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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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SOL<strong>IL</strong>OQUI IN SCENA 65<br />

stato individuato nella «copresenza dell’attore e dello spettatore» durante<br />

la rappresentazione.<br />

La definizione è limpida, la rivendicazione legittima. Di fronte a tecniche<br />

dello spettacolo che eliminano la presenza fisica dell’attore, il<br />

teatro salvaguarda il contatto vivente fra i due partner. Di fronte alla<br />

alienazione tecnologica, il teatro resta portatore di un principio di<br />

socialità benefico per la convivenza umana. Lo «specifico teatrale» esiste<br />

e non c’è innovazione tecnica che possa surrogarlo. Il teatro si<br />

arrocca con orgoglio nel mito della copresenza.<br />

Ma il canone o articolo di fede vale a patto di non restare nel generico<br />

(come capita spesso agli articoli di fede). Che alla stessa ora, nello<br />

stesso luogo, siano convenuti attori e spettatori per recitare e assistere<br />

alla recita – è fuori dubbio. Sono attori di carne, non immagini fotografiche,<br />

quelli che agiscono su quel palcoscenico per noi spettatori<br />

che in carne e ossa sediamo nella platea. Bastano le due presenze fisiche<br />

a ottemperare al canone della copresenza? Presenziare vuol dire<br />

partecipare. La copresenza postula due presenze che partecipano<br />

insieme. Essa non può ridursi a un’addizione aritmetica. Copresenza<br />

significa contatto, concordanza, convergenza. È inutile trincerarsi dietro<br />

il dogma facile.<br />

Su quel palcoscenico vagano soliloqui che mimano per la platea un<br />

colloquio inesistente a livello profondo. Non c’è dialogo sotto il «recitato»:<br />

queste presenze non sono intercomunicanti. Non sono una presenza.<br />

E ad assistere a quella pantomima di solipsismi siede qui uno<br />

spettatore altrettanto isolato. Questa folla occasionale che ha pagato il<br />

biglietto d’ingresso non si coagula in pubblico.<br />

Così a un palcoscenico disintegrato corrisponde una platea disintegrata.<br />

Questo coacervo di attenzioni frammentarie non può costituirsi<br />

in presenza organica. E una presenza disorganica in scena non può<br />

amalgamarne un’altra che versa in condizioni analoghe. Dove palcoscenico<br />

e platea non sono due presenze effettivamente a sé complementari,<br />

copresenza resta un nome vuoto.<br />

La definizione si sgretola nella sua stessa terminologia, il mito della<br />

copresenza s’incrina. Questi aggregati occasionali non rinsaldano solidarietà<br />

inesistenti.<br />

Il teatro di tradizione soffre di una grave crisi di presenza.

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