Gestione delle ferite e controllo delle Miasi con estratti ... - EneaScuola
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<strong>Gestione</strong> <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> e <strong><strong>con</strong>trollo</strong> <strong>delle</strong> <strong>Miasi</strong> <strong>con</strong> <strong>estratti</strong> naturali per la zootecnia biologica<br />
Fiorella Carnevali e S. Andrew van der Esch<br />
Enea, Dipartimento BAS BIOTTEC, Centro Ricerche Casaccia, Roma<br />
INTRODUZIONE<br />
Attualmente la cura e la gestione <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> esterne negli animali di interesse zootecnico prevede<br />
l’uso di medicamenti allopatici non sempre ammessi dal regolamento per la zootecnica biologica. In<br />
caso di complicazioni batteriche e/o parassitarie (miasi) i medicamenti utilizzati (antibiotici e<br />
biocidi esterni) sono espressamente vietati. D’altro canto, la produttività ed il benessere degli<br />
animali affetti da <strong>ferite</strong>, più o meno complicate, possono essere gravemente compromessi al punto<br />
da dover eliminare dalla produzione, temporaneamente o permanentemente, i soggetti colpiti (<strong>ferite</strong><br />
alle mammelle, agli arti, ai genitali o in varie parti del corpo, colonizzate o meno da larve e/o<br />
infette).<br />
La domanda di rimedi naturali, efficaci come quelli di sintesi, ma privi degli effetti nocivi sulla<br />
salute e sull’ambiente, è nei paesi industrializzati in costante ascesa. Contemporaneamente è molto<br />
aumentata l’attenzione a non ripetere gli stessi errori nei paesi in via di sviluppo. Pertanto la ricerca<br />
di rimedi efficaci, naturali e sostenibili sta cominciando ad avere attenzione anche da parte del<br />
mondo scientifico più <strong>con</strong>servatore. L’incremento della utilizzazione di rimedi naturali comporta<br />
uno sviluppo del settore agricolo <strong>con</strong> possibilità di sviluppo <strong>delle</strong> “aree povere” dove la materia<br />
prima può essere coltivata.<br />
L’Enea ha messo a punto e brevettato un medicamento a base di <strong>estratti</strong> oleosi da due piante,<br />
Hypericum perforatum L: e Azadirachta indica, A. Juss che, se<strong>con</strong>do le rispettive culture, vengono<br />
tradizionalmente utilizzate per la cura <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong>.<br />
Uno dei componenti del medicamento, l’albero del Neem, rappresenta l’esempio più calzante e<br />
promettente di” Fattore per uno sviluppo sostenibile del pianeta” Così come dimostrato nel libro<br />
“Neem: a tree for solving global problems”, senza tema di esagerazione, occorre <strong>con</strong>siderare che<br />
questo albero cresce esclusivamente nelle aree tropicali a rischio di desertificazione, dove se<br />
coltivato è in grado di arrestarne l’avanzata e di preparare il territorio strappato al deserto. Oltre ad<br />
offrire tutti i vantaggi della riforestazione <strong>delle</strong> aree desertificate, vantaggi ottenibili anche <strong>con</strong> altre<br />
specie arboree, offre la possibilità di utilizzare tutte le sue pregiate parti come biomassa per la<br />
produzione di rimedi naturali, di cui il medicamento, oggetto di questo studio, ne rappresenta un<br />
piccolo esempio. E’ originaria dell’India dove la cultura tradizionale lo ri<strong>con</strong>osce come “la farmacia<br />
del villaggio” per le sue innumerevoli applicazioni terapeutiche, molte <strong>delle</strong> quali provate<br />
scientificamente, ma è attualmente diffuso in tutta la fascia tropicale dell’Africa e sta vivendo un<br />
boom in Cina, dove il Governo ha pianificato la piantagione di otto milioni di esemplari in un area a<br />
rischio di desertificazione e dove lo scorso anno si è svolta la Conferenza Mondiale sul Neem. La<br />
cultura della utilizzazione <strong>delle</strong> componenti di questo albero è ben radicata in India ma non<br />
altrettanto nelle aree dove è stato importato dagli indiani, al seguito degli inglesi, durante il periodo<br />
coloniale. In queste aree la diffusione della cultura del Neem come produttore di biomassa per la<br />
produzione di rimedi naturali potrebbe realizzare il <strong>con</strong>nubio di sviluppo sostenibile tra paesi<br />
industrializzati e paesi in via di sviluppo, ad esempio istruendo le popolazioni locali sui tempi e<br />
modalità di raccolta <strong>delle</strong> parti dell’albero per prepararne estrazioni primarie a basso impatto<br />
ambientale, in parte da utilizzare in loco e in parte da esportare nei pesi industrializzati per la<br />
produzione di rimedi naturali scientificamente provati. All’Enea è operativo un gruppo di ricercatori<br />
che si occupa <strong>delle</strong> applicazioni in agricoltura e in sanità ambientale animale e umana dei diversi<br />
<strong>estratti</strong> dall’albero del Neem.<br />
Il medicamento oggetto di questo lavoro, rappresenta uno dei tanti traguardi che la ricerca attorno<br />
all’albero del Neem promette di ottenere. Il medicamento è attualmente in fase di sperimentazione<br />
per la registrazione sia in campo medico che veterinario nella categoria dei “device medicali per
