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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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SOL<strong>IL</strong>OQUI IN SCENA 57<br />

Gravitazioni sceniche<br />

Penetriamo nell’interiorità dell’attore mentre recita. Si offre al<br />

nostro sguardo un campo di tensioni in conflitto. Come entra in scena,<br />

si opera in lui uno sdoppiamento fra il suo «io» privato e il personaggio<br />

che egli si accinge a interpretare. Immedesimazione? simulazione?<br />

recitazione straniata? È irrilevante in questa sede. Il personaggio – queste<br />

parole di carta messe insieme da una penna – diventa un’entità:<br />

una Cosa che non «è», ma vive. Una creatura indefinibile che si pasce<br />

della consistenza esistenziale di chi l’ha evocata dal testo. L’attore cresce<br />

la creatura avversaria. Questa non può emanciparsi dal suo creatore,<br />

come un’ombra non si emancipa dal solido che la proietta.<br />

Obbedienza e spasimo, servilità ribelle delle ombre di carta che popolano<br />

la scena.<br />

La dicotomia, poco avvertita in superficie, è sempre attiva nell’interiorità<br />

dell’attore. All’attrazione del personaggio egli oppone l’attrazione<br />

del suo io: ognuno di questi due poli cerca d’immettere l’altro nella<br />

propria orbita, di farlo precipitare nel proprio raggio di gravità.<br />

Ma in questo campo di gravitazioni contrapposte agisce anche un<br />

terzo polo di attrazione: il pubblico, entità idealmente onnipresente<br />

nel comportamento dell’attore. La dicotomia è, in realtà, una tricotomia.<br />

L’entità pubblico è il punto di riferimento obbligatorio per l’attore<br />

e per il personaggio (cioè per il testo, cioè per il drammaturgo).<br />

L’entità pubblico condiziona ed è condizionata dalle opposte forze di<br />

attrazione: le governa e ne è governata in un continuo interscambio di<br />

impulsi o di impatti. Ora essa viene attratta nell’orbita del personaggio<br />

e in lui si annienta, ora recupera la propria identità, quando l’attore<br />

recupera il suo io e il personaggio perde consistenza.<br />

Così la vita scenica dell’attore si rivela come un’area di tensioni che<br />

tenta di consolidarsi in un durevole sistema gravitazionale. Ma il sistema<br />

vacilla sotto le opposte spinte: oscillazioni sensibili ne spostano di<br />

continuo il baricentro.<br />

Questi equilibri oscillatori si dilatano a tutto lo spazio teatrale. Si<br />

oggettivano. Sfaccettati a specchio, i comportamenti dei tre partner<br />

obbediscono alla legge della complementarità. All’egemonia del personaggio<br />

corrisponde nel pubblico la prevalenza dell’attesa; al recupero<br />

dell’identità personale dell’attore, il pubblico risponde con l’attenzione<br />

consapevole. A sua volta il personaggio rivendica la sua

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