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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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58 ALESSANDRO FERSEN<br />

supremazia piegando l’attore all’immedesimazione e il pubblico a una<br />

partecipazione globale. O invece il personaggio diventa supporto<br />

all’esibizione dell’attore e perde la sua autonomia esistenziale: il pubblico<br />

apprezza l’interpretazione.<br />

A turno estetiche contrapposte sanciscono l’egemonia dell’uno o<br />

dell’altro polo di attrazione. Tentano così di risolvere la congenita<br />

instabilità degli equilibri teatrali a favore dell’attore o del personaggio<br />

o del pubblico.<br />

«Furioso ardore»<br />

«Quindi a mano a mano che la scena progrediva, non potendo più<br />

comprimere la passione che tutta mi accendeva, la violenza del mio<br />

furioso ardore traboccava a guisa di gonfio torrente» 3 . Al di là dell’immagine<br />

romantica che essa vuole dare di sé, c’è nei Ricordi di Adelaide<br />

Ristori un’estetica dell’attore che appunto furoreggia nelle ultime decadi<br />

del XIX secolo. La passione la soverchia, l’attrice non riesce a dominarla.<br />

La bravura tecnica, la competenza professionale stanno in<br />

second’ordine rispetto a questo culto del sacro fuoco teatrale.<br />

Eleonora Duse «è successivamente Margherita Gauthier, Cesarina,<br />

Magda, padrona di locanda e innamorata di villaggio […] ella è ciaschedun<br />

dei personaggi che rappresenta: vale a dire che interrompe la<br />

vita propria per vivere le loro; ella è ad essi suborlinata, dietro ad essi<br />

celata» 4 . Alla vita personale subentra in scena la vita del personaggio:<br />

non c’è confine netto fra teatro e vita.<br />

Ermete Novelli, quando entra in scena cambia aspetto e diventa un<br />

altro essere: «Trasformandosi nei lineamenti del viso, nella voce, il<br />

Novelli entra nell’animo del personaggio, vive, palpita, soffre con<br />

esso» 5 .<br />

Ernesto Rossi perde cognizione del suo essere attore: «Immedesimato<br />

in questa idea, idealizzato in questa passione, entrai in scena,<br />

feci il mio monologo. […] So che non vidi più nulla, non udii più nulla!<br />

Una tegola avrebbe potuto cadere sulla mia testa, uccidermi, non l’a-<br />

3 A. Ristori, Ricordi artistici, Firenze, 1887, p. 26.<br />

4 L. Rasi, Eleonora Duse, ivi 1901, pp. 60-1.<br />

5 F. Liberati, Artisti nostri, Palermo, s.d., p. 20.

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