uso topico. Il brevetto è stato <strong>con</strong>cesso in licenza alla RI.MOS, azienda del <strong>con</strong>sorzio medicale di<br />
Mirandola, che, oltre alla registrazione, sta sviluppando la produzione industriale del medicamento.<br />
Il medicamento, brevetto italiano RM2004A000393, utilizzato quotidianamente per uso topico ha<br />
dimostrato proprietà cicatrizzanti che permettono di gestire le lesioni esterne senza complicazioni<br />
batteriche o parassitarie, in qualunque stadio del processo si interviene. Grazie a questa efficace<br />
azione a livello locale, promette di interrompere precocemente e anche di non iniziare le normali<br />
antibiotico-terapie parenterali che sempre si prescrivono in presenza di gravi <strong>ferite</strong> esterne. Questo<br />
rende il medicamento un interessante strumento per la gestione sanitaria degli allevamenti in regime<br />
biologico o comunque produttori di alimenti destinati al <strong>con</strong>sumo. Al <strong>con</strong>tempo, il medicamento<br />
presentale proprietà repellenti che impedis<strong>con</strong>o ai ditteri miasigeni di depositare le larve carnivore<br />
sulle <strong>ferite</strong>, effetto della durata di 24 ore. Questo permette di abbattere l’impiego di biocidi sintetici,<br />
espressamente vietati dal regolamento per la zootecnia biologica, senza peraltro essere meno<br />
efficace, oltrechè senza effetti collaterali.<br />
L’efficacia del medicamento è stata testata in campo, in regime di compassione, utilizzando<br />
esclusivamente animali accidentalmente feriti e sottoposti al trattamento sperimentale previo<br />
<strong>con</strong>senso dei proprietari o dei responsabili <strong>delle</strong> strutture sanitarie presso le quali erano ricoverati.<br />
La provata efficacia del medicamento ha <strong>con</strong>sentito l’estensione della sperimentazione anche a<br />
<strong>ferite</strong> meno estreme oltre che alla medicina umana, previa accettazione della sperimentazione da<br />
parte dei pazienti trattati e firma del <strong>con</strong>senso informato.<br />
Il presente lavoro riferisce riguardo al decorso <strong>delle</strong> lesioni trattate nell’ambito della casistica<br />
raccolta in quattro anni di sperimentazione sulle diverse tipologie di <strong>ferite</strong> in diverse specie animali,<br />
uomo compreso, sia in situazioni di campo che in strutture sanitarie attrezzate.
MATERIALI E METODI<br />
La sperimentazione è stata inizialmente <strong>con</strong>dotta reclutando, tramite veterinari professionisti o<br />
responsabili di strutture sanitarie, quei pazienti <strong>con</strong> prognosi infausta che sarebbero stati soppressi a<br />
causa della gravità <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> (asini e cavalli, cani, pecore ecc). L’efficacia dimostrata in questa<br />
prima fase ha permesso l’estensione della sperimentazione anche a tipologie di <strong>ferite</strong> meno<br />
drammatiche ma molto frequenti, oltre che all’uomo, permettendo di assemblare una casistica di<br />
183 casi suddivisi tra varie specie animali <strong>con</strong> diversi stati patologici (vedi Tabella 1)<br />
TABELLA 1: Casistica sperimentale suddivisa per specie e per tipologia di patologie<br />
Specie Ferite<br />
Traumatiche<br />
Ferite<br />
chirur<br />
giche<br />
Chelo<br />
idi<br />
Asce<br />
ssi<br />
Piode<br />
rmiti<br />
Fistol<br />
e<br />
Prolass<br />
o del<br />
Retto<br />
<strong>Miasi</strong> Ustioni Dec<br />
ubit<br />
i<br />
infette Non<br />
infette<br />
Alpaca 18 18<br />
Bovini 1 1 2<br />
Felini 2 4 1 3 10<br />
Cani 15 7 6 8 3 3 1 3 1 47<br />
Asino 1 1<br />
Capre 5 1 6<br />
Umani 4 7 11<br />
Equini 6 30 2 10 5 1 54<br />
Suini 12 12<br />
Istrice 1 1<br />
Ovini 21 21<br />
TOT 44 45 9 9 13 8 3 3 36 3 9 183<br />
Trattamento <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong><br />
In assenza di complicazioni, le <strong>ferite</strong> sono state deterse <strong>con</strong> soluzione fisiologica, asciugate <strong>con</strong><br />
garza e pennellate quotidianamente <strong>con</strong> il medicamento. A se<strong>con</strong>da della localizzazione o a seguito<br />
di specifica indicazione terapeutica, le <strong>ferite</strong> sono state fasciate <strong>con</strong> garza e cerotto<br />
autoagglomerante. In tal caso il medicamento è stato applicato imbevendo garze non sterili nel<br />
medicamento che sono poi state interposte tra la lesione e la fasciatura occlusiva. In presenza di<br />
tessuti necrotici diversamente danneggiati, si è proceduto allo sbrigliamento chirurgico previa<br />
anestesia generale del soggetto o allo sbrigliamento salino (utilizzando soluzione salina<br />
sovrassatura) per i primi tre-cinque giorni di terapia. In tutti è sempre stato poi applicato il<br />
medicamento quotidianamente, seguito o meno da fasciatura.<br />
Rilevamento dati<br />
I dati biografici, anamnestici e terapeutici di tutti i soggetti trattati sono stati raccolti utilizzando<br />
una scheda clinica predisposta per la registrazione dove sono stati registrati anche i riferimenti dei<br />
veterinari e dei medici responsabili dei trattamenti. I dati sono raccolti in un data base<br />
