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Schedoni e l’Amidani lavorarono assieme alla decorazione delle<br />
nove cappelle <strong>in</strong>serite nel muro <strong>per</strong>imetrale, che, riproponendo i<br />
titoli delle sette bas<strong>il</strong>iche romane, ricostruivano un ideale <strong>per</strong>corso<br />
giub<strong>il</strong>are 63 . Di tale collaborazione rimangono tre tele schedoniane,<br />
<strong>il</strong> San Pietro, <strong>il</strong> San Paolo e <strong>il</strong> San Sebastiano a Capodimonte 64 , e<br />
due, forse tre, amidaniane, anch’esse a Napoli. Se <strong>in</strong>fatti sulla<br />
Sacra Famiglia e sulla Santa Croce (cat. 1-2) non vi possono essere<br />
dubbi, non altrettanto certa è l’autografia del San Lorenzo (cat.<br />
45). Quest’ultimo, pur mostrando alcune sigle tipiche del pittore,<br />
rivela una condotta difforme dagli altri pezzi citati, spiegab<strong>il</strong>e solo<br />
con <strong>il</strong> disorientamento del giovane Amidani, allora esordiente e<br />
ancora <strong>in</strong>certo sulla via da seguire. Si deve aggiungere che i dip<strong>in</strong>ti<br />
un tempo a Fontevivo non sembrano costituire le o<strong>per</strong>e prime del<br />
pittore, la cui formazione parrebbe risalire a una fase precedente.<br />
È evidente <strong>in</strong>fatti, rivedendo la Sacra Famiglia, come al di sotto<br />
della vernice schedoniana sia r<strong>in</strong>tracciab<strong>il</strong>e un sostrato carraccesco,<br />
determ<strong>in</strong>ato senz’altro dal lascito parmense di Annibale e<br />
Agost<strong>in</strong>o 65 . E tuttavia <strong>in</strong> corso d’o<strong>per</strong>a Luigi si accosta con sempre<br />
maggior decisione allo Schedoni, come dimostra la Santa Croce,<br />
un dip<strong>in</strong>to talmente schedoniano da far pensare addirittura a una<br />
collaborazione, se non fosse <strong>per</strong> la differente qualità e <strong>per</strong> alcuni<br />
piccoli, ma determ<strong>in</strong>anti <strong>in</strong>dizi, quali la resa semplificata delle<br />
su<strong>per</strong>fici e la fattura degli angioletti, <strong>in</strong> particolare quello di destra<br />
con la tipica capigliatura svolazzante. La conclusione dei lavori<br />
alle cappelle entro <strong>il</strong> 1610 66 e soprattutto l’adesione ancora parziale<br />
al lessico schedoniano ci <strong>in</strong>ducono a credere che l’Amidani<br />
dip<strong>in</strong>gesse le tele di sua competenza nei primi anni Dieci e non<br />
nella seconda metà del decennio, come <strong>in</strong>vece è stato proposto<br />
sulla base di un documento del 1616, che ricorda come alla morte<br />
dello Schedoni venissero trovati a casa sua c<strong>in</strong>que “telari” già preparati<br />
e dest<strong>in</strong>ati a Fontevivo 67 . Se vi riconoscessimo gli ultimi<br />
dip<strong>in</strong>ti delle cappelle esterne, non ancora term<strong>in</strong>ati, piuttosto che,<br />
come è più probab<strong>il</strong>e, quelli dest<strong>in</strong>ati ai sei altari della navata, si<br />
63 Cecch<strong>in</strong>elli 1999; Crispo 2000.<br />
64 Si potrebbe aggiungere anche <strong>il</strong> San Giovanni Battista <strong>in</strong> collezione privata a<br />
Vignola, come ha giustamente ipotizzato la Cecch<strong>in</strong>elli 1999, p. 81 n. 47.<br />
65 Cfr. Frisoni 1986, pp. 79-80.<br />
66 In quell’anno venivano concesse le relative <strong>in</strong>dulgenze da papa Paolo V.<br />
67 ASPr, Raccolta manoscritti, b. 51.<br />
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