IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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AGONIA DELLO SPETTATORE 53<br />
in platea non si è venuti a «leggere» uno spettacolo. Qui un gruppo di<br />
attori, un regista, un costumista, uno scenografo hanno già letto il testo<br />
e ci offrono in lievitante vita scenica quella loro lettura. Lo spettacolo<br />
è già un’interpretazione proposta alla collettività, un linguaggio che va<br />
inteso nel suo specifico alfabeto. Il teatro non può essere assimilato ad<br />
altre arti destinate al fruitore individuale: il libro, il quadro, la scultura.<br />
Perfino la musica, con la sua comunicazione astratta, lascia spazio a<br />
percussioni interiori indefinibili e dunque personali.<br />
Il teatro, no. Il teatro, per la sua specifica natura e struttura, si realizza<br />
solo nel dialogo che s’instaura fra palcoscenico e platea. Un dialogo<br />
che non soffre perifrasi, che non ammette gerghi personali. Certo,<br />
varianti dettate dal carattere, dagli stati d’animo, dalle contingenze<br />
della vita quotidiana colorano variamente le attenzioni che si appuntano<br />
sulla scena. Non di queste variazioni si parla, esse attengono alla<br />
natura variopinta della vita. Il teatro invece non sopporta gli «embrassons-nous»<br />
universali sul tema astratto dell’«umano». Dove l’unità del<br />
comportamento profondo viene a mancare, si dissolve il nucleo fremente<br />
della vita teatrale.<br />
Brecht ne era cosciente, quando si proponeva di dividere il pubblico,<br />
anziché di unirlo. Dividerlo in due parti, per ricreare all’interno<br />
di una di esse un insieme compatto in vista della lotta politica, cui il<br />
teatro, secondo lui, era votato 19 .<br />
Se da questa inerte platea ci trasferiamo in uno stadio sportivo, ci<br />
aggredisce la veemenza di un pubblico diviso fra due «insiemi» contrapposti.<br />
L’agonismo sportivo provoca, con la sua rozza schematicità,<br />
due fazioni omogenee che s’immedesimano con adesione plenaria<br />
nelle peripezie del gioco e nelle gesta dei propri paladini. Da questa<br />
19 Nelle note al dramma La madre, B. Brecht contrappone in questi termini il teatro<br />
epico al teatro aristotelico, che con le sue tre unità postula un’adesione totale dello<br />
spettatore all’azione drammatica: «Pretendendo dall’opera d’arte un’efficacia immediata,<br />
l’estetica corrente le chiede anche di conciliare tutte le differenze, sociali e altre, esistenti<br />
tra gli individui. La drammatica aristotelica riesce ancora a produrre codesto effetto<br />
di superamento delle differenze di classe, benché queste penetrino oggi sempre più<br />
profondamente nella coscienza degli individui. […] Ad ogni modo, sulla base dei tratti<br />
genericamente umani comuni a tutti gli spettatori, si forma nella sala, per la durata del<br />
godimento artistico, un’unità collettiva. La produzione di questa unità collettiva non<br />
interessa la drammatica non-aristotelica del tipo della Madre: essa divide il suo pubblico»<br />
(op. cit., p. 43).