Il decorso <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> è stato documentato fotograficamente per tutta la durata del processo di<br />
guarigione utilizzando una fotocamera digitale da 6 milioni di pixel. Ove possibile è stato<br />
approntato il sistema metrico di riferimento (righello nel campo fotografico) per il calcolo della<br />
velocità di cicatrizzazione.<br />
TOT
RISULTATI E DISCUSSIONE<br />
Tutti i casi in cui il protocollo terapeutico è stato regolarmente applicato hanno avuto esito positivo.<br />
La scomparsa della fase infiammatoria che precede la fase di granulazione avviene regolarmente<br />
entro tre-cinque giorni dall’inizio del trattamento e la fase di riepitelizzazione si completa senza<br />
complicazioni. Le cicatrici sono elastiche e poco retratte e sono mai stati ris<strong>con</strong>trati casi di<br />
retrazione cicatriziale fibrotica.<br />
Le complicazioni batteriche e parassitarie, nonché la patologia della fase di granulazione tipica dei<br />
cavalli denominata cheloide, sono state efficacemente <strong>con</strong>trollate. Le <strong>ferite</strong> infestate da miasi sono<br />
state sterilizzate e le colonizzazioni successive sono state sistematicamente evitate.<br />
Durante il trattamento gli animali non hanno manifestato fastidio o dolore all’applicazione e non<br />
hanno mostrato comportamenti compulsavi legati alla dolorabilità della lesione. Il lambimento <strong>delle</strong><br />
lesioni da parte di alcune specie (cane e gatto) non ha comportato effetti collaterali di rilievo se non<br />
una temporanea scialorrea in alcuni felini.<br />
La sospensione della terapia, per cause non pianificate, ha comportato una regressione <strong>delle</strong> lesioni,<br />
spesso accompagnate da reinfezioni batteriche o parassitarie. Un intervallo di medicazione<br />
superiore a 24 ore ha comportato la reinfestione miasigena. La ripresa della terapia ha riportato la<br />
lesioni ai livelli fisiologici, anche nei casi di gravi reinfezioni o danneggiamento dei tessuti.<br />
Alpaca: un gregge di 20 Alpaca importato dalla Germania, ha manifestato la presenza di infezione<br />
da Corinebacterium pseudotubercolosis, responsabile di una forma infettiva che si manifesta <strong>con</strong><br />
ascessi e flemmoni cutanei e interni, che può facilmente portare a morte e che si trasmette per<br />
<strong>con</strong>tatto <strong>con</strong> le lesioni che si aprono spontaneamente all’esterno o tramite vettori meccanici (insetti<br />
che visitano le <strong>ferite</strong>). Tutte le <strong>ferite</strong> rilevate sulla superficie degli animali sono state deterse e<br />
sbrigliate come descritto e trattate quotidianamente <strong>con</strong> irrigazione del medicamento anche nei<br />
crateri e negli anfratti. Nell’arco di trenta giorni le lesioni esterne più estese sono guarite. Due<br />
soggetti sono deceduti per le complicazioni di localizzazioni ascessuali epatiche e polmonari. Per<br />
evitare reinfezioni da <strong>con</strong>tatto, i soggetti guariti venivano allontanati dal gregge e <strong>con</strong>trollati per una<br />
eventuale ricaduta. Alla scadenza del se<strong>con</strong>do mese dall’inizio della terapia, 14 soggetti erano<br />
completamente guariti e non hanno presentato ricadute per un anno, mentre i rimanenti quattro<br />
soggetti hanno <strong>con</strong>tinuato a presentare recidive bottoniformi di dimensioni <strong>con</strong>tenute, per tutto<br />
l’anno successivo, senza peraltro attraversare le fasi devastanti ris<strong>con</strong>trati alla infezione iniziale.<br />
Nella pratica di allevamento è ben noto che un gregge infetto ha pochissime possibilità di essere<br />
risanato in tempi brevi e senza gravi perdite. Il medicamento ha, invece, dimostrato di poter<br />
risanare un gregge anche ad infezione molto grave ed estesa. L’infezione inizia sempre da lesioni<br />
esterne e si approfondisce guadagnando il torrente circolatorio man mano che le lesioni asessuali e<br />
flemmonose si estendono. L’utilizzazione del medicamento all’insorgenza <strong>delle</strong> lesioni esterne<br />
iniziali, ha permesso di <strong>con</strong>finare la malattia a livello cutaneo e di ridurre drasticamente l’incidenza<br />
dei decessi. Infatti durante il trattamento sono morti solo i due soggetti che hanno, molto<br />
probabilmente dato inizio alla infezione e che presentavano già al loro arrivo un quadro cutaneo<br />
avanzato. Tutti gli altri soggetti hanno manifestato i segni clinici di infezione circa 20 giorni dopo<br />
l’arrivo del gregge. In questa fase è stata approntata la terapia <strong>con</strong> il medicamento sperimentale che,<br />
però, non ha potuto intervenire sulle lesioni interne dei soggetti deceduti, già molto avanzate.<br />
Bovini: Sono stati trattati una bovina sperimentale affetta da piaga provocata dalla flangia della<br />
apparecchiatura per la protezione della fistola ruminale a rischio di miasi e una lesione mammaria<br />
frequentata da sciami di ditteri. In entrambe si è avuta la risoluzione della lesione.<br />
Felini: sono state trattati 10 casi di <strong>ferite</strong> traumatiche o iatrogene. Il decorso cicatriziale nel gatto ha<br />
