<br />

ricostruzione delle vicende della cappella tratteggiata da Romani, che, a sua<br />

volta, si basava su un documento allora esistente nell’archivio del marchese<br />

Pietro Francesco Araldi: “Anno 1617. Il nob<strong>il</strong>e Giovanni Francesco Araldi, figlio<br />

del nob<strong>il</strong>e Giovanni Antonio, abitante nella vic<strong>in</strong>anza di castelvecchio di Casalmaggiore,<br />

con di lui testamento dei 3 novembre 1617, rogato da Ottaviano Zocchi,<br />

dopo di avere istituiti suoi eredi universali Giovanni Antonio, Ludovico, Cam<strong>il</strong>lo,<br />

Giovanni Sigismondo e Cam<strong>il</strong>la Erm<strong>in</strong>ia suoi figli e figlia, riportati dalla moglie<br />

Ippolita Cavalli, ord<strong>in</strong>ò loro l’erezione di un beneficio semplice all’altare fondato<br />

dallo stesso testatore nella chiesa di s. Chiara sotto i titoli di s. Diego, s. Francesca<br />

e s. Teresa, con che un tale beneficio dovesse essere di giuspatronato di esso<br />

testatore, e dei figli e discendenti suoi f<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, ed <strong>in</strong> difetto di essi tanto<br />

dell’agnazione, che della cognazione Araldi detto padronato dovesse devolversi<br />

all’arciprete, ed a due più antichi beneficiati della chiesa di s. o Stefano <strong>per</strong><br />

tempo, purchè <strong>in</strong> tal caso non si trovasse eretta la collegiata; poichè <strong>in</strong> questo<br />

caso un tal gius volle <strong>il</strong> testatore, che s’appartenesse al capitolo di essa collegiata,<br />

coll’obbligo di presentare e nom<strong>in</strong>are un sacerdote o chierico prossimiore di detta<br />

casa ed agnazione del detto testatore, <strong>il</strong> qual cappellano, sacerdote o chierico del<br />

prefato casato ed agnazione potesse celebrare o far celebrare al detto altare la<br />

messa <strong>in</strong>frascritta, e le altre cose come abbasso <strong>per</strong> mezzo di un altro sacerdote;<br />

ed <strong>in</strong> difetto di un sacerdote o chierico della prefata casa ed agnazione, <strong>il</strong> cappellano<br />

estraneo da eleggersi debba essere sacerdote del castello o giurisdizione di<br />

Casalmaggiore, e sia tenuto a <strong>per</strong>sonalmente, <strong>per</strong> se e non <strong>per</strong> altri, celebrare la<br />

messa al detto altare cotidiana, colla recitazione del salmo de profundis alla f<strong>in</strong>e<br />

della messa, <strong>in</strong> suffragio dell’anima di detto testatore, e de’ suoi defunti, ed ulteriormente<br />

sia obbligato nel giorno della festa di s. Diego di ciascun anno di far<br />

cantare messa solenne ad onore di esso santo, e di far celebrare altre messe, volgarmente<br />

dette messe basse, almeno sei di numero nanti l’altare del medesimo<br />

santo. Per la prima volta ord<strong>in</strong>ò <strong>il</strong> prefato testatore che al summentovato beneficio<br />

fosse nom<strong>in</strong>ato ed eletto <strong>il</strong> prefato Ludovico, uno de’ predetti suoi figli, che <strong>in</strong><br />

quel tempo era vestito dell’abito chiericale. Per la dote di essa prebenda volle <strong>il</strong><br />

prefato testatore che venissero scorporati tanti beni stab<strong>il</strong>i e mob<strong>il</strong>i dalla sua sostanza,<br />

quanti fosse piaciuto alla moglie sua tutrice de’ detti suoi figli di assegnare<br />

al detto altare ed al cappellano di esso; quali beni <strong>per</strong>ò al tempo dell’assegnazione<br />

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