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atteggiamenti e costumanze da cavaliere, e che manteneva relazioni<br />

con la corte farnesiana. È forse questo desiderio di una def<strong>in</strong>itiva<br />

affermazione a sp<strong>in</strong>gerlo verso un l<strong>in</strong>guaggio sempre più <strong>per</strong>sonale,<br />

che traspare, ad esempio, nella Santa Cec<strong>il</strong>ia di Capodimonte<br />

(cat. 23), nella Sacra Famiglia degli Uffizi (cat. 24) e nell’<strong>in</strong>edito<br />

Davide con la testa di Golia <strong>in</strong> collezione parmense (cat. 25). Se<br />

nel primo dip<strong>in</strong>to la consueta eredità schedoniana pare coniugarsi<br />

con un’attenzione al naturale quasi caravaggesca, negli altri due<br />

non mancano riferimenti a Ludovico Carracci, pur mediati dal<br />

morbido sfumato correggesco. Tornano <strong>in</strong>somma tutti i tradizionali<br />

modelli del pittore, ma si accentuano ancor di più le cifre st<strong>il</strong>istiche<br />

peculiari: i panneggi subiscono <strong>in</strong>fatti una drastica semplificazione,<br />

caratterizzati come sono da un chiaroscuro senza mezzi toni<br />

e da nitidi tracciati curv<strong>il</strong><strong>in</strong>ei, mentre le fisionomie si cristallizzano<br />

<strong>in</strong> un’unica espressione trasognata e bamboleggiante. Lo scopo è<br />

quello di dar vita a un racconto eclettico e solenne, come è manifestato<br />

con chiarezza dalla Sepoltura di Cristo della Galleria Nazionale<br />

di Parma (cat. 26), firmata e datata 1619, che richiama certo<br />

<strong>il</strong> citato modello carraccesco-badalocchiesco, ma ancor più la Sepoltura<br />

di Cristo dello Schedoni al Louvre 88 e l’altra di Bernard<strong>in</strong>o<br />

Gatti già nella chiesa parmense di Santa Maria Maddalena.<br />

Siamo dunque al 1619, anno davvero decisivo <strong>per</strong> le future<br />

sorti dell’Amidani, ma soprattutto contraddittorio: <strong>il</strong> pittore firmava<br />

<strong>in</strong>fatti <strong>in</strong> capitali romane quattro o<strong>per</strong>e – e sono le uniche –<br />

quasi volesse amplificare la propria <strong>in</strong>cipiente fama, ma, nello<br />

stesso tempo, si def<strong>il</strong>ava e andava a dip<strong>in</strong>gere due pale <strong>per</strong> la chiesa<br />

delle Clarisse a Casalmaggiore. La Sacra Famiglia con i Santi<br />

Diego di Alcalà, Teresa d’Av<strong>il</strong>a e Francesca Romana (cat. 27), firmata<br />

e datata 1619, era eseguita <strong>per</strong> l’altare della famiglia Araldi,<br />

che aveva consolidati rapporti con Parma, tanto da richiederne<br />

più avanti la cittad<strong>in</strong>anza 89 . Pare dunque plausib<strong>il</strong>e che precedesse<br />

la Natività <strong>per</strong> l’altare maggiore (cat. 28), ugualmente segnata, che<br />

forse venne richiesta ancora dagli Araldi o magari commissionata<br />

dalle Clarisse dopo <strong>il</strong> buon esito del primo dip<strong>in</strong>to 90 . Le due tele ri-<br />

88 Riccom<strong>in</strong>i l’assegnava al nostro pittore, magari su <strong>in</strong>venzione dello Schedoni,<br />

ma pare <strong>in</strong>vece un prodotto della bottega del modenese; <strong>per</strong> la discussione al<br />

riguardo si r<strong>in</strong>via alla scheda relativa (cat. 95).<br />

89 Cfr. ASPr, Cittad<strong>in</strong>anza e nob<strong>il</strong>tà, b. 4374, fasc. 5: 3-28 luglio 1706.<br />

90 Ma non possiamo escludere un <strong>per</strong>corso <strong>in</strong>verso, viste le relazioni di Luigi con<br />

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