tempi più lunghi rispetto al cane e all’uomo e si avvicina ai tempi degli equini. In questi la fase di
granulazione è più lenta e difficoltosa. Nel gatto il medicamento ha dimostrato maggiore efficacia<br />
se le <strong>ferite</strong> vengono bendate. Questo non solo impedisce il lambimento, che in alcuni casi ha<br />
determinato scialorrea, ma ha dimostrato di accelerare il processo di riepitelizzazione che, pur<br />
avvenendo senza complicazioni, presenta un rallentamento quando le <strong>ferite</strong> sono state trattate <strong>con</strong> il<br />
medicamento ma non fasciate. In tutti i casi, comunque e a detta dei professionisti responsabili, il<br />
processo cicatriziale è apparso più efficace e veloce rispetto ai trattamenti <strong>con</strong>venzionali<br />
attualmente utilizzati nella pratica ambulatoriale.<br />
Cani: il processo cicatriziale nel cane è veloce ed efficace, ciononostante molti soggetti incorrono in<br />
<strong>ferite</strong> estese e devastanti, per le quali le possibilità di guarigione possono essere compromesse. Sono<br />
state curate <strong>con</strong> esito positivo <strong>ferite</strong> molto estese e complicate sia da infezioni che da larve (vedi<br />
Tab.1). Anche in questi casi i veterinari responsabili della sperimentazione riferis<strong>con</strong>o di una<br />
sorprendente capacità di ripresa dei tessuti estesamente danneggiati e di una guarigione molto più<br />
veloce ed efficace rispetto alle terapie ambulatoriali <strong>con</strong>venzionali. Il trattamento risulta efficace<br />
sia <strong>con</strong> che senza bendaggio <strong>delle</strong> lesioni. Il lambimento non ha provocato effetti collaterali, se non<br />
l’in<strong>con</strong>veniente di portare via il medicamento per cui si <strong>con</strong>siglia il bendaggio o l’uso del collare<br />
elisabettiano. Il medicamento è risultato particolarmente efficace nella tipica piodermite estiva del<br />
cane (vedi tab.1) caratterizzata da ampie chiazze disepitelizzate, fortemente infiammate e<br />
<strong>con</strong>taminate e da staphylococchi. L’animale estende poi le lesioni per traumatismo meccanico a<br />
seguito dell’intenso prurito. Già al se<strong>con</strong>do trattamento quotidiano si osserva la totale remissione<br />
dei sintomi del prurito e dell’infiammazione. Si osserva poi la progressiva riepitelizzazione <strong>con</strong><br />
granulazione <strong>delle</strong> aree più erose e completa riepitelizzazione nell’arco di 12-15 giorni. Non è<br />
necessaria alcuna terapia antibiotica e antinfiammatoria parenterale come invece previsto dal<br />
protocollo di trattamento di detta patologia. Il medicamento è stato utilizzato in tre casi di prolasso<br />
del retto. Questa patologia è molto frequente nei cuccioli gravemente infestati da nematodi e da<br />
coccidi intestinali che comportano disturbi dell’alvo (defecazione frequente e dolorosa) per cui la<br />
mucosa rettale infiammata e edematosa viene ad essere estroflessa. Al termine della defecazione,<br />
per la chiusura dello sfintere anale, detta mucosa, impossibilitata a ritrarsi, rimane estroflessa<br />
all’esterno andando in<strong>con</strong>tro nel giro di poche ore a grave disidratazione, necrosi e infezione per<br />
parziale strozzatura della rete vascolare. La reazione infiammatoria acuta, che la strozzatura<br />
determina, porta ad un tale aumento di volume della mucosa estroflessa da comprometterne<br />
fatalmente il riposizionamento. Nella pratica ambulatoriale si interviene rimuovendo<br />
chirurgicamente la parte non oltre le 48-36 ore dall’evento. Il trattamento <strong>con</strong> il medicamento, sia<br />
localmente sulla parte estroflessa, che iniettato nel retto in quantità di ½ cc, due volte al dì, ha<br />
dimostrato di ridurre entro le prime 6 ore l’edema infiammatorio che rigonfia il tratto estroflesso<br />
permettendo, già dopo 12 ore, un parziale anche se poco stabile riposizionamento. Nelle 24 ore<br />
successive, il riposizionamento è sempre più stabile fino alla completa ripresa della funzionalità<br />
dell’alvo entro 3-5 giorni dall’inizio della terapia. Il medicamento in questo caso ha dimostrato di<br />
esercitare la sua azione sui meccanismi che stanno alla base dell’edema infiammatorio (regolando la<br />
permeabilità vasale e inducendo il riassorbimento dell’essudato).<br />
Capre: sono state trattate cinque capre di razza Saanen affette dalla forma asessuale da C.<br />
pseudotubercolosis. Le forme asessuale apertesi spontaneamente e quelle mature, aperte<br />
chirurgicamente sono state trattate come descritto per gli alpaca. La remissione dei sintomi è<br />
avvenuta dall’inizio del trattamento alla guarigione dell’ultimo soggetto in tre settimane in<br />
<strong>con</strong>dizioni di isolamento dal resto del gregge.<br />
Un soggetto di razza Tibetana è stato curato per una miasi alla vulva che si presentava in preda ad<br />
imponente edema e reazione infiammatoria della parte <strong>con</strong> tragitti fistolosi colonizzati dalle larve.<br />
La remissione dei sintomi e la guarigione completa si è avuta in una settimana.
