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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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Guerre di religione<br />

3. TEMPO DI ICONOCLASTI<br />

Tra la fine dell’’800 e gli inizi del ’900 inquietanti segnali giungono<br />

dal palcoscenico a denunciare un malessere serpeggiante un po’<br />

ovunque in Europa. Il palcoscenico ha istinti viscerali. Avverte, magari<br />

inconsciamente, il dormiveglia della platea. Fiuta gli incensi mortali<br />

dell’autocelebrazione. La mercificazione crescente dell’industriale teatrale<br />

l , le prime «prove» del mezzo cinematografico portano alla luce l’anemia<br />

da cui è affetta la comunicazione teatrale.<br />

Il palcoscenico entra in rivolta contro il repertorio tradizionale,<br />

contro le assuefazioni del mestiere, contro le strutture dello spazio teatrale.<br />

Nuovi «credo» estetici vengono inalberati: scoppiano in palcoscenico<br />

guerre di religione.<br />

Le crisi, nella storia del teatro occidentale, sono ricorrenti: il loro<br />

andamento ciclico fa sospettare una situazione patologica che queste<br />

convulsioni non riescono a esorcizzare. Nel XVI secolo quel primissimo<br />

teatro di strada che è la «commedia dell’arte» – pur vantando un’ascendenza<br />

antica nelle sopravvivenze rurali delle feste pagane e nelle<br />

esibizioni di giocolieri, menestrelli e fools medievali – si configura<br />

1 A partire dalla fine dell’800 il teatro è caratterizzato dai processi di mercificazione<br />

che coinvolgono tutte le manifestazioni della vita umana e offrono al singolo continue<br />

e benvenute possibilità di distrazione: «L’industria del divertimento gli facilita questo<br />

compito, sollevandolo all’altezza della merce. Egli si abbandona alle sue manipolazioni,<br />

godendo della propria estraneazione da sé e dagli altri. L’intronizzazione della<br />

merce e l’aureola di distrazione che la circonda è il tema segreto; […] a ciò corrisponde<br />

il dissidio tra l’elemento utopistico e l’elemento cinico di essa. Le sue arguzie nella<br />

rappresentazione di oggetti morti corrispondono a ciò che Marx chiama i “capricci teologici<br />

della merce”» (W. Benjamin, Angelus novus, Torino, 1962, p. 147).

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