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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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AGONIA DELLO SPETTATORE 49<br />

Altre platee<br />

Nella sua laconica definizione della tragedia Aristotele scruta i misteriosi<br />

eventi interiori che si producono nell’animo di chi assiste. In platea<br />

più che in palcoscenico – pare interessante notarlo – egli individua la<br />

natura dell’evento tragico. «La tragedia è l’imitazione (mimesis) di un’azione<br />

[…] che, suscitando pietà e terrore […] ha per effetto la catarsi da<br />

tali passioni» 10 . Nell’economia di questa definizione prevale l’attenzione<br />

dedicata allo spettatore: l’éleos, il fobos, la kàtharsis sono, per Aristotele,<br />

accadimenti psichici costanti che coinvolgono tutto il pubblico e rivelano<br />

in esso un’uniformità di comportamenti interiori.<br />

La Poetica porta una data probabilmente posteriore al 335 a. C. La<br />

rappresentazione dell’Edipo Re di Sofocle ha luogo verso il 409 11 :<br />

quasi un secolo intercorre fra l’apogeo della tragedia e le meditazioni<br />

di Aristotele. E tuttavia la sua testimonianza fa pensare a un’originaria<br />

omogeneità di comportamenti del pubblico, senza di cui la famosa<br />

definizione non avrebbe avuto ragione d’essere.<br />

La catarsi del pubblico. Avveniva negli anfiteatri greci qualche cosa<br />

che difficilmente potrebbe rientrare nella nostra idea di teatro: l’assimilare<br />

quegli spettatori a noi potrebbe essere un’illazione abusiva. Il<br />

teatro greco è forse molto lontano dalla nostra nozione di teatro: prossimo,<br />

invece, alle sue mitiche origini. In quella catarsi collettiva è l’eco<br />

non lontana di tecniche interiori di natura rituale che l’antica polis praticava<br />

all’unisono 12 .<br />

Nel teatro medievale il dramma sacro nasce come un’integrazione<br />

della liturgia 13 : successivamente la rappresentazione si sposta dopo<br />

10 Poetica, cap. VI, 1449 B.<br />

11 2 La datazione è quella proposta da H. C. Baldry (I greci a teatro, Roma-Bari, 1975 ,<br />

p. 13).<br />

12 Già alla fine del IV secolo quest’equilibrio fra scena e platea appare infranto.<br />

Teofrasto nei Caratteri morali descrive vari tipi di spettatori: il «villano», che applaude o<br />

tace a sproposito; il «fesso» che si addormenta durante lo spettacolo, ecc. Aristotele stesso<br />

distingue nella Politica due specie di spettatori e narra che alcuni provocano disordini<br />

mangiando rumorosamente. Si avverte dunque la presenza di un comportamento sempre<br />

coerente coll’evento tragico che entra in conflitto con i nuovi comportamenti di una<br />

parte del pubblico, che ormai recepisce solo gli aspetti esteriori dello spettacolo.<br />

13 Nel tropo che precede l’Introibo della messa nel giorno di Pasqua e che si amplia<br />

in un primo dialogo fra l’Angelo e le Tre Marie presso la tomba di Cristo viene indivi-

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