Equini: Sono stati trattati 54 casi di <strong>ferite</strong> traumatiche di diversa gravità, estensione e<br />
localizzazione.<br />
Le <strong>ferite</strong> localizzate al tronco alla testa e al collo hanno un decorso cicatriziale benigno. Rispondono<br />
alla applicazione del medicamento in maniera molto efficace e traggono giovamento dall’effetto<br />
repellente nei <strong>con</strong>fronti dei Ditteri miasigeni e non, <strong>con</strong> notevole sollievo dei soggetti feriti.<br />
Generalmente queste <strong>ferite</strong> non necessitano di fasciatura e possono essere agevolmente gestite<br />
anche in <strong>con</strong>dizioni di campo. Anche le lesioni trattate in campo, <strong>con</strong> il solo medicamento applicato<br />
quotidianamente, hanno mostrato decorso senza complicazioni batteriche.<br />
Un caso esemplare <strong>delle</strong> capacità del medicamento è rappresentato da un asinello di sei mesi<br />
aggredito dai cani e inserito nel protocollo sperimentale a distanza di una settimana dal trauma.<br />
L’animale si trovava in gravissimo stato tossico-debilitativo, in grave ipotermia e <strong>con</strong> evidenti<br />
sintomi di infezione gangrenosa ai corpi muscolari <strong>delle</strong> cosce e della groppa. Dopo sette giorni di<br />
terapia e sbrligliamento salino, tutta la superficie lesionata del treno posteriore presentava assenza<br />
di infezione e scomparsa di tessuti necrotici. Le <strong>ferite</strong> apparivano ricoperte da un tappeto uniforme<br />
di tessuto di granulazione ben vascolarizzato. Lo stato generale decisamente migliorato ha permesso<br />
di interrompere la terapia antibiotica sistemica già alla prima settimana di trattamento, terapia che<br />
non è stata più ripresa durante il decorso della guarigione, durato 3 mesi. La massa muscolare del<br />
muscolo semimembranoso della coscia destra, fortemente lesionato ha mostrato alla biopsia post<br />
guarigione la presenza di normale tessuto cicatriziale <strong>con</strong>tenente collagene di tipo IV. La<br />
funzionalità della componente muscolare rimasta integra ha vicariato perfettamente la funzionalità<br />
deambulatoria e non si sono osservate retrazioni fibrotiche <strong>delle</strong> cicatrici.<br />
10 <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> localizzate alle parti distali degli arti presentavano la tipica reazione cheloidea del<br />
cavallo: una iperproliferazione fibroblastica durante la fase di granulazione che impedisce la<br />
riepitelizzazione della ferita, prolungando i tempi di guarigione e deturpando l’area lesionata che<br />
esita sempre in cicatrici esuberanti, fragili e invalidanti. Generalmente, nei soggetti predisposti,<br />
compare al 7°-10° giorno dal trauma. Molto spesso una ferita allo stinco si traduce nella<br />
soppressione del soggetto per incapacità a <strong>con</strong>tenere la reazione cheloidea o per gli effetti di una<br />
cicatrizzazione patologica invalidante. In alcune lesioni il trattamento è iniziato a cheloide già<br />
formato, mentre altre sono state trattate subito dopo il trauma ed hanno, comunque, presentato la<br />
reazione cheloidea a una settimana dal trauma. Le lesioni sono state trattate quotidianamente <strong>con</strong><br />
garze imbevute del medicamento e fasciate permanentemente <strong>con</strong> bendaggio occlusivo In tutte le<br />
lesioni, a partire dal quinto giorno di trattamento, è stato ris<strong>con</strong>trato quello che abbiamo definito “il<br />
fenomeno dell’emorragia”: copioso sanguinamento della durata di qualche decina di se<strong>con</strong>di da<br />
tutta la superficie granuleggiante, alla quotidiana rimozione del bendaggio e scomparsa dell’eccesso<br />
di tessuto di granulazione fino a quel momento presente. La superficie sottostante, una volta detersa<br />
<strong>con</strong> soluzione fisiologica, si presenta come un normale tessuto di granulazione non cheloideo,<br />
adeguatamente vascolarizzato e cir<strong>con</strong>dato dal margine di riepitelizzazione non pigmentato<br />
affiancato dal bordo più esterno in fase di ripigmentazione. La superficie della ferita non mostra,<br />
pertanto, segni clinici di necrosi e non si osserva riattivazione dei processi infiammatori, quanto<br />
piuttosto segni clinici ascrivibili a fenomeni di apoptosi cellulare. Il fenomeno dell’emorragia è,<br />
se<strong>con</strong>do la nostra interpretazione clinica del fenomeno, dovuto allo svuotamento della rete<br />
vascolare neoformata, distribuita in seno al tessuto di granulazione che non subisce il<br />
riassorbimento apoptotico selettivo cui vanno in<strong>con</strong>tro i fibroblasti. Questa fitta rete vascolare, al<br />
momento della rimozione della garza, viene a trovarsi senza supporto di sostegno e quindi si svuota.<br />
I tempi di guarigione, rispetto a <strong>ferite</strong> analoghe trattate tradizionalmente <strong>con</strong> causticanti e<br />
cortisonici, è risultato accorciato. Le cicatrici definitive non hanno mai presentato esuberanze<br />
fibrotiche o deturpanti. Il recupero funzionale degli arti è sempre stato completo. Il decorso di<br />
alcuni dei casi trattati ha messo in evidenza che l’associazione del medicamento <strong>con</strong> il bendaggio<br />
occlusivo sono sinergicamente responsabili della regressione apoptotico del tessuto in eccesso in<br />
quanto quando la fasciatura permanente non veniva garantita <strong>con</strong>tinuativamente, le porzioni di<br />
lesione, o lesioni intere, rimaste scoperte, anche solo per poche ore, sistematicamente
ipresentavano il tipico aumento di volume cheloideo (iperproliferazione fibroblastica e produzione<br />
di matrice extracellulare in<strong>con</strong>trollata), che, al ripristino della fasciatura permanente, regrediva <strong>con</strong><br />
