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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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SOL<strong>IL</strong>OQUI IN SCENA 61<br />

medioevali: l’arte scenica diventa ancella del piccolo commercio (lo<br />

show reclamistico ha un’antica data di nascita).<br />

L’elisir di Volpone è un «rimedio sovrano contro: mal caduco, crampi,<br />

convulsioni, paralisi, epilessia, tremorcordia, contrazioni nervose,<br />

vapori maligni della milza, ostruzioni del fegato, calcoli, strangurie,<br />

ernia ventosa, iliaca passio. […] Vi costerà solo otto corone». Segue<br />

intermezzo con musica: «Zan Fritada, orsù, canta un po’ le sue lodi<br />

all’improvvisa». E poco oltre Volpone invita i servi ad offrire all’onorevole<br />

assemblea «un’amabile ricreazione» 13 .<br />

Ecco dunque uno spettacolo teso unicamente a catturare l’attenzione<br />

del pubblico per sfruttarla a fini non teatrali 14 . Lo spettatore<br />

diventa il polo di attrazione che finalizza a sé i comportamenti dell’attore<br />

e del personaggio. La finalità è scoperta, il cliente potenziale<br />

accetta il gioco. È un genere di teatro che confluirà nel filone della<br />

«commedia dell’arte» e le sopravviverà a lungo. Goldoni, nel 1753,<br />

conosce un attore ciarlatano, nominato l’Anonimo, per l’anagrafe<br />

Bonafede Vitali, che gira l’Italia con la sua compagnia facendo seguire<br />

ai suoi spettacoli la vendita dei suoi toccasana: «Una delle migliori<br />

compagnie di quelle che in Italia si chiamano compagnie volanti» 15 .<br />

Il pubblico, sempre e comunque destinatario dello spettacolo, era<br />

oggetto di una «disattenzione» programmatica, quando egemone, nell’interiorità<br />

dell’attore, era il personaggio: lo spettatore si trasferiva<br />

sulla scena, attore provvisorio in medias res. Ora l’egemonia del pubblico<br />

estroverte il comportamento dell’attore: il suo occhio affronta la<br />

13 Ben Jonson, Volpone, Atto Secondo, scena II.<br />

14 Zan Fritata e lo spettacolo dei ciarlatani appare in una descrizione cinquecentesca<br />

di T. Garzoni (La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia 1586,<br />

pp. 763-4): «Ma c’è una certa sorte di spettacolo moderno trovato da varie specie di<br />

ceretani, dei quali intendo per curiosità del mondo in questo presente discorso particolarmente<br />

ragionare. […] Ma chi vuole raccontare minutamente tutti i modi e tutte le<br />

maniere che adoperano i ceretani per fare bezzi, avrà presto da fare assai. Basta, per<br />

raccontarne qualcuna, che da un canto della piazza tu vedi il nostro galante Fortunato<br />

insieme con Fritata cacciar carotte e trattener la brigata ogni sera dalle vintidue alle vintiquattro<br />

ore di giorno, finger novelle, trovare istorie, formar dialoghi, far caleselle, cantare<br />

all’improvviso, corucciarsi insieme, far la pace, morir dalle risa, alterarsi di nuovo,<br />

urtarsi in sul banco, far questione insieme e finalmente buttar fuori i bussoli e venire al<br />

quamquam delle gazzette, che vogliono carpire con queste loro gentilissime e garbatissime<br />

chiacchiere».<br />

15 C. Goldoni, Delle commedie, XI, 11.

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