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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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TEMPO DI ICONOCLASTI 69<br />

vessilliferi. Diversi sono i loro progetti estetici e ideali. Appia, che coltiva<br />

l’utopia di un teatro perfetto, crea strutture orizzontali, atte a mettere<br />

in risalto la presenza scenica dell’attore 5 . Craig, invece, tende a<br />

sminuire l’elemento umano con il simbolismo delle sue visioni scenografiche<br />

6 . Ma l’uno e l’altro si trovano alleati nel cancellare il dettaglio<br />

realistico di recente acquisto: l’uno e l’altro prediligono nuove atmosfere<br />

sceniche, care al credo simbolista, che troverà cultori anche in un<br />

Mejerchol’d e in un Tairov. Nella sostanza il simbolismo a teatro cerca<br />

nuove forme di coinvolgimento del pubblico, che non siano più quelle<br />

del potere scenico dell’attore (sia pure del «grande attore» del teatro<br />

naturalistico).<br />

Su questa strada Craig sembra quasi avere intuito i veri termini della<br />

dicotomia attore-personaggio: la precarietà del fattore umano nell’economia<br />

dello spettacolo compromette i traguardi artistici del lavoro<br />

teatrale. La «supermarionetta» risolverà il dilemma scenico, trasformando<br />

il teatro in un luogo di visioni di perfezione astratta 7 . Così ha inizio<br />

la svalutazione dell’autore drammatico.<br />

5 A. Appia definisce questo nuovo spazio scenico come una «cattedrale dell’avvenire,<br />

che in uno spazio libero, vasto, trasformabile, accoglierà le manifestazioni della<br />

nostra vita sociale e artistica, e sarà il luogo per eccellenza in cui fiorirà l’arte drammatica,<br />

con o senza spettatore: […] la cultura armoniosa del corpo, obbediente agli ordini<br />

profondi di una musica fatta a sua intenzione, tende a vincere il nostro passivo isolamento<br />

di spettatori, per mutarlo in un sentimento di responsabilità solidale, di collaborazione:<br />

[…] l’uso del termine rappresentazione diventerà a poco a poco un anacronismo,<br />

un nonsenso. Vorremo tutti agire in accordo unanime. L’arte drammatica di<br />

domani sarà un atto sociale a cui ognuno porterà il suo contributo» (seconda pref. a<br />

Musik und Inszenierung, München, 1899, in Attore musica e scena, Milano, 1975,<br />

pp. 161-2).<br />

6 E. G. Craig considera esplicitamente il simbolismo come il linguaggio più adatto<br />

all’«essenza vera e propria del teatro» (Il mio teatro, Milano, 1971, p. 164).<br />

7 Nel teatro da lui auspicato, E. G. Craig vuole eliminare il carattere aleatorio della<br />

vita teatrale: «È possibile forse sperare che il futuro ci riporterà ancora l’immagine o<br />

creatura simbolica anch’essa costruita dalla destrezza dell’artista consentendoci di<br />

riconquistare quella nobile artificialità di cui parla l’antico scrittore? Allora non subiremo<br />

più la crudele influenza delle sentimentali confessioni di debolezza, alle quali la<br />

gente assiste ogni sera, e che inducono negli spettatori stessi le debolezze che mettono<br />

in mostra» (ivi, p. 51). «Dobbiamo creare la Supermarionetta. La Supermarionetta<br />

non competerà con la vita, ma piuttosto andrà oltre. Il suo ideale non sarà la carne e il<br />

sangue, ma piuttosto il corpo in catalessi: aspirerà a vestire di una bellezza simile alla<br />

morte pur emanando uno spirito di vita» (ibidem).

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