gli stessi tempi (cinque giorni) <strong>delle</strong> lesioni trattate, ripresentando il fenomeno dell’emorragia dal<br />
quinto giorno in poi. L’utilizzazione separata del medicamento o della fasciatura occlusiva, non ha<br />
mai mostrato di <strong>con</strong>tenere il cheloide che veniva, invece, prontamente riassorbito non appena<br />
l’associazione terapeutica era ripristinata.<br />
L’osservazione clinica di questo fenomeno, s<strong>con</strong>osciuto nella pratica terapeutica dei cheloidi,<br />
rappresenta un indicazione importante per individuare il livello di azione del medicamento. A<br />
nostro giudizio, potrebbe realizzarsi a livello esclusivo di cellule attive durante il processo di<br />
cicatrizzazione, regolandone i processi di risposta alle citochine, risposte che, è noto, possono<br />
essere alterate nei processi cicatriziali patologici o complicati. Propendiamo per una interpretazione<br />
“apoptotica” del riassorbimento del tessuto in esubero in quanto, durante i primi 5 giorni di<br />
“trattamento associato”, la regressione non è mai stato accompagnato dai tipici segni della reazione<br />
infiammatoria che, invece si presenterebbero se il fenomeno di riassorbimento fosse dovuto a<br />
necrosi <strong>delle</strong> cellule, in questo caso dei fibroblasti (iperemia, edema, essudazione e dolore). Ciò<br />
perché i prodotti della apoptosi sono semplicemente pezzi di strutture cellulari e molecolari che<br />
l’organismo riutilizza quando smonta le cellule in cui scatta il segnale dell’apoptosi (morte cellulare<br />
programmata) e non rappresentano, pertanto, nessuno dei segnali infiammatori. Il processo<br />
infiammatorio viene sistematicamente innescato quando nella ferita si liberano i frammenti cellulari<br />
e le molecole funzionali <strong>con</strong>tenute nelle cellule che si danneggiano in seguito al trauma. Nella<br />
terapia <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong>, il reinnesco del processo infiammatorio a scopo terapeutico è usuale perché<br />
permette alle cellule del processo cicatriziale di rinnovarsi, riossigenarsi e riprendere energicamente<br />
l’attività, rimuovendo i tessuti danneggiati che ne ostacolerebbero il decorso (sbrigliamento). Nella<br />
gestione della patologia del cheloide, si provoca la causticazione acida del tessuto in eccesso, che<br />
ha, non solo lo scopo di richiamare le cellule della reazione infiammatoria ma, anche, il compito di<br />
rimuovere il tessuto in esubero e stimolare il tessuto sottostante in una sorta di <strong>con</strong>tinuo<br />
riavviamento del processo cicatriziale fuori <strong><strong>con</strong>trollo</strong>. In questo modo alternando causticanti a<br />
cicatrizzanti, a se<strong>con</strong>da dell’aspetto della lesione, si riesce a far <strong>con</strong>trarre l’area lesionata e a far<br />
avanzare dai bordi i cheratinociti responsabili della riepitelizzazione. I tempi di guarigione di questo<br />
protocollo terapeutico sono molto lunghi e necessitano di <strong>con</strong>tinui aggiustamenti decisionali sul<br />
come procedere. Il “trattamento associato” da noi sperimentato ha dimostrato che i tempi di<br />
guarigione <strong>delle</strong> lesioni cheloidee sono molto più brevi e la gestione molto più semplice. Abbiamo<br />
comparato il decorso di due casi analoghi di ferita traumatica ad uno stinco in due soggetti <strong>con</strong><br />
simile tendenza alla reazione cheloidea. Nel primo caso, il “trattamento associato” è stata<br />
abbandonato dopo i primi dieci giorni per difficoltà a tenere in loco la fasciatura ed è stato deciso di<br />
adottare la terapia <strong>con</strong>venzionale per tutto il resto del decorso, mentre l’altro caso è stato medicato,<br />
ininterrottamente <strong>con</strong> il “trattamento associato”, ad eccezione di tre soli giorni, a 40 giorni dal<br />
trauma iniziale, durante i quali si è avuto la recrudescenza del cheloide e l’infezione della lesione<br />
per traumatismo <strong>con</strong>tusivo. Il tempo di risoluzione della lesione trattata <strong>con</strong> il “trattamento<br />
associato” è stato due volte e mezzo inferiore a quello della lesione trattata <strong>con</strong>venzionalmente (tre<br />
mesi a fronte di otto mesi), nonostante le due settimane di aggravamento dello stato della lesione<br />
per interruzione della applicazione del medicamento e a causa di un traumatismo <strong>con</strong>tusivo<br />
accidentale al centro della lesione che ne ha necrotizzato una parte, Pertanto, per quanto riguarda<br />
l’interpretazione del fenomeno dell’emorragia, riteniamo che il medicamento in associazione al<br />
bendaggio occlusivo agisca selettivamente sui fibroblasti inducendone l’apoptosi ma che non abbia<br />
effetti sulle strutture vascolari se non per una efficace regolazione della permeabilità vasale, che ne<br />
determina la capacità di <strong>con</strong>tenere tutte le componenti del sangue all’interno dei capillari e che si<br />
svuotano solo a seguito del traumatismo causato dalla rimozione del bendaggio. Riteniamo che<br />
questo effetto sia analogo, a quello che entra in gioco nella risoluzione dell’edema infiammatorio<br />
nel trattamento del prolasso del retto. La diversa permeabilità vasale durante il processo cicatriziale<br />
è regolata da meccanismi molecolari e cellulari complessi che in estrema sintesi si tradu<strong>con</strong>o in una
massima apertura degli spazi intercellulari tra le cellule endoteliali (all’apice del processo<br />
infiammatorio) per <strong>con</strong>sentire il passaggio agevole degli elementi corpuscolari del sangue più<br />
voluminosi, <strong>con</strong> <strong>con</strong>temporanea essudazione della frazione liquida che infarcisce e rigonfia le aree<br />
interstiziali lesionate (edema infiammatorio, stravaso ematico). Nella fase di granulazione la<br />
