IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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46 ALESSANDRO FERSEN<br />
esige un’attenzione lucida. Brecht si porta a scuola lo spettatore impreparato:<br />
gli insegna come stare a teatro 6 .<br />
Il bizantino esalta il mito di un teatro d’arte, il politico fa del teatro<br />
un’arte applicata.<br />
L’egemonia occulta dello schermo<br />
Questi occhi giganteschi che ti fissano con pupille dilatate, cui le<br />
striature della retina conferiscono un che di bestiale-demoniaco, queste<br />
labbra sinuose che si stringono e allentano in mostruose contrazioni,<br />
queste dita ciclopiche che muovendosi si caricano di remote<br />
minacce ci riportano a uno stato di soggezione antica.<br />
Ci riportano al tempo dell’infanzia, quando la superiorità dei «grandi»<br />
era fondata su dimensioni fisiche e ogni loro parola era un dettato<br />
inoppugnabile. Fissiamo affascinati le immense figure dello schermo<br />
come divinità arcaiche di cui siamo succubi: s’instaura fra noi e quelle<br />
ombre un rapporto masochistico.<br />
Tutte le angosce inespresse della prima età, variamente mascherate,<br />
sono presenti nel comportamento dello spettatore cinematografico.<br />
Nella sala buia egli subisce le immagini autoritarie dello schermo. Non<br />
entra in colloquio con esse, perché coi «grandi» non c’è vero colloquio,<br />
ma, volontario o no, solo plagio. Non c’è contatto fra lui e gli altri spettatori:<br />
la tattica dello schermo è quella di assorbire la sua attenzione in<br />
forma totalitaria, recidendo ogni legame coi suoi vicini di poltrona. Il<br />
ma sono tutt’orecchi […] Il rapimento col quale paiono abbandonarsi a sensazioni<br />
imprecise ma violente, è tanto più profondo quanto meglio gli attori sanno recitare»<br />
(op. cit., p. 105).<br />
6 Nel Teatro sperimentale (in B. Brecht, Scritti teatrali, I, Torino 1962, p. 35) Brecht<br />
si rivolge criticamente al «signore che siede in platea» e che vuole vedere «in cambio del<br />
suo denaro uno stralcio di vita». Un vero teatro «non tenterà mai di ubriacarlo colmandolo<br />
di illusioni, di fargli dimenticare il mondo, di conciliarlo col proprio destino, ma,<br />
d’ora innanzi, gli porrà davanti il mondo perché egli vi metta mano» (ivi, p. 167). È,<br />
metaforicamente, uno spettatore con il sigaro in bocca: «Giungo ad affermare che uno<br />
spettatore seduto in platea col sigaro tra le labbra rischierebbe di provocare il crollo<br />
dell’arte occidentale. Come accende il suo sigaro potrebbe accendere la miccia di una<br />
bomba. […] Secondo me, un attore non potrebbe assolutamente proporre al fumatore<br />
seduto in platea un teatro gigionesco e invecchiato» (ivi, p. 37).