permeabilità capillare si riduce progressivamente al maturare del tessuto di granulazione<br />
(diminuzione degli spazi peri-endoteliali <strong>con</strong> il ripristino dell’equilibrio essudativo e riduzione del<br />
gonfiore) e al progredire della riepitelizzazione, fino al completo riassorbimento della rete<br />
vascolare neoformata, che si trasforma in <strong>con</strong>nettivo cicatriziale. La selettiva azione del<br />
medicamento sulla specifica patologia del cheloide, molto probabilmente è da ascrivere ad un<br />
effetto locale del medicamento che non oltrepassa la barriera vascolare, una sorta di effetto<br />
“eutrofizzante” sui tessuti in fase di cicatrizzazione, senza una vera propria azione farmacologica.<br />
Il medicamento, infine, si è dimostrato efficace anche sulle specifiche piaghe da decubito che<br />
procura la sella (fiaccature) e che, a giudizio dei veterinari responsabili, cicatrizzano più<br />
velocemente di quelle trattate <strong>con</strong>venzionalmente, <strong>con</strong> riduzione dei tempi di ricovero e di<br />
<strong>con</strong>valescenza degli animali.<br />
Suini: è stato gestito un allevamento di suini semibradi affetti da miasi estivi recidivanti ai genitali.<br />
Nelle femmine di questa specie, durante la fase di estro e al momento del parto, si assiste alla<br />
esposizione verso l’esterno della mucosa vulvare, che viene colonizzata da larve che faranno il loro<br />
ciclo all’interno della mucosa provocando gravi lesioni ai tessuti molli. La somministrazione del<br />
medicamento sulle parti durante dette fasi ha portato alla remissione completa dei sintomi entro una<br />
settimana dal trattamento. La somministrazione giornaliera del medicamento durante la fase di<br />
esposizione della mucosa anche in assenza di sintomi, a mero scopo preventivo, ha impedito la<br />
comparsa della patologia in tutti i soggetti trattati. Analogamente sono stati trattati i maschi che<br />
presentavano infestazione da miasi al prepuzio <strong>con</strong> identici risultati di risoluzione dell’infestazione<br />
in atto entro una settimana dall’inizio della terapia.<br />
Ovini: sono state trattate pecore affette da miasi agli zoccoli in più di un arto ciascuna,<br />
impossibilitate a deambulare e destinate, a seguito di tale invalidità, ad essere soppresse. La<br />
remissione <strong>delle</strong> lesioni agli zoccoli è avvenuta nell’arco di quindici giorni. La medicazione<br />
quotidiana ha impedito la reinfestazione, permettendo alle lesioni di guarire e all’unghiello di<br />
riformasi. Anche le lesioni ad un singolo arto trattate senza isolare gli animali dal gregge hanno<br />
mostrato analoghi tempi di guarigione. Le lesioni ris<strong>con</strong>trate in altre aree corporee hanno<br />
presentato tempi di guarigione fisiologici associati ad assenza <strong>delle</strong> nuove generazioni di larve.<br />
Attualmente nelle campagne, per combattere le miasi, si utilizzano sostanze altamente tossiche e<br />
nocive come derivati naftodiantronici aromatici del petrolio oppure rimedi a base di piretroidi<br />
sintetici. Questi aspersi sulle <strong>ferite</strong> dovrebbero uccidere le larve ed avere effetti repellenti. Di fatto, i<br />
primi sono altamente istiolesivi oltrechè tossici, mentre l’effetto repellente risulta inefficace, ed è<br />
frequente ris<strong>con</strong>trare <strong>ferite</strong> in necrosi colonizzate da numerose generazioni di larve. I se<strong>con</strong>di non<br />
sono ammessi nel regolamento per la zootecnia biologica Il medicamento utilizzato nella<br />
sperimentazione ha permesso di gestire efficacemente le miasi estive degli ovini trattati e si propone<br />
pertanto come medicamento utile per la gestione degli allevamenti ovini, sia in regime<br />
<strong>con</strong>venzionale che biologico.<br />
Umani: i primi risultati della sperimentazione su lesioni acute nell’uomo dimostrano una efficacia<br />
del medicamento pari se non superiore alla maggior parte <strong>delle</strong> medicazioni avanzate attualmente<br />
utilizzate. Sono state portate a guarigione piaghe da decubito in pazienti relativamente sani o<br />
comunque non affetti da patologie metaboliche gravi oltre che lesioni traumatiche acute di media<br />
gravità. La riduzione della reazione infiammatoria e l’induzione di un fisiologico tessuto di<br />
granulazione avviene prontamente e si apprezza sin dalle prime applicazioni del medicamento. Alla<br />
applicazione non presenta bruciore o segni di irritazione e mostra di essere ben tollerato dai
pazienti. Necessita di essere applicato quotidianamente altrimenti i processi cicatriziali subis<strong>con</strong>o<br />
un rallentamento e il <strong><strong>con</strong>trollo</strong> della permeabilità vasale e dell’essudazione non è più così efficace<br />
come nella medicazione quotidiana. Sotto questo aspetto, il medicamento infatti mostra di regolare<br />
la permeabilità vasale e l’essudazione copiosa che accompagnano sempre le lesioni acute, specie le<br />
ustioni e il cui <strong><strong>con</strong>trollo</strong> è tra gli obiettivi primari di un medicamento per uso topico. Il<br />
raggiungimento dell’equilibrio essudativo in tempi rapidi impedisce la formazione dell’escara che ,<br />
pur rappresentando un mezzo naturale di difesa dell’organismo, rallenta notevolmente il processo di<br />
guarigione ed è responsabile di dolorose invalidità temporanee. Quando l’escara è esuberante, viene<br />
rimossa cruentamente per sbrigliare il tessuto di granulazione sottostante, <strong>con</strong> inevitabili disagi per<br />
il paziente. L’utilizzazione del medicamento ha invece dimostrato che lo sbrigliamento non si rende<br />
più necessario e il dolore della lesione nelle fasi acute risulta notevolmente ridotto. Queste<br />
caratteristiche del medicamento lo propongono per candidarsi a rimedio eccellente per il trattamento<br />
<strong>delle</strong> ustioni che, tra i traumi acuti dell’uomo, rappresentano i più problematici, specie quando le<br />
ustioni interessano estese aree corporee. Se il medicamento dovesse dimostrarsi efficace sulle<br />
ustioni (in piccole lesioni è già stato appurato) come sulle <strong>ferite</strong> traumatiche di altra natura che<br />
abbiamo già documentato, le probabilità di risoluzione di traumi che mettono a rischio la vita dei<br />
pazienti potrebbero aumentare notevolmente.<br />
CONCLUSIONI<br />
La natura esclusivamente clinica di questo studio non ha ancora permesso di verificare, in vitro o in<br />
sistemi animali pianificati, le ipotesi da noi formulate, riguardo alle modalità di azione del<br />
medicamento, ma ci ha messo in <strong>con</strong>dizioni di gestire e guarire <strong>ferite</strong>, anche molto gravi, al pari se<br />
non superiormente, alle terapie <strong>con</strong>venzionali. L’efficacia clinica del medicamento sul processo di<br />
cicatrizzazione, nelle più svariate <strong>con</strong>dizioni e in diverse specie animali, ottenute in questo studio,<br />
associate alla completa assenza di effetti collaterali, sia a breve che a lungo termine, ci sembrano<br />
inequivocabili.<br />
Per il settore veterinario il medicamento ad uso topico non ha praticamente eguali in efficacia e<br />
praticità di applicazione e può essere utilizzato in <strong>con</strong>dizioni di campo come in situazioni sanitarie<br />
<strong>con</strong>trollate. La gestione di <strong>ferite</strong>, anche gravi e in periodi a rischio di infezioni e infestazioni<br />
parassitarie, diviene agevole e offre un valido strumento per la gestione degli allevamenti, sia<br />
<strong>con</strong>venzionali che in regime biologico. Il medicamento può essere <strong>con</strong>siderato un rimedio “all-inone”,<br />
vale a dire può sostituire efficacemente tutti gli attuali presidi <strong>con</strong> diverse attività che<br />
attualmente si applicano sulle <strong>ferite</strong>, quali disinfettanti, antibiotici, emollienti, cicatrizzanti,<br />
antiparassitari, ecc. Infatti, al di là della detersione della lesione e del bendaggio occlusivo che<br />
possono accompagnare la medicazione <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> <strong>con</strong> il medicamento qui presentato, non è<br />
necessario applicare nessun altro presidio medicale.<br />
Il carattere “eutrofizzante” del medicamento che ne impone l’applicazione quotidiana, lo rende<br />
meno utilizzabile <strong>delle</strong> medicazioni avanzate che, nel settore della medicina umana, prevedono<br />
invece, una frequenza di applicazione di molto inferiore (tre-cinque giorni). La medicazione<br />
quotidiana comporta un impiego oneroso di personale dedicato al trattamento <strong>delle</strong> <strong>ferite</strong> e rende<br />
difficile l’automedicazione per i pazienti che non sono in grado di gestire le proprie <strong>ferite</strong>. Questa<br />
difficoltà gestionale del medicamento non ne invalida, però, l’efficacia di risoluzione <strong>delle</strong> lesioni<br />
acute, che potrebbe in virtù della facilità di applicazione e della efficacia dimostrata, divenire il<br />
medicamento di “emergenza” quando un gran numero di persone può risultare ferita nello stesso<br />
momento (terremoti, guerre, attentati terroristici, ecc.) o “il rimedio sostenibile” per le popolazioni<br />
dei paesi in via di sviluppo, tra le quali le <strong>con</strong>dizioni igienico-sanitarie sono spesso insufficienti se<br />
non inesistenti e le <strong>con</strong>seguenze per <strong>ferite</strong> esterne finis<strong>con</strong>o per diventare drammatiche. Ciò non
toglie che possa ugualmente tornare utile nella gestione sanitaria, ospedaliera e ambulatoriale <strong>delle</strong><br />
<strong>ferite</strong>, specie le piaghe da decubito, che nelle popolazioni occidentali, in fase di invecchiamento,<br />
stanno diventando una “emergenza” sociale.<br />
Ringraziamenti<br />
Si ringraziano tutti i professionisti, circa quaranta tra medici e veterinari, che <strong>con</strong> generosa<br />
professionalità hanno collaborato alla ricerca e hanno permesso la raccolta di una <strong>con</strong>siderevole<br />
casistica. La sperimentazione non ha usufruito di alcun finanziamento, se non la disponibilità da<br />
parte dell’Enea a sviluppare questa linea di ricerca <strong>con</strong> finanziamenti interni. La sperimentazione<br />
sulla maggior parte dei cavalli è stata <strong>con</strong>dotta, previa sottoscrizione di accordo tra L’Enea e il<br />
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in collaborazione <strong>con</strong> le strutture sanitarie veterinarie<br />
del Reggimento Carabinieri a cavallo coordinate dal Colonnello Marco Argentieri, coadiuvato dai<br />
dottori Capitano Ippedico Graziano, Congedo Paolo e Amodio Luigi, e del Reggimento Corazzieri<br />
coordinato dal Maggiore Dottore Carlo Alberto Minniti, ai quali vanno affettuosi ringraziamenti.<br />
Infine sono state attivate collaborazioni occasionali <strong>con</strong> la struttura sanitaria ospedaliera Veterinaria<br />
di Montelibretti, coordinata al momento della collaborazione dal colonnello dell’Esercito Dottor<br />
Mellano Luigi coadiuvato dal dottor Curcio Marcello che si ringraziano altrettanto vivamente. Si<br />
ringrazia il responsabile del reparto di Vulnoterapia dell’Ospedale Militare “il Celio” di Roma,<br />
Tenente Colonnello Dr. Carlo Maria Durante grazie al quale è iniziata la sperimentazione volontaria<br />
su pazienti umani <strong>con</strong>sensienti. Si ringraziano, infine, i pazienti umani e tutti i proprietari di animali<br />
che hanno accettato di applicare il medicamento ancora sperimentale su se stessi o sui propri<